LOMBARDI, Baldassarre
Secondo la tradizione nacque a Vimercate, presso Milano, nel 1718. Tuttavia negli atti di battesimo della parrocchia locale risulta in quell'anno solo un Antonio Maria Lombardi, nato il 21 luglio da Isidoro, bargello dell'ufficio giurisdizionale della Martesana, e da Caterina Forlona. Forse il L. assunse il nome di Baldassarre nel lasciare il secolo, ma mancano riscontri risolutivi. Sono ignote le tappe della sua formazione culturale e religiosa. Entrato tra i minori conventuali e ordinato sacerdote, trascorse forse qualche tempo nel piccolo convento di Desio (Bergamo, Biblioteca A. Mai, Fondo Ravelli, lettera del L. a F. Piatti, 20 luglio 1782) ospitato nella villa Cusani e soppresso in epoca giuseppina (Fiammazzo, 1901, p. 312). Dal 1750 fu a Bergamo, dove per tredici anni insegnò filosofia al collegio Mariano.
Risalgono a quel periodo alcuni suoi opuscoli sulla dottrina agostiniana dell'anima. Nel 1763, dopo una disputa pubblica sul tema, ebbe inizio un contraddittorio, durato diversi anni, tra G. Rota, censore della locale Accademia degli Eccitati e al tempo parroco di S. Salvatore, e i francescani bergamaschi. A un primo testo del Rota, Dei sentimenti di s. Agostino intorno alla situazione dell'anima nel corpo umano, rispose il L. l'anno successivo (Se sia vero che s. Agostino nel libro De quantitate animae non dubiti di mostrarsi inclinato a pensare che una sola sia l'anima di tutti…, Bergamo 1764). Alla replica del Rota il L. oppose il suo ultimo scritto edito sull'argomento (Scrittura seconda in sostegno della sua prima intitolata Dichiarazione stampata in Bergamo l'anno 1764 contro don Giuseppe Rota parroco di quella città…, Milano 1767). All'idea dell'unicità di specie e di numero dell'anima umana, che il Rota leggeva nelle opere agostiniane, il L., richiamandosi alla dottrina platonica dell'anima e alla sua influenza sul pensiero dei Padri della Chiesa, contrapponeva una posizione più sfumata, sostenendo non trovarsi in quelle pagine una presa di posizione univoca.
Tra il 1768-69, per ragioni non documentate, il L. si trasferì a Roma, dove dal 15 luglio 1769 fino al giorno della sua morte, fu parroco di S. Salvatore in Onda. Da Roma tenne una lunga corrispondenza con il confratello F. Piatti, con cui aveva stretto un rapporto di amicizia a Bergamo. Le 100 lettere superstiti, scritte tra 1771 e 1800, sono povere di dettagli biografici ma determinanti per datare le fasi del lavoro di commento della Divina Commedia. Nello stesso filone della produzione bergamasca, il L. polemizzò a distanza anche con il minore F. Annibali da Latera, che dubitava della presenza del corpo di s. Francesco nella basilica di Assisi. A una Scrittura prima del p. Baldassar Lombardi min. conv. curato di S. Salvatore in Onda contro il manuale dei frati minori del p. Flaminio Annibali da Latera… (Roma 1777) seguirono lo Schiarimento di verità sopra la malintesa operetta del p. Flaminio… (ibid. 1780) e Della sepoltura del serafico patriarca dei minori s. Francesco nella patriarcale basilica del suo nome in Assisi. Contro i dubbi del p. Flaminio Annibali da Latera osservante… (ibid. 1797). L'ultimo studio edito di argomento religioso fu Animadversiones tres ad Catholicam fidem ducentes (Roma 1791), anche se la bibliografia francescana attribuisce al L. una Orazione panegirica del b. Giovanni Licio (Sparacio).
Secondo C. Arduini, suo primo biografo, il L. fu anche un poeta prolifico ma, a parte alcuni versi da lui riportati, la sola testimonianza di questa produzione è un sonetto in una pubblicazione collettiva d'occasione del periodo bergamasco (Corona di sonetti in lode del celebre oratore P.M. Antonio Valsecchi domenicano, Bergamo 1757).
