BALISTICA (dal gr. βάλλω "getto, lancio")
Scienza del movimento dei proietti, sia nell'interno sia all'esterno della bocca da fuoco, suddivisa quindi nelle due parti della balistica interna e balistica esterna.
Balistica interna.
La prima studia il movimento dei proietti nell'anima delle bocche da fuoco, durante lo spazio di tempo brevissimo (dell'ordine del centesimo di secondo) compreso tra la infiammazione della carica di lancio e l'uscita del proietto dalla bocca dell'arma. Prima dell'inizio della infiammazione della carica, l'energia dell'esplosivo, che dovrà trasformarsi quasi istantaneamente in energia cinetica, si trova allo stato potenziale. Quindi lo studio della balistica interna presuppone la conoscenza della Teoria degli esplosivi, scienza fisico-chimica che esamina la polvere fin dalla composizione dei suoi elementi costitutivi, ne spiega le proprietà e ne calcola, a priori, la potenza.
La balistica interna si divide in due parti:
1. Pirostatica. - Considera la combustione della polvere in recipiente chiuso e stabilisce le leggi di questa combustione, ricorrendo, nel campo sperimentale, ad appositi apparecchi che permettono di registrare la pressione sviluppata in funzione del tempo.
2. Pirodinamica. - Considera la combustione della polvere in recipiente variabile, e l'espansione dei prodotti gassosi che si sviluppano durante la combustione, stabilisce le leggi secondo cui avvengono questi fenomeni, e le fissa in equazioni differenziali, la cui adozione serve di base per la risoluzione, mediante l'analisi, del problema principale della balistica interna.
I primi studi relativi al moto del proietto nell'interno di una bocca da fuoco non sono molto antichi; anzi può dirsi che la pratica e, anche, il caso abbiano avuto gran parte nei miglioramenti successivi che le bocche da fuoco subirono in seguito all'invenzione della polvere nera.
I mezzi d'investigazione. - Nelle armi da fuoco si dà la velocità al proietto, facendo agire su di esso i gas che dalla combustione della polvere si sviluppano, e che sono racchiusi nell'anima dell'arma. L'azione di questi gas ha due effetti: l'uno, che si ricerca, la velocità del proietto; l'altro, che si subisce, la pressione dei gas su tutto quanto è a contatto con essi. Si è dunque indotti a dover misurare la velocità e la pressione.
La velocità iniziale dell'arma, cioè la velocità che possiede il proietto alla bocca del pezzo, si ottiene usando un apparecchio chiamato cronografo, che misura il tempo che il proietto impiega a percorrere l'intervallo, di ampiezza nota, che separa due punti fissi. In questi punti sono installati appositi circuiti o interruttori, in cui passa la corrente elettrica: il proietto interrompe la corrente quando attraversa il circuito, oppure quando l'onda sonora da esso prodotta nell'aria raggiunge l'interruttore, e siccome il cronografo registra le due rotture, si può misurare il tempo che intercede fra esse. Talvolta nei due punti fissi sono invece installati dei condensatori elettrici o solenoidi: il passaggio del proietto attraverso questi apparecchi stabilisce una corrente brevissima, il cui inizio viene registrato dal cronografo.
