GABIANO, Baldassarre da (di)
Di antica famiglia del Monferrato trasferitasi ad Asti nel sec. XII, nacque ad Asti nella seconda metà del XV secolo. Libraio-editore e mercante, il G. era già a Lione attorno al 1493, e da qui operò a lungo di concerto con lo zio Giovanni Bartolomeo, figlio di Giovanni Lorenzo, che negli stessi anni aveva fissato la propria residenza a Venezia. Assieme e in società con gli Aliprandi essi costituirono la Compagnia d'Yvry, la prima di una fortunata serie di società commerciali in campo librario che caratterizzeranno l'attività della famiglia Gabiano per buona parte del sec. XVI.
La ricostruzione di tale impegno editoriale presenta peraltro notevoli difficoltà poiché le edizioni uscirono prevalentemente anonime. Per quanto riguarda l'attività svolta a Lione H. Baudrier ha identificato buona parte delle edizioni; più difficile è invece ricostruire l'attività veneziana, le cui opere non furono mai pubblicate a loro nome. Si tratta d'altra parte di un impegno di non scarso rilievo che fu affiancato da un non comune fervore commerciale, secondo quanto risulta dalle lettere inedite ricevute da Giovanni Bartolomeo nel 1522.
La notorietà del G. è strettamente legata al successo delle edizioni di Aldo Manuzio nel nuovo carattere corsivo disegnato da Francesco Griffo, con il quale Aldo dal 1501 iniziò a pubblicare la sua collezione di classici in octavo.
Immediati erano stati i tentativi di contraffazione. Vi provarono i Giunti, ma soprattutto i maggiori danni Manuzio li subì a causa dell'impegno del G. a Lione che, con ogni probabilità, agiva di concerto con i parenti veneziani. Con estrema tempestività le edizioni aldine contraffatte erano riproposte nello stesso formato e in un carattere che imitava grossolanamente quello di Griffo. I libri erano ricomposti pagina per pagina, ma erano privi di marchio e sottoscrizione. Solo su alcuni realizzati nel 1510 comparve un giglio in rosso, erroneamente in passato attribuito ai Giunti, ma più probabilmente da riferire al libraio italiano Bartolomeo Trotti o Trot stabilitosi a Lione come agente di Bonino Bonini, più tardi in società col Gabiano.
La prima edizione contraffatta fu il Persius di Giovenale del 1501, molte altre seguirono nei mesi e negli anni seguenti. Aldo Manuzio non tardò ad accorgersi dei danni che la pirateria gli stava procurando, probabilmente però senza riuscire a identificare i responsabili. Il 16 marzo 1503 pubblicò un suo Monitum in Lugdunenses typographos nel quale denunciava di essere venuto a conoscenza che a Lione "characteribus simillimis nostris" erano state ristampate le edizioni in ottavo di Virgilio, Orazio, Giovenale e Persio, Marziale, Lucano, Properzio, denunciandone le imperfezioni ed elencando con estrema precisione gli errori. Ai classici latini andavano poi aggiunte le Cose vulgari di Petrarca e le Terze rime di Dante. Il G., da parte sua, fece tesoro delle indicazioni di Aldo e con la stessa sollecitudine con cui aveva confezionato le prime edizioni diffuse ulteriori ristampe emendate.
Nel 1504 il G. aveva aperto una libreria ad Avignone che affidò all'agente Vincenzo Portonari di Trino in Monferrato, venuto a stabilirsi assieme a lui a Lione.
Nel 1517-18 il G. lasciò la Francia e ritornò ad Asti dove la famiglia aveva continuato a risiedere. Non smise tuttavia l'impegno editoriale. Costituì una società con il giurista Alberto Bruno per la stampa delle sue opere, per le quali chiamò da Torino il tipografo Francesco Silva. I cinque trattati del Bruno stampati dal Silva portano sul frontespizio lo stemma di Leone X in virtù del privilegio concesso dal papa il 12 apr. 1518 al Bruno, in seguito alla promessa di "subvenire" con i guadagni dell'edizione alla costruzione della chiesa e del convento della B. Maria di Monte Carmelo in Asti. L'ultimo trattato, il Subtilis tractatus de forma et solemnitate, uscì a spese degli eredi del G., segno evidente che tra il 10 dic. 1518, data del penultimo, e il 5 ott. 1519 egli era venuto a mancare.
