BAGNO
Il b., inteso come immersione del corpo nell'acqua a scopo igienico, terapeutico o ludico, è ricordato frequentemente nella Bibbia soprattutto in rapporto alla pulizia e alla purificazione (Gn. 35,2; Es. 19,10; 30,18-21; Lv. 14, 8-9; 15, 5-8; 15, 16; 15,21-22; 15,27; 17,15-16; 22, 6; Nm. 19,7-8; 19,12; 19,19; Dt. 23,12; Ger. 2,22); particolarmente significativo è il passo in cui Eliseo ordina a Naaman di immergersi sette volte per guarire dalla lebbra (2 Re 5,10). Il b. doveva essere possibilmente in acqua corrente (Es. 2,5), come prescritto da Mosè (Lv. 15,13); il gran sacerdote doveva farne uno prima della sua consacrazione (Es. 29,4; Lv. 8,6), prima e dopo il sacrificio di espiazione (Lv. 16,4; 16,24). Nelle Scritture si fa riferimento anche al b. dei neonati (Ez. 16,4) e a quello finalizzato alla toletta (Ez. 23,40; Gdt. 10,3; 2 Sam. 12,20), anche con unzione di oli e profumi (Dn. 13,17). Fu tuttavia Gesù Cristo, sottoponendosi al b. simbolico di purificazione che Giovanni Battista gli impartì nel Giordano, a innalzarlo nel battesimo a dignità di sacramento (Mt. 3,6; 3,11; 3,16; Mc. 1,5; 1,8-10; Ef. 5,25-26), condannando nel contempo le abluzioni dei farisei solo per il loro formalismo (Mc. 7,4; 7,8; Lc. 11,38). Numerose sono infine le citazioni bibliche di natatoria (Is. 22,9; 22,11; 2 Re 20,20; Ne. 3,15-16; inoltre Gv. 5,2; 9,7, in relazione alla guarigione del cieco nato) come le allusioni al nuoto (Is. 25,11; Ez. 47,5; At. 27,42) o ad acque termali (Gn. 36,24).
Sul piano iconografico l'immagine di b. più comune risulta quella, apocrifa, di Gesù bambino immerso, subito dopo la nascita (Nordhagen, 1961; Hermann, 1967), in una vasca a forma di cantaro (Firenze, Bibl. Riccardiana, 227, c. 9r, 1080 ca.), secondo uno schema che appare utilizzato anche nelle scene di Natività della Vergine, del Battista o di santi. Sono note nell'iconografia medievale rappresentazioni di personaggi biblici in atto di lavarsi: raramente compare Eva che fa un b. di purificazione dopo la nascita di Caino (Rouen, cattedrale, rilievo del portale dei Librai, sec.13°), mentre è diffusa nei salteri, in relazione a Sal. 6, la narrazione figurata dell'episodio di Davide che scorge Betsabea al b. (2 Sam. 11), quasi sempre presso un ruscello o una fontana, per la prima volta in un codice dei Sacra Parallela del sec. 9° (Parigi, BN, gr. 923, c. 282v). Questa rappresentazione è contrapposta in genere, come simbolo del peccato, all'immagine del b. della casta Susanna (Dn., 13, 1-64; Schlosser, 1966), affrescata per es. nel Trecento da Vitale da Bologna nel duomo di Udine.Un accenno a parte merita l'iconografia della badessa s. Radegonda (m. nel 586) in relazione ai b. che essa preparava per i poveri nei giorni di giovedì e sabato (Venanzio Fortunato, Vita s. Radegundis, 17; PL, LXXXVIII, coll. 504-505). La santa - che nel proprio monastero di Poitiers aveva fatto costruire una grande vasca - è raffigurata in una miniatura della fine del sec. 11° (Poitiers, Bibl. Mun., 250, c.39v) e in una vetrata del 1270 ca. nella chiesa dedicatale a Poitiers mentre assiste la monaca Animia al b., versandole dell'olio sul capo, con evidente riferimento all'iconografia del battesimo (Carrasco, 1990).La rappresentazione del b. ebbe prevalente diffusione in ambito profano in quanto riconosciuta necessità igienica, a scopo a volte terapeutico a volte ludico. Molto comune è l'immagine di un uomo e di una donna in una tinozza, assistiti da un inserviente che porta l'acqua (per es. in un manoscritto tardotrecentesco del Roman d'Alexandre, Oxford, Bodl. Lib., 264, c. 75); una coppia di sposi al b. è affrescata da Memmo di Filippuccio a San Gimignano (palazzo del Popolo, stanza del Podestà, sec. 14°). Il b. nella tinozza, anche all'aperto, figura tra le attività ricreative cortesi (Bolzano, residenza già Niederhaus ora Thun, di Aslago, sala dei Giochi cavallereschi, affresco del sec. 14°); inoltre, può occasionalmente comparire nel Tardo Medioevo in illustrazioni dei mesi (Très Riches Heures del duca di Berry, Chantilly, Mus. Condé, 1284, c. 8v); l'immagine infine di un uomo che fa il b. servito da donne fa riferimento alla consuetudine medievale dell'ospitalità (codice di Manesse, Heidelberg, Universitätsbibl., Pal. germ. 848, c. 46v).La fons salutis in ambito cortese si traduce nella profana fontana di giovinezza, nella quale gli anziani si bagnano per riprendere vigore, sempre nel senso della simbologia del rinnovamento e della purificazione: uomini e donne si affollano in una fontana a doppio bacino, dalla cui vasca superiore protomi animali versano acqua (Roman de Fauvel, Parigi, BN, fr. 146, c. 42, sec. 14°); il soggetto è presente anche in numerosi avori trecenteschi (Koechlin, 1924).Il b. venne illustrato anche in quanto attività natatoria: così in un salterio fiammingo del primo quarto del Trecento (Copenaghen, Kongelige Bibl., Gl. Kgl. Saml. 3384.8°, c. 57) o nell'immagine del falconiere del De arte venandi cum avibus federiciano (Roma, BAV, Pal. lat. 1071, c. 69r) che, lasciati gli abiti sulle sponde, è immerso in uno specchio d'acqua. In un codice dell'Ovide moralisé del 1350-1375 ca. (Lione, Bibl. Mun., 742, c. 87r) Pallade osserva le Muse che si bagnano nella fonte Eliconia, mentre più frequente è l'immagine di Davide che rischia di annegare, collegata nei salteri a Sal. 68 (bottega del Livre de Saladin ad Arras, 1290 ca.; Bruxelles, Bibl. Royale, 9391, c. 39).Nell'ambiente destinato al b. si svolgono a volte scene di martirio, come quello subìto da s. Cecilia (Chantilly, Mus. Condé, 1284, c. 180), o di assassinio: l'aggressione all'imperatore bizantino Romano Argiro si consuma in una delle sale da b. del suo palazzo, caratterizzata da un'elegante e complessa struttura architettonica (Madrid, Bibl. Nac., Vit. 26-2, c. 206v, sec. 13°), mentre Isotta cerca di uccidere Tristano intento a lavarsi nella tinozza (Bolzano, Castel Roncolo, sala di Tristano, sec. 14°).Invitando alle cure balneari, la scuola medica di Salerno ne sottolineava gli effetti salutari, illustrati da alcune rare immagini di b. a scopo medico, come nel codice duecentesco de Li livres dou santé di Aldobrandino da Siena (Londra, BL, Sloane 2435, c. 8v; Murray Jones, 1984) o nella Chirurgia di Ruggero Frugardo, del sec. 13° (Londra, BL, Sloane 1977, c.7; MacKinney, 1965). Costituiscono un ricco repertorio di immagini relative ai diversi tipi di b. termale le numerose illustrazioni del testo di Pietro da Eboli, Nomina et virtutes balneorum seu de balneis Puteolorum et Baiarum del sec. 13° (Roma, Bibl. Angelica, 1474, cc. 9r, 10r; Roma, BAV, Ross. 379, c. 21r), dal significato magico-sacrale (Russo Mailler, 1988, pp. 95-96). Molto rara risulta nel Medioevo la rappresentazione dell'atto di tuffarsi, che compare scolpita, con riferimento al battesimo, nel fonte della badia greca di S. Nilo a Grottaferrata.
