BAGHDĀD (A. T., 91)
D Baghdād è descritta da un viaggiatore che la visitò nel 1583 come "una città non molto grande, ma assai popolosa e con gran movimento di forestieri, perché si trova sulla via per la Persia, la Turchia e l'Arabia, e vi passano le carovane dirette a questi e ad altri paesi". La descrizione potrebbe anche rispecchiare le condizioni odierne, a parte il fatto che la città è molto ingrandita. Baghdād è situata a 44°24′ E. e a 33°20′ N., nel punto ove il Tigri e l'Eufrate maggiormente si avvicinano (40 km.) l'uno all'altro. La città fu originariamente costruita sulla riva destra del Tigri, ma oggi, meno un grande sobborgo che comprende le stazioni ferroviarie, essa è in massima parte sulla riva sinistra: un ponte di barche congiunge le due rive.
Occupata temporaneamente dalle forze britanniche nel 1917, è ora la capitale del regno dell'‛Irāq, e aveva nel 1920 145.000 ab. (nel 1929 oltre 200.000).
Baghdād rappresenta ancora il punto d'incontro delle grandi linee di comunicazione dell'Asia sud-occidentale. La rinascita delle comunicazioni di terra mediante i trasporti meccanici sta per restituirle ancora una volta l'antica importanza. La via automobilistica attraverso il deserto rimarrà probabilmente sempre limitata ai passeggeri, ma qualunque strada venga eventualmente scelta per allacciare Baghdād con l'Occidente, questa diverrà necessariamente il centro ferroviario per la distribuzione del traffico fra l'Egitto e la Siria da un lato e l'Oriente dall'altro come è già un nodo del traffico aereo fra l'Europa e l'Oriente.
Il viaggiatore che desideri vedere una città del tutto orientale non la troverà certo nella moderna Baghdād. Poche moschee antiche rimangono ancora nella città; la Mirgiāniyyah, benché in gran parte moderna, conserva qualche lavoro del XIV secolo; la moschea di al-Khāsakī, per quanto l'attuale costruzione dati solo dalla fine del sec. XVII, conserva ancora qualche elemento dell'età abbaside; il minareto di Sūq al-Ghazl è opera del sec. XIII. In questi ultimi anni molte strade sono state rifatte e selciate, s'è impiantata una rete telefonica, un sistema moderno di condutture per la distribuzione dell'acqua potabile, e stabiliti numerosi impianti per l'elevazione dell'acqua del Tigri. Vi sono inoltre molti negozî di tipo occidentale che non hanno però del tutto sostituito i vecchi bazar. A sud della città un grande sobborgo va rapidamente allargandosi verso l'aerodromo di al-Hunaydī, punto di partenza del servizio aereo settimanale, mentre nei pressi dell'ippodromo sta sorgendo una nuova città-giardino. Considerevoli progressi si sono effettuati anche nei riguardi dell'igiene pubblica e sono stati istituiti varî ospedali.
Il commercio della città è in via di aumento L'esportazione è costituita principalmente di tappeti, lane, gomma, pelli e datteri; l'importazione, di tessuti di cotone ed altri manufatti per i quali Baghdād forma un centro di distribuzione. La città sta diventando anche notevole porto fluviale. Tre linee ferroviarie la mettono in comunicazione con gli altri centri della Mesopotamia: quella di Bassorah (570 km., 800 km. per via fluviale) che fornisce alla regione uno sbocco sul golfo Persico; la ferrovia avviata a Mossul, centro del commercio dei grani, che è giunta ormai a Shergāt; e la terza a Khāniqīn e alla frontiera della Persia, che serve il ridestantesi traffico persiano. I vecchi canali dei dintorni sono stati rinnovati o sostituiti e progetti di nuove irrigazioni sono in via di attuazione; si stanno anche facendo lavori per proteggere la città dalla costante minaccia delle piene del Tigri. Uno degli atti più caratteristici del n110vo regime è stata l'istituzione d'un Museo mesopotamico di antichità, che dovrà contenere una porzione di tutto quanto verrà trovato negli scavi dell'‛Irāq. La provincia (witāyah) di Baghdād ha una superficie di 141.227 kmq. e circa 1.500.000 abitanti.
