balìa
Dal francese antico baille (" autorità ", " governo "); vocabolo largamente diffuso in antico, fu acquisito dal linguaggio politico a designare una magistratura straordinaria con poteri dittatoriali, creata dal popolo - a tempo limitato - in circostanze di estrema gravità.
Entrò presto, nell'uso comune, a far parte di locuzioni e frasi fatte. In If XIX 92 ‛ porre in b. ' vale " affidare ": Deh, or mi dì: quanto tesoro volle / Nostro Segnore in prima da san Pietro / ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa? (cfr. Matt. 16, 19 " tibi dabo claves regni caelorum "); nelle espressioni seguenti ‛ in b. ' corrisponde a " nelle mani ", " alla mercè ": in tua balia mi metto (Rime XLVIII 5), signor che m'ha in balia (L 65); ti tengo in mia balia (Fiore I 6), mi misi... in sua balia (III 3), m'hai in tua balia (XLIII 8), che 'n sua balia mi tenea vecchiezza (CXLIX 12).
In Fiore CXCV 10 metter mia balia vale " adoperare il mio potere ".
A proposito di Pg I 66 Mostrata ho lui tutta la gente ria; / e ora intendo mostrar quelli spirti / che purgan sé sotto la tua balìa, il Tommaseo nota che le parole di Virgilio non indicano in Catone il signore del Purgatorio, ma chi lo governa come vicario di Dio. Più restrittiva appare, al confronto, la precedente glossa del Lombardi, per il quale la b. di Catone è l'autorità di sgridare le anime e stimolarle a correre verso il Purgatorio. Altri interpreti danno alla parola il senso di " governo " (Porena), " potere " (Chimenz), " sovranità, giurisdizione " (Mattalia), " custodia " (Fallani).