CARRARI, Baldassarre ("a Curribus", "de Curibus", delle Carra; dall'erroneo "Curulis" deriva il Caroli del Cavalcaselle)
Nella storiografia forlivese sono ricordati due artisti di questo nome che vengono generalmente indicati come Baldassarre il Vecchio (sec. XIV) e Baldassarre il Giovane (sec. XV-XVI).
Di Baldassarre il Vecchio, si hanno solo vaghi ricordi, che sostanzialmente fanno capo alla citazione del Bonoli (p. 154) nel 1661. È probabile che il Bonoli abbia raccolto una più antica testimonianza, a noi sconosciuta o non pervenuta, del C. vivente nel 1354; ma è un fatto che il Grigioni non è riuscito a trovare negli archivi forlivesi un solo documento relativo ad un C. trecentesco. Quanto poi al dire, secondo il Bonoli, che fu discepolo di Guglielmo degli Organi e che visse quasi cent'anni, è da ritenere una congettura. Per l'assenza di documenti e la palese mitizzazione degli eruditi sette-ottocenteschi, già A. Schmarsow (Melozzo da Forlì, Berlin 1886, pp. 301 s.) aveva messo in dubbio l'esistenza stessa di questo pittore. Tuttavia il Calzini (p. 189), riprendendo una ipotesi azzardata dal Cavalcaselle (p. 61), volle assegnargli un frammento di affresco proveniente dalla antica chiesa di S. Maria in Schiavonia, oggi conservato nella Pinacoteca comunale. Ma tale attribuzione resta una pura ipotesi, data l'impossibilità di accertare la paternità artistica sia dal punto di vista documentario sia da quello stilistico.
Baldassarre il Giovane, figlio di Matteo, nato a Forlì poco dopo l'anno 1460, e invece documentato, nella sua attività fra la città natale e Ravenna, in un periodo di tempo che va dal 1486 al 1516. Morì a Forlì fra il 1º gennaio e il 14 febbr. 1516 (Grigioni, 1913, p. 360).
Fu artista di non grande levatura, itinerante per quasi tutta la sua vita fra Forlì e Ravenna, alternando e mescolando influenze diverse e tuttavia conservando una sua personale rudezza e sincerità di accenti che ne fanno una figura caratteristica dell'arte romagnola a cavallo fra il XV e il XVI secolo.
I vecchi studiosi ravennati, e con essi il Lanzi, hanno creduto che Matteo, il figlio di Baldassarre il Giovane, avesse collaborato in opere di pittura col padre a Ravenna, così come c'è stato chi ha creduto che anche il Matteo padre di Baldassarre fosse pittore; sono tutte opinioni insostenibili dal punto di vista documentario e solo la suggestione che i Carrari fossero una casata di pittori può aver prodotto questi equivoci.
Nulla sappiamo della sua formazione giovanile, tuttavia alcune opere a lui attribuite con fondamento dimostrerebbero che in un primo tempo egli si sia ispirato a modelli ferraresi roberteschi con risultati affini a quelli dei cotignolesi Zaganelli anche nel modo di fare intinto di formalismi nordici. Unitamente agli stilismi di derivazione ferrarese, è però evidente che il C., come i suoi conterranei, ha conosciuto ben presto, e in modo diretto, la pittura veneta e non solo tramite il Rondinelli ed il Palmezzano. Caratteri giovanili improntati al gusto ferrarese, secondo il Buscaroli (1931), si vedono nella tavola dei depositi della Galleria di Brera proveniente dalla Confraternita dei battuti bianchi in Valverde di Forlì e rappresentante la Madonna e il Bambino in trono fra i ss. Giobbe e Gottardo, la quale, a parte la scritta ridipinta col falso nome del Palmezzano, conserverebbe ancora l'originale datazione del 1481. Intorno al 1485 è datata la Sacra famiglia con angelo della Walters Collection di Baltimora (F. Zeri, Catalogue…, Baltimore 1976, I, pp. 228 s.). Altre opere improntate a modi ferraresi e veneti sono la Natività conservata nel palazzo ducale di Mantova e la Deposizione di proprietà Foresti, già Lurati, che è siglata "BAL. FOR. PIN." (Balthasar Foroliviensis Pinxit). Quest'ultima, a dire il vero, porta una data "MD" che sembra troppo avanzata se messa a confronto con la più nota delle opere del C., quella Visitazione della chiesa di S. Mercuriale di Forlì che è ambientata in una ricca architettura di gusto veneto, colorita in maniera brillante, e che non è certo posteriore all'anno 1498, quando l'artista dipinse ad affresco la cappella del battistero di S. Mercuriale. Un'altra Deposizione (Forlì, Pinacoteca civica), con caratteri stilistici di nordica asprezza, può essere databile sul finire del Quattrocento. Il C., che era già stato a Ravenna nel 1486, e vi ritornò a varie riprese, deve aver conosciuto personalmente il Rondinelli una diecina di anni dopo, e l'impressione ricevuta sarà stata ribadita nel 1497 quando il Rondinelli eseguì il S. Sebastiano per il duomo di Forlì. È da questi anni, infatti, che s'innestano sui ricordi veneto-ferraresi giovanili e sui successivi modelli del Palmezzano nuovi accenti rondinelliani avvertibili in un raffinamento dei toni e in una maggior eleganza compositiva.
Forse di un primo periodo ravennate fra XV e XVI sec. sono le quattro tavole della Galleria dell'Accademia di Ravenna (Cattura, Deposizione, Sepoltura e Discesa al limbo di Gesù:vedi A. Martini, La Galleria…, Venezia 1959, pp. 42-46), la prima e l'ultima già nella sacrestia di S. Apollinare in Classe, dove il fare del Rondinelli non è del tutto assorbito. Questo, invece, è maggiormente riscontrabile nelle opere della maturità quali la Madonna con i ss. Giacomo e Lorenzo già in S. Apollinare in Classe e oggi a Brera, il S. Girolamo della Pinacoteca di Forlì, dove l'influsso del Rondinelli è sovrapposto al ricordo dei Vecchioni del Palmezzano, e soprattutto la Madonna con Putto della coll. Massari di Ferrara (attribuita al C. dal Buscaroli, 1931) e il S. Apollinare tra i ss. Sebastiano e Rocco della chiesa di Longana presso Ravenna, forse l'ultima opera dell'artista, databile al 1515. Al periodo ravennate appartengono inoltre la perduta decorazione di un ambiente del monastero di Porto eseguita negli anni 1504-05 e la Madonna fra i ss. Giovanni e Gregorio, firmata e datata 1508, che G. Villa nel 1794 (Guida pittorica di Imola, a cura di G. Gambetti, in Documenti e studi della R. Dep. di storia patria per le prov. di Romagna, Bologna 1925, p. 50) ricorda nella chiesa di S. Domenico di Imola, ma che dopo il 1821 fu venduta in Germania con firma cancellata. Firmata è anche l'Adorazione dei Magi, che il Cavalcaselle vide a Bergamo presso Prospero Arrigoni (riscontrandovi affinità rondinelliane), e che potrebbe essere quella nella raccolta Benson di Londra (Catalogue of Italian pictures…, a cura di R. e E. Benson, London 194, pp. 153-155, con bibl.). Ma l'opera più complessa e riassuntiva delle varie tendenze fino allora seguite è la grande tavola del 1512 per l'altar maggiore della abbazia di S. Mercuriale di Forlì con l'Incoronazione della Vergine e quattro santi, oggi conservata nella Pinacoteca comunale di quella città.
Fonti e Bibl.: Per Baldassarre il Vecchio, vedi in particolare: P. Bonoli, Istoria della città di Forlì, Forlì 1661, p. 154; G. Casali, Guida per la città di Forlì, Forlì 1838, p.71 (2 ediz., Forlì 1863, p. 97);G. B. Cavalcaselle - J. A. Crowe, Storia della pittura in Italia, II, Firenze 1883, p. 61; R. Buscaroli, La pittura romagnola del Quattrocento, Faenza 1931, pp. 92, 93, 235;L. Servolini, La pittura gotica romagnola, Forlì 1944, pp.II, 23 s., 26.Per Baldassarre il Giovane, oltre al Bonoli e alla Guida del Casali (p. 71), vedi: L. Lanzi, Storia pittor. dell'Italia, IV, Milano 1825, p. 35;G. B. Cavalcaselle-I. A. Crowe, A history of painting in North Italy, London 1871, p. 595 n. 3;Id., Gesch. der ital. Malerei, V, Augsburg 1873, pp. 557, 634;G. Frizzoni, Il presunto Stefano da Ferrara, in Arch. stor. dell'arte, II (1889), pp. 68, 71 s.; E. Calzini-G. Mazzatinti, Guida di Forlì, Forlì 1893, pp. 15, 51; E. Calzini, Marco Palmezzano e le sue opere, in Arch. stor. dell'arte, VII (1894), p. 198;A. Santarelli, La Galleria e il Museo di Forlì, in Le Gallerie nazionali ital., III (1897), p. 148;C. Grigioni, B.C. il Giovane, pittore forlivese, in Arte e storia, XV (1896), pp. 91-93;Id., B.C. il Giovane di Forlì, in Rass. bibl. dell'arte ital., I (1898), pp. 237-241; C. Ricci, Le raccolte artistiche di Ravenna, Bergamo 1905, pp. 19 s.;S. Bernicoli, Arte e artisti in Ravenna, in Felix Ravenna, 1912, n. 6, pp. 217s.; C. Grigioni, Nota su l'arte e gli artisti in Ravenna, ibid., 1913, n. 9, pp. 357-60; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VII, 4, Milano 1915, pp. 603 s.; P. Toesca, La casa Bagatti-Valsecchi in Milano, Milano 1918, pp. 13, 21, tav. XXXVII; R. Buscaroli, B.C. da Forlì, in Forum Livii, III(1928), p. 16; Id., La pittura romagn. del Quattrocento, Faenza 1931, pp. 235-244; B. Berenson, Pittura ital. del Rinascimento, Milano 1936, p. 117; R. Buscaroli, Palmezzano e la pitt. venez., in Melozzo da Forlì, I (1937), p. 38; C. Gnudi, Mostra di Melozzo e del '400 romagnolo (Catal.), Forlì 1938, pp. 112, 120-125, 145, 146 (rec. di R. Buscaroli, in Melozzo da Forli, IV [1938], pp. 200 s.; e di C. Grigioni, ibid., VI [1939], p. 327); L. Montanari, Un quadro di B. C. il Giovane nella chiesa arcipretale di S. Apollinare di Longana, in Studi romagnoli, VII(1956), pp. 175-82; C. Grigioni, Marco Palmezzano, Faenza 1956, pp. 15, 52, 158, 249, 271, 469, 473, 603-05, 656, 705, 710, 715, 741, 750; A. Martini, La Gall. dell'Accad. di Ravenna, Venezia 1959, pp. 42-46; F. Zeri, Diari di lavoro 2, Torino 1976, ad Ind.;U.Thieme-F. Becker, Künstlerlex., VI, pp. 63 s.; Enc. Ital., IX, p. 151.