La pressione dei gas nell'interno dell'arma si misura facendo agire i gas su corpi indeformabili, mercé l'intermedio di uno stantuffo di piccola dimensione; dalla deformazione del corpo si desume la carica ch'è stata necessaria per produrla, sicché conoscendo la sezione dello stantuffo su cui si esercita la spinta dei gas, si può ricavare la pressione di questi. L'operazione di taratura dell'apparecchio di misura usato, consiste nel determinare la corrispondenza tra le deformazioni e le cariche applicate: la tabella di corrispondenza, che ne risulta, si denomina tabella di taratura. Si sono finora impiegate tre specie di corpi indeformabili: dapprima (sistema di gran lunga più usato) un cilindro di rame chiamato crusher; in seguito una molla d'acciaio, il più delle volte sotto forma di molla elicoidale; e infine, in taluni tipi di manometri, acqua contenuta in un recipiente chiuso. Sotto il punto di vista della comodità dell'impiego, la superiorità del crusher per i servizî correnti è indiscutibile, dato che in genere si ha solo bisogno di conoscere la pressione massima sviluppata dai gas, o in altri termini il più grande valore dell'effetto nocivo che devono subire il cannone e il proietto: ora il crusher, che conserva la deformazione ricevuta, dà precisamente la grandezza di questa pressione massima, mediante la semplice determinazione del suo schiacciamento finale. I crusher si tarano sottoponendoli, con apposite macchine, a determinati sforzi statici, con una velocità di tre centesimi di millimetro al secondo, mentre, durante l'azione di schiacciamento esercitata dai gas della polvere, la velocità di schiacciamento è dell'ordine del metro per secondo. Da ciò deriva uno scarto nella giustezza in senso assoluto della tabella di taratura, i cui dati, per uno schiacciamento osservato nel tiro, devono essere aumentati di circa il 20%, per avere la reale pressione dei gas.
L'uso dei crusher è stato prezioso per la esecuzione delle classiche ricerche del Vieille, in Francia, sulle quali sono state poste le basi sperimentali dello studio delle polveri e dei loro effetti balistici. La bomba di Vieille consiste in una provetta d'acciaio ermeticamente chiusa, in cui si fa bruciare una conveniente quantità di polvere. La pressione prodotta dai gas è misurata mediante un crusher registratore, il cui stantuffo registra i suoi spostamenti su di un cilindro rotante a velocità nota; in tal guisa si ottiene un diagramma in cui sono registrati i valori successivi dello schiacciamento del crusher, e in conseguenza lo sviluppo delle pressioni in funzione del tempo.
L'ultimo elemento della curva ottenuta nella bomba segna la pressione massima raggiunta dai gas alla fine della combustione. Il valore Pm di questa pressione è d'altra parte dato da una formula molto nota, detta formula di Noble e Abel:
ove f (forza della polvere) è una costante caratteristica della composizione chimica dei gas prodotti e, in conseguenza, caratteristica in larga misura della composizione chimica della polvere, Δ è il rapporto del peso di polvere al volume della camera di combustione (densità di caricamento), e η è una costante dipendente dagli stessi elementi di cui dipende f, ma poco differente per le diverse polveri colloidali.
Sarrau ha ravvicinato l'equazione precedente, ottenuta sperimentalmente, all'equazione caratteristica dei gas perfetti, messa sotto la forma:
ove P è la pressione dei gas, w il volume occupato da essi, η una costante numerica e T la temperatura assoluta dei gas. Egli ha messo in luce che dall'una formula si può dedurre l'altra, e viceversa, sicché le leggi della combustione in recipiente chiuso si possono collegare alle proprietà fisiche e chimiche dei gas prodotti dall'esplosione, che vengono stabilite nella teoria degli esplosivi.
Le leggi della combustione delle polveri. - Nell'esplosione d'una massa di polvere conviene distinguere l'infiammazione dalla combustione. L'infiammazione consiste nel propagarsi della fiamma dai punti accesi agli altri della superficie dei grani costituenti la massa esplosiva. La velocita d'infiammazione cresce considerevolmente con la resistenza che il recipiente, in cui esplode la polvere, oppone all'espansione dei gas. Per combustione s'intende il procedere della fiamma nell'abbruciamento d'ogni grano. La velocità di combustione diminuisce crescendo la compattezza della polvere, aumenta invece insieme con la pressione ambiente.
La legge di combustione della polvere non è esattamente conosciuta; ma dai risultati delle esperienze fatte con le polveri usuali si possono dedurre alcune ipotesi fondamentali, che consentono di rappresentare analiticamente, con approssimazione sufficiente nella pratica, quanto avviene nella combustione di una carica nell'intemo di un'arma. Tali ipotesi, poste a fondamento della teoria dalla maggior parte degli studiosi di balistica interna, sono le seguenti: 1. l'infiammazione è simultanea per tutti i grani costituenti la carica; 2. la combustione dei singoli grani avviene per strati paralleli; 3. la velocità di combustione cresce proporzionalmente a una potenza della pressione; 4. la pressione ha uno stesso valore in tutti i punti della massa in combustione.
