BOSCHETTI, Baldassarre
Primogenito di Cesario e di Violante di Gianfilippo Sertorio, nacque a Modena il 20 febbr. 1542. Crebbe, come i suoi fratelli Luigi e Paolo Emilio, sotto la protezione del fratello della madre, l'arcivescovo di Santa Severina Giulio Sertorio. Questo lo volle nel proprio seguito allorché, nel gennaio del 1560, fu inviato alla corte spagnola quale ambasciatore di Alfonso II d'Este, duca di Ferrara. Tornato in Italia, il B. si arruolò nel giugno del 1565 nel tercio spagnolo comandato da Sigismondo Cauzzi Gonzaga, destinato a soccorrere Malta contro i Turchi, ma poi, temendosi una minaccia ottomana contro le coste della Sardegna, fu qui che il B. seguì il suo reggimento. L'anno successivo, però, era tornato a Modena, giacché nel luglio seguiva, agli ordini di Alessandro Rangoni, il duca Alfonso che, con un forte contingente di cavalleria, si recava presso l'imperatore Massimiliano II per soccorrerlo nella progettata campagna contro i Turchi: questa tuttavia non ebbe luogo e il B. da Vienna fece ritorno a Modena nel febbraio del 1567. Sul finire dello stesso anno, a capo di una compagnia arruolata nei feudi della sua famiglia, partecipò alla spedizione di Borgogna organizzata contro gli Ugonotti dal duca di Savoia Emanuele Filiberto, e da lui affidata al comando di Alfonso II d'Este. Dopo questa sfortunata campagna il B. trovò rifugio a Parigi, presso il cardinale Prospero Santacroce, per intervento del quale ottenne la carica di gentiluomo del duca Enrico d'Angiò, con una provvigione di 40 scudi mensili, stabilita con patente del 16 marzo 1568. Nello stesso anno riprendeva però a combattere contro gli Ugonotti, in qualità di luogotenente di Alessandro Rangoni. Si distinse particolarmente nel febbraio dell'anno successivo, allorché gli venne affidato il comando della cavalleria regia, sostituendo per un breve periodo il maresciallo d'Auville, e poi alla battaglia di Roche-Abeille. Abbandonò però assai presto il servizio francese, pare a causa di dissensi a proposito del suo soldo. Tornato in Italia, ottenne una condotta di trecento fanti dalla Repubblica di Venezia, con i quali dal 1570 prese parte alla difesa di Candia e di Nicosia. Promosso colonnello nel maggio dell'anno successivo, nel 1572 passò a Sebenico, dove esercitò la carica di governatore in sostituzione di Ettore Visconti. Si congedò dal servizio veneziano nel 1573, dopo aver ottenuto dal Senato l'assicurazione di un futuro importante incarico: pare che si pensasse di affidargli la carica di governatore dell'Albania, ma i successivi accordi della Repubblica con Amuràt III fecero definitivamente svanire questa prospettiva. Nel luglio del 1573 Enrico d'Angiò, eletto al trono di Polonia, offrì al B. le cariche di gentiluomo di camera e di ciambellano, invitandolo a seguirlo nel suo regno lontano: il B., però, in seguito a una caduta da cavallo, fu costretto a ricusare l'offerta. Negli anni seguenti, ritirato nel feudo di San Cesario, il B. fu tutto preso dalle ormai tradizionali beghe della sua famiglia con il monastero benedettino di S. Pietro di Modena, che sul feudo di San Cesario non smetteva di vantare da secoli un diritto di giurisdizione. Dall'ignavia del suo settennale ritiro il B. fu tratto nel 1582 da papa Gregorio XIII, il quale lo nominò governatore del territorio pontificio di Avignone e del Contado venassino. È assai verosimile che a indurre il pontefice alla scelta del B. per questa importante carica fosse una precisa richiesta dell'antico protettore del capitano modenese, Enrico d'Angiò, divenuto re di Francia. Proprio Enrico III aveva infatti chiesto la sostituzione del precedente governatore di Avignone, Vincenzo Vitelli, colpevole di eccessive simpatie per gli Spagnoli. È probabile dunque che fosse il re a proporre il nome del suo vecchio familiare, sulla cui devozione poteva contare. Con Enrico III, del resto, il B. mantenne da Avignone una assidua corrispondenza e parecchi atti politici e iniziative militari di lui tradiscono nettamente il consiglio del re. Fu principale responsabilità del B. nel suo governo avignonese mantenere la dipendenza pontificia indenne dalle infiltrazioni degli Ugonotti, la cui influenza si estendeva in quegli anni tutt'intorno all'antica città papale nella regione della Linguadoca. Questo compito era reso tanto più difficile dalla politica ambigua del duca di Montmorency, il quale non osteggiava i confederati con l'energia che sembrava necessaria alle autorità pontificie e allo stesso Enrico III. Al fine di difendere la città il B. rafforzò le mura e aumentò le guarnigioni e, con compiti soprattutto di sorveglianza interna, costituì diciotto formazioni militari speciali affidate al comando dei più sicuri esponenti dell'aristocrazia cattolica cittadina. Un tentativo ugonotto contro Avignone, denunziato al B. da Enrico III, fu sventato in tempo nel febbraio del 1584. Quando, nel luglio successivo, uno dei maggiori esponenti del partito ugonotto, il principe d'Orange Guglielmo di Nassau, fu ucciso da un sicario spagnolo, il B. propose un colpo di mano contro Orange, giudicata una base di primaria importanza per i nemici, da condursi di comune accordo dalle truppe regie e da quelle pontificie e a questo fine trattò a lungo con Enrico III e con il nunzio pontificio a Parigi. La sua proposta non venne però tradotta in pratica: tra i principali motivi fu la morte dello stesso B., avvenuta in Avignone il 25 ottobre del 1584.
Bibl.: A. F. Boschetti, San Cesario... dall'anno 752 fino al presente, Modena 1922, passim;Id., La famiglia Boschetti di Modena e i Buschetti di Chieri, Modena 1938, tav. VII; C. Argegni, Condottieri,capitani,tribuni, III, Milano 1937, p. 406.