Giovanni Bartolomeo coordinò le varie società della famiglia dalla libreria all'insegna della fontana situata ai piedi del ponte di Rialto nella parrocchia di S. Bartolomeo, centro fondamentale, ma dimenticato, del commercio librario veneziano di quegli anni (lo stesso marchio della fontana venne adottato dopo il 1528 da Scipione per la libreria lionese). Dalle lettere ricevute nel 1522 si ricava un quadro di grande interesse delle sue attività. Impegnato in complessi traffici commerciali, appare a Venezia soprattutto mercante di libri, pronto a rifornire i propri corrispondenti italiani anche di ingenti quantitativi di opere. Risulta inoltre pronto a sfruttare commercialmente ogni nuova occasione. Quando fu eletto pontefice l'olandese Adriano VI, interessò Michele Tramezzino, in quegli anni agente a Roma degli Scoto, per l'apertura in società di una nuova libreria, nella previsione - suffragata dal Tramezzino - che l'arrivo del nuovo papa avrebbe mutato in meglio il clima culturale della città. Non era poi privo di relazioni influenti: era in rapporti con il cardinale Domenico Grimani; gli scriveva il monaco benedettino tedesco, amico di Erasmo, Nicolaus Basellius, il quale in una lettera da Utrecht del 25 nov. 1522 gli comunicava che "il mag.co messer Erasmo" gli mandava a dire di essere suo "buon amico" (Arch. di Stato di Venezia, Misc. atti div. manoscritti, b. 91).
Alla morte del G. fu quindi Giovanni Bartolomeo da Venezia ad avere un ruolo chiave nel governo del complesso sistema di famiglia che ormai andava ramificandosi in tutto il continente coadiuvato dai tre figli, Baldassarre, Girolamo e Giovanni Francesco, e dai generi, Lorenzo Aliprandi, sposo della figlia Angiola, compagno di quasi tutte le avventure commerciali della famiglia, e di Nicola Dalla Vecchia (Vucović), marito di Dionora, tipografo originario di Cattaro specializzato nella stampa di libri in cirillico con ampie relazioni a Levante.
Dal testamento di Giovanni Bartolomeo, rogato il 13 ott. 1536, risulta che all'epoca egli era socio di tre compagnie, una a Venezia intestata al genero Lorenzo Aliprandi, una in Fiandra sotto Francesco Bonanome e una a Lione a nome del nipote Lucimburgo, designato assieme ai generi Aliprandi e Dalla Vecchia, esecutore testamentario. Non è nota la data della sua morte: era certamente già morto nel 1543.
Alla partenza del G. da Lione il suo posto alla direzione della ditta era stato preso dal fratello Lucimburgo (Luxembourg), nato ad Asti attorno al 1490 e giunto in Francia verso il 1512, che nello stesso 1519 entrò come socio nella Compagnia d'Yvry.
Per tutta la durata della vita di Lucimburgo permasero strettissimi i rapporti con il ramo veneziano della famiglia guidato dallo zio Giovanni Bartolomeo sino alla fine degli anni Trenta, mentre dopo il 1522 si attenuarono i legami con l'originaria Asti.
Nel corso degli anni Venti la posizione di Lucimburgo a Lione si era notevolmente rafforzata. Oltre alle società con i parenti di Venezia, egli era stato nel frattempo l'animatore di altre società. Nel 1519 assieme con Aimon de la Porte, Simon Vincent, Giacomo Giunti e altri librai aveva costituito le compagnie editoriali dette "des textes" e "des lectures", le quali, rinnovate nei loro statuti e componenti, furono destinate ad avere lunga vita sotto il nome di Grande Compagnia dei librai di Lione, strumento principale delle fortune dell'editoria lionese. A tali compagnie si deve la pubblicazione di grandi edizioni in folio e in quarto di diritto romano e canonico, di cui tuttavia è problematico stendere una lista poiché uscivano spesso senza l'indicazione dell'editore presso tipografi diversi. Tra il 1519 e il 1542 si ebbero almeno 32 edizioni in 108 volumi.