Bibl.: G. G. Hogarth, The nearer East, Londra 1905; S. H. Longrigg, Four Centuries of Modern Iraq, Oxford 1925 (con abbondante bibliografia). Per l'età contemporanea, le lettere di G. H. Bell (Miss Bell's Letters edite da Lady Bell, Londra 1927). Fatti e cifre si trovano nelle relazioni ufficiali annuali, specialmente in British Colonial Office, Mandated Territories, Iraq. La carta 1: 1.000.000 della British Royal Air Force (carta mondiale aeronautica) comprende tutta la regione che si estende dal golfo Persico al Mediterraneo.
Storia. - Baghdād fu fondata nel 145 ègira, 762 d. C., sulla riva destra (occidentale) del Tigri da al-Manṣūr, secondo califfo abbaside, in una località singolarmente adatta alla funzione di capitale del califfato; posta quasi nel centro del territorio islamico, prossima alle due grandi arterie fluviali costituite dal Tigri e dall'Eufrate, attraverso le quali avevano luogo le comunicazioni verso il Mediterraneo e verso l'Oceano Indiano, essa era inoltre situata all'inizio della strada che conduce dalla pianura mesopotamica all'altipiano iranico e di là, per il Khorāsān, all'Asia centrale e orientale. Il pensiero di costruire ex novo una grande città per affermare e rafforzare l'avvento di una nuova dinastia dovette esser suggerito ad al-Manṣūr dall'esempio dei monarchi Sāsānidi, i quali alla lor volta avevano imitato i Seleucidi. Il luogo dove sorse la nuova capitale non era, del resto, completamente disabitato: la fitta rete di canali fra il Tigri e l'Eufrate irrigava una fertile pianura intensamente coltivata e sparsa di villaggi con popolazione persiana ed aramaica, uno dei quali portava, fin da tempo molto antico, il nome persiano di Baghdādh ("dato da Dio", probabilmente un nome di persona passato a toponimo). Non lungi di là, a circa 15 km. O., era la sede dell'antica città babilonese Dūr-Kurigalzu, le rovine della quale portano ora il nome di Tell‛Aqarqūf.
La città fondata da al-Manṣūr ricevette il nome ufficiale di Madīnat as-salām o Dār as-salām ("città" o "dimora della salute") la quale designazione tuttavia non riuscì a soppiantare nell'uso il nome originario. Essa era destinata in origine, più che ad essere una grande metropoli, a costituire un centro fortificato per le truppe del califfo, e a questo scopo miravano appunto la pianta circolare che essa ebbe (sul modello di altre città fortificate della Siria e della Mesopotamia e quale si ritrova fin negli accampamenti assiri), misurante oltre 3 km. di circonferenza, e il doppio muro di cinta, difeso da un fossato e munito di 120 torri, nel quale si aprivano quattro porte. Nel centro del circolo s'ergevano il palazzo del califfo (detto qaṣr adh-dhahab "il castello d'oro" o al- qubbah alkhaṣrā' "la cupola verde") e la moschea. Intorno a questo nucleo sorsero a poco a poco altri quartieri, che incorporarono nella città gli antichi villaggi, conservandone il nome: il più notevole era quello di al-Karkh, nella parte meridionale. Lo stesso al-Manṣūr iniziò nel 151 èg., 768, la costruzione di edifici sulla riva orientale del Tigri, primo fra tutti il castello di ar-Ruṣāfah, destinato a residenza del suo figlio ed erede al-Mahdī; ed appunto intorno al castello suddetto si formò un secondo abitato, detto in origine ‛askar al-Mahdī ("accampamento di al-M."), il quale, divenuto sotto i successori di questo la residenza dei califfi, finì col superare in ampiezza e splendore la città della riva occidentale, alla quale lo riunivano tre ponti. Esso fu recinto di mura dal califfo al-Musta‛īn (251 èg., 865): delle cinque porte che s'aprivano nel circuito di quasi 10 km. due sussistono tuttora; al centro si ergeva, quasi città entro la città, il complesso di edifici costituente la dār alkhilāfah ("sede del califfato"), al quale furono