Bibl.: F. Vigouroux, s.v. Bain, in Dictionnaire de la Bible, I, Paris 1891, coll. 1386-1388; H. Dumaine, s.v. Bains, in DACL, II, 1, 1910, coll. 72-117; L. Gougaud, La mortification par les bains froids, spécialement chez les ascètes celtiques, Bulletin d'ancienne littérature et d'archéologie chrétiennes 4, 1914, pp. 96-108; R. Koechlin, Les ivoires gothiques français, Paris 1924, II, nrr. 1067, 1163, 1215, 1281; P. Negrier, Les bains à travers les âges, Paris 1925, pp. 113-146; J. Zellinger, Bad und Bäder in der altchristlichen Kirche. Eine Studie über Christentum und Antike, München 1928; L. Gougaud, s.v. Bain, in DS, I, 1937, coll. 1197-1200; F. Zoeplf, s.v. Bad, in RDK, I, 1937, coll. 1372-1378; E. Josi, s. v. Bagno, in EC, II, 1949, coll. 686-687; C. Testore, ivi, coll. 687-688; J. Jüthner, s. v. Bad, in RAC, I, 1950, coll. 1134-1143; H. Fleckenstein, s. v. Bad, in LThK, I, 1957, coll. 1183-1184; A. Ricciardi, s. v. Ornamenti cosmetici, in Dizionario Biblico, a cura di G. Miegge, Torino 1957, pp. 426-427; C. M. Kauffmann, The Baths of Pozzuoli. A Study of the Medieval Illuminations of Peter of Eboli's Poem, Oxford 1959; P. J. Nordhagen, The Origin of the Washing of the Child in the Nativity Scene, BZ 54, 1961, pp. 333-337; A. T. Lucas, Bath and Bathing in Ancient Ireland, Journal of the Society of Antiquaries 95, 1965, pp. 65-114; L. MacKinney, Medical Illustrations in Medieval Manuscripts, Berkeley 1965, pp. 96-98; H. Schlosser, Die Daniel-Susanna-Erzählung in Bild und Literatur der christlichen Frühzeit, in Studien zu altchristlichen und byzantinischen Monumenten, a cura di W. N. Schumacher, RömQ 30, 1966, pp. 243-249; A. Hermann, Das erste Bad des Heilands und des Helden in spätantiker Kunst und Legende, JAC 10, 1967, pp. 61-81; H. Grotzfeld, s.v. Bad, in Lex. Mittelalt., I, 1980, coll. 1331-1336; M. Parsons Lillich, Cleanliness with Godliness: a Discussion of Medieval Monastic Plumbing, in Mélanges Anselme Dimier, III, 5, Arbois 1982, pp. 123-149; P. Murray Jones, Medieval Medical Miniatures, London 1984; C. Russo Mailler, L'acqua dall'antichità al Medioevo: le terme flegree, QMed 26, 1988, pp. 79-98; M. E. Carrasco, Spirituality in Context: The Romanesque Illustrated Life of St. Radegund of Poitiers (Poitiers, Bibl. Mun., MS 250), ArtB 72, 1990, pp. 414-435.M. Mihályi
L'edificio costruito in funzione della pratica del b. e che, per estensione, ne prende il nome è documentato nel Medioevo sia da fonti documentarie sia da testimonianze archeologiche. Da esse risultano prevalenti, al di là ovviamente dei b. costruiti all'interno di complessi monastici o di corti, le strutture urbane pubbliche a gestione privata o collegate a istituzioni religiose.La continuità con la tradizione classica appare, anche per questo specifico aspetto della vita medievale, sostanzialmente da ribadire (Russo Mailler, 1988); radicalmente modificata è invece, almeno a quanto risulta dai documenti, la componente ludica e voluttuaria che la Tarda Antichità aveva collegato allo spazio destinato alla pulizia corporale e che costituì sostanzialmente l'unico specifico elemento su cui l'atteggiamento della Chiesa espresse proibizioni per la pratica del bagno. Se infatti i piaceri derivanti dal b. e in genere ogni eccesso, per es. i balnea mixta, furono sempre condannati, l'uso del b. venne invece sempre incoraggiato, annettendo alla pratica un significato simbolico ma anche uno scopo igienico, sociale e assistenziale (Saguì, 1990b). Fu infatti la Chiesa, come attesta una vasta documentazione ricavabile per es. nel caso di Roma dal Lib. Pont., a svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione e nella gestione dei balnea, mantenendone anche pressoché intatta la tradizione edilizia classica. Di fatto non esiste frattura con il mondo tardoantico, dato che già papa Silvestro (314-335) dotò il titulus Equitii, oggi S. Martino ai Monti, di una "domum in urbe cum balneo in Sicinini regione", cioè presso l'attuale S. Maria Maggiore (Lib. Pont., I, p. 171), mentre l'imperatore Costantino negli stessi anni donava alla basilica di S. Pietro un balneum ubicato addirittura ad Antiochia (ivi, p. 177); si tratta in questo caso a evidenza di imprese commerciali e dunque assimilabili ad altre fonti di reddito. Analoghe donazioni sono ben documentate anche per gli anni seguenti, tanto che il Lib. Pont. aggiunge a ogni notizia anche l'entità della rendita percepita dai vari fruitori. Ma accanto a queste notizie relative allo sfruttamento di strutture precedenti, altre restituiscono l'immagine di una committenza sia imperiale sia papale impegnata, anche in questo particolare settore, a garantire il servizio della Chiesa; secondo la testimonianza di Eusebio (De vita imperatoris Constantini 4, 59; PG, XX, col. 1210) Costantino fece edificare un b. presso la basilica costantinopolitana dei Ss. Apostoli, mentre papa Damaso (366-384) donò un balneum iuxta titulum all'edificio da lui stesso costruito (Lib. Pont., I, p. 183).Al di là di queste sporadiche notizie, è a partire dal sec. 5° che sembra possibile cogliere un nuovo atteggiamento della Chiesa, che diventa promotrice di nuove strutture; a Napoli, nella prima metà del secolo, il vescovo Nostriano "fecit balneum in urbe" (Vitale, 1985), mentre a Roma, presso la basilica di S. Lorenzo f.l.m., papa Ilario (461-468) costruì un monastero con due b., di cui uno sub aere (Lib. Pont., I, p. 245), e pochi anni dopo Simmaco (498-514) costruiva analoghe strutture, una presso S. Pancrazio e l'altra presso la basilica di S. Paolo f.l.m. (ivi, p. 262).La vivace descrizione del sito di Vivarium fatta da Cassiodoro (De institutione divinarum litterarum, 29; PL, LXX, coll. 1143-1144) - descrizione che tanta eco ebbe nelle letteratura monastica se la sua traccia è chiaramente riconoscibile dopo sei secoli nella Descriptio positionis, seu situationis monasterii Claraevallensis (PL, CLXXXV, coll. 569-574) - oltre a esaltare il ruolo delle acque del fiume Pellena nella vita del monastero, fa esplicito riferimento ai b. fatti costruire dallo stesso fondatore. È questa la prima, sia pur sommaria, descrizione di strutture per il b. all'interno di impianti monastici; peraltro la Regola di s. Benedetto, pur ponendo limitazioni alla pratica del b., anche se con eccezioni per gli ammalati e gli anziani, ne ammette però evidentemente l'esistenza all'interno della struttura monastica.Nell'Europa settentrionale, nelle zone dove non era avvenuto in modo diretto l'impatto con gli usi del mondo classico, le norme relative al b. appaiono molto meno intransigenti. La Regola di s. Colombano, del tardo sec. 6°, prevede per i monaci irlandesi una pratica giornaliera del b. e, per coloro che ne avessero usato contrariamente alle norme di decenza, la penitenza consisteva nell'astensione dall'uso; il che dimostra chiaramente la valutazione complessivamente positiva della pratica. Rimanevano però momenti di perplessità e sconcerto: a Poitiers, nella seconda metà del sec. 6°, s. Radegonda aveva fatto costruire nel monastero da lei fondato un b. a uso promiscuo, il che era fonte per i contemporanei di scandalo, ma il b. era poi entrato come elemento di sfondo nell'iconografia della santa, che infatti viene rappresentata, in una vetrata del sec. 13° della chiesa di Poitiers a lei dedicata, mentre lava i piedi a due uomini e versa dell'olio sul capo della monaca Animia, immersa nuda nel bagno.A Ravenna, nel 540, il vescovo Vittore, secondo la testimonianza del presbitero Agnello, ricostruì i balnea parva del clero ortodosso, posti accanto all'episcopio, decorandoli con marmi preziosi e con mosaici ("diversas figuras tassellis aureis variasque composuit", Liber Pontificalis ecclesiae Ravennatis; MGH. SS rer. Lang., 1878, pp. 324-325) e ponendovi un'iscrizione dedicatoria in esametri che, tra l'altro, disponeva che il clero ravennate vi accedesse gratuitamente due volte alla settimana, il martedì e il venerdì. Dell'edificio, che era ancora perfettamente funzionante al tempo di Agnello (inizi sec. 9°), sono recentemente emerse alcune parti durante lavori per la costruzione della sede della Banca Popolare di Ravenna: in particolare vasche semicircolari con pavimentazione in marmo parzialmente conservata, tubi di riscaldamento nelle pareti, grandi vasche rettangolari e vaschette in cocciopesto, forse un castellum aquae, condotti fognari e ambienti di varia forma. L'impianto è ora parzialmente ricostruito nel Mus. Naz. di Ravenna (Maioli, 1981; 1988a). Il b. del clero ariano è menzionato invece solo in modo indiretto nella vita del vescovo Agnello (556-569; Saguì, 1990b).Un balneum lateranense, ricordato più volte nel Lib. Pont. a partire dal 664, quando è citato nel racconto della visita dell'imperatore Costanzo II (Lib. Pont., I, p. 343), era alimentato dall'acquedotto Claudio restaurato da Adriano I (772-795) "unde et balneus Lateranensis de ipsa aqua lavari solebat" (ivi, pp. 503-504); l'edificio fu completamente rifatto da Gregorio IV (827-844; ivi, II, p. 817), ma di esso non rimangono tracce.A Pavia, una lapide (Bognetti, 