In pratica la carica viene generalmente infiammata in un punto della sua massa, in modo da effettuare l'infiammazione simultanea di tutti i grani di polvere; all'uopo s'infiamma dapprima un piccolo innesco di polvere nera (petardetto d'innescamento), che serve a produrre una certa pressione iniziale, favorevole alla buona propagazione dell'infiammazione. Una volta infiammato ogni singolo grano, la combustione procede in direzione normale alla superficie istantanea d'emissione, in modo che in un dato tempo le dimensioni del grano diminuiscono di eguali quantità in tutti i sensi; cioè, in uno stesso grano la velocità di combustione è la stessa in tutti i punti. Siccome, poi, nei successivi istanti la pressione istantanea è equamente distribuita nella massa, deriva dalla terza ipotesi che in tutti i grani la combustione deve procedere verso l'intemo della massa con la stessa rapidità. Ne segue che la combustione della carica e quella dei singoli grani si compiono con la stessa legge, onde basta limitarsi a esaminare la combustione di un grano isolato per rendersi conto del modo come bruciano tutti i grani considerati insieme.
Il Vieille dimostrò sperimentalmente per le polveri colloidali che la combustione avviene per strati paralleli, cioè che procede in ugual misura in tutte le direzioni normali alle facce del grano. Anzi tali ricerche servirono al Vieille di base, per addivenire all'invenzione delle polveri B francesi.
La vivacità d'una polvere è in relazione alla velocità di combustione, cioè alla velocità con cui la polvere è atta a produrre le pressioni. Per una deterrminata specie d'esplosivo la vivacità è collegata con lo spessore della granitura (minima dimensione): più vivace è la polvere che ha minore spessore. Per ottenere velocità sempre più alte alla bocca, e cioè cannoni sempre più potenti, si è imposta la ricerca di polveri sempre più lente, cioè capaci di graduare nel tempo lo svolgimento dei gas di combustione, e quindi di mantenere entro limiti accettabili in pratica la pressione di regime della bocca da fuoco (in genere 2000-3000 atmosfere).
La combustione d'un esplosivo nell'interno d'una bocca da fuoco comprende tre periodi distinti. Nel primo periodo la carica brucia nella camera a polvere, mentre il proietto rimane fermo. La pressione sviluppata nella massa gassosa va crescendo dal valore iniziale (pressione atmosferica) sino al valore ch'è necessario per mettere in movimento il proietto (pressione di forzamento). Nel secondo periodo il proietto avanza e la carica continua a bruciare finché la combustione non sia completa: la reazione esplosiva avviene ora in un recipiente, la cui capacità va sempre crescendo. Nel terzo periodo la carica ha finito di bruciare, e i prodotti gassosi continuano la loro azione sul fondo del proietto, finché questo non abbia abbandonato la bocca dell'arma. La fine del secondo periodo e l'inizio del terzo periodo corrispondono all'istante in cui la combustione della carica è completa. Il terzo periodo si verifica quasi sempre, perché si cerca d'evitare che il proietto esca dalla bocca prima che la combustione sia completa.
In relazione a quanto precede, il movimento del proietto lungo l'anima del pezzo si divide in due periodi distinti: il primo ha luogo mentre avviene la combustione dell'esplosivo, il secondo incomincia quando la combustione è completa, e durante esso continua l'espansione dei prodotti finali della combustione. Il primo e il secondo periodo del movimento corrispondono, cioè, al secondo e al terzo periodo della combustione. Al primo periodo della combustione non corrisponde alcun movimento del proietto, cioè la combustione avviene come in recipiente chiuso.