fatti continui restauri, ampliamenti, aggiunte dal sec. IX al XIII: i sontuosi palazzi erano circondati da immensi giardini e parchi (taluni dei quali costituivano riserve di animali selvatici), solcati da canali e interrotti da vasti stagni. Altri importanti edifici sorsero in diverse epoche tanto a nord quanto a sud della residenza dei califfi: tra i primi il più notevole era la residenza dei sultani būyidi e selgiuchidi (dār al-mamlakah, "sede del regno"), tra i secondi la al-madrasah (scuola superiore) an-Niẓāmiyyah, fondata dal vizir dei Selgiuchidi Niẓām al-mulk nel 457 èg., 1065, e la al-madrasah al-Mustanṣiriyyah, fondata dal califfo al-Mustanṣir nel 630 èg., 1233, della quale sussistono tuttora gl'imponenti avanzi.
L'alto grado di potenza e di civiltà del califfato abbaside fecero di Baghdād il più splendido centro urbano del Medioevo: popolata in misura superiore a quella di qualunque altra città del mondo (la cifra di 1.500.000 ab., data da alcuni autori, non è forse molto lontana dal vero), ricca di sontuosi edifici, moschee, scuole, bagni, ospedali, mercati, centro del traffico e degli scambî intellettuali del mondo intero, essa fu celebrata nell'oriente musulmano come la metropoli per eccellenza, e la fama della sua grandezza e del suo fasto si sparse nell'occidente cristiano, colorita di particolari favolosi. Né il suo fiorire fu menomato dalle molteplici vicende politiche delle quali essa fu teatro, come l'assedio che il califfo el-Amīn sostenne nel 196-198 èg., 812-13, da parte dell'esercito del fratello al-Ma'mūn, che espugnò e saccheggiò la città (ancora quasi tutta posta sulla riva occidentale), e come il temporaneo trasporto (dal 221 èg., 836, al 179 èg., 892) della capitale a Sāmarrā, durante il quale periodo Baghdād fu nuovamente assediata, essendovisi rifugiato al-Musta‛īn in lotta col cugino rivale al-Mu‛tazz (251 èg., 865 d. C.). Neanche il progressivo decadere del califfato, e con esso il frantumarsi dell'Impero in una moltitudine di stati separati, tolsero a Baghdād il carattere di grande e fiorente città, né diminuirono il fasto esterno e il prestigio religioso della corte del califfo. Soltanto la soppressione del califfato per effetto dell'invasione mongola segnò il principio della decadenza di Baghdād, la quale, tuttavia, non fu così radicalmente devastata dalle orde dì Hūlāgū, che l'espugnarono nel 656 èg., 1258, come pretende la tradizione, che esagera le distruzioni dei Mongoli; nonostante i saccheggi e gl'incendî, Baghdād conservò intatti i suoi principali edifici. La dinastia di Hūlāgū vi si mantenne fino al 740 èg., 1339, sostituita poi da quella dei Gialā'iridi fino all'813 èg., 1410 (nel 1401 la città fu presa e gravemente danneggiata da Tamerlano); quindi Baghdād passò sotto il dominio dei Turcomanni Qarā Quyunlū e Āq Quyunlū, e finalmente, dopo un breve periodo (914-941 èg., 1508-1534) di dominio della dinastia persiana dei Ṣafawidi, cadde in mano degli Ottomani, dai quali fu tenuta fino alla caduta dell'Impero, nel 1918, salvo un'occupazione persiana dal 1623 al 1638, sotto lo scià ‛Abbās I (è di questo tempo la visita che vi fece il viaggiatore italiano P. della Valle). Ridotta a città di provincia, Baghdād si andò gradatamente spopolando e impoverendo, e l'abbandono ne rovinò a poco a poco gli edifici: la città occidentale, completamente rovinata, è oggi ridotta a una regione paludosa, nella quale sono scarsissimi gli avanzi delle antiche costruzioni. Anche sulla riva destra gli edifici dell'età ‛abbāside sono scomparsi quasi per intero: oltre agli avanzi, già ricordati, del muro di cinta e della Mustanṣiriyyah, i soli resti notevoli sono il minareto detto del Sūq al-Ghazl (anch'esso del califfo al-Muṣtansir) e alcune moschee funerarie nei sobborghi della città.