1954) ricorda le opere architettoniche del vescovo Damiano che, insieme all'episcopio, costruì anche terme con calidario (thermarum vapores) destinate probabilmente anche in questo caso al clero. Nella stessa città, la narrazione di Paolo Diacono relativa all'incontro all'interno di un b. tra la moglie del re Cuniperto e Teodota, e all'uccisione nel balneum nel 701 del re Liutperto, fa ipotizzare l'esistenza di b. nel palazzo reale (Bullough, 1966), immediati precedenti di quelle regales thermas che Liutprando, verso il 740, aveva progettato per la nuova residenza di Corteolona (Calderini, 1975), decorate con "marmoribus pulchris atque columnis" in un programma edilizio di grande magnificienza e di "nostalgia dell'antico", chiaramente presente alla base di queste opere che "Romam caput fidei illustrant quam lumina mundi" (Romanini, 1988; 1991).A Brescia gli scavi nel complesso monastico di S. Giulia (Brogiolo, 1981; 1983) hanno portato al rinvenimento di una fistola plumbea pertinente all'acquedotto, ricordato nei documenti del 761 (Ward-Perkins, 1984), e di un ambiente riscaldato mediante ipocausto su pilastrini di reimpiego, che fu ricavato in un edificio tardoantico o al momento della fondazione del monastero, il monasterium novum S. Salvatoris, eretto da Desiderio e dalla moglie Ansa per la figlia Anselberga, o in una successiva fase di ristrutturazione in età carolingia. L'ambiente, certamente un b., da porre in relazione con gli adiacenti alloggi della badessa, fu utilizzato fino al 12° secolo.Per i secc. 8° e 9° altre importanti citazioni di b. sono quelle che riguardano: Lucca, dove nel 720 la chiesa di S. Silvestro venne dotata di uno xenodochium e di un balneum; Piacenza, dove la chiesa di S. Antonino ebbe la concessione dal re Liutprando di trenta libbre di sapone destinate al b. dei poveri; Benevento, dove Arechi II nel 774 dotò il b. della chiesa della Santa Sofia a Ponticello di una condotta d'acqua e di un rifornimento annuale di legna (Ward-Perkins, 1984).A Roma, oltre al restauro eseguito da Adriano I (772-795) all'acquedotto che riforniva uno dei b. esistenti presso la basilica di S. Pietro, destinato ai poveri, il Lib. Pont. (II, pp. 27-28) ricorda la costruzione di altri due b. presso la stessa basilica a cura di Leone III (795-816), uno posto al piano superiore, constructum in rotundum e mirifice decoratum, l'altro, mire decoratum, riservato ai poveri e ai pellegrini; come ipotizza Ward-Perkins (1984), è probabile che il b. circolare fosse riservato al clero e forse allo stesso pontefice.Anche fuori d'Italia sono numerose le menzioni di b., in particolare di quelli presenti in strutture monastiche o a esse collegati: nel 676 il re Dagoberto concesse al monastero di Wiessenfel i b. la cui fondazione risaliva all'imperatore Adriano; b. in muratura sono ricordati a Le Monestier, presso Briançon nella prima metà del sec. 9°; analoghe strutture sono menzionate sia a Corbie sia a Saint-Denis, dove un balneatorio è citato nell'862 (Saguì, 1990b).È soprattutto il piano di San Gallo (San Gallo, Stiftsbibl., 1092) a dare una delle testimonianze più interessanti di questo periodo; vi sono indicati quattro impianti di b., destinati rispettivamente all'abate, ai monaci, ai novizi e ai malati. Il b. dei monaci, a differenza di quello degli infermi e dei novizi, è direttamente collegato al dormitorio e, rispetto alle altre analoghe strutture, appare come il più articolato; esso è infatti diviso in due ambienti, il secondo dei quali presenta due elementi circolari. Questi sono delineati anche nei b. degli infermi e dei novizi e sono stati esattamente interpretati come vasche da b. (Horn, Born, 1979); a ridosso delle pareti sono disegnati dei sedili. Solo una scritta indica invece il b. dell'abate, incluso all'interno dell'edificio a lui riservato.L'interesse di Carlo Magno per le pratiche termali e i b. è documentabile già nella scelta del luogo di Aquisgrana per la fondazione del suo palazzo; le acque consacrate al dio Grano furono molto apprezzate dall'imperatore che, secondo i racconti di Eginardo nella Vita Karoli imperatoris (MGH. SS, II, 1829, pp. 426-463) e di Notkero Balbulo nei Gesta Karoli Magni imperatoris (MGH. SS rer. Germ., XII, 1959), concedeva l'uso dei suoi b. non solo al suo seguito, ma anche, in particolari occasioni, agli indigenti.Le citazioni di b. si moltiplicano in Italia a partire dal sec. 10°; a Ravenna e Rimini in abitazioni private di un certo rilievo sono già documentati b. privati (Cagiano de Azevedo, 1972) e al 983 risale un interessante documento napoletano con il quale la badessa del monastero di S. Marcellino cedeva un terreno per la costruzione di un b. fornito di "puteum, expoliatorium, lenarium, stationes, fornacem" (Russo Mailler, 1988). Questi termini, che indicano l'articolazione della struttura, fornita appunto di un pozzo, di uno spogliatoio, di una stanza per le coperte, destinate a favorire la sudorazione - indizio questo della pratica del sudarium già attestata nei b. per cure termominerali - e di sale d'aspetto o di vani singoli per abluzioni individuali, a seconda del senso che si voglia attribuire al termine stationes (Vitale, 1985; Russo Mailler, 1988; Saguì, 1990b), sottolineano la sostanziale continuità che la struttura ebbe con il mondo classico, dato confermato anche da recenti ritrovamenti effettuati a Roma.Nel corso degli scavi della crypta Balbi è emersa una struttura che è stata individuata come un b. costruito agli inizi del sec. 11° nell'esedra del monumento classico. Esso appare articolato in diversi ambienti, dei quali è possibile stabilire in linea di massima la funzione; riscaldato mediante ipocausti, il b. era distinto in vari locali con diversa temperatura, dei quali uno destinato in un secondo momento a sudatorium e altri riservati ai veri e propri bagni. Molti dei materiali di costruzione appaiono di spoglio, probabilmente da un vicino edificio termale romano, mentre altri, forse di più difficile reperimento, come le tegole forate o i coppi usati nelle canalizzazioni, sono chiaramente medievali; l'attento studio delle strutture e dei frammenti ceramici ha potuto escludere l'ipotesi del riuso di una struttura classica (Saguì, 1990a).Nonostante il diffondersi di queste strutture, confermato da un gran numero di citazioni documentarie, scarsissime sono le testimonianze archeologiche e architettoniche anche nei secoli dopo il Mille.A Milano, nel 1021, è documentato presso S. Ambrogio un balneum, dicitur stuva, termine quest'ultimo poi usato anche da Galvano Fiamma (1283-1344), insieme con stupa, per indicare un b. che sorgeva presso porta Tosa (Calderini, 1953); il termine è attestato anche in altre città, per es. a Roma, dove gli 'stufaroli', cioè gli esercenti di b. pubblici, costituivano una sorta di corporazione, e anche a Parigi, dove la toponomastica testimonia la diffusione di strutture di b. pubblici nella Rue des Vieilles Etuves-Saint-Martin e nella Rue des Vieilles-Etuves Saint-Honoré.Nelle zone di più diretta influenza bizantina, si trova citato a Bari nel 1032 il lutrón della chiesa della Panaghía della Metíxias nonché nel 1075 un balneum e un b. con impianto di riscaldamento (kamínion) per il monastero di S. Giovanni Teologo presso Reggio Calabria.Resti di un b. con ipocausto, databili tra il 1165 e il 1167, sono stati individuati nel palazzo normanno della Zisa a Palermo (Bellafiore, 1978; 1990) e probabilmente di questa struttura dovevano essere dotati i vari palazzi normanni, anche per l'influenza del mondo arabo. Un'altra importante testimonianza è costituita dai b. di Cefalà Diana (Palermo), a lungo erroneamente ritenuti di periodo islamico e oggi, dopo un'attenta analisi dell'iscrizione in caratteri arabi che all'esterno ne riveste tre lati, datati al periodo normanno (Gabrieli, Scerrato, 1979; Bellafiore, 1990); datazione confermata peraltro anche dall'esame delle forme architettoniche. L'edificio sorge sul luogo di una sorgente di acqua calda che all'interno sgorga dal fondo di una vasca rettangolare, separata da un'altra vasca rettangolare di dimensioni più grandi tramite un setto in cotto a triplice arcata e capitelli corinzi in cotto. Nella volta a botte di copertura si aprono sfiatatoi per il deflusso del vapore.Anche in Spagna un'importante serie di testimonianze e alcuni notevoli documenti architettonici confermano l'importante ruolo della cultura araba e il perdurare del suo influsso anche al di là del periodo della Reconquista; oltre ai resti dei b. dell'Almirall a Palma di Maiorca (Puig i Cadafalch, de Falguera, Goday i Casals, 1918; Martinell, 1935), il documento più interessante è costituito dai b. di Gerona. A una prima citazione nel 1194 fa seguito la notizia di una loro ricostruzione tra il 1294 e il 1296 (Carbonell i Esteller, 1975); l'edificio è costituito da una sala principale, quadrata, al centro della quale è collocata una piscina ottagonale, coperta da una cupola sostenuta da due ordini di archi su colonne; un lato della sala è occupato da un bancale posto su una serie di volte a botte, che