Bacco (Baco)
Divinità della mitologia classica. I codici della Commedia registrano l'oscillazione grafica Bacco ' e ‛ Baco ' (per la diffusione della forma scempia nel Medioevo, v. " Bull. " XXIII [1916] 24), accolta anche dall'edizione Petrocchi (cfr. If XX 59, in rima; Pg XVIII 93; Pd XIII 25).
Dioniso - indicato con vari nomi: Bacco, " schiamazzante "; Bromio, " che fa strepito "; Libero, ecc.: cfr. Ovid. Met. IV 11-17 - fu figlio di Zeus e della tebana Semele; quando la madre, gravida di lui, rimase incenerita al vedere Giove in tutto il suo fulgore, il dio salvò il feto e lo tenne cucito nella propria coscia finché il bambino non fu compiuto. B. fu quindi affidato a Ino, sorella di Semele e sposa di Atamante; dopo che la vendetta di Giunone, gelosa per l'amore che Giove aveva portato a Semele, ebbe colpito anche quella famiglia, il fanciullo fu allevato dalle ninfe della valle del Nisa. B. - che viene raffigurato come giovane bellissimo, adorno di pampini - sposò quindi Arianna, che era stata abbandonata da Teseo nell'isola di Nasso. Dio del vino, il suo culto ebbe carattere orgiastico, e agl'inizi fu assai contrastato (vari miti ricordano perciò le numerose punizioni che colpirono gli oppositori dei riti e i negatori della divinità di Dioniso); ma B. finì con l'estendere il proprio dominio fino alla lontana India. Particolarmente devota fu la città della madre, Tebe; numerose erano le donne che partecipavano alle cerimonie in onore di B., dette per la loro sfrenatezza orgiastica Baccanti: che i poeti antichi talvolta descrivono come donne fuggite dalla vita familiare e cittadina per riunirsi in boschi a vita libera e dedita ai riti bacchici, e che spesso cadevano in preda a furori (lo stesso Orfeo fu da loro straziato).
I poemi latini accennano tutti, più o meno estesamente, a B. e al suo culto. Comunque la fonte primaria delle notizie presenti in D. sono le Metamorfosi, che dedicano a episodi di quel mito vari passi (III 259-315, morte di Semele e nascita di B.; 527-733, avvento dei primi riti orgiastici in Tebe e punizione di Penteo che vi si opponeva; IV 1-41 e 389-415, punizione delle tre sorelle Minyeiadi negatrici della divinità di B.; VI 587-600, riti delle Baccanti; XI 67-84, punizione delle Baccanti dilaniatrici di Orfeo; 85-145, pentimento di Mida per aver ottenuto da B. la prerogativa di mutare in oro qualunque cosa fosse da lui toccata, rischiando perciò di morir di fame; XIII 643-674, grazia concessa da B. alle figlie di Anio e loro trasformazione in uccelli). Nonostante la ricchezza degli episodi di cui fu certamente a conoscenza, D. si limita a brevissimi accenni e senza mai uscire dai limiti della semplice reminiscenza colta, quasi che il mito di B. non sorridesse alla sua fantasia: ricorda che Tebe è la città di Baco (If XX 59), che vi si tennero riti orgiastici particolarmente affollati (Pg XVIII 91-93; lo spunto è ripreso da Stazio Theb. IX 434-437) e che in onore di B. si elevava un canto particolare (Pd XIII 25 Lì si cantò non Bacco, non Peana; cfr. Aen. IV 302); in Ep III 7 è menzionata fuggevolmente la giusta punizione delle Minyeiadi, e in Eg 'v 53 l'immersione di Mida nel fiume Pattolo, la cui sabbia divenne aurifera (cfr. in particolare Met. XI 142-145).