Vedi BAIA dell'anno: 1958 - 1973 - 1994
BAIA (Baiae)
Città sita in una piccola insenatura tra Pozzuoli e Capo Miseno; godette di grande celebrità nell'antichità, per l'abbondanza e la salubrità delle acque termali: era già largamente frequentata nel II sec. a. C., ma solo negli ultimi anni della Repubblica divenne centro di una vita ricca e raffinata. Con Augusto tutto il territorio passò al demanio imperiale, e da questo momento numerosi avvenimenti della corte imperiale, dalla morte di Marcello a quella di Adriano, dal matricidio di Agrippina all'impero di Alessandro Severo, da Claudio a Caracalla, si svolgono a B. e nelle sue maestose e celebrate terme. Storici e scienziati, retori e poeti l'hanno ricordata o celebrata e hanno ricordato o condannato la dissoluta vita che ivi si conduceva nella ricca residenza imperiale.
Ma i movimenti sismici ed il fenomeno del bradisismo, già forse a partire dal V sec., hanno gradatamente distrutto ogni vita a B., deviando le sorgenti termali, insabbiando tutta la parte bassa del vasto complesso architettonico che dalla riva del mare saliva sin sul crinale dei colli che formano l'arco del golfo baiano. La malaria presto distese sulle mute rovine un secolare silenzio, e le immani strutture, inaccessibili e impraticabili, rimasero rifugio di eremiti e meta di romantiche escursioni, spesso celebrate in poesia, sin quando il terremoto della metà del XVI sec. non completò la rovina.
Rimasero, comunque, sempre visibili i grandiosi monumenti volgarmente detti templi di Mercurio, di Venere e di Diana. Il primo è un edificio di particolare interesse per la storia dell'architettura romana, trattandosi di una grandiosa sala circolare di m 21,55 di diametro, ricoperta da una vòlta a cupola terminante al sommo con un occhio e con una serie di aperture che la spezzano. Per metà interrata a causa del bradisismo, la sala è costruita interamente in tufelli e conci di tufo, mentre la calotta della cupola, che si imposta direttamente sulle pareti, è di uniforme opera a getto, in grossi scheggioni tufacei di forma pressoché a cuneo, e disposti radialmente. Lo spessore della vòlta è, all'occhio, di sessanta centimetri. Internamente la sala era decorata da quattro grandi nicchie a sesto ribassato, e da quattro nicchie più piccole oggi interrate: le pareti erano ricoperte da incrostazioni marmoree. Il monumento, parte di uno dei maggiori complessi termali di B., risale alla fine dell'età repubblicana o, al massimo, alla prima età augustea, e costituisce, pertanto, l'esempio più antico di cupola interamente girata. Più grande è il cosiddetto tempio di Venere, in realtà sala d'accesso ad un complesso termale, interrata per oltre tre metri, internamente a pianta circolare di m 26,30 di diametro. In pianta l'edificio si presenta come un cerchio ampliato da quattro nicchie ed iscritto in un quadrato. Esternamente in elevato è ottagonale, con gli angoli smussati, e rafforzati da speroni radiali, con delle brevi archeggiature su mensole che, con pura funzione decorativa, sporgono verso l'esterno, in corrispondenza delle finestre. Peculiare interesse architettonico presenta la parte superiore, dove troviamo un tamburo traforato da Otto finestre ad arco ribassato, sopra il quale si elevava un'interessante vòlta ad ombrello, di cui oggi restano brevi tratti dell'imposta, precisamente conformata a spicchi, in numero di sedici, alternativamente veloidici e sferici. Ed è appunto l'ardito tamburo finestrato, il tipo della vòlta, la tecnica con la quale è realizzata la costruzione, e cioè con gettata di tufo giallo locale, con i paramenti murari interni in laterizio, e gli archi di scarico delle aperture a semplice ghiera anch'essi in laterizio, che datano il monumento all'età di Adriano. Della stessa età è il terzo dei cosiddetti templi, quello di Diana. Anche qui ci troviamo di fronte ad un'ampia sala circolare (m 29,50 di diametro) all'interno, ottagonale all'esterno, che doveva avere originariamente quattro nicchie absidate ed altrettante rettangolari, al di sopra delle quali vi erano 0tto grandi finestre; doveva essere una piscina di raccolta di acque termali.
Ma solo gli scavi iniziati nel 1950 hanno chiarito il carattere e lo sviluppo delle terme romane di Baia. Queste infatti si sviluppano lungo tutto l'arco del golfo baiano occupando quasi ininterrottamente una superficie di oltre un milione di mq. Allo stato attuale si conoscono cinque complessi termali rispettivamente chiamati di Venere, della Sosandra, delle Terrazze, Inferiore e di Mercurio. La nota distintiva è costituita dal fatto che, pur sovrapponendosi costruzioni databili dal I al IV sec. d. C., l'intero monumento si presenta rigorosamente coordinato nei suoi singoli elementi, ciascuno dei quali, salendo dalle parti più basse sino alla sommità del colle, viene ad assumere l'aspetto di un cuneo disposto sull'ampia cavea del colle. Inoltre le strutture, grevi e complesse nella parte inferiore, vanno acquistando, salendo verso l'alto, maggiore leggerezza ed articolazione, e qui l'architettura si apre sul paesaggio marino rivelando il concetto di un monumento concepito in funzione dell'ambiente naturale.
Ricchissima doveva essere la decorazione architettonica, come in particolare rivelano quegli elementi trovati nel mare di B. che oggi sommerge la parte più bassa del complesso. Tra le sculture rinvenute sono degne di particolare menzione il gruppo dei ritratti imperiali oggi al Museo Naz. di Napoli, la superba ed integra replica della Afrodite Sosandra di Kalamis e la statua-ritratto di imperatore del II sec. sotto le sembianze di Mercurio, queste ultime due opere conservate, tra le altre, in situ.
Bibl.: C. Hülsen, in Pauly-Wissowa, II, c. 2774 ss.; A. Maiuri, I Campi Flegrei, Itinerarî dei Musei e Monumenti d'Italia, Roma 1933, pp. 62-76; I. Sgobbo, I nuclei monumentali delle terme romane di B. per la prima volta riconosciuti, in Atti III Congresso di Studî Romani, Bologna 1934, pp. 302-304, tavv. 43 e 44; A. Maiuri, Il restauro di una sala termale a B., in Boll. d'Arte, Ser. II, X, 1930-31, pp. 241-253; G. De Angelis D'Ossat, Il "Tempio di Venere" a B., in Bull. del Mus. dell'Imp. Romano, XII, 1941, pp. 121-132; M. Napoli, Il gruppo di Eros e Psiche da B., in Rend. Acc. di Napoli, XXIV-XXV, 1949-50, p. 3, n. 1 dell'estratto; M. Napoli, Di una villa marittima di B., in Boll. di Storia dell'Arte del Magistero di Salerno, III, 1953, p. 77-107; id., Una nuova replica dell'Afrodite Sosandra di Calamide, in Boll. d'Arte, 1954, p. 1 ss.
Della decorazione delle terme ci ha lasciato una debolissima eco Corrado di Querfurt, che le visitò intorno al 1194: "Baiae, quarum meminerunt auctores, apud quas sunt balneae Virgilii, singulis passionibus corporis utiles. Inter quas balneas unum est principale et maximum, in quo sunt imagines hodierno tempore vetustate consumptae, singulas singularum partium corporis passiones demonstrantes, sunt et aliae imagines gypseae singulae singulas balneas demonstrantes singulis passionibus profuturas". L'importanza di questa descrizione per l'iconografia delle raffigurazioni di soggetto medico (illustrazioni di Apollonio di Kition, ecc.) è evidente.
Bibl.: J. Adhémar, Influence antiques dans l'art du Moyen Age Français, Londra 1939, p. 91.