La topografia antica di Baghdād si può ricostruire con sufficiente sicurezza sulle descrizioni particolareggiate che, per varie epoche, ne hanno lasciato geografi, storici e viaggiatori arabi; ulteriori notizie si possono sperare da scavi e demolizioni che l'attuale governo dell'‛Irāq ha in animo di compiere sistematicamente.
Il Medioevo occidentale ha conservato il nome di Baghdād (da esso spesso confusa con Babilonia) sotto la forma alterata Baldac, Baldacco; anche il nome di Albracca, la capitale del Catai nell'Orlando Innamorato del Boiardo, sembra essere una storpiatura di Baghdād.
Documenti e notizie di carattere storico e storico-letterario su Baghdād si trovano nella rivista locale Lughat al- ‛Arab ("La lingua degli Arabi"), pubblicata dal carmelitano padre Anastasio.
Bibl.: M. Streck, Die alte Landschaft Babylonien nach den arab. Geographen, Leida 1900, pp. 47-171; G. Le Strange, Bagdad during the Abbasid Caliphate, Oxford 1900; C. Huart, Histoire de Baghdad dans les temps modernes, Parigi 1901; L. Massignon, Mission en Mésopotamie, 1907-08, II, Cairo 1912 (Mémoires de l'Institut français d'Archéologie Orientale); F. Sarre ed E. Herzfeld, Archäologische Reise im Euphrat- und Tigris-Gebiet, II, Berlino 1920, pp. 94-202; S. H. Longrigg, Fourcenturies of modern Iraq, Londra 1926.
Ferrovia di Baghdād. - La cosiddetta ferrovia di Baghdād, destinata a unire il Mare del Nord col Golfo Persico, oltre alla sua grande importanza tecnica, finanziaria ed economica, ne ha acquistata una non meno grande nella politica internazionale, in quanto fu per molti anni motivo di grave attrito tra alcune grandi potenze, in ispecie tra la Germania e l'Inghilterra, e uno dei fattori della guerra mondiale.
Nel 1888, l'anno stesso in cui fu aperta la ferrovia che, attraverso i Balcani, congiunge l'Europa occidentale e settentrionale con Costantinopoli, un sindacato tedesco ottenne la facoltà di ricostruire ed esercitare la breve ferrovia da Ḥaidar Pascià (Scutari) ad Ismid e di prolungarla fino ad Angora, nel cuore dell'Anatolia. Presto si affacciò l'idea di prolungarla ancora fino a Baghdād; ma sorse contesa fra Tedeschi, Francesi, Inglesi e Russi riguardo al tracciato dell'importante linea e alla sua concessione. Nel 1899, dopo il viaggio di Guglielmo II in Turchia, si raggiunse un accordo provvisorio circa. il tracciato, che fu stabilito così: Conia-Adana-Naṣībīn-Mossul-Baghdād-Bassora-Koweit; e finalmente, nel 1903, fu concessa la linea principale della presunta lunghezza di 3733 chilometri. Tale concessione, della durata di 90 anni, fu fatta al sindacato tedesco a condizioni finanziariamente ottime, e comprendeva anche il diritto allo sfruttamento di ricche miniere per venti chilometri a destra e a sinistra della linea. Ma il finanziamento dell'impresa non era facile; perciò, il sindacato, che prese il nome di Baghdad-Eisenbahngesellschaft aprì subito pratiche, perché vi partecipassero capitali russi, francesi ed inglesi. Si era giunti già ad accordi di massima, quando sorse l'opposizione dei governi. La Russia fece le sue riserve, ritenendo che la ferrovia, in mano dei Tedeschi, potesse minacciare le sue sfere d'influenza in Armenia e nella Persia settentrionale e le sue frontiere a sud del Caucaso. L'Inghilterra si oppose, perché temeva un'intrusione tedesca nei suoi interessi nel Golfo Persico e una minaccia musulmana per l'India. Oltre a ciò, l'aumento di forza politica ed economica che la nuova via di comunicazione avrebbe immancabilmente procurato alla Turchia era in contrasto con le sue mire di protettorato sull'Arabia e sulle terre a sud dell'Eufrate. Infine, si oppose anche la Francia, un po' in considerazione dei proprî interessi finanziarî nell'Impero turco e un po' perché influenzata dalle altre due potenze. Specialmente aspra fu l'opposizione dell'Inghilterra; la quale, pratica come sempre, corse anche ai ripari; lord Curzon, allora viceré dell'India, stipulò un accordo con lo sceicco di Koweit, per cui questo s'impegnava a non permettere la costruzione della linea nel proprio territorio senza l'assenso inglese.
Grande fu l'irritazione in Germania contro l'ostacolo che le potenze frapponevano - come si diceva - a un'opera di civiltà e contro la loro ingerenza negli affari della Turchia. Ma bisogna riconoscere che le maggiori difficoltà erano provocate proprio dalla condotta dei Tedeschi; a cominciare dall'imperatore (il quale, tra l'altro, nel 1898, aveva fatto a Damasco la solenne dichiarazione di voler prendere sotto il suo alto patronato tutto il mondo musulmano) e venendo ai tanti uomini politici, scrittori anche di valore (si veda, per es., il libro di Rohrbach, Die Bagdadbahn) e giornalisti, che imprudentemente mettevano in rilievo le finalità imperialistiche dell'impresa ed acuivano, in luogo di rimuovere, le preoccupazioni delle potenze rivali. Comunque, nell'ottobre 1904, la ferrovia poté essere aperta fino a Burgulū, ai piedi del Tauro; ma, prima difficoltà finanziarie e poi la deposizione del sultano ‛Abd ul-Ḥamīd per opera dei Giovani Turchi ne incepparono il progresso. Anzi, per qualche tempo, stante l'avversione del nuovo regime ad ogni soverchia influenza straniera, e le pressioni, e gl'intrighi degli avversarî, si temette addirittura l'annullamento della concessione; ma l'abile opera della diplomazia tedesca e il prestigio di cui la Germania godeva presso l'esercito turco lo impedirono. Se non che, la Turchia non poteva e non voleva romperla apertamente con nessuno; e quindi si fece promotrice di un'intesa, per cui essa stessa, la Germania, l'Inghilterra e la Francia avrebbero partecipato. in varia misura, all'impresa. L'accordo non poté, per allora, esser raggiunto; ma intanto maturavano propositi più concilianti. Prima la Russia, che già il 3 agosto 1907 (auspici lord Grey e Sazonov) aveva stipulato un trattato con l'Inghilterra per la delimitazione delle rispettive zone d'influenza in Persia; essa, non essendo stata appoggiata dalla Francia e dall'Inghilterra durante la crisi bosniaca (1909), si riavvicinava alla Germania nell'occasione dell'incontro dello zar e dell'imperatore Guglielmo lI, a Potsdam (novembre 1910), e si mostrava disposta a recedere dalla sua opposizione alla ferrovia di Baghdād, sotto alcune condizioni, che vennero concretate nell'accordo tedesco-russo del 19 agosto 1911 sulla Persia (Pourtalès-Neratov). Nello stesso anno, anche l'Inghilterra (Grey) fece sapere a quali condizioni avrebbe ritirato la sua opposizione. Questa volta le trattative, a cui partecipò la Francia, furono più laboriose; tuttavia, nel maggio 1914 fu raggiunto un accordo, in base al quale la Baghdadbahngesellschaft rinunciava al diritto di costruire il tratto finale della ferrovia da Bassora al Golfo Persico, l'Inghilterra si obbligava a non costruire linee concorrenti con quella di Baghdād, e la Germania a non costruire né un porto né una stazione ferroviaria in quel golfo senza un'intesa con essa. Lo schema dell'accordo, approvato dall'imperatore di Germania, giunse a Londra per la firma proprio il 30 luglio 1914. Scoppiato il conflitto mondiale, l'Inghilterra, che aveva in Mesopotamia interessi grandissimi (tanto che poi si fece conferire un mandato su quella regione), si affrettò a portarvi la guerra e, com'è facile intendere, si occupò molto anche della ferrovia di Baghdād, i cui lavori, anche per ragioni militari, furono da essa intensamente proseguiti. Così già nel 1917 poté essere attivato il tronco principale da Conia ad Aleppo e a Naṣībīn, a nord-ovest di Mossul; e nel 1920 il tronco da Bassora a Baghdād, nonché varie diramazioni tra cui quelle da Baghdād alla frontiera persiana, a Kūt al-‛Amārah, a Hīt, rimanendo da completare il tratto da Naṣīibīn, per Mossul, a Baghdād, che dovette essere ritardato anche per la controversia anglo-turca circa il territorio di Mossul. Naturalmente, i frutti dell'impresa non erano riservati alla Germania. I trattati di Versailles (1919) e di Sèvres (1920), sanzionando gli accordi segreti corsi tra le potenze alleate, avean disposto che la Turchia dovesse riprendersi le ferrovie anatolica e di Baghdād e trasferirne la concessione ad una società franco-anglo-italiana. Non è stato però facile liquidare gl'interessi finanziarî, poiché gli azionisti della Bagdadbahngesellschaft, che dovevano essere espropriati, non erano tutti tedeschi, essendo il 30% delle azioni in mani francesi e un altro forte quantitativo in quelle della Bank für orientalische Eisenbahnen svizzera. Intanto, in dipendenza del Trattato di Losanna (1923), altri accordi, che dovrebbero avere carattere provvisorio, hanno portato a una divisione delle sfere d'influenza fra la Turchia, la Francia e l'Inghilterra. Di recente (1927) quest'ultima, come mandataria per la Palestina, ha propugnato la costruzione d'una ferrovia da Baghdād a Caiffa, la quale, traversando il deserto, dovrebbe collegare l'?‛Irāq col Mediterraneo, e sarebbe assai utile, oltre che per la Palestina, anche per la Transgiordania. Ma sembra che la Francia preferisca altre soluzioni.
Bibl.: Rohrbach, Die Bagdadbahn, Berlino 1902; Bagdad railway, its history and diplomacy, in Fortnightly Review, febbraio 1914; Gebhardt, Handbuch der deutschen Geschichte, III, Stoccarda 1923; E. von Brandenburg, Von Bismarck zum Weltkriege, Berlino 1925; N. D. Harris, Europe and the East, Boston 1926, cap. II; F. von Stieve, Deutschland und Europa, 1890-1914, Berlino 1926; G. de Luigi, Il Mediterraneo, Napoli 1926, cap. XII; P. Th. Moon, Imperialism and World Politics, New York 1926.