bad company
Società priva di vitalità economica che viene utilizzata per assorbire attività in sofferenza, lasciando contemporaneamente una good company in grado di svolgere un’azione efficiente e profittevole (➔ bad bank). La b. c. serve anche a eludere il pagamento di imposte sui redditi di impresa. Società che hanno accumulato in passato rilevanti perdite di esercizio possono infatti, previa fusione per unione o per incorporazione con società in grado di generare forti utili, trasferire alla nuova società sorta dalla fusione tutti i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, compreso il diritto di riportare in diminuzione del proprio reddito le perdite fiscali ante fusione. Questa pratica, consentita se la fusione è ispirata da motivazioni aziendali lecite, è contrastata in numerosi Stati quando sia invece motivata esclusivamente dallo scopo elusivo dell’onere tributario. In Italia, in particolare, l’art. 172, co. 7° del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) precisa che la detraibilità delle perdite pregresse non è consentita se l’azienda apportatrice di queste ultime non supera un test di vitalità. Per superare tale test, l’azienda deve dimostrare, nell’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, sia un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica sia un ammontare di spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 del c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. In caso di mancato superamento del test di vitalità, l’azienda si configura come una bara fiscale.