Equazioni fondamentali. - Il fenomeno principale della propulsione del proietto per mezzo dei gas della polvere è accompagnato da altri fenomeni accessorî, che concorrono a modificarne le circostanze. Essi però, in genere, hanno un'importanza limitata ché producono sulla soluzione numerica del problema principale errori molto piccoli, tali da poter essere trascurati, almeno in una prima approssimazione, salvo a tenerne conto in pratica mercé la giudiziosa scelta di alcuni coefficienti numerici speciali, il cui valore medio viene demandato all'esperienza. Le cause di scarto vanno attribuite al proietto (forza viva di rotazione, attriti, forzamento alla partenza), al cannone (rinculo dell'arma, riscaldamento delle pareti, deformazioni elastiche del metallo), alla carica (vivacità, innescamento, pressioni ondulatorie), all'atmosfera (azione dei gas dopo l'uscita del proietto dalla bocca).
Le equazioni fondamentali della balistica interna sono tre, e corrispondono ad una ad una alle tre leggi fisiche sulle quali è necessario basare lo studio del problema principale della pirodinamica. La prima è la classica legge dinamica:
ove P è la pressione, σ la sezione retta dell'anima, m la massa del proietto, x lo spazio percorso nel tempo t. La seconda equazione riguarda il modo di combustione della carica esplosiva, ed è stata per la prima volta precisamente formulata da Sarrau (1876). Oggi essa viene generalmente assunta sotto la forma stabilita dallo Charbonnier:
dove z è la frazione di carica combusta all'istante t (rapporto del peso di carica combusta al peso iniziale), A è il coefficiente di vivacità della polvere, dipendente dalla natura di questa e dalla forma dei grani, e ϕ (z) è la cosiddetta funzione di forma, dipendente soltanto dalla forma dei grani di polvere. La terza equazione, che considera l'espansione dei gas prodotti dall'esplosione, rappresenta la legge d'equivalenza, cioè si stabilisce in base al principio della equivalenza del calore e del lavoro. Ad essa diede forma precisa il Résal (1864); oggi la si assume sotto la forma:
ove i nuovi simboli introdotti hanno il seguente significato: ϑ è una costante numerica, denominata costante d'espansione, v è la velocità del proietto all'istante t, ω è il peso di carica impiegata.
I varî metodi di balistica interna oggi esistenti si possono classificare in due grandi categorie. Gli uni prendono come punto di partenza le tre equazioni fondamentali, nella forma dianzi accennata o in una forma leggermente diversa, e, applicando i metodi dell'analisi, deducono le proprietà del movimento del proietto, stabilendo in particolare le formule della pressione massima e della velocità iniziale. Gli altri hanno un carattere di semi-empirismo e si basano su considerazioni teoriche e su risultati di ricerche sperimentali, raggiungendo d'altra parte un grado d'approssimazione che generalmente è sufficiente per la pratica. I metodi della prima categoria appartengono alla scuola dell'integrazione, quelli della seconda alla scuola della compensazione.
Le formule di balistica interna in uso sino alla fine del secolo scorso appartengono alla scuola della compensazione: completamente empiriche con Piobert, Hélie e Piton-Bressant, esse ricevettero un fondamento teorico, per quanto vago, con i primi lavori di Sarrau, che stabilirono le importanti formule di Sarrau, in seguito modificate dal Brink e da altri. Altri metodi appartenenti alla scuola della compensazione sono quelli di Gossot-Liouville, di Heydenreich, ecc. Le formule che se ne ricavano, si presentano tutte sotto forma comoda, generalmente come prodotti di monomî. Esse hanno in comune il carattere di possedere un campo d'applicazione ristretto, l'approssimazione ch'esse consentono essendo soddisfacente solo quando si tratti di scarti relativamente piccoli nelle velocità e nelle pressioni.
I metodi della scuola dell'integrazione sono più numerosi, e permettono di raggiungere in pratica risultati molto più approssimati. Fra essi primeggiano quelli di Mata (1896), Hösen (1904), Charbonnier (1906), Bianchi (1910-1914), Schmitz (1914), Cranz (1918); ma soprattutto è il metodo Charbonnier, modificato poi dal Sugot (1913), che ha stabilito analiticamente le solide basi delle teorie balistiche moderne.
