CANETOLI, Baldassarre (Bettozzo)
Figlio di Lambertino, è documentato più spesso col nome di Bettozzo, per distinguerlo dal cugino omonimo, figlio di Matteo, che svolse un ruolo di rilievo nelle vicende che vanno dal 1428 al 1432, anni in cui i Caneschi dominarono nella vita politica bolognese.
Non si conosce la data di nascita; se è figlio di Bartolomea degli Uberti, uccisa dal marito nel 1409, dovrebbe esser nato nei primi anni del secolo. Si parla per la prima volta di lui a proposito di una riunione, indetta dal cugino Battista, capoparte canesco, nel luglio 1428, per organizzare una rivolta contro l'Alamanni, legato pontificio a Bologna. La rivolta si concretò il 1º agosto e il legato e tutti i magistrati di parte papale furono cacciati. Non risulta che, dopo l'instaurazione del nuovo regime, il C. abbia ricoperto cariche di rilievo. Nel settembre del 1430 venne dato in ostaggio ai Pontifici nel corso delle trattative di pace apertesi tra i Bolognesi e il nuovo rappresentante del papa, Nicolò Acciopaci, vescovo di Tropea. Dato che i capitoli di pace non furono accettati da Martino V è da supporre che il C. sia rimasto nelle mani del legato per qualche tempo, forse a Forli, dove questi era stato trasferito; ed è molto probabile che sia stato liberato nella primavera del 1431, quando parve che il nuovo pontefice, Eugenio IV, intendesse fare la pace coi Canetoli.
L'accordo tra il pontefice e il partito canesco non giunse però, a conclusione: il 14 ott. 1435 i principali capi della fazione fuggirono da Bologna - e ripararono a Correggio - per non essere catturati dai Pontifici; anche il C. dovette andare in esilio. Dopo l'assassinio di Antonio Bentivoglio (23 dic. 1435), il papa, ormai padrone di Bologna, si avvicinò al duca di Milano; questi, per dar prova della sua buona disposizione verso Eugenio IV, provvide ad arrestare i Canetoli più importanti, tra cui il C. che fu catturato a Parma. Ma i fuorusciti bolognesi rappresentavano una pedina molto importante per il duca, il quale poco tempo dopo decise di liberarli. È probabile che il C., come gli altri suoi parenti, sia rimasto a Milano a disposizione del duca, ed abbia quindi attivamente collaborato per abbattere il potere pontificio a Bologna.
Ma più dei Canetoli ottennero il favore di Filippo Maria Visconti i Bentivoglio, i quali, a metà del 1438, riuscirono ad impadronirsi di Bologna, aiutati dalle armi del Piccinino. Da questo momento è probabile che, nei suoi tentativi di rientrare a Bologna, il C. si legasse sempre più al cugino Battista, strumento, secondo alcuni cronisti, del duca contro il pericolo di pretese autonomistiche di Annibale Bentivoglio. Nel 1440 il Piccinino cercò di far accordare le due più potenti famiglie bolognesi: e in effetti nel bando da lui emesso nel marzo contro i turbatori della pace pubblica non troviamo né il nome del C. né quelli di suo fratello Ludovico e dei più importanti cugini. Ma il tentativo del Piccinino fallì e i Bentivoglio continuarono nella loro ostilità ai Canetoli: nel 1441 il C. è indicato tra i fuorusciti, ed è molto probabile che i suoi beni venissero confiscati, quale membro di una famiglia dichiarata ufficialmente ribelle. Nell'agosto 1443 venne però richiamato in patria da Annibale Bentivoglio, il quale, ormai padrone della città, volle intraprendere una politica di riconciliazione con gli antichi avversari: in questo nuovo clima politico, i Canetoli ripresero quota, tanto che il loro capo, Battista, ricoprì nel 1444 la carica di gonfaloniere di Giustizia.
La lotta fra le fazioni tuttavia riprese ben presto e i Canetoli furono avversati soprattutto dai Marescotti. In questa fase il C. sembra capeggiare la corrente più intransigente dei Caneschi, e i cronisti, quasi tutti d'accordo, gli attribuiscono l'iniziativa, unitamente al fratello Ludovico, di una riunione dei capi della fazione nel maggio 1445 (il Simonetta, addirittura, afferma che Battista non sarebbe stato messo al corrente delle decisioni prese). In essa il C., presa in esame la situazione della famiglia, a suo parere decaduta e umiliata dall'ascesa dei Marescotti e dei Bentivoglio, propose di uccidere gli avversari più pericolosi, in primo luogo Annibale. Il piano doveva scattare il 29 giugno, con l'appoggio esterno di truppe inviate dal duca di Milano, ma fu anticipato al 24. La congiura ebbe come guida il C. che fu anche l'esecutore materiale dell'uccisione di Annibale Benti voglio. Dopo l'eccidio cominciò una lunga lotta fra i Canetoli, asserragliati attorno alle case di Battista, e i Bentivoglieschi, guidati da Galeazzo Marescotti. I Caneschi furono sopraffatti prima che giungesse l'esercito milanese; ma, mentre Battista fu barbaramente ucciso, il C. riuscì a fuggire da Bologna. Colpito dal bando, fu posta su di lui una taglia di 1.000 lire, e si dispose che fosse rappresentato come traditore nel palazzo dei notai.
A questo punto le notizie su di lui si rarefanno, e non sappiamo in che misura il C. abbia partecipato ai molteplici tentativi dei Caneschi di rientrare in patria. Si sa soltanto che ricevette dal Visconti, quasi a premio dell'uccisione del Bentivoglio, un dono di 700 scudi. Lo troviamo impegnato soltanto nel luglio 1448 nella conquista di Crevalcore, tenuta dai Bolognesi, assieme con Alberto Pio, signore di Carpi: ma venne là arrestato, il 29 ottobre, da Astorre Manfredi, che poi lo cedette ai Bentivoglieschi dietro pagamento di 3.000 ducati. Prima di essere consegnato ai suoi avversari, fu interrogato, il 22 novembre, dal legato pontificio. Dopo un fallito tentativo di fuga, in cui rimase ferito, subì diverse torture. Il 24 dic. 1448 venne decapitato nel luogo dove egli aveva ucciso Annibale.
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