BALACZA
Località nel circondario di Veszprém, in Ungheria, dove scavi diretti da G. Rhé hanno messo in luce nel 1906-1909 una villa romana, che è una delle più grandi nella Pannonia. Si tratta di una villa urbana piuttosto ampia, di 32 vani, circondata da diversi edifici secondarî, con una pianta la cui regolarità è insolita nella provmcia. Intorno al peristilio circoscritto da pilastri si allineano circa una ventina di ambienti. In sei di questi si sono trovate tracce dell'impianto di riscaldamento ad aria (hypocaustum). Il tablinum, in posizione centrale sull'asse della villa, e un'altra sala laterale (forse il triclinium) terminano in abside; in questi due locali e in altri due sono stati ritrovati complessivamente quattro pavimenti a mosaico. Si sono anche recuperati frammenti di affreschi parietali. Sotto la villa si sono trovati i resti di una villa più antica con diversa orientazione insieme a frammenti di affreschi parietali.
Dei due gruppi di affreschi, nettamente differenti, sono stati ricomposti quelli di almeno cinque sale appartenenti al primo impianto. In una, elementi architettonici fantastici circondano figure umane sospese in aria, mentre sotto si vedono scene raffiguranti fauna e flora palustri; un'altra sala ha pitture in rosso e nero, una terza uno sfondo rosa, arieggianti il terzo stile pompeiano, benché l'artista mostri di conoscere già anche il quarto stile. Uno dei gruppi di frammenti dà un fregio di amorini che ricorda gli affreschi della Casa dei Vettî. Un altro gruppo, più recente forse d'un decennio o due, rappresenta maschere teatrali tra un'esuberante ornamentazione di piante e frutta sopra un lucido sfondo nero. Tutte le pitture sono state eseguite con la tecnica delle pitture pompeiane.
In base a questi affreschi si può affermare che l'edificio più antico era già terminato nella seconda metà del I sec. a. C.
Le pitture parietali della seconda villa rappresentano su sfondo bianco una organica scena di vendemmia. Con mano leggera, con molta pratica, alquanto sommariamente, ma con sorprendente realismo, il pittore ha dipinto scene continue con brutali colori rossastri, con tecnica diversa dall'affresco. Forse vi erano rappresentate le quattro stagioni, di cui non ci rimangono che le scene dell'autunno simboleggiato dalla vendemmia. I frammenti ci mostrano figure di schiavi vendemmianti in una vigna di tipo italico con le viti fatte arrampicare in alto. Anche queste pitture si fondano su non lontani modelli dell'Italia, gli aspetti ritrattistici ricordano le figure delle pitture delle catacombe di Roma (catacomba di Pretestato, cappella di S. Gennaro). In generale, lo stile leggero ed agile rivela gli influssi, molto vicini nel tempo, della pittura caratteristica, a Roma, del tardo periodo degli Antonini (Casa Celimontana).
La villa è stata rifatta verso la fine del II sec. d. C., forse in seguito alle campagne contro i Sarmati e Quadi, sotto Marco Aurelio. I mosaici risalgono, tutti, agli ultimi anni del Il sec. d. C. Il più semplice è in bianco e nero, con scacchiera inquadrata tra due file opposte di foglie d'edera con viticci a semicerchio, come in mosaici di Aquileia, Petovio, Virunum. Nei quadrati chiari della scacchiera si vede in ciascuno una stella composita. Un mosaico frammentario geometrico a colori ha una combinazione di quadrati e ottagoni, i cui interstizî sono riempiti da forme ad L, rombi e triangoli. Nel quadrato che si è conservato, quattro cerchi s'incrociano in modo da formare quattro pelte con in mezzo una rosetta. Un terzo mosaico stava in una delle sale ad abside della villa, presumibilmente il triclinio. Il campo centrale contiene elementi geometrici a colori; l'emblema incorniciato da una larga treccia di stile ellenistico-italico, rappresenta un arancio su cui è appollaiato un fagiano con la sua femmina. Nei quadrati del campo geometrico a colori vediamo, alternati, disegni a croce, a pelta e a ramo vegetale, quest'ultimo d'origine norditalica, frequente nella zona di Aquileia e di Trieste; l'abside è occupata dal motivo di rami d'edera che escono da un cantaro. Di forma simile è il mosaico del tablinum (lungh. m 6,80) il cui disegno geometrico, che ha già l'ombreggiatura e il tono caldo, rossogiallo, e profondo caratteristici dello stile dell'età dei Severi, mostra un sistema di triangoli, quadrati e rombi con cerchi a rosette di grandi dimensioni, e quadrati riempiti di intrecci oltre a elementi geometrici a prospettiva. L'emblema centrale, piccolissimo, raffigura un pappagallo. Un altro pappagallo si vede anche nel semicerchio dell'abside in cui, del resto, il disegno geometrico policromo dà l'illusione prospettica di una vòlta a quarto di sfera.
Il musivario, come del resto anche buona parte degli autori delle pitture murali, saranno arrivati in queste parti probabilmente dalla zona di Aquileia, per decorare la dimora dell'esigente padrone, appartenente probabilmente all'aristocrazia senatoriale, della villa che costituiva il centro di un esteso possedimento.
Bibl.: E. B. Thomas, Archäologische Funde in Ungarn, Budapest 1956, pp. 214-219; L. Nagy, Rom. Mitt., 1926, p. 79 ss.; D. Laçzkó-G. Rhé, Balaca, Vezprém 1912.