Il movimento del proietto nell'anima. - Consideriamo un proietto in posizione di caricamento nell'arma, munito d'una corona di forzamento, la quale è incastrata entro un cono di raccordo della camera a polvere, dietro l'origine delle righe dell'anima. I fenomeni, durante il periodo di forzamento, sono assai complessi, ma si possono assimilare al seguente meccanismo: la polvere brucia durante un tempo brevissimo, nella camera di combustione, come se fosse in recipiente chiuso, finché la pressione non raggiunga un certo valore, ch'è stimato fra 200 e 400 kg., sufficiente a iniziare lo spostamento del proietto; questo allora comincia il suo movimento, con una velocità crescente a partire da zero, sotto l'azione della forza che lo spinge. Tale forza è la pressione dei gas, la quale da principio va crescendo, nonostante che il proietto col suo spostamento renda disponibile ai gas un volume sempre crescente; e ciò a causa della emissione dei gas della carica in combustione, che fa salire la pressione, fino a quando l'influenza dello spostamento del proietto non divenga preponderante. La pressione dunque deve raggiungere un massimo e poi deve diminuire.
In un certo istante del movimento la combustione sarà ultimata. S'intende che ciò non può avvenire prima del massimo di pressione, perché, dopo che la carica avrà finito di emettere nuovi gas, la pressione non potrà che diminuire. Al di là del punto in cui la combustione è terminata, si ha una semplice espansione dei gas anteriormente prodotti dalla combustione di tutta la carica. Ne segue la forma della curva pressione-percorso, che si determina sperimentalmente nelle bocche da fuoco usando appositi manometri; o meglio usando un apparecchio perfezionato che si chiama velocimetro, e che registra il modo di rinculare dell'arma.
Questa curva (fig. 1) presenta in M un punto di massimo, e in I nella regione delle pressioni decrescenti un punto d'inflessione, cioè un cambiamento di curvatura. Moltiplicando le ordinate della curva (pressioni), per la sezione retta dell'anima, si ottiene la curva rappresentante la pressione totale esercitata sul fondello del proietto, cioè la forza che in ogni punto produce il movimento. Da quest'ultima curva si può dedure la velocità del proietto, considerando che la forza viva m v2/2 del proietto giunto al punto A del percorso è uguale all'area limitata dalla curva e dall'ordinata A B corrispondente. La velocità del proietto va costantemente crescendo, a partire dal valore zero (inizio del movimento); essa aumenta meno rapidamente dopo che il proietto ha raggiunto la regione del massimo di pressione, e ancora meno rapidamente di là della zona d'inflessione. Difatti, verso la fine del percorso del proietto nell'anima del cannone, la combustione generalmente è già terminata, e non vi è più nuova energia apportata dall'emissione di nuovi gas, sicché il moto si accelera unicamente per l'azione derivante dall'espansione dei gas suddetti.
Se l'espansione dei gas si prolungasse indefinitamente (lunghezza del cannone infinita), l'area totale della curva darebbe la misura del lavoro totale che sarebbero suscettibili di sviluppare i gas prodotti dalla quantità di polvere usata. Questo lavoro si può ottenere anche moltiplicando il peso della carica in kg. per il potenziale dell'esplosivo (lavoro totale che possono sviluppare i gas prodotti da 1 kg. di polvere). Il potenziale è in larga misura caratteristico della specie di esplosivo usato; per le polveri colloidali di diversa specie, usualmente impiegate, i potenziali si classificano secondo le forze di queste polveri. Secondo la definizione abituale in meccanica, si chiama rendimento il rapporto della forza viva prodotta al lavoro che potrebbe essere prodotto dalla stessa carica di polvere: il rendimento è, cioè, il rapporto dell'area della curva, limitata alla lunghezza effettiva del cannone, all'area della curva indefinitamente prolungata.
