BONIFACIO, Baldassarre
Nacque a Crema il 5 genn. 1585 dal giurista rodigino, ivi assessore Bonifacio, e da Paola Corniani, pure proveniente da famiglia di giureconsulti. Gli furono fratelli Gaspare e Melchiorre. Studiò a Verona con i gesuiti, a Rovigo con Antonio Riccobono, dal quale ricevé buoni fondamenti del greco e del latino, e a Padova, nella cui università conseguì la laurea in legge.
Lesse istituzioni civili in Rovigo e sostenne, sotto lo pseudonimo di "Pietr'Antonio Salmone professor di retorica", le parti dello zio Giovanni contro G. B. Guarini nella Difesa dell'oraz. del Sig. Gio. Bonifacio giureconsulto per lo trasporto in Rovigo del corpo di S. Bellino contra le ragioni del cav. Battista Guarino,con le quali cerca d'impedirlo, Parigi [Padova] 1609.
Il Guarini, che non voleva privare di una reliquia così importante la parrocchia di S. Bellino, nel contado di Rovigo, dove aveva un podere detto la "Guarina", ribatté con altri scritti pungenti, finché nel marzo del 1609 non intervenne il Senato veneziano a decidere che non si procedesse al trasloco dei miracolosi resti.
Il B. si recò quindi in Germania, segretario del vescovo di Adria e Rovigo, conte Girolamo di Porzia, cui era stata affidata la nunziatura apostolica presso i principi della Germania superiore, e presentò all'arciduca, poi imperatore, Mattia un messaggio del papa Paolo V, manifestandogli anche gli intendimenti della Curia romana, secondo le istruzioni ricevute in più udienze dallo stesso pontefice. Al suo ritorno si fermò per qualche tempo a Roma, avvantaggiandosi di nuove esperienze culturali e di amicizie, e rientrò poi a Rovigo con gli abiti ecclesiastici, presi nel 1611, e con l'ufficio dell'arcipretura (1615), in seguito alla rinuncia in suo favore dello zio Giovanni. Già in evidenza per la dottrina e l'operosità umanistica, fu nominato nel 1619 professore di latino e greco nell'università di Padova. ma sembra non aver accettato la cattedra per attendere con maggiore libertà ai propri studi. L'anno successivo, però, accolse l'invito di partecipare alla istituzione in Venezia dell'Accademia dei Nobili e di insegnarvi il diritto civile.
Aveva frattanto pubblicato, insieme con l'amico G. B. Vanti, la raccolta di sonetti Castore e Polluce, Venezia 1618, che ebbe il commento del fratello Gaspare, quella di epigrammi latini Stichidion libri XVIII, Venetiis 1619, e il discorso Dell'aristocrazia, Venezia 1620. Aveva anche sostenuto, in termini cortesi, una disputa, dottrinalmente scolastica su materia religiosa, con la ebrea veneziana Sara Coppio Sullam, indirizzandole il discorso Dell'immortalità dell'anima, Venezia 1621, e replicando con la Risposta al manifesto della Signora Sarra Copia, Venezia 1621, al Manifesto di difesa della giovane e bella dilettante di poesia, che si sospettava manipolato dal suo maestro Numidio Paluzzi.
Le rime italiane non sono che un accademico tributo a uno stanco petrarchismo: freddamente corrette e con concessioni ai modi del Seicento, ripetono vieti motivi amorosi e di intonazione sacra. Gli epigrammi latini, sulla traccia di Marziale, ma anche con traduzioni ed imitazioni dai Greci, dimostrano perizia di lingua e di metri, ma non si scostano da una letteraria esercitazione su temi tradizionali ed encomiastici. Essi si accrebbero durante tutta la vita del B., che ne pubblicò più tardi dieci libri come Musarum seu latinorum poematum pars prima, Venetiis 1646, col proposito, poi non realizzato, di darne altre tre parti per complessivi quaranta libri: si fermò infatti, nei manoscritti, al trentaquattresimo. Il libro nono, il Nomenclator academicus, è una folta rassegna di scrittori illustri del tempo, in cui compaiono il Marino, il Chiabrera, l'Achillini, il Tassoni.
Seguirono la tragedia Amata, Venezia 1622, le Lettere poetiche per difesa e dichiarazione della sua tragedia, Venezia 1622, che sono i due scritti più noti del B., e gli Elogia Contarena, Venezia 1623, in onore di trenta personaggi della famiglia dei Contarini.