Gli intensi traffici librari in Francia, Spagna e Italia uniti a investimenti in settori differenti, quali quello delle spezie, importate a Lione da Venezia, determinarono il grande successo del vecchio emigrato astigiano ormai avviato verso posizioni di sicuro prestigio all'interno della società lionese. Nel 1545 era tra i venti più facoltosi mercanti della città. Tra i librai solo i Senneton e i Giunti lo superavano. Nel 1533 ottenne da Francesco I la naturalizzazione e nello stesso anno sposò Catherine de La Tour, nel 1539 acquistò le signorie di Vourles e di Côte-sur-Brignais. Divenne proprietario fondiario e fece ricostruire il castello di Vourles adattandolo a propria sontuosa dimora. Morì nel 1558.
Il cospicuo inventario delle sue sostanze e delle scritture di compagnia redatto per l'occasione conferma la solidità del patrimonio acquisito e l'ampiezza delle relazioni commerciali (Baudrier, pp. 39-132).
Il successo lionese non allentò i legami con i parenti veneziani che si mantennero stretti anche nella generazione successiva. Giovanni Bartolomeo lasciò eredi i figli Baldassarre, Girolamo e Giovanni Francesco, i quali pur continuando a interessarsi di traffici librari, diversificarono e ampliarono le attività commerciali del ramo veneziano della famiglia. Nel 1543 nominarono un proprio procuratore a Pera e Costantinopoli; negli anni 1547-49 Girolamo e Giovanni Francesco erano a Londra e dalle loro lettere al socio Lorenzo Aliprandi a Venezia risultavano impegnati negli affari più disparati. Si occupavano di tessuti di lana inglesi e di ingenti traffici di frumenti e olii tra la Spagna, l'Inghilterra e Anversa. Non si menzionavano libri, che tuttavia, almeno a Venezia, erano ancora oggetto di società con i parenti francesi. Grazie a loro investirono ingenti somme nel debito pubblico francese mentre proseguiva il complesso intrico di società che li legava. Gli ultimi atti veneziani che li riguardano sono del 1566-67 quando gli eredi lionesi di Lucimburgo, Barthélemy (morto a Ginevra nel 1574) e Henry (morto a Ginevra nel 1571), ingaggiarono a Venezia tipografi da far emigrare a Lione con contratti biennali. Nella prima occasione fu Barthélemy a recarsi personalmente a Venezia tornando con sette tipografi; l'anno successivo venne incaricato un tipografo francese dei Giunti che ne assunse altri otto.
L'impegno tipografico della casa lionese dunque non scemava, anche se quelli erano anni molto turbinosi per i Gabiano di Lione, i quali aderirono tutti alla Riforma protestante; Henry fu uno dei principali esponenti degli ugonotti lionesi ed egli stesso, assieme ai fratelli, fu ritenuto responsabile della distruzione della chiesa di St-Just nel 1562. Nel 1568 fu costretto con Barthélemy a rifugiarsi a Ginevra, da dove tuttavia ebbe modo di continuare a occuparsi degli affari di famiglia a Lione. Negli stessi anni riforniva di libri proibiti i propri corrispondenti italiani. È del 1569 una denuncia in tal senso presso la curia arcivescovile di Napoli. Anne e Marie, figlie di Barthélemy, sposarono a Ginevra nel corso degli anni Ottanta rispettivamente Giovanni e Girolamo Pellizzari, membri di una famiglia di ricchi mercanti vicentini della seta operante tra Venezia, Lione e Ginevra, protagonista della diffusione di libri della Riforma in Italia intorno al 1560.
Altri membri della famiglia Gabiano continuarono a vivere a Lione sino ai primi decenni del sec. XVII.
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