Misure sperimentali. - La balistica interna è una scienza d'applicazione; le sue basi, fatta eccezione per i principî tolti alla meccanica razionale, sono sperimentali; i procedimenti di misura hanno dunque un ufficio fondamentale. Le esperienze in balistica interna si possono classificare in due categorie distinte: le une, in base alla loro natura e agli apparecchi adoperati, sono prove di laboratorio; le altre, esigendo l'impiego di bocche da fuoco, si possono eseguire solo in campi di esperienze. Le prove di laboratorio si basano essenzialmente sull'impiego della bomba manometrica del Vieille. I diagrammi che si ottengono, consentono di dedurre i valori numerici di alcune caratteristiche importanti delle polveri, che vengono poi messi a profitto nelle formule di balistica interna, per l'applicazione alle bocche da fuoco.
Le misure che occorrono continuamente nelle prove di tiro delle artiglierie e nel collaudo delle polveri, sono quelle della velocità iniziale e della pressione massima. Di esse abbiamo già dato qualche cenno. Il fotocronografo di Crehore e Squier misura, come il cronografo, l'intervallo di tempo che passa fra gl'istanti in cui vengono interrotti due circuiti elettrici; esso però è ad indicazione multipla, cioè consente di misurare in uno stesso esperimento parecchi intervalli di tempo, e di ottenere quindi parecchi valori della velocità in punti differenti. Col velocimetro, ideato dal Sébert si rileva la legge del movimento dell'arma rinculante liberamente, e da questa si deduce poi la legge del movimento del proietto. Col cronoscopio del Noble si misurano i tempi impiegati dal proietto a percorrere determinati spazî nell'interno dell'anima.
Balistica esterna.
La balistica esterna è la scienza che studia il moto dei proietti fuori della bocca da fuoco. Dapprima molte furono le idee erronee al riguardo, poiché si consideravano due soli tipi di traiettorie: quella radente, ritenuta rettilinea, e quella curva, ritenuta costituita dai due lati di un triangolo isoscele.
Queste infondate teorie caddero per opera del bresciano Niccolò Tartaglia il quale, nel 1537, dimostrò che la traiettoria percorsa dal proietto non può essere in alcuna sua parte perfettamente rettilinea; tuttavia osservava che in alcuni tratti essa è così poco curva da potersi ritenere quasi retta, e disegnava la traiettoria come composta di due tratti rettilinei: uno secondo la linea di proiezione, l'altro - il finale - verticale, raccordandoli fra loro con un arco di circolo. La rudimentale rappresentazione della traiettoria, fatta dal Tartaglia, segnava, giustamente, la massima curvatura in prossimità del punto più alto, e l'estremità del ramo discendente verticale.
Mediante esperienze egli poté provare che l'angolo di massima gittata era di 45°, e ne tentava una dimostrazione. Da ciò egli dedusse il principio, dimostratosi in seguito esatto, che ogni gittata poteva essere raggiunta con due angoli di proiezione, purché fossero fra loro complementari.
Per un secolo ancora dopo Tartaglia, nulla rischiara l'orizzonte degli studî balistici se non l'apparizione di Galileo Galilei, fondatore della dinamica, per opera del quale la balistica assunse forma matematica. Astraendo dalla resistenza dell'aria, il Galilei concepì chiaramente il movimento del proietto come composto di due moti: uno orizzontale e uniforme, e uno verticale uniformemente vario. Ne dedusse analiticamente che la traiettoria è una parabola di secondo grado: curva allora già nota e di cui si conoscevano molte proprietà. L'enunciazione del teorema del Galilei apparve nel 1632 per opera di Bonaventura Cavalieri, e solo più tardi il primo trattava completamente la questione nei Dialoghi e discorsi intorno a due nuove scienze, a cui univa una tabella dalla quale si potevano avere tutti gli elementi corrispondenti a una traiettoria qualsiasi. Egli avvertiva però che la soluzione parabolica si poteva considerare esatta, se la resistenza dell'aria era nulla, aumentando questa col crescere della velocità e col diminuire del peso del proietto. L'asserzione del Galilei si dimostrò in seguito perfettamente esatta.
