BALBI, Giovan Battista, detto Tasquino
Nacque a Venezia (solo F. S. Quadrio, Dell'istoria e ragione di ognì Poesia,V,Milano 1744, p. 548, lo dice napoletano) e visse nella prima metà del sec. XVII. Le prime notizie sulla sua attività risalgono al 1636, anno in cui era già celebre coreografo de L'Andromeda di B. Ferrari, musicata da Francesco Manelli, per l'inaugurazione del primo teatro pubblico a Venezia, il Teatro S. Cassiano, dove fu rappresentata nel febbraio (o marzo) 1637. Il libretto fu stampato a Venezia, due mesi dopo, presso Antonio Bariletti.
Nella dedica a Marco Antonio Pisani, datata 6 maggio 1637, è appunto detto: "Andromeda che su le scene rinacque già non due mesi; su le glorie de' suoi natali, esce ad accrescersi negl'applausi dell'universo".
Nell'avviso dello stampatore ai lettori, a proposito dei tre balli inseriti nell'azione drammatica, è detto espressamente che "ne fu l'inventore il Signor Gio. Battista Balbi Veneziano Ballarino celebre"; il primo fu una danza di amorini, il secondo un "laberinto saltante" di donne, mentre nel terzo "dodici selvaggi uscirono a fare per intermezzo un stravagantissimo, e gustosissimo ballo di moti e gesti" (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, Drammatica 1127, miscell. a stampa). Il Prunières ritiene che in tale occasione il B. realizzò anche le scenografle, che il Torrefranca attribuisce invece a G. Burnacini e il Bragaglia a G. Alabardi.
Nel 1644 il B. fu coreografo al Teatro dei SS. Giovanni e Paolo di Venezia per L'Ulisse errante,dramma in musica di Francesco Paolo Sacrati su libretto di Giacomo Badoaro. Allo spettacolo collaborò anche il già famoso Giacomo Torelli da Fano, "ordinator di Machine e di Scene" (cfr. l'avviso al lettore nel libretto messo a stampa da Giovanni Pietro Pinelli e riportato da F. Torrefranca, L'opera come spettacolo, in Nuova Antologia, 1° febbr. 1916, p. 442).
Ai primi del 1645 il B. era a Firenze, ove lavorò probabilmente nell'ambito della tradizione degli scenografi fiorentini Giulio e Alfonso Parigi, autori anche di balli. A Firenze gli giunse l'invito di Anna d'Austria, tramite il duca Odoardo Farnese, a collaborare con i comici italiani a Parigi. La regina scrisse, in data 12 marzo, a tal proposito al cugino: "je vous demande aussi Jean-Baptiste Balbi dit Tasquin, danseur et un décorateur de théâtre appelé Camillo" (Prunières, p. 67).
Al posto di quest'ultimo il Farnese inviò lo scenografo Giacomo Torelli, forse proprio su indicazione del B. che lo aveva conosciuto a Venezia. Dopo alcuni contrasti con la "troupe" dei comici italiani (Scaramouche, ecc.), essi poterono mettere in scena, il 14 dic. 1645, La Finta Pazza, dramma di Giulio Strozzi musicato da Francesco Paolo Sacrati, alla Salle du Petit-Bourbon.
Il 2 ott. 1645 il B. scriveva al marchese Gaufredi (cfr. Prunières): "speriamo che alla fine del mese si farà l'opera con scene machine et habiti non più veduti in paesi francesi". In effetti l'allestimento dello spettacolo, rimasto famoso per la sua magnificenza nella storia dell'opera in Francia, fu particolarmente lodato per le scene e le macchine dovute all'abilità del Torelli, e per i costumi e balletti del B., tanto che negli studi sull'argomento spesso scenografo e coreografo furono erroneamente citati come unici autori dell'opera (Castil-Blaze, Théâtres lyriques de Paris, L'Académie Royale de Musique, Paris 1855, I, p. 11; II, p. 419; F. Clément et P. Larousse, Dict. des opéras [Dict. lyrique], Paris s. d., p. 465), né mancò chi ritenne il B. autore delle macchine della Finta Pazza (R. Rolland, Histoire de l'opéra en Europe avant Lulli et Scarlatti, Paris 1931, p. 244).