L'Amata, che fu posta dal Crescimbeni nell'elenco delle tragedie di rilievo dell'epoca, rielabora, in una vicenda macchinosa, l'episodio dell'arrivo di Enea nel Lazio. L'opera si muove sugli esempi di Seneca e del teatro del tardo Cinquecento, con personaggi scarsamente caratterizzati e indugianti in lunghe e concettose declamazioni o in narrazioni delle vicende avvenute fuori della scena, con andamento faticoso e privo di forza drammatica. Anche l'apparato è il consueto: responsi dell'oracolo, agnizioni, monologhi di divinità, commenti di un coro e un semicoro.
Nelle quarantatré Lettere poetiche indirizzate a parenti e amici sono dibattute le caratteristiche dell'Amata e quelle della tragedia come genere letterario. Accanto al dottrinale commento, ad espressioni usate e a riferimenti storico-mitologici, si trovano giudizi legati alla tradizione retorica, con qualche spunto che il B. non seppe mettere a frutto, sulla "durezza ed austerità" dello stile tragico, sulla facoltà di ricavare i soggetti della tragedia dalle storie e dagli avvenimenti contemporanei, sul variare del gusto nel tempo.
Nel 1623 il B. ritornò a Roma con l'ambasciatore Angelo Contarini, incaricato dal Senato veneziano di procurargli un vescovato: ebbe infatti dal papa Urbano VIII quello di Sitia e Hierapetra nell'isola di Candia, ma la salute cagionevole e il timore del viaggio per mare lo indussero a declinare l'offerta. Ricevé quindi mi cambio l'arcidiaconato di Treviso, che tenne insieme con l'ufficio di vicario ed altre dignità ecclesiastiche. Poté così continuare l'operosa attività letteraria, componendo discorsi celebrativi, orazioni sacre e civili, compilazioni di carattere erudito e giuridico, fra cui: il De quadragenis Romanae historiae scriptoribusiudicium, Venetiis 1627, l'Oratio in exequiis Paulae Cornianae,matris meae e la Vita Bonifacii,Bonifacii jurisc. et assessoris,patris mei, Venetiis 1629, il De archivis,liber singularis con le Praelectiones,et civilium institutionum epitome, Venetiis 1632, la Coniectura in Martialem ele Polynesi origines, Venetiis 1635, la Historia ludicra,ex omni disciplinarum genere selecta,libri XX, Venetiis 1652, poi ristampata a Bruxelles 1656, con la vita del B. tradotta in latino dalle Glorie degliIncogniti e arricchita di un indice.
È questa una vasta compilazione, "ex optimis quibusque scriptoribus", sulle antichità greche e latine, che si continuò per altri ventisette libri rimasti inediti (Bibl. Comunale di Rovigo, cod. Silvestriano, 165-172), documento degli interessi del tempo per gli ex-cerpta. Alla fine del libro ventesimo è posto il lunghissimo elenco delle opere edite e inedite del B. fino al 1652.
Il B. istituì a Padova (1636), per decreto della Repubblica veneta, l'Accademia dei Nobili Veneziani, di cui fu il primo rettore, e poi a Treviso l'Accademia dei Solleciti. Ebbe stretta amicizia con l'Aprosio e lodò il Marino. Membro di numerose accademie (Umoristi, Incogniti, Olimpici, Filarmonici), raccoglitore di incunaboli e di volumi di pregio, attualmente giacenti con i suoi manoscritti nella Biblioteca Comunale di Rovigo (Accad. dei Concordi), fu caro ai principali personaggi delle corti e della letteratura, come attesta un ampio carteggio. Per tanta rinomanza fu innalzato il 23 nov. 1653 al vescovato di Capodistria, dignità che esercitò con zelo religioso, senza pur tralasciare l'esercizio delle lettere.
Morì, a Capodistria, il 17 novembre del 1659.
Fonti e Bibl.: Rovigo, Bibl. Comunale, ms. Concord., 145: L. Ramello, Zibaldone per la mia bibl. degli ill. scritt. rodigini; Ibid., ms. Concord. 1-26, busta 20; Id., Misc. rodigina, [G.F. Loredano], Le glorie degli Incogniti, Venezia 1647, pp. 74-79; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1644 s.; F. Foffano, Ricerche letterarie, Livorno 1897, p. 161 s.; E. Bertana, La tragedia, Milano 1905, pp. 135 a.; G.Bonifacio, L'Amata e le Lettere poetiche di B. B., in Studi dedic. a F. Torraca, Napoli 1912, pp. 115-128; C. Trabalza, La critica letteraria, II, Milano 1915, pp. 279 s.; C. Frati, Dizion. biobibl. dei bibliotecari e bibliofili, Firenze 1933, p. 114; L. Sandri, Il "De Archivis" di B. B., in Notizie degli Archivi di Stato, X (1950), pp. 95-111; E. Sarot, Ansaldo Cebà and Sara Copia Sullam, in Italica, XXXI (1954), pp. 138-150; Encicl. dello spett., II, sub voce.