bad bank
Istituzione (denominata anche collection bank) creata appositamente allo scopo di assorbire attività in sofferenza o ‘titoli tossici’ di una banca o di un altro istituto desideroso di alleggerirsi di tale zavorra, per risanarne il bilancio, ripristinarne la credibilità e, in ultima analisi, salvaguardarne la capacità competitiva. In questo modo vengono tutelati i diritti dei creditori o dei risparmiatori, sacrificando invece gli azionisti ed eventualmente i sottoscrittori di obbligazione dell’istituzione madre. Normalmente, questo processo si svolge sotto la supervisione e la garanzia di una istituzione di vigilanza e/o di controllo. La b. b. ricopre nel mercato finanziario un ruolo simile a quello che, più in generale, nel settore economico svolge la bad company (➔).
Esempi di b. b. si sono avuti nella crisi finanziaria 2007-10. In Italia, un emblematico, e per certi versi anomalo, caso di b. b. si è verificato con la crisi di Banca Italease, specializzata nel leasing immobiliare. La banca si è trovata con un altissimo volume (poco meno di 4 miliardi di euro) di crediti incagliati e di partite in sofferenza (oltre 500 milioni di euro) collegate alle difficoltà di alcune grandi società immobiliari. L’anomalia era dovuta al fatto che la banca stessa era rimasta b. b., trasferendo parte delle proprie attività e tutte le passività a un pool di istituti creditizi e istituzioni finanziarie, in grado di assorbire le perdite connesse in cambio dei vantaggi legati all’acquisizione della vecchia clientela di Banca Italease o di eventuali vantaggi fiscali. Un caso classico di b. b. si è invece verificato in Irlanda nel 2009 con la creazione di una b. b. pubblica (governativa), la National Asset Management Agency (NAMA), che ha salvato alcune banche in dissesto rilevandone gli asset problematici con il denaro reperito attraverso l’emissione di obbligazioni governative. La mossa è stata criticata da eminenti economisti poiché andava a gravare, in definitiva, sui contribuenti.