costituiva una sorta di divano. L'articolazione della sala, aperta da finestre su un giardino, ne attesta la funzione di frigidarium; il tepidarium è identificabile nella sala adiacente, mentre la presenza di un ipocausto indica l'esistenza del calidarium nei due ambienti successivi.Nonostante il ruolo importantissimo svolto dall'acqua nell'architettura cistercense - l'elemento condizionò la stessa posizione degli edifici abbaziali in rapporto alla chiesa - mancano fino a oggi testimonianze architettoniche identificabili come strutture di un b., mentre sono ben documentate le latrine, come per es. a Maubuisson. Gli accenni che gli Statuta Capitolorum Generalium (ad annum 1189, 17; 1202, 40) dedicano ai balnea danno l'immagine di strutture esterne all'abbazia, la cui frequentazione era considerata riprovevole e tale da essere punita con l'espulsione dal monastero. Si tratta evidentemente di misure limite, suggerite da comportamenti non consoni al programma di clausura che sottende la vita monastica cistercense; è peraltro da ricordare la presenza in ogni abbazia cistercense della struttura del lavabo e della fontana del chiostro, espressamente riservate alla pulizia del monaco prima del momento del pasto comune, una tappa fissa nello svolgimento della giornata.Mancano testimonianze documentarie e archeologiche di b. anche nel mondo federiciano, pur in presenza di strutture potenzialmente adattabili come quelle di Castel del Monte, costituite da cisterne sospese ricavate all'interno di cinque delle otto torri e raccordate tramite tubazioni in pietra a piccoli locali sottostanti, uno dei quali conserva ancora il sedile che ne attesta la funzione di latrina (De Tommasi, 1978). Lo studio della funzionalità interna di queste strutture, che è ancora agli inizi, rende comunque problematica ogni asserzione; è forse ipotizzabile, data la sicura presenza di b. all'interno di questi edifici, l'abbandono della struttura tipologica del b. di origine classica, documentata fino a quel momento dalle poche testimonianze archeologiche analizzate, per l'elaborazione di strutture più semplici del tipo di quella (del sec. 14°) individuata nel castello di Mesocco (Svizzera), costituita da una semplice stanza con panche. Più complessa appare invece la struttura dell'unico b. pubblico conservato in Germania, che sorge presso l'abbazia cistercense di Eberbach e che può essere datato alla fine del sec. 15°; si tratta di un edificio a due piani, dove al piano terreno, alto poco più di m. 2 e coperto da volta a crociera, si trovano la stanza da b. e una caldaia che, tramite due tubature, riscaldava due ambienti attigui.B. rituali ebraici (mikwe) sono documentati già nel sec. 10° a Nîmes (Guillerne, 1977); altri esempi sono costituiti da quelli tedeschi di Worms, sorti intorno al 1185, di Spira, eretti prima del 1126, e da quelli più tardi di Colonia, Offenburg, Friedburg e Andernach (Stein, 1969).Un ulteriore aspetto del b. nel Medioevo è costituito dai b. termali, che godettero sempre di grande favore; al di là delle testimonianze letterarie come la lettera indirizzata da Teodorico al suo architetto Aloisio (v.), nella quale il sovrano descrive le acque di Aponum (od. Abano), e ricordata da Cassiodoro (Variae, II, XXXIX, MGH. Auct. ant., XII, 1894, 2, pp. 67-69), delle già citate notizie su Carlo Magno e le fonti termali di Aquisgrana, del Nomina et virtutes balneorum seu de balneis Puteolorum et Baiarum di Pietro da Eboli su Pozzuoli e Baia o dei documenti che attestano nel sec. 11° le fonti pirenaiche di Caldarez come appartenenti alla chiesa di Saint-Martin (Mortet, 1911, n. 58), o della citazione di quelle alsaziane di Plombières nel 1292, inesistente è, allo stato attuale, la documentazione archeologica e architettonica. Sono in questo caso le miniature, per es. quelle duecentesche del testo di Pietro da Eboli (Roma, Bibl. Angelica, 1474), o le incisioni più tarde a dare l'immagine di bassi bacini d'acqua a cielo aperto con settori riservati a uomini e donne.
Bibl.:
Fonti. - Statuta Capitolorum Generalium Ordinis Cisterciensis ab anno 1116 ad annum 1786, a cura di J. Canivez, I, Louvain 1933.
Letteratura critica. - J. Hunziker, Zur Geschichte des mittelalterlichen Hypokaust, Anzeiger für Schweizerische Altertumskunde, n.s., 2, 1900, pp. 182-187; A. Martin, Deutsches Badewesen aus vergangenen Tage, Jena 1906; V. Mortet, Recueil de textes relatifs à l'histoire de l'architecture et à la condition des architectes en France au Moyen Age, I, XIe et XIIe siècles, Paris 1911; J. Puig i Cadfalch, A. de Falguera, J. Goday i Casals, L'arquitectura rom'anica a Catalunya, III, 1-2, Barcelona 1918; L. Thorndike, Sanitation, Baths, and Street-Cleaning in the Middle Ages and Renaissance, Speculum 3, 1928, pp. 192-203; L. Zellinger, Bad und Bäder in der altchristlichen Kirche. Eine Studie über Christentum und Antike, München 1928; C. Enlart, Manuel d'archéologie française depuis le temps mérovingien jusqu'à la Renaissance, I, Architecture civile; II, Architecture militaire et navale, Paris 1929-19322 (1918); C. Martinell, Les bains publics, in L'architecture gothique civile en Catalogne, Paris 1935, pp. 68-75; F. Zoeplf, s.v. Bad, in RDK, I, 1937, coll. 1372-1381; A. Calderini, Milano archeologica, in Storia di Milano, I, Le origini e l'età romana, Milano 1953, pp. 463-696; G. P. Bognetti, Milano longobarda, ivi, II, Dall'invasione dei barbari all'apogeo del governo vescovile (493-1002), 1954, pp. 55-299: 231; H. Christ, Das karolingische Termalbad der Aachener Pfalz, Germania 36, 1958, pp. 119-132; C. M. Kauffmann, The Baths of Pozzuoli. A Study of the Medieval Illumination of Peter of Eboli's Poem, Oxford 1959; A. T. Lucas, Bath and Bathing in Ancient Ireland, Journal of the Society of Antiquaries 95, 1965, pp. 65-114; D. A. Bullough, Urban Change in Early Medieval Italy: the Example of Pavia, PBSR 34, 1966, pp. 82-130; G. Stein, Die Juden und ihre Kultbauten am Oberrhein bis 1349, ZGO 117, 1969, pp. 333-355; M. Cagiano de Azevedo, Le case descritte dal Codex traditionum Ecclesiae Ravennatis, RendALincei 27, 1972, pp. 159-181; H. G. Gengler, Seelbäder, Zeitschrift für deutsche Kulturgeschichte 2, 1973, pp. 571-582; V. Strika, Alcuni problemi sulle terme di Cefalà, Sicilia Archeologica 6, 1973, 21-22, pp. 23-33; C. Calderini, Il palazzo di Liutprando a Corteolona, Contributi dell'Istituto di Archeologia 5, 1975, pp. 174-203; E. Carbonell i Esteller, L'art romànic a Catalunya. Segle XII, II, Barcelona 1975; A. Guillerne, Les juifs et l'urbanisation au XIe siècle dans le bassin parisien, Revue des études juives 136, 1977, pp. 529-530; G. De Tommasi, Cento anni di restauri a Castel del Monte, Continuità 12, 1978, pp. 3-40: 27; G. Bellafiore, La Zisa di Palermo, Palermo 1978; M. Gianni, R. Orioli, La cultura medica di Pietro da Eboli, in Studi su Pietro da Eboli (Studi storici, 103-105), Roma 1978, pp. 89-117; F. Gabrieli, U. Scerrato, Gli Arabi in Italia (Antica Madre, 5), Milano 1979 (19852); W. Horn, E. Born, The Plan of St. Gall. A Study of the Architecture and Economy of, and Life in a Paradigmatic Carolingian Monastery, 3 voll., Berkeley-Los Angeles-London 1979; G. P. Brogiolo, Brescia, S. Giulia 1980-1981, ArchMed 8, 1981, p. 571; M. G. Maioli, Ravenna, piazza Arcivescovado, Banca Popolare 1980, ivi, pp. 574-575; I bagni di Cefalà Diana, Palermo 1982; M. Parsons Lillich, Cleanliness with Godliness: a Discussion of Medieval Monastic Plumbing, in Mélanges Anselme Dimier, III, 5, Arbois 1982, pp. 123-149; G. P. Brogiolo, Nuovi scavi nell'area del complesso di S. Giulia, "Atti del Seminario Internazionale sulla decorazione pittorica del San Salvatore di Brescia, Brescia 1981", Pavia 1983, pp. 49-53; H. Broise, J. C. Maire Vigueur, Strutture famigliari, spazio domestico e architettura civile a Roma alla fine del Medioevo, in Storia dell'arte italiana, XII, Momenti di architettura, Torino 1983, pp. 97-160; J. B. Ward-Perkins, From Classical Antiquity to the Middle Age, Urban Public Building in Northern and Central Italy A. D. 300-850, Oxford 1984; G. Vitale, Case e abitanti della regia Nilensis in età ducale: osservazioni, in Palazzo Corigliano tra archeologia e storia, Napoli 1985, pp. 12-18; P. Braunstein, Dal Bagno pubblico alla cura corporale privata: tracce per una storia sociale dell'intimo, Ricerche storiche 16, 1986, pp. 523-534; M. G. Maioli, Ravenna, lo scavo della Banca Popolare. ''I, Bagni del Clero'', in Flumen Aquaeductus. Nuove scoperte archeologiche dagli scavi per l'acquedotto della Romagna, a cura di L. Prati, Bologna 1988a, pp. 76-80; id., Ravenna, via S. Alberto. Impianto termale bizantino, ivi, 1988b, pp. 89-90; A. M. Romanini, Il Medioevo (Storia dell'arte classica e italiana, 2), Firenze 1988; C. Russo Mailler, L'acqua dall'antichità al Medioevo: le terme flegree, QMed 26, 1988, pp. 79-98; G. Bellafiore, Architettura in Sicilia nell'età islamica e normanna (817-1194), Palermo 1990; L. Saguì, L'esedra e il complesso dei bagni nel Medioevo: un problema topografico, in L'esedra della Crypta Balbi nel Medioevo (XI-XV secolo), a cura di L. Saguì, Firenze 1990a, pp. 95-97; id., 'Balnea' medievali: trasformazione e continuità della tradizione classica, ivi, 1990b, pp. 98-116; A. M. Romanini, Scultura nella Longobardia major: questioni storiografiche, AM, s. II, 5, 1991, 1, pp. 1-30.M. Righetti Tosti-Croce
In età paleobizantina la tradizione romana dei b. pubblici come centri della vita sociale si mantenne da principio inalterata. Solo più tardi la condanna formulata dai Padri della Chiesa contro l'immoralità e il lusso determinò l'abbandono delle antiche consuetudini, in particolare quella del b. in comune tra uomini e donne. Le gravi difficoltà economiche che, dalla fine del sec. 6°, investirono l'impero a seguito delle invasioni di Slavi, Persiani e Arabi furono infine alla base della completa decadenza degli impianti termali tardoantichi. I grandi complessi pubblici di Antiochia e di Alessandria furono distrutti dopo la conquista degli Arabi; quelli di Costantinopoli, non potendo più essere mantenuti a causa del generale impoverimento, andarono a loro volta in rovina e ne presero il posto costruzioni minori, in prevalenza gestite da monasteri. I b. con settori distinti per sesso, che avrebbero garantito l'osservanza dei principi della morale cristiana, non ebbero diffusione in ambito bizantino, ove prevalse piuttosto la consuetudine di fissare ore e giorni separati per l'uso dei b. pubblici da parte degli uomini e delle donne.Già a partire dal sec. 5°, piscine per il b. freddo, nel senso del frigidarium antico, erano cadute in disuso; si mantennero - a quanto risulta dalle fonti - solo nei b. del Grande palazzo di Costantinopoli.Lo sfruttamento delle sorgenti termali è invece documentato lungo tutto il Medioevo; particolarmente note erano le fonti di Pythia (od. Yalova) e di Prusa (od. Bursa), nell'Anatolia nordoccidentale, che venivano frequentate anche dalla corte imperiale. Più volte nelle fonti letterarie sono citati i c.d. b. sacri, che dovevano la loro particolare importanza all'esistenza di una sorgente ritenuta miracolosa o di un'immagine sacra venerata come dispensatrice di acque. Un simulacro di questo genere esisteva nel più famoso dei b. sacri di Costantinopoli, quello delle Blacherne, nell'estrema zona nord-ovest della città. Il De caerimoniis aulae byzantinae (PG, CXII) di Costantino VII Porfirogenito (905-959) descrive una processione imperiale che aveva come punto d'arrivo questo b. e culminava nell'abluzione rituale dei monarchi.Nella capitale bizantina le testimonianze archeologiche relative a b. sono scarse. La Notitia Urbis Constantinopolitanae, una descrizione della città risalente al 425 ca., annovera in tutto nove grandi thermae statali e centocinquantatré balneae privatae, da intendersi anch'esse come b. pubblici, sebbene affidati a gestione privata.Tra le terme di Costantinopoli le più importanti erano quelle c.d. di Zeuxippos, la cui fondazione sembra risalire a epoca precostantiniana. Sotto Costantino l'edificio fu restaurato per essere inaugurato nel 330 in occasione della consacrazione della città; dopo le devastazioni della rivolta di Nika (532) fu ricostruito, ma non raggiunse più l'importanza di un tempo. I resti di questo complesso, messi in luce durante gli scavi del 1927-1928 effettuati nell'area dell'ippodromo, sono tuttavia troppo scarsi per consentire un'ipotesi ricostruttiva.Dopo le altre due grandi terme erette a Costantinopoli nel sec. 4°, quelle di Costanzo (345 ca.) e di Arcadio (395 ca.), le fonti ricordano la costruzione di grandi b. fino al 600. Ma, mentre le thermae maggiori andavano gradualmente in rovina, alcuni b. minori di epoca paleobizantina continuarono a rimanere in uso fino al 9° secolo.Ad Antiochia e ad Alessandria sono tornate alla luce le fondazioni dei grandi impianti termali del 4° secolo. Una particolare menzione meritano i b. a due settori del centro di pellegrinaggio egiziano di Karm Abu Mina (Müller-Wiener, 1966). Si tratta di strutture che anticipano, come avviene anche nel caso di una serie di b. della Siria (Butler, 1919-1920), diverse peculiarità architettoniche proprie dei successivi esempi islamici.In Grecia, a Kaisariani (presso Atene) e a Derbenosalesi (od. Pyle), sulla catena montuosa del Citerone, si sono conservati due b. all'interno di complessi monastici mediobizantini (Orlandos, 19582), mentre a Salonicco sussiste un b. pubblico databile al sec. 14° (Xyngopulos, 1940).Nella struttura dei b. di epoca paleobizantina si riscontrano, come in tutta l'epoca romana, due differenti tipi fondamentali: l'uno improntato a una rigorosa simmetria assiale basata sul raddoppiamento dei singoli vani, l'altro con impostazione libera, senza successione regolare dei vani. Le mutate consuetudini balneari del sec. 5° si riflettono nell'abbandono del frigidarium, che viene sostituito da un atrio senza vasche, spesso a navate. Questa innovazione è documentata dapprima in Siria e a Karm Abu Mina e di qui passa in seguito ai b. arabi. Così accade anche per il sistema di illuminazione dei vani mediante piccole finestre rotonde nelle volte, ignorato nell'età antica e nell'area costantinopolitana, ma ripreso nei b. arabi dall'architettura termale preislamica della Siria e dell'Egitto (Berger, 1982, pp. 85-102).I b. di epoca mediobizantina si riallacciano architettonicamente a un tipo di piccoli edifici termali, noti fin dall'età romana, composti da un atrio e da un vano principale, entrambi coperti a botte e dotati di riscaldamento. Le vasche sono situate in genere in absidi o in nicchie rettangolari ricavate nella parete frontale e in quelle laterali della sala maggiore, come accade in alcuni esempi superstiti in complessi monastici (Orlandos, 19582, p. 107), caratterizzati da un vano principale cupolato a pianta quadrata con absidi laterali o a triconco. Una forma consimile doveva avere, secondo il De caerimoniis, anche il b. sacro delle Blacherne. Il b. pubblico del sec. 14° che si è conservato a Salonicco presenta invece una tipologia diversa, con impianto a due navate senza absidi.Il riscaldamento degli ambienti destinati al b. caldo era effettuato in genere con il sistema dell'ipocausto, mentre il rifornimento idrico era assicurato da apposite condutture. In Egitto, data la scarsità di acqua, i b. sono collegati di solito a cisterne. Le pareti erano di norma provviste, fino all'attacco delle volte, di rivestimenti di marmo, presenti anche nei b. più modesti del periodo mediobizantino, al fine di proteggere i muri dall'umidità. Quanto ai pavimenti, alcuni esemplari a decorazione aniconica sono stati scoperti ad Antiochia (Levi, 1947, I, figg. 118, 260).Secondo una consuetudine già romana, molti b. paleobizantini erano adorni di collezioni di sculture, che spesso davano il nome al complesso, come per es. nel caso del b. di Hippos ad Alessandria o in quello di Ikaros a Tripoli di Siria. Nei già citati b. di Zeuxippos a Costantinopoli, entro un portico (gymnásion), si trovava una grande raccolta di statue antiche, descritte intorno al 500 in un'ékphrasis dal poeta Cristodoro di Copto (Descriptio statuarum, in Epigrammatum Anthologia Palatina, I, Paris 1871, pp. 23-36).Solo poche tracce testimoniano la ricchezza di decorazioni a mosaico e ad affresco attestata da numerose fonti letterarie. Un'ékphrasis di Giovanni di Gaza, risalente al sec. 6°, parla del kosmikós pínax raffigurato in un b. a Gaza (Cupane, 1979). Nel tardo sec. 7° il b. omayyade di Quṣayr ῾Amrā venne decorato con pitture murali secondo la tradizione bizantina (Creswell, 1932, pp. 252-303); in questo caso, dato che l'edificio fu usato pochissimo e subito abbandonato, il ciclo si è ben conservato. Da un'altra ékphrasis, dovuta a Leone Choirosphaktes, si conosce invece la decorazione di un b. di palazzo a Costantinopoli, risalente ai primi anni del sec. 10° (Magdalino, 1984). In genere nella cupola affreschi e mosaici presentavano rappresentazioni del firmamento, figure allegoriche, quali divinità fluviali e ninfe, nonché animali marini e uccelli. In taluni esempi molto antichi, anteriori all'affermarsi dei principi di una rigida morale cristiana, compaiono anche coppie di amanti e figure di bagnanti, come accade negli affreschi del b. di Quṣayr ῾Amrā. Nel b. del Grande palazzo di Costantinopoli erano effigiati anche l'imperatore e la consorte in veste di fondatori.In quanto ai b. di ambito monastico, è in linea di massima da escludere che fossero decorati con pitture murali. L'unica notizia in proposito riguarda un b. del sec. 12°, nel quale erano rappresentati i miracoli evangelici della piscina probatica e della fonte di Siloe (Berger, 1982, p. 129).Tra gli elementi ornamentali aniconici di età paleocristiana si riscontrano croci a rilievo in marmo o in metallo intarsiato; essi devono aver avuto certamente funzione apotropaica, poiché fin dall'epoca più antica il b. era considerato un luogo legato ai demoni. Si ha inoltre notizia, lungo tutta l'età bizantina, dell'uso di corredare i b. con rubinetti, sbocchi d'acqua e altri accessori decorativamente modellati in forma di protomi umane o leonine.
