TIEPOLO, Baiamonte
È noto per la congiura che da lui prese il nome, e che fu ordita insieme con membri della famigfia Querini. Figlio di Giacomo di Lorenzo doge, e d'una figlia di Stefano Subich, bano di Croazia, sposò una figlia di Marco Querini. Castellano a Corone e Modone, fu colà implicato in un affare di peculato, per cui subì a Venezia (1300-1301) processo e condanna alla restituzione (del resto assai agevolata) della somma indebitamente percepita (2222 iperperi). Si dice che da allora si ritirasse nella villa familiare di Marocco, presso Mestre; ma ciò contrasta con la sua presenza a Nona, come podestà, nel 1302-03. Scoppiata la guerra di Ferrara, lunga, dispendiosa, sanguinosa, complicatasi con la scomunica e l'interdetto papali, si formò a Venezia, in alcuni strati dell'aristocrazia e del popolo, uno spirito di reazione violenta alla condotta politica, interna ed estera, del doge Pietro Gradenigo; reazione di cui, tradizionalmente, si vuole far risalire la causa a quella che impropriamente è detta la "serrata" del Maggior Consiglio. In quest'ambiente maturò la congiura Querini-Tiepolo, complessa e oscura, ma nella quale, indubbiamente, convergono, con gli accennati fattori di malcontento, anche rancori personali e familiari (il dualismo Tiepolo-Dandolo era ormai tradizionale), contrasti di interessi, ambizioni e aspirazioni di signoria, sull'esempio dell'evoluzione che si stava compiendo altrove, e forse anche istigazioni e connivenze straniere. Fucina della congiura, la casa "grande" dei Querini a Rialto (ora abbattuta; dove oggì è la Pescheria); animatore Marco Querini, che richiese l'aiuto del genero Baiamonte Tiepolo; giorno fissato il 15 giugno 1310. Si attendevano aiuti specie da Padova. Il doge, avvertito in tempo, dispose la difesa della piazza di San Marco, per cui, quando le due schiere dei congiurati, al comando del Querini e del Tiepolo, raggiunsero gli sbocchi verso la piazza, furono affrontate, battute e inseguite dalle milizie fedeli al doge. Ripararono i congiurati oltre il Ponte di Rialto che fu incendiato (allora era ligneo) per ostacolare l'avanzata degli inseguitori; ma furono o trucidati o catturati o dispersi e banditi capitalmente. Il T. andò errando a Padova, Treviso, in Dalmazia, sempre intessendo trame contro la repubblica e sempre inseguito da taglie. Pare sia morto in Croazia, presso suoi parenti, intorno al 1328.
Bibl.: Oltre a tutte le principali storie veneziane, v. specialmente: Tentori, Il vero carattere politico di B. T., Venezia 1798; C. Cipolla, Signorie e principati, II, p. 62; V. Lazzarini, Aneddoti della congiura Querini - T., in Nuovo archivio veneto, X (1895), pp. 81-90; Horatio F. Brown, Studies in the history of Venice, Londra 1907, I, p. 48 segg.; A. Battistella, L'ultimo ufficio pubblico di B. T., in Nuovo archivio veneto, n. s. (1901), pp. 5-34; V. Brunelli, Storia della città di Zara, I, Venezia 1913, pp. 450-51; D. Serena, Giacomo Vendelino e la congiura di B. T. a Treviso, Treviso 1928.