La storia della balistica segna un nuovo periodo con l'apparire di Newton che nel 1710 affrontò il problema fisico di determinare il valore che la resistenza dell'aria oppone al movimento dei corpi, e ne dedusse una formula secondo la quale la resistenza sarebbe proporzionale al quadrato della velocità. La determinazione analitica della traiettoria, nel caso della detta resistenza, pare non riuscisse a Newton, che risolse invece il problema per una resistenza proporzionale alla prima potenza della velocità. Il merito di aver trovato la soluzione generale spetta ad Eulero, il quale più tardi risolse il problema per una resistenza dell'aria proporzionale ad una potenza n qualsiasi della velocità. Il problema dal lato analitico era su buona strada, e alcuni anni più tardi il D'Alembert trovò quattro formule di resistenza, ma questi risultati restarono isolati e furono ripresi solo un secolo e mezzo dopo dal Siacci, che ricavò ben 14 nuove forme di resistenza, con le quali il problema balistico veniva ridotto a quadrature.
Ma nel 1741 nasce la balistica sperimentale per opera dell'ingegnere inglese Robins, inventore del pendolo balistico per la misurazione delle velocità del proietto in un dato punto della traiettoria, nonché della misurazione della resistenza dell'aria.
Il problema fisico in quest'epoca occupa intensamente gli studiosi delle scienze balistiche; molte sono le esperienze di gabinetto, e una commissione francese, presieduta dal Didion, costruisce un nuovo pendolo balistico più perfezionato del precedente.
Il problema analitico fa passi avanti per merito di Eulero, il quale pubblica le Recherches sur la véritable courbe que décrivent les corps jettés dans l'air. In questa memoria egli mostra come, nel caso di resistenza quadratica, calcolando per archi successivi un numero limitato di traiettorie, si possano ricavare gli elementi di traiettoria di un proietto qualunque, dando una tabella delle funzioni che servono a questo calcolo. Prendendo lo spunto dallo studio di Eulero, il generale prussiano Otto costruì, per lo stesso scopo, delle tabelle modificate.
Il 1845 segna un nuovo periodo della scienza balistica; una nuova invenzione dovuta al generale Giovanni Cavalli, cioè la rigatura delle bocche da fuoco, rinnova i due problemi, fisico e analitico, della balistica. Il proietto oblungo sostituisce quello sferico soggetto a forti dispersioni, e l'adozione della rigatura elicoidale dell'anima imprime al proietto una rotazione intorno al proprio asse, che, essendo asse di minimo momento d'inerzia, è anche asse stabile di rotazione. Altro notevole vantaggio è dato dal fatto che il proietto oblungo, a parità di calibro, è più pesante di quello sferico, quindi più adatto a vincere la resistenza dell'aria e a raggiungere una maggiore gittata. Il detto tipo di proietto permette l'applicazione della spoletta a percussione.
Studî ed esperienze furono subito intrapresi per misurare la resistenza dell'aria opposta ai proietti oblunghi, usando, per la prima volta, cronografi elettrici, con i quali, in Italia e in Francia, si dimostrò che le leggi ricavate per i proietti sferici potevano essere ammesse anche per quelli oblunghi, correggendo i dati dei primi con un coefficiente dipendente dalla sola forma del proietto.
Il conte di Saint-Robert in Italia e il generale Maevskij in Russia, con gli studî e con le esperienze intrapresi, poterono dimostrare che l'influenza del moto di rotazione sul moto di traslazione era tanto piccola da potersi trascurare, onde la parte analitica del problema balistico veniva semplificata. L'attenzione degli studiosi di balistica si volse nuovamente al problema analitico, e interessanti riuscirono gli studî del Borda, del Legendre, di François Bezout, del Lambert, e quelli del Didion (Traité de Balistique), dell'Hélie e del conte di Saint-Robert, ufