Baisers volés
(Francia 1968, Baci rubati, colore, 90m); regia: François Truffaut; produzione: Les Films du Carrosse, Les Productions Artistes Associés; soggetto: François Truffaut, Claude de Givray, Bernard Revon; sceneggiatura: François Truffaut, Claude de Givray, Bernard Revon; fotografia: Denys Clerval; montaggio: Agnès Guillemot; scenografia: Claude Pignot; musica: Antoine Duhamel.
Nella prima sequenza la macchina da presa, sulle note della canzone di Charles Trenet Que reste-t’il de nos amours?, inquadra la Tour Eiffel, i tetti di Parigi, l’ingresso della Cinémathèque e, infine, la finestra di una cella militare. All’interno il giovane Antoine Doinel, intento nella lettura di Balzac, viene chiamato nell’ufficio del suo superiore e riformato dall’esercito – in cui si era arruolato volontario dopo una delusione d’amore – a causa della sua «instabilità di carattere». Finalmente libero, Antoine si reca a casa dell’ex fidanzata, di cui è ancora innamorato, Christine Darbon; non trova la ragazza, che è uscita con i nuovi amici, ma i suoi genitori, affettuosi e pronti a procurargli un impiego come portiere di notte. Dopo solo poche ore di lavoro, il giovane commette l’ingenuità di far entrare nell’albergo un detective privato sulle tracce di una donna adultera; licenziato, viene però assunto immediatamente nell’Agenzia di investigazioni Blady. Non rivelando una grande predisposizione per i pedinamenti, il neodetective lavorerà come commesso ‘sotto copertura’ nel negozio di calzature del signor Tabard, che paga le indagini private per scoprire perché «nessuno dei suoi dipendenti gli vuole bene». Qui il giovane si innamora dell’affascinante moglie del proprietario, Fabienne, ma scappa di fronte alle prime avances di lei, finché la donna, una mattina, si presenta in casa di Antoine: i due fanno l’amore per poi non rivedersi mai più. Il giovane ancora una volta viene licenziato e trova l’ennesimo lavoro, questa volta come riparatore di televisori. Saputo del nuovo impiego di Antoine, Christine, che il ragazzo ha continuato a corteggiare senza successo, approfitta di un’assenza prolungata dei genitori per rompere il proprio televisore e richiedere il suo intervento: i due passano la notte insieme e, finalmente, si fidanzano di nuovo. Nella scena finale uno sconosciuto, che abbiamo visto seguire Christine per tutto il film, si avvicina ai due giovani e dichiara alla ragazza tutto il suo amore, un amore assoluto e «definitivo», afferma, non «provvisorio» come quello di Antoine.
Terzo dei cinque film che hanno come protagonista l’alter ego cinematografico di Truffaut, Antoine Doinel – dopo Les 400 coups (1959; I quattrocento colpi) e Antoine et Colette, episodio del film L’amour à vingt ans (1962; L’amore a vent’anni) –, Baisers volés è dedicato a Henri Langlois, fondatore della Cinémathèque di Parigi, luogo fondamentale per la formazione degli autori della Nouvelle vague. Nel gennaio del 1968, la sua destituzione dall’incarico di direttore da parte del ministro della Cultura André Malraux, in seguito ritirata, aveva provocato numerose manifestazioni di protesta, considerate una sorta di antecedente del Maggio francese. Truffaut, fortemente coinvolto, racconterà che proprio il suo impegno come attivista al termine delle giornate di lavoro, aveva conferito per contrasto un’atmosfera disimpegnata alle riprese del film (che venne girato tra febbraio e marzo e proiettato per la prima volta il 6 settembre 1968). A queste circostanze e al grande spazio lasciato all’improvvisazione, anche grazie alla trama esile e all’imprevedibilità del personaggio principale, si deve l’esito leggero e giocoso del film, che ruba il titolo a un verso della nostalgica canzone di Trenet.
Le vicende narrate sono quelle della formazione di Antoine, cui si allude sin dalla prima scena in cui il giovane legge il romanzo di Honoré de Balzac Le lys dans la vallée (Il giglio della valle), storia in parte autobiografica di un’iniziazione sentimentale. Ormai adulto, ma ancora incapace di adattarsi alla vita, Antoine corre per le strade di Parigi, prova i mestieri più diversi, e soprattutto si innamora. Il regista dirà più volte, nel corso della sua carriera, che nella costruzione del personaggio Doinel confluiscono esperienze e tratti caratteriali suoi e dell’attore Jean-Pierre Léaud, la cui interpretazione di questo ruolo, ripreso più volte nel corso di venti anni, si avvicina in effetti a un’identificazione pressoché totale. D’altra parte, sappiamo che alcuni episodi raccontati nel film, per es. quello nell’esercito, sono stati realmente vissuti da Truffaut. Il tema della ricerca di una propria identità viene sintetizzato nella scena, seria e divertente nello stesso tempo, in cui Antoine di fronte allo specchio ripete senza sosta il suo nome e quello delle donne di cui è innamorato.
Tra queste, la prima ad apparire è la giovane Christine, interpretata da Claude Jade al suo esordio cinematografico. Se al termine del film i due ragazzi sono alle soglie del matrimonio (li ritroveremo sposati due anni dopo, in Domicile conjugale, Non drammatizziamo... è solo una questione di corna), la comparsa dello sconosciuto che dichiara Antoine «provvisorio» non lascia ben sperare. Lo stesso Truffaut dirà che questa scena, sebbene non ne fosse consapevole mentre la girava, è un momento chiave del suo cinema, poiché mette a tema in modo chiaro la precarietà dei sentimenti. L’altra donna è invece la sofisticata Fabienne, moglie del signor Tabard, una non più giovanissima, ma ancora molto bella Delphine Seyrig. L’idealizzazione di Antoine, che la descrive come un essere «superiore», si trasforma in terrore nei primi momenti da solo con lei: la fuga del giovane lungo le scale della casa dei Tabard è sottolineata da una musica frenetica, uno dei momenti à la Hitchcock del film, insieme all’inquadratura insistita ed enigmatica della mano guantata di un bizzarro cliente dell’agenzia. Fabienne perde i suoi tratti angelici quando propone ad Antoine una soluzione pragmatica al loro complicato rapporto: fare l’amore una sola volta per poi non vedersi mai più.
Oltre a Christine e Fabienne, il film è ricco di figure femminili. Antoine, uscito dall’esercito, si reca di corsa in cerca di prostitute, e sentendosi rifiutato dalla prima si rifugia nelle braccia di un’altra; durante un pedinamento, si imbatte, imbarazzato, nella sua vecchia fiamma Colette, ora moglie e madre; esce con una ragazza molto più alta di lui, assumendo un’aria professionale per evitare di apparire ridicolo. Una galleria di inarrivabili oggetti del desiderio descritti con leggerezza da un regista che odiava i film di guerra «tranne che per la scena in cui un soldato mostra la foto di una donna», e che non smise di porsi la questione che farà pronunciare allo stesso Léaud, in La nuit américaine (1973; Effetto notte): «Le donne sono magiche?».
Interpreti e personaggi: Jean-Pierre Leaud (Antoine Doinel); Claude Jade (Christine Darbon); Delphine Seyrig (Fabienne Tabard); Michael Lonsdale (Georges Tabard); Harry-Max (signor Henri); André Falcon (signor Blady).