Nel 1791, come risultato di vent'anni di studio, il L. stampò per i tipi di A. Fulgoni la prima edizione integrale romana della Commedia (Divina Commedia di Dante Alighieri nuovamente corretta, spiegata e difesa…), accolta con vivo interesse e giudizi positivi, come testimoniano giornali e testi dell'epoca, e destinata a diventare un classico nella storia delle edizioni dantesche.
Nonostante i suoi limiti, quello del L. è spesso considerato il primo commento storico-filologico moderno, nelle intenzioni se non nei risultati. Studioso solitario, il L. fu uno dei principali esponenti degli studi danteschi, seguiti in Italia al parziale oblio e alle incomprensioni del XVII secolo. Fino alla metà del secolo XVIII l'edizione di maggior prestigio della Commedia era rimasta quella dell'Accademia della Crusca (Firenze 1595); nel 1749 era stato pubblicato a Verona il commento completo del gesuita P. Venturi, ostile a Dante Alighieri per le sue critiche al Papato, al potere temporale e alla Chiesa. Da metà secolo un attivo circolo di studi danteschi, ancora a Verona, si costituì attorno all'abate G.I. Dionisi (tra gli altri: F. Rosa Morando, B. Perazzini, G. Torelli, A. Tiraboschi). Con il Dionisi che, a sua volta, stava mettendo a punto un'edizione critica della Commedia, pubblicata per i tipi di Bodoni (Parma 1795), il L. disputò sull'interpretazione di molti passi. Parte delle osservazioni del Dionisi erano puntuali, ma gli nocque l'acrimonia con cui attaccò il L. e la priorità dell'edizione di quest'ultimo. Alle critiche private e a quelle pubbliche dell'Aneddoto VI (De Blandimenti funebri, o sia delle acclamazioni sepolcrali cristiane, Padova 1794) del Dionisi, il L. rispose con l'Esame delle correzioni che pretende doversi fare in essa edizione il veronese monsignor canonico Gio. Iacopo de' marchesi Dionisi nè suoi Blandimenti funebri (1795), che ribatté punto per punto, ma non sempre in maniera convincente, alle critiche del Dionisi. L'edizione del 1791 fu riproposta a Roma dall'editore M. De Romanis tra il 1815 e il 1817, con un volume di appendici; da allora, nonostante giudizi alterni sul suo valore (G. Biagioli, G.A. Scartazzini, C. Witte), conobbe fino a metà dell'Ottocento un alto numero di ristampe. Gli aspetti principali di novità dell'opera erano la messa a punto di un commento originale attraverso lo studio e il confronto di codici selezionati per l'antichità (principalmente quello alla base dell'edizione Nidobeatina del 1478), la volontà di indagare l'opera poetica di Dante nel "complesso dei suoi motivi letterali, allegorici storici, concettuali e, perfino, in qualche caso, retorici e stilistici" (Enc. dantesca, p. 684) e, non ultimo, il desiderio di difendere l'opera di Dante dalla critica gesuitica e "dei morsi che tratto tratto gli avventa" il padre Ventura (Bergamo, Biblioteca A. Mai, Fondo Ravelli, lettera del L. a F. Piatti, 20 luglio 1773).
Lessero e studiarono le note del L., tra gli altri, U. Foscolo, I. Pindemonte e V. Monti, che lo conobbe personalmente e fu suo estimatore. La sua opera è ancora presente nei progetti di pubblicazione delle edizioni storiche dei commenti danteschi.
Il L. morì a Roma il 2 genn. 1802, nel convento generalizio dei Ss. XII Apostoli.
Fonti e Bibl.: Vimercate, Archivio plebano, Registro dei battesimi dal 1706 al 1730; Bergamo, Biblioteca A. Mai, Fondo Ravelli, F. Piatti, Corrispondenza; P.A. Serassi, Lettere dei corrispondenti, lettere di A. Bassani, 1756; Congregazione di Carità: Libri delle terminazioni 1743-1751; 1751-1760; 1760-1766; Savignano sul Rubicone, Biblioteca dell'Accademia dei Filopatridi, Amaduzzi, 28: Corrispondenza con Veneti, lettera 25; Novelle letterariepubblicate in Firenze l'anno 1791, Firenze 1791, coll. 832 s.; Giornale de' letterati (Pisa), LXXXVI (1792), pp. 294-296; Raccolta di lettere inedite, a cura di A. Fiammazzo, Udine 1898, pp. 53, 55, XXXIV-XXXVI; Lettere di dantisti. Primo gruppo. Lettere del secolo XVIII o ad esso relative, a cura di A. Fiammazzo, Città di Castello 1901, pp. 20-36 e passim; V. Monti, Epistolario, a cura di A. Bertoldi, I, Firenze 1927, p. 396; V, ibid. 1930, p. 191; S. Betti, La Divina Commedia di Dante Alighieri, corretta, spiegata e difesa dal p. B. L., in Giornale arcadico, 1821, t. 10, pp. 392-404; 1822, t. 13, pp. 237-247; C. Fea, Nuove osservazioni sopra la Divina Commedia di Dante Alighieri, Roma 1830, pp. 5 s. e passim; C. Arduini, Notizie della vita e degli scritti del francescano conventuale p. B. L., commentatore della Divina Commedia, in Giornale arcadico, 1847, t. 110, pp. 277-306; C. Witte, Prolegomeni critici alla Divina Commedia, Berlin 1872, pp. XXV-XXIX, ad nomen; G.A. Scartazzini, Prolegomeni alla Divina Commedia, Leipzig 1874-90, pp. 517-522; V. Monti, Postille ai commenti del L. e del Biagioli sulla Divina Commedia, Ferrara 1879, passim; M. Barbi, Recensione a p. Carmine Gioia c.r.s. L'edizione nidobeatina della Divina Commedia: contributo alla storia della bibliografia dantesca, in Bulletino della Società dantesca italiana, n.s., I (1893), 1, pp. 17-19; A. Salza, Dal carteggio di Alessandro Torri, Pisa 1897, pp. 133 s.; G. Zacchetti, Il commento del L. alla Divina Commedia e le polemiche dantesche di lui col Dionisi, Roma 1899, pp. 5-64; A. Fiammazzo, Per la fortuna di Dante (appunti con documenti), in Giornale dantesco, VIII (1900), pp. 311-342; G.G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum S. Francisci, Roma 1908, pp. 189 s.; L. Oliger, Della vita e degli scritti del p. Flaminio Annibali da Latera o.f.m. (1733-1813), Grottaferrata 1914, ad nomen; D. Sparacio, Gli studi di storia e i minori conventuali, in Miscellanea francescana di storia, di lettere, di arti, XX (1919), pp. 36-38; G. Gasperoni, Gli studi danteschi a Verona nella seconda metà del '700 con appendice di lettere inedite, in Dante e Verona, a cura di A. Avena - P. di Serego Alighieri, Verona 1921, pp. 319, 326; G. Mambelli, Gli annali delle edizioni dantesche, Bologna 1931, ad indicem; G. Natali, Il Settecento, Milano 1950, pp. 43, 541, 561; A. Vallone, La critica dantesca nel '700 ed altri saggi danteschi, Firenze 1961, pp. 46-51 e passim; Ed. nazionale delle opere di U. Foscolo, IX, 1, Studi su Dante, Firenze 1979, adindicem; R. Giglio, B. L. commentatore francescano di Dante, in Id., Autore e lettori. Letture della "Commedia" e saggi sugli interpreti di Dante, Massa Lubrense 1990, pp. 203-232; D. Fagioli Vercellone, Dionisi, Giovan Jacopo, in Diz. biogr. degli Italiani, XL, Roma 1991, pp. 208-210; Diz. encicl. della letteratura italiana, Bari-Roma 1967, III, pp. 405, 407; Enc. dantesca, III, s.v., pp. 683 s.