Bibl.: H. C. Butler, Syria. Publications of the Princeton University Archaeological Expeditions to Syria in 1904-1905 and 1909. Division II, Section A-B, Architecture, Leiden 1919-1920; K. A. C. Creswell, Early Muslim Architecture, Oxford 1932 (19692); G. A. Sotiriu, ΛουτϱῶνεϚ ϰαὶ ἁγιάσματα ἐν ᾽Αττιϰῆ [Bagni conventuali e fonti sacre in Attica], Byzantinisch-neugriechische Jahrbücher 13, 1936-1937, pp. 297-304; A. Xyngopulos, ΒυζαντινὸϚ λουτϱῶν ἐν Θεσσαλονίϰῆ [Un bagno bizantino a Salonicco], ᾽ΕπετηϱὶϚ ΦιλοσοϕιϰῆϚ ΣχολῆϚ Πανεπιστημίον 5, 1940, pp. 83-97; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, 2 voll., Princeton 1947; P. Kukules, Βυζαντινῶν βίοϚ ϰαὶ πολιτισμόϚ [Vita e cultura dei bizantini], IV, Athinai 1951, pp. 419-467; A. K. Orlandos, Μοναστηϱιαϰὴ ἀϱχιτεϰτονιϰή. Κείμενον ϰαὶ σχέδια [Architettura monastica. Certezze e ipotesi], Athinai 19582, pp. 95-108; R. Janin, Constantinople Byzantine. Développement urbain et répertoire topographique (Archives de l'Orient Chrétien, 4A), Paris 19642, pp. 216-224; W. Müller-Wiener, Abu Mena, 4. vorläufiger Bericht, MDAIKairo 21, 1966, pp. 171-187; H. Grotzfeld, Das Bad im arabisch-islamischen Mittelalter, WiesBibl.: baden 1970; W. Müller-Wiener, Bildlexicon zur Topographie Instanbuls, Tübingen 1977; C. Cupane, Il ϰοσμιϰὸϚ πίναξ di Giovanni do Gaza. Una proposta di ricostruzione, JÖByz 28, 1979, pp. 195-207; H. Hunger, Zum Badewesen in byzantinischen Klöstern, in Klösterliche Sachkultur des Spätmittelalters (Österreichische Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Klasse, Sitzumungsberichte, 367), Wien 1980, pp. 353-364; A. Berger, Das Bad in der byzantinischen Zeit (Miscellanea Byzantina Monacensia, 27), München 1982; P. Magdalino, The Bath of Leo the Wise, in Maistor. Classical, Byzantine and Renaissance Studies for Robert Browning (Byzantina Australiensia, 5), Canberra 1984, pp. 225-240.A. Berger
Il b., in arabo ḥammām (dalla radice ḥamma 'riscaldare, essere caldo'), è considerato uno degli edifici più caratteristici, anche se non dei più vistosi, dell'architettura civile musulmana. Inteso come luogo pubblico, dove è possibile svolgere le pratiche igieniche desiderate in piacevoli conversari e in ambienti comodi e accoglienti, accuditi da servizievoli addetti, esso ripropone la funzione delle antiche terme romane che le popolazioni arabe conoscevano attraverso gli esempi ellenistici e bizantini della Siria. Va peraltro tenuto presente che Maometto, secondo la tradizione, proibì alle donne di frequentare i b. pubblici; sulla base di tale prescrizione il b. fu vietato, in quanto lusso inutile, anche dai primi dottori della legge. Ciò può spiegare perché non si hanno molte notizie di b. pubblici né nello Hijaz dei primi secoli né nelle città di nuova fondazione.Sulla base della documentazione storica tuttavia, i b. islamici compaiono già nel sec. 1° dell'Egira. Tra i più antichi è quello del Fusṭāṭ, in Egitto, attribuito al tempo di ῾Amr (metà del sec. 7°), stando almeno a quanto riferisce Ibn Duqmāq (Kitāb al-Intiṣār li-wāsiṭat ῾iqd al-amṣār, a cura di K. Vollers, IV, Cairo 1896, p. 105) alla metà del 15° secolo. Nella prima metà del sec. 10° i b. di Baghdad sarebbero stati già sessantamila (Monneret de Villard, 1966, p. 139). In ogni caso è certo che la necessità di compiere le abluzioni richieste dal culto islamico estese l'uso del b. pubblico a quasi tutti i fedeli, uomini e donne, che si potevano permettere questa spesa, di norma contenuta entro limiti modesti così da ridurre le distinzioni di ceto.In mancanza di descrizioni di b. arabi antichi, la conoscenza dell'aspetto architettonico di questi edifici è affidata solo alle testimonianze archeologiche, non molto numerose, e alle poche strutture superstiti, talvolta ancora in uso.I musulmani mutuarono dai modelli tardoantichi il sistema di riscaldamento mediante ipocausti e/o tubazioni inserite all'interno dei muri, ma apportarono modifiche al numero e alla distribuzione degli ambienti: l'antico apodyterium divenne un vestibolo, la palestra fu soppressa, il frigidarium venne ridotto di proporzioni o scomparve del tutto, mentre venne valorizzato il settore riscaldato. Quest'ultimo si compone generalmente di tre vani: il primo, detto intermedio esterno, è il più lontano dalla fonte di calore e grosso modo coincide con l'antico frigidarium; il secondo, intermedio, è il tepidarium; il terzo, adiacente al vano in cui si trova la fonte di calore, corrisponde all'antico calidarium. Nel caso in cui quest'ultimo venga utilizzato come sudatorio, il vano intermedio diventa calidario e il primo tepidario. Sempre comunicanti tra loro e circondati da anditi e cabine per vasche e trattamenti particolari, i tre ambienti risultano o allineati in successione longitudinale o disposti a raggiera con impianto centralizzato intorno alla sala intermedia. Per evitare dispersioni di calore i muri sono spessi e la copertura è con volte a botte e con cupole; gli accessi sono limitati a una sola porta d'ingresso che conduce a un primo ambiente non molto grande, che precede il vestibolo. L'illuminazione, mai troppo intensa, è affidata a caratteristici oculi, chiusi da vetri, situati in genere sulla sommità delle coperture. L'ubicazione dei b., quando possibile, è in prossimità di corsi d'acqua naturali; altrimenti essi vengono dotati di appositi serbatoi e bacini. Altri annessi indispensabili sono quelli adibiti al riscaldamento (con focolari e caldaie) e alla custodia del materiale combustibile; tutti questi locali hanno un ingresso indipendente e non comunicano con le zone aperte al pubblico.I b. più antichi oggi noti sono situati in Siria e Giordania e si datano al tempo della dinastia omayyade (661-750), sia perché si trovano in prossimità o addirittura all'interno di castelli e residenze di questo periodo sia perché presentano caratteri omogenei e tipici dell'epoca, tanto nelle strutture quanto nella sistemazione degli ambienti e, a volte, nelle scelte decorative. Vi si ritrova sempre un ampio vestibolo, in cui sono ricavate zone appartate per rispondere alle esigenze del cerimoniale e, al tempo stesso, garantire riservatezza agli ospiti più illustri. I vani termali veri e propri, in numero di tre e di dimensioni non molto grandi, sono disposti a formare un angolo retto; l'ambiente riscaldato è quasi sempre il più ampio, dilatato sui fianchi da due absidi o da nicchie rettangolari, secondo una planimetria cruciforme, ed è sormontato da una cupola. Gli altri vani sono coperti o con volta a crociera o con volta a botte. Le strutture massicce, in pietra e mattoni, spesso di accurata esecuzione, sono rivestite all'interno da intonaci e talvolta da marmi e conservano in qualche caso resti di elaborate decorazioni dipinte e di stucchi; i piani pavimentali sono lastricati e, in alcuni casi, rivestiti anche da mosaici.A questi criteri si conforma innanzitutto il famoso b. di Quṣayr ῾Amrā (Giordania), la cui datazione tra il 711 e il 715 si basa sull'interpretazione degli affreschi, i quali potrebbero rappresentare metaforicamente l'affermarsi dell'Islam sugli imperi del mondo tardoantico. La sala di rappresentanza, con tre navate e due absidi sul lato meridionale, è simile a quella del b. di Qaṣr al-Ṣarakh (Giordania), forse opera dello stesso architetto, che presenta però due vani rettangolari sporgenti. Con una sola abside è invece il vestibolo del b. di Jabal Says (Siria), del tempo di al-Walīd I (705-715), ove il calidario è a pianta cruciforme, come avviene anche nel b. di ῾Abda e, in parte, in quello di Ruḥayba. Una sala con pilastri costituisce invece il vestibolo del b. che si trova all'interno del castello di ῾Anjar (Libano), del 714-715, dove restano anche preziosi mosaici, e nella grande sala di rappresentanza del b. di Khirbat al-Mafjar (Israele). Distrutto da un terremoto nel 747 prima ancora di essere completato, questo b. si discosta dagli esempi contemporanei sia nelle forme architettoniche, che riprendono tipi classici, sia negli aspetti decorativi, che si ispirano invece all'Oriente iranico. Il vestibolo, che era utilizzato anche come sala del trono, come si può desumere dai simboli regali sasanidi che ornano una nicchia centrale in asse con l'ingresso, era circondato da undici esedre, aveva una piscina lungo il lato meridionale ed era coperto da volte sorrette da sedici pilastri a fascio. La zona del b. comprende tre piccole stanze quadrate e un insolito vano con otto nicchie, coperto da una cupola. Tra gli ornati, profusi ovunque, sono particolarmente fastosi quelli del c.d. dīwān, nell'angolo nordorientale, dove, oltre ai mosaici opera di maestranze siriane, figurano elaborati stucchi dipinti.Meno sfarzosi appaiono oggi i b. dei due castelli attribuiti a Hishām (724-743), quelli di Qaṣr al-Ḥayr al-Gharbī e di Qaṣr al-Ḥ7ayr al-Sharqī (Siria). Nel primo, il vestibolo è costituito da una semplice sala quadrata, mentre il calidario è dotato di un'esedra ed è coperto a botte; nel secondo, invece, il vestibolo presenta una doppia fila di pilastri, mentre il tepidario è formato da due sale contigue rettangolari e absidate; in quest'ultimo caso un altro elemento insolito è costituito dalla presenza di due ingressi. Altri b. omayyadi sono infine quelli di al-Ḥuṣub, Khirbat al-Bayḍā᾽ e Ma῾an (Giordania), posti in prossimità di palazzi, nonché il b. di Khirbat al-Minya, collocato all'interno del castello stesso di cui utilizza anche un tratto del muro di cinta.Dopo quelli omayyadi, i b. più antichi sono stati rinvenuti in Spagna e risalgono al sec. 10°, periodo in cui, secondo