La descrizione delle coreografie fu poi pubblicata dallo stesso B. col titolo Balletti d'invenzione nella Finta Pazza di Giovanbatta Balbi, s. l. n. d., ma probabilmente 1658 (un esemplare in Bibl. Naz. Parigi, Res. V 2566; per la data di stampa, cfr. L. C. de La Vallière, Ballets, opéras, et autres ouvrages lyriques..., Paris 1760, p. 73). Le coreografie, interpretate da fanciulli, alla presenza di Luigi XIV ancora bambino, comprendevano: un "Ballet des Singes e des Ours", illustrato nel libretto del B. con sei tavole, incise da Valerio Spada, raffiguranti i vari momenti della danza; un "Ballet des Autruches" (in cui compaiono fino a sei struzzi forniti di un congegno che fa allungare e scorciar loro il collo), illustrato anche esso con sei incisioni; un "Ballet des Indiens et des Perroquets" (otto indiani con il capo coperto di piume, una gabbia aperta e cinque pappagalli) con altre sei tavole d'incisioni.Nel 1647 il B. ideò i balletti dell'Orfeo di Francesco Buti e Luigi Rossi (la descrizione delle scene, senza il libretto, è in Orphée, tragicomedie en musique, Paris 1647). Notevole fra gli altri il balletto dei mostri infernali, che però il Prunières (pp. 127 s.) attribuisce ad artisti francesi, perché rientrante nell'ambito della tradizione dei balletti di corte parigini: ma l'argomento non sembra decisivo.
Il libretto non fu stampato; il manoscritto (L'Orfeo. Tragicomedia per Musica) è alla Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Barb. Latino 3803. Soltanto un sunto del libretto fu pubblicato in Francia nel 1647. La partitura musicale (L'Orfeo. Poesia del Sig. Franc.co Buti. Musica del Sig. Luigi Rossi), scoperta, dal Rolland nel 1888, si trova manoscritta alla stessa biblioteca (Fondo Chigi, Q. V. 58), mentre alcune parti sono state stampate negli Studien zur Geschichte der italienischen Oper im 17. Jahrhundert, di H. Goldschmidt.
Nel 1646 e 1648 l'arciduca Leopoldo Guglielmo d'Austria, governatore generale dei Paesi Bassi, chiamò a Bruxelles presso la sua corte numerosi artisti, fra i quali il Balbi.
In occasione del matrimonio di Filippo IV e Maria Anna d'Austria il B. compose un grande "balet à entrées" intitolato Le balet du monde, accompagné d'une comédie en musique, l'un et l'autre donnez à la responyssance publique sur le sujet de l'heureux mariage de Leurs Majestez, en présence et par ordre de Son Altesse Sérénissime l'Archiduc Léopold... etc. au palais de Bruxelles, le dernier jeudy du carneval 1650 (Bruxelles, Hubert-Anthoine Velpius, 1650).
Il balletto fu eseguito il 24 febbr. 1650 alla Sala del Palazzo negli intervalli fra un atto e l'altro dell'opera Ulisse all'isola di Circe che il direttore della "Musique de la Chambre" dell'arciduca, G. Zamponi, e il poeta Ascanio Amalteo avevano composto per l'occasione, con le scene e le macchine dell'"ingeniero de perspecti" G. B. Angelini (il libretto con l'argomento dell'opera e il soggetto del balletto è alla Bibl. Royale de Bruxelles, sez. II, n. 14518, mentre frammenti della partitura musicale sono alla Bibl. Palatina di Vienna, ms. 19299, ch. XIX). L'opera e il balletto ebbero un successo strepitoso e il B. fu particolarmente gratificato dall'arciduca prima di ritornare in Italia.
Nel carnevale del 1651 il B. era nuovamente a Venezia, al Teatro dei SS. Giovanni e Paolo, per Alessandro vincitor di se stesso di F. Sbarra, musicato da F. Cavalli. Nel libretto, stampato a Venezia presso Giacomo Balli, e dedicato dal B. all'arciduca Leopoldo Guglielmo, egli figura come "inventore degli apparati di scena, macchine e balli". Il 28 gennaio del 1652 fece le grandiose "apparenze" (ossia scene), con macchine e balli, per Veremonda l'Amazzone d'Aragona di Maiolino Bisaccioni ridotta in nuova forma da Luigi Zorzisto e musicata dal Cavalli, rappresentata al Teatro dei SS. Giovanni e Paolo di Venezia (cfr. Livio Niso Galvani, I teatri musicali di Venezia nel sec. XVII, Milano 1878, pp. 33 s.). Il 21 dicembre seguente mise in scena lo stesso dramma musicale in una sala del Palazzo reale di Napoli, durante la festa per il riacquisto di Barcellona (a stampa per Roberto Mollo, 1652). A Napoli il B. giunse con la compagnia lirica vagante detta Accademia dei Felii Armonici, da lui diretta, alla quale si era forse unito il Sacrati nel 1644 per la rappresentazione a Piacenza della Finta Pazza. La compagnia "ebbe il merito di iniziare una regolare attività operistica a Napoli (una ripresa della Finta Pazza quivi, nel 1652, mostra che l'opera era ancora nel loro repertorio)" (N. Pirrotta, Sacrati, in Encicl. d. Spettacolo VIII, Roma 1961, col. 1376).
