balbo
. " Balbuziente ". La voce, attestata solo in Pg XIX 8 mi venne in sogno una femmina balba, oggi di uso esclusivamente letterario, è già ben definita dai commentatori trecenteschi: Iacopo della Lana, ad esempio, chiosa " schietto non po' parlare ", l'Ottimo " scilinguata ", e il Buti " non potea espeditamente parlare ". Secondo la maggior parte degl'interpreti è da vedere nella femmina balba il simbolo dell'avarizia (es. Paparelli), o, meglio, di tutti e tre i vizi (avarizia, gola, lussuria), che vengono espiati nelle ultime cornici del Purgatorio (con riferimento biblico, tolto da Prov. 7,10-12); ma v'è chi propende a scorgervi i beni terreni " visti con l'occhio della retta dottrina e ricondotti, al di là delle false apparenze, a ciò che realmente sono " (come riassume il Mattalia). Degna di nota è anche l'ipotesi di chi vi vede l'allegoria della falsa felicità arrecata dai beni terreni. La discrepanza fra le varie interpretazioni, a ben considerare, non è notevole, in quanto l'amore per troppo di vigore verso i beni mondani genera appunto la concupiscenza dei beni mondani nella triplice forma dell'avarizia, della gola e della lussuria. Per il Casini la donna è rappresentata balbuziente " perché l'avarizia fa parlare l'uomo equivocamente, la gola gl'impedisce di favellare compiutamente e la lussuria lo spinge all'adulazione e alla finzione "; ma secondo l'opinione più accettabile, è vano voler trovare a ogni costo rispondenze esatte tra questo e gli altri singoli difetti della femmina, e i vizi da lei simboleggiati.
Il Toffanin ha additato la fonte del personaggio dantesco nella " foetida Aethiopissa " delle Vitae Patrum, che verranno volgarizzate dal Cavalca (cfr. X 5 De Fornicatione).
Bibl. - G. Toffanin, in " Giorn. stor. " LXXVII (1921) 146-148; M. Marti, Il canto XIX del Purgatorio, Torino 1962; L. Tonelli, in Lett. dant. 1049-1068; G. Papareli,I, Il C. XIX del Purgatorio (1963), in Lect. Scaligera II 703-714; ID., La femmina balba, in Questioni dantesche, Napoli 1967, 188-213.