Ibn ῾Idhārī (Kitāb al-Bayān al-mughrib, a cura di R. Dozy, II, Leiden 1851, p. 247; sec. 13°-14°), esistevano a Córdova trecento b., che sarebbero raddoppiati pochi anni dopo, secondo al-Maqqarī (Analectes, I, Leiden 1855, p. 355; sec. 16°-17°). Per la maggior parte, questi edifici, fatta eccezione per il piccolo b. del palazzo di Madīnat al-Zahrā᾽, presso Córdova (936-1010), ancora non compiutamente studiato, sono datati molto spesso in base alla forma degli archi o al tipo dei capitelli, che costituiscono i pochi elementi decorativi che si sono conservati. Nel piccolo b. dell'alcazar di Córdova è stata individuata una sala quadrata con portico, ovvero un patio, che una scala separa dalla zona riscaldata, dove il calidario è rettangolare e diviso in tre settori. In questo edificio già si precisa un ambiente caratteristico dei b. andalusi, il patio appunto, che essendo situato in posizione intermedia svolge la funzione di tepidario e di sala di riunione-vestibolo. Negli edifici spagnoli è frequente anche la presenza di un vano rettangolare, tripartito o da due arconi trasversali o da due gruppi di archi, utilizzato o come tepidario o come calidario ed eccezionalmente anche come vestibolo. Queste strutture si ritrovano anche nei b. del sec. 11°, come quello di Jaen, quello dell'alcazar di Almerìa, il Bañuelo di Granada, nel cui vestibolo si apre un'ampia nicchia, il b. di Baza e, infine, quello di Palma di Maiorca, con un patio di dodici colonne. In questi b. è quasi sempre rispettato l'allineamento dei tre vani (frigidario, tepidario, calidario), ortogonale al vestibolo. I b. spagnoli dei secc. 13° e 14° non presentano sostanziali modifiche: tra essi vanno ricordati quelli di Chaaix a Toledo, di Ronda, dove il vestibolo è rettangolare con tre cupole sui lati brevi, di Gibilterra, e, infine, il b. di Tordesillas, nel quale il tepidario è insolitamente coperto da volte su tredici colonne. Tutti questi edifici hanno strutture in cotto e impiegano colonne, spesso in marmo, talora anche di spoglio. Si adegua ai tipi contemporanei anche il b. dell'Alhambra di Granada, ma nell'angolo sudorientale del calidario si rileva un piccolo vano quadrato sormontato da una cupola, forse riservato a ospiti illustri.Nell'Africa settentrionale gli esempi più antichi risalgono al sec. 11°; si tratta del b. dei Tintori a Tlemcen (Algeria), del tutto simile ai modelli andalusi con patio, e di quello quasi privato, annesso al Dār al-Baḥr nella Qal῾a dei Banū Hammād (Algeria), che presenta una pianta rettilinea con una sala porticata, seguita da due ambienti riscaldati su ipocausti. Gli altri b. magrebini oggi noti risalgono alla dinastia merinide (secc. 13°-16°) e si trovano quasi tutti in Marocco. Essi riprendono in parte gli esempi andalusi, ma il patio è ora destinato a vestibolo e i vani riscaldati, rettangolari, di dimensioni quasi sempre uguali e voltati a botte, si dispongono in successione lineare. Di questo tipo sono il b. di Oujda (1296), quello annesso alla zāwiya di al-Jazūlī di Marrakech, il b. di Chella (1358), e infine quello di el-Eubbad (Tlemcen). Presentano, invece, un ampio calidario, sormontato nella zona centrale da una cupola su colonne, il b. el-Alou di Rabat (1355), quello di el-Mokhfiya di Fez e il b. el-Qasri di Rabat. Infine, il b. di Bāb Sebta a Salé, anch'esso probabilmente merinide, ha un vasto calidario cruciforme. Per questi edifici è stato utilizzato, oltre al mattone cotto, anche il pisé.Ai tipi magrebini con pianta rettilinea si può ricondurre anche il b. di Cefalà Diana (Palermo), che da alcuni studiosi è considerato anteriore all'avvento dei Normanni, sulla base dello stile della decorazione epigrafica. Già dai disegni di Prangey (1841) si individua la struttura originaria, in pietra squadrata, con un ambiente rettangolare che tre archi contigui dividono in due settori disuguali, contenenti una larga vasca e un bacino collegato a una vicina fonte.Per quanto riguarda i paesi islamici della sponda orientale del Mediterraneo, sono documentati solo i b. delle principali città dell'Egitto e della Siria. Alla dinastia fatimide (909-1171) si possono attribuire con certezza solo quattro b. del Cairo, i quali, sebbene molto alterati, sono tutti a pianta centrale con il calidario quadrato o più spesso ottagonale, coperto da una cupola, intorno al quale si aprono piccoli vani a īwān o a cupola e passaggi verso gli altri ambienti. Essi sono i b. al-Efendi, al-Sukkariyya, al-Ṣanādīqiyya e quello di Qalāwūn, nei quali gli ampi sudatori sono però di epoca mamelucca. Poco si sa della loro decorazione originale, la quale tuttavia sembra fosse affidata anche a elementi architettonici, come le coperture e i sistemi di passaggio delle volte. I b. del Cairo del periodo ayyubide (metà sec. 12°-metà 13°), come il b. al-Masbagha e il b. Sa῾ īd al-Su῾ adā᾽, non si discostano dai tipi fatimidi, dei quali conservano la pianta centrale.I b. ayyubidi di Damasco sono invece sia a pianta centrale sia a pianta rettilinea; inoltre il loro vestibolo, che può essere rettangolare e tripartito oppure cruciforme, talora si estende parallelamente ai vani riscaldati, talaltra si presenta in pianta in asse perpendicolare a essi. Di questi, il calidario è quasi sempre rettangolare e coperto da una volta a botte con catini alle estremità. Degni di nota per la loro funzione decorativa e determinanti anche per la datazione sono le cupole e i sistemi di raccordo dei b. damasceni: infatti i b. più antichi presentano cupole con costolature all'interno - eccezionale è la cupola del b. al-῾Afīf con côtes gironnantes - e alveoli a forma di conchiglia con cinque lobi, come il b. Sitti ῾Adhrā' e il b. Ammūna. Sono a pianta rettilinea: il b. al-Buzūriyya, dove il tepidario è ottagonale e il calidario è rettangolare, ma sormontato nel mezzo da una cupola; il b. al-Surujī, datato entro il 1100 per i suoi raccordi molto elaborati ed eleganti, come del resto le sue cupole; il b. al-Safī, degli inizi del 13° secolo. A pianta centrale sono invece il b. Sitti ῾Adhrā', forse anteriore al 1196, e il piccolo b. Samé, probabilmente privato, datato al 1204-1205. Eccezionale è, infine, il vestibolo rettangolare e voltato a crociera del b. al-Muqaddam.Gli edifici della dinastia mamelucca (1250-1517) non si discostano molto, tanto in Siria quanto in Egitto, da quelli precedenti. Un'importante innovazione si rileva tuttavia nei b. cairoti, dove solo in quest'epoca compare il vestibolo: uguale e, a volte, più grande del calidario, esso è generalmente rettangolare con portici e cupola nella zona centrale; vi è poi il sudatorio, pressoché quadrato e coperto da una o più cupole. Si conformano a questo tipo i b. al-Malātyalī e al-Tambalī, entrambi del sec. 15°, mentre se ne discostano il b. annesso alla moschea di al-Mu᾽ayyad, per il suo vestibolo cruciforme, e il b. Bashtāk, per il suo portale monumentale. Per i secc. 14°-15° vanno ricordati, in Egitto, i b. di Assyūt e di Bahnassa, entrambi con calidario cruciforme.Nei b. mamelucchi di Damasco gli ambienti riscaldati sono quasi sempre costituiti da gruppi di vani allineati e in successione; la zona a contatto con la fornace è suddivisa in tre vani quadrati sormontati da cupole e la zona intermedia è di norma ottagonale, salvo in qualche caso in cui è decagonale; si ritrova, infine, un vestibolo cruciforme o, più raramente, rettangolare e tripartito. Si rammentano per il sec. 14° il b. al-Ward e il b. al-Zān - quest'ultimo ha conservato anche elaborate muqarnas -, il b. et-Tayrūzi, del 1444, con un'eccezionale facciata decorata, e il b. al-Sulṭān, attribuito a Qāyt Bāy (1459-1495), con un inconsueto portale monumentale in bicromia bianco-nera. A questo periodo risalgono alcuni ḥammām di Aleppo - dove già nel sec. 13° si registrava la presenza di quattrocentosessantacinque b., trentuno dei quali privati -: si tratta dei b. al-Majī, al-Bayyāda e Raqabān, nei quali il vestibolo è ampio e rettangolare, con cupola nella zona centrale, e la sala riscaldata ha otto diramazioni.Ai modelli mamelucchi di Siria si rifanno anche alcuni b. dello Yemen del Nord, paese in cui l'esistenza di impianti termali dovrebbe risalire al sec. 9°, come attestano i regolamenti in materia emanati dal primo imām zaidita di Ṣa῾da. Degli edifici oggi rimasti a Ṣan῾·a᾽, sia il b. Yāsir, considerato il più antico, sia il b. Shukr, forse anteriore al 1569, hanno un ampio vestibolo coperto da una cupola, cui fa seguito la zona riscaldata costituita da due gruppi di due o tre vani ciascuno, allineati e in successione.Un b. selgiuqide è stato rintracciato nella fortezza di Alara in Anatolia. Risalente alla metà del sec. 13°, esso ripropone ancora aspetti dei più antichi b. siriani, come il vestibolo costituito da due sale rettangolari affiancate e coperte a botte. La zona del b. ha due vani quadrati disposti in successione e coperti da cupole, nei quali si è conservata un'interessante decorazione dipinta con soggetti di vita curtense. Incerta è invece l'attribuzione al periodo selgiuqide del b. persiano di Nijār, composto da due sale poligonali: il vestibolo, che presenta quattro īwān, e il calidario, circondato da un ulteriore gruppo di ambienti di servizio. Non molto dissimile e sempre articolato intorno a sale poligonali, è il b. presso la Grande moschea di Yazd, di epoca muzaffaride (1314-1393). Nel complesso esiste una notevole somiglianza con i b. a pianta centrale della Siria, ma, in assenza di una documentazione più vasta, non è possibile stabilire se si tratti di una derivazione o piuttosto di un prototipo.
Bibl.: G. de Prangey, Essai sur l'architecture des Arabes, des Mores, en Espagne, en Sicilie et en Barbarie, Paris 1841; J. Sauvaget, Un bain damasquin du XIIIe siècle, Syria 11, 1930, pp. 370-380; K. A. C. Creswell, Early Muslim Architecture, Oxford 1932 (19692, I, 2, pp. 390-449, 477, 498-502, 561-577); E. Pauty, Les hammams du Caire (Mémoires publiés par les Membres de l'Institut Français d'Archéologie Orientale du Caire, 64), Cairo 1933; D. C. Baramki, Excavations at Khirbet al-Mafjar, Quarterly Statement of the Department of Antiquities of Palestine 6, 1936, pp. 164-165; D. Schlumberger, Les fouilles de Qasr el-Heir el-Gharbi (1936-1938), Syria 20, 1939, pp. 213-223; J. Sauvaget, Les ruines omeyyades du Djebel Seis, ivi, pp. 246-247; id., Remarques sur les monuments omeyyades, Journal Asiatique 231, 1939, pp. 36-39, 43-44; E. Schroeder, Islamic Architecture. F. Seljuq Period, in A. U. Pope, P. Ackermann, A Survey of Persian Art, II, Oxford 1939, pp. 981-1045; M. Ecochard, Trois bains ayyoubides, in J. Sauvaget, M. Ecochard, Les monuments ayyoubides de Damas, II, Paris 1940, pp. 61-77; E. Secret, Les hammams de Fès, Bulletin de l'Institut d'Hygiène du Maroc, n. s., 2, 1942, pp. 61-77; L. Torres-Balbàs, El Baño (Crónica Arquelógica de la España Musulmana [= CAEM] 10), Al-Andalus 7, 1942, pp. 206-210; M. Ecochard, C. Le Coeur, Les bains de Damas, 2 voll., Beyrouth 1942-1943; E. Pauty, Vue d'ensemble sur les hammams de Rabat-Salé, Revue Africaine 88, 1944, pp. 202-226; L. Torres-Balbàs, La Acrópolis musulmana de Ronda (CAEM, 15), Al-Andalus 9, 1944, pp. 475-477; id., Los baños públicos en los fueros municipales españoles (CAEM, 19), ivi, 11, 1946, pp. 443-445; M. Gómez-Moreno, Baño de la Judería en Baza (CAEM, 20), ivi, 12, 1947, pp. 151-155; M. Siroux, La Masjide-djum῾a de Yezd, Bulletin de l'Institut Français d'Archéologie Orientale 44, 1947, pp. 119-176: 146-147, tav. I, fig. 11; H. Terrasse, Trois bains mérinides du Maroc, in Mélanges W. Marçais, Paris 1950, pp. 311-320; M. Gómez-Moreno, El arte árabe español hasta los Almohades. Arte Mozárabe (Ars Hispaniae, 3), Madrid 1951, pp. 171, 212, 257, 267, 270-271; A. M. Schneider, Hirbet el-Minje Am see Genesareth, Les Annales Archéologiques de Syrie 2, 1952, pp. 23-45; D. Sourdel, Esquisse topographique d'Alep intra-muros à l'époque ayyoubide, ivi, pp. 109-133; R. B. Serjeant, A Zaidī Manual of Ḥisbah of the 3rd Century, Rivista degli Studi Orientali 28, 1953, pp. 1-34; G. Marçais, L'architecture musulmane d'Occident. Tunisie, Algérie, Maroc, Espagne et Sicile, Paris 1954, pp. 216, 315-316; K. A. C. Creswell, A short Account of Early Muslim Architecture, Harmondsworth 1958 (trad. it. L'architettura islamica delle origini, Milano 1966); R. W. Hamilton, Khirbat al-Mafjar. An Arabian Mansion in the Jordan Valley, Oxford 1959; L. Torres Balbàs, El baño de Doña Leonor de Guzman en el Palacio de Tordesillas (CAEM, 45), Al-Andalus 24, 1959, pp. 409-425; S. Boscarino, L'edificio dei bagni di Cefalà Diana, Quaderni dell'Istituto di Disegno dell'Università di Catania 2, 1964-1965, pp. 1-21; S. Cuccia, I bagni arabi di Cefalà Diana, Catania 1965; L. Golvin, Recherches archéologiques à la Qal'a des Banû Hammâd (Algérie), Paris 1965; U. Monneret de Villard, Introduzione allo studio dell'archeologia islamica (Civiltà veneziana. Studi, 20), Venezia-Roma 1966; D. Ryolo, I bagni di Cefalà, Sicilia Archeologica 4, 1971, 15, pp. 19-32; R. Bourouiba, L'art religieux musulman en Algérie, Alger 1973; O. Grabar, The Formation of Islamic Art, New Haven-London 1973 (trad. it. Arte Islamica. La formazione di una civiltà, Milano1989); M. A. Jabbar Beg, Workers in the Hammāmāt in the Arab Orient in the Early Middles Ages (8th to 11th cent. A.D.), Rivista degli Studi Orientali 47, 1973, pp. 77-86; B. Pavón Maldonado, Arte toledano: islamico y Mudejar, Madrid 1973, pp. 144-152; Quṣayr ῾Amra. Residencia y bañosomeyas en el desierto de Jordania, Madrid 1975; J. Sourdel-Thomine, s.v. Ḥammām, in Enc. Islam2, III, 1975, pp. 142-147; A. Louis, ivi, pp. 148-149; R. W. Hamilton, s. v. Hammām al Sarakh, ivi, pp. 149-150; M. Kiel, The Ottoman Hamam and the Balkanṣ, AARP 9, 1976, pp. 87-96; Ş. Yetkìn, The Bathkiosk of Sultan Alaeddin Kaykubat and its Wall Painting at the Alara Fortress, "IVe Congrès International d'Art Turc, Aixen-Provence 1971", Aix-en-Provence 1976, pp. 243-247; City in the Desert. Qasr al-Hayr East, 2 voll., Cambridge (MA) 1978; E. Sims, Markets and Caravanserais, in Architecture of the Islamic World. Its History and Social Meaning, a cura di G. Michell, London 1978, pp. 109-110; A. K. Rihawi, Muslim Architecture in Syria, Damasco 1979; I bagni di Cefalà Diana, Palermo 1982; R. B. Lewcook, I. al-Akwa, R. B. Serjeant, The Public Bath (Hammām, pl. hammāmat), in R. B. Lewcook, G. R. Smith, San῾ā; An Arabian Islamic City, London 1983, pp. 501-524; B. Pavón Maldonado, Jaen medieval. Arte y Arqueología Arabe y Mudejar. Los baños del Palacio de los Torres, Al-Qantara 5, 1984, pp. 352-355.G. Ventrone Vassallo