Nel 1653, sempre a Napoli, curò "macchine e prospettive" per Le magie amorose di Giulio Cesare Sorrentino, uno fra i primi librettisti napoletani a opporsi al "venezianismo" imperante (cfr. Croce, Iteatri di Napoli, p. 85).
Di ritorno a Venezia, mise in scena, il 30 genn. 1654, al teatro SS. Giovanni e Paolo, Ciro di Giulio Cesare Sorrentino con musiche dei Cavalli.
Dopo il 1654 non si hanno più notizie dei Balbi.
L'opera, già rappresentata al teatro S. Bartolomeo di Napoli nel 1653 con musica di Francesco Provenzale ebbe "prologo, aggiunte, mutationi & aggiustamenti all'uso di questa città fatta da altro soggetto con permissione dell'autore...". Si è ritenuto che il rifacimento del libretto sia stato opera dello stesso B., che scrisse la prefazione dell'edizione a stampa (Venezia 1654, Giovanni Pietro Pinelli). Ancora una volta nel frontespizio del libretto, che egli dedica "ai duchi di Brunsvich e Lüneburg, Giorgio Guglielmo e Emesto Augusto", appare come "direttore delle scene, macchine e balli".
L'ampiezza di interessi artistici che contraddistinsero il B. nel campo del dramma per musica si realizzò pienamente nell'opera di coreografo ("ballarino", nell'accezione tecnica secentesca, vale autore di balli), e nella creazione di macchine e scene prospettiche. Diede nel campo della coreografia (come fece il Torelli per la scenografia) un'impronta personale al teatro veneziano in un periodo storicamente di grande importanza, a Venezia, quando la città, con l'apertura dei teatri a pagamento, offriva, prima in Italia, a un vasto pubblico le esperienze sceniche e musicali elaborate dalla metà del sec. XVI nell'ambito dei teatri di corte. La sua esperienza parigina coincise poi con i primi contatti che il pubblico francese ebbe con l'opera in musica italiana. I balletti introdotti per la prima volta dal B. ne La Finta pazza (di cui Torelli aveva già eseguito le decorazioni nella messa in scena a Venezia senza danze nel 1641) diedero inizio alla fusione di opera e balletto divenuta tipica del teatro barocco francese, e determinarono altresì un nuovo orientamento nei balletti di corte, assai più sfarzoso di quello proprio dei "ballets à entrées" (che vanno dal 1620 al 1640) dominati dalla personalità di Horace Morel.
Fonti e Bibl.: Lettere di Anna d'Austria al duca Odoardo Farnese, riprodotte in H. Prunières, L'Opéra Italien en France avant Lulli, Paris 1913, pp. 68-75, 79, 127; lettere autografe del B. all'Arch. di Stato di Napoli, Carte Farnesiane, fascio 191; E. van der Straeten, La musique au Pays-Bas avant le XIXe siècles, I, Bruxelles 1867, pp. 263-272; II, ibid. 1872, pp. 144-148; Livi Niso Galvani [Giovanni Salvioni], I teatri musicali di Venezia nel sec. XVII, Milano s. d. [ma 1878], pp. 33, 34 s., 67 s.; A. Ademollo, I primi fasti della musica italiana a Parigi (1645-1662), Milano s. d., p. 22; B. Croce, I teatri di Napoli, Napoli 1891, pp. 114, 132, 136; 4 ediz., Bari 1947, pp. 84, 85; O. Sonnek, Catalogue of Opera Librettos printed before 1800, I, Washington 1914, pp. 64, 115, 287, 510, 1112; H. Liebrecht, Histoire du théâtre français à Bruxelles au XVIIe et au XVIIIIe siècle, Paris 1923, pp. 19, 21; H. Prunières, Cavalli et l'Opéra Venitien au XVIIIe siècle, Paris 1931, pp. 23 s.; A. G. Bragaglia, G. Torelli, primo "ingegnere" teatrale, in Comoedia, XVI (1934), n. 10, pp. 31-34; Id., Celebrazioni marchigiane. G. Torelli da Fano, in Il Giornale di politica e di letteratura, X (1934), fasc. VII-VIII, pp. 332, 347, 348, 353, 356, 358 s.; F. Torrefranca, Il Primo scenografo del popolo, G. Burnacini, in Scenario, III(1934), n. 4, p. 191; P. Biurstrom, Giacomo Torelli and Baroque Stage Design, in Acta Universitatis Upsaliensis - Figura, Nova series II, Stockholm 1961, pp. 46, 121, 134, 136.