BAIOCCO
. Questa voce (che l'identità con la scritta Baioca civitas sulle monete merovinge di Bayeux induce a credere derivata di là, per eventi ancora ignoti) appare per la prima volta nel secolo XV a indicare una moneta coniata nelle zecche dell'Italia meridionale, del valore di dodici denari, ossia di un soldo, la quale imitando la equivalente bolognese, veniva detta anche bolognino. Di là tale denominazione passò a designare le monete di pari valore coniate nella zecca di Roma e nelle altre degli stati pontifici. Il baiocco era d'argento e rappresentava la ventesima parte della lira; col diminuire del peso di questa, per il cresciuto valore dell'argento, anch'esso subì progressive diminuzioni, e verso la metà del sec. XVI era ridotto piccolissimo e sottile tanto da non raggiungere il peso di grammi o,25, sicché fu chiamato baiocchetto. Per renderlo più facilmente maneggiabile si cominciò durante i pontificati di Pio V e Gregorio XIII a fabbricarlo di lega, finché Sisto V autorizzò la emissione di baiocchi alla lega di sole oncie due e mezzo d'argento per libra (millesimi 208) e al taglio di 308, del valore di 4 quattrini l'uno. Ne occorrevano dieci per fare un giulio. La nuova moneta, che conteneva oltre un quinto d'intrinseco meno del giulio, venne subito denominata per dispregio baiocchella; ma siccome il guadagno che ne ritraevano lo stato e gli appaltatori delle zecche era rilevante, ne furono emesse quantità ingenti, alle quali si aggiunsero quelle fabbricate nel ducato di Urbino con lega uguale e quelle addirittura contraffatte e prive quasi di argento dei principi di Gazzoldo e di Castiglione delle Stiviere. Lo stato pontificio ne rimase inondato e affatto privo di moneta buona. Dopo un tentativo di riabilitazione mercé un marchio da imprimersi su quelle ritenute buone, ne fu decisa la totale abolizione e vennero levate di corso con bando del 23 novembre 1592. Da allora il baiocco divenne moneta di rame e continuò a circolare col ragguaglio di cento per scudo romano fino all'introduzione del sistema decimale nella monetazione pontificia, avvenuta nel 1866. Si coniarono anche la frazione del mezzo baiocco, e i multipli di due, due e mezzo (sampietrino), quattro, cinque (madonnina), e di mistura da otto, dodici, sedici, venticinque e quaranta. La voce è ancora viva nel linguaggio comune, specialmente nelle provincie dell'ex-stato pontificio, per indicare denaro in generale.
Nel regno di Napoli la voce baiocco rimase ad alcune monete di rame coniate nel sec. XVIII.
Bibl.: G. Castellani, La zecca di Fano, in Rivista Italiana di numismatica, XII (1899), p. 121; A. Cinagli, Le monete dei papi, Fermo 1848, p. 170; Corpus nummorum italicorum, IX e X, Roma 1925, 1927, passim; E. Martinori, Annali della zecca di Roma, XII, Roma 1919, pp. 22-24; id., La moneta, ecc., Roma 1915, p. 25; L. Pigorini, Baiocchelle papali e loro contraffazioni, in Periodico di numismatica e sfragistica per la storia d'Italia diretto dal march. Carlo Strozzi, V (1873), Firenze, pp. 148-171; G. A. Zanetti, Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia, I, Bologna 1775.