BAGNACAVALLO
Cittadina del Ravennate, collocata in un'area tra i corsi attuali dei fiumi Lamone e Senio: in età romana, cospicuo pago forse appartenente al territorio faventino, documentato principalmente da are votive e da monumenti della necropoli, della quale non si è individuato con esattezza il sito.
La fioritura edilizia, attestata anche dall'impiego di marmi pregiati, si ebbe a partire dal II sec. d.C., dopo la crescita e la riorganizzazione in età traianea del grande impianto portuale di Classe e in seguito all'aumento dell'abitato di Ravenna, già allora raggiunto dall'acquedotto monumentale del Bidente, e avvialo alle funzioni di autentica metropoli.
B. si trovava sul limite orientale del territorio appoderato romagnolo, da molte generazioni adattato dalle bonifiche coloniarie romane a una produzione agricola intensiva, talvolta sotto forma di impianti fondiari complessi (come è il caso della non lontana villa di Russi), anzi lungo una fascia boscosa (donde il nome del più antico insediamento plebano: San Pietro in Sylvis) che separava l'entroterra dalle saline, dalle peschiere, dai bacini e dal suburbio ravennate; il pago imperiale esercitò in direzione di Ravenna quella funzione di tramite che altri pagi romani, monumentalmente cresciuti anch'essi nell'età imperiale, come Voghenza e come Maccaretolo, assolsero nei confronti degli approdi del Delta e dei saltus di quel territorio: di regolare cioè il traffico annonario tra le merci di produzione agricola e di provenienza appenninica (legname, carni, pelli, materiali utili al sartiame e alla velatura) e i prodotti esitati sugli scali adriatici, non ultimi i marmi di pregio.
Ampia risulta nei secoli, e sino a oggi, la dispersione dei lacerti monumentali pagensi entro e fuori un abitato che ebbe intensa vita già a partire dall'Alto Medioevo, in particolare presso l'edificio plebano sopra ricordato e - in ambito più vasto - presso pievi circostanti, come a Boncellino, donde proviene un'ara cilindrica ora nel Museo Civico Archeologico di Bologna. Dai documenti superstiti risulta bene affermato il culto pagense di Iuppiter (come di sovente quando il titolo plebano più antico è San Pietro), qui con gli appellativi di Libertas e di Obsequens, e sostenuto da un collegio di curatores e da un sodalizio di iuvenes.
Un particolare significato assume l'esistenza a B. di un santuario, databile tra la metà del II sec. e l'inizio del I sec. a.C.; un gruppo di arnie trachitiche coeve è consacrato a divinità femminili della salute e della fecondità, forse collegate a impianti idrici (dei quali potrebbe essere sopravvivenza il nome di B.). Tra queste Feronia s'inquadra nel vasto processo di diffusione centroitalica e adriatica della divinità, registrato tra il III e il I sec. a.C.; Salus è scrittura più tarda pure su arnia. Compare infine una divinità ignota, Forte, seguita dall'appellativo Quiet(a): apparentata con Fonio o con l'aquileiese Fonibus o con il forocorneliense Faunib(us), collegato questi alla Bona Dea, o invece traslitterazione dal greco phone, la «voce», paragonabile quindi all'Acqua- cheta dantesca ovvero a una possibile interpretazione di Aponus, il dio delle acque euganee?
Va sottolineato che la presenza, nel pago di B., di Feronia (e compagne) e di Iuppiter Libertas rievoca l'associazione cultuale esistente a Terracina, dove si celebrava il rito della manomissione degli schiavi; va tenuto presente inoltre il contesto del santuario ellenistico aretino di Castelsecco o di S. Cornelio, ove a stipi di divinità della fecondità si associa un'iscrizione etrusca a Tin Lut, comparata a Iuppiter Libertas (ν. Arezzo). Tali riferimenti propongono alcuni quesiti: anzitutto l'esistenza a B. di un complesso cultuale unico imperniato su Feronia (ma le arnie provengono da strutture di reimpiego) e Iuppiter Libertas, già dai primi tempi della romanizzazione (quando il pago assolveva a funzioni di mediazione culturale tra l'agro coloniario romano-gallico e l'orizzonte marinaro ravennate, umbro ed ellenizzato); poi l'effettivo ruolo politico e sociale svolto dal culto giovio, soprattutto nell'ipostasi di Libertas, in un momento di profonde trasformazioni politiche e sociali tra il III e il I sec. a.C.; infine, il processo eclettico della formazione del più antico popolamento romano nella Cispadana: sabino e centro-italico, ma anche etrusco-aretino, e volsco-latino.
Bibl.: Sul pago romano: G. C. Susini, Il santuario di Feronia e delle divinità salutari a Bagnacavallo, in StRomagnoli, XI, 1960, pp. 197-212; A. Veggi Donati, Ricerche e documentazioni su Bagnacavallo romana, Bagnacavallo 1960 (con bibl. prec.).
Sull'ara da Boncellino: P. Ducati, Ara di Bagnacavallo, in RM, XXIII, 1908, pp. 131-144.
Sul patrimonio epigrafico: CIL, XI, 657-660 e Suppl. p. 1237; G. C. Susini, La stele del curiale Mansuario, in AttiMemBologna, n.s., IX, 1957-58, pp. 35-49; id., Il santuario di Feronia, ... cit.; id., Bagnacavallo. Cippo funerario di un pretoriano romano, in NSc, 1961, p. 13 s.; ILLRP, I2, 1278-1279; G. C. Susini, La religiosità indigena nel Ravennate in età antica, in CorsiRavenna, XXIII, 1976, pp. 321-326; id., Acquacheta, Fanum Quietis?, in FelRav, CXIII-CXIV, 1977, pp. 313-318.
Sui più antichi edifici plebani: L. Balduzzi, Degli Antichi Statuti di Bagnacavallo, in AttiMemBologna, II, 1875, pp. 151-196; P. Verzone, L'architettura dell'XI secolo nell'esarcato, in Palladio, IV, 1940, pp. 97-112; M. Mazzotti, Le pievi del Ravennate ad unica navata, in CorsiRavenna, VIII, 1961, pp. 327-329; G. Pasquali, Insediamenti rurali, paesaggio agrario e toponomastica fondiaria nella circoscrizione plebana di S. Pietro in Silvis di Bagnacavallo (secc. X-XII), in StRomagnoli, XXVI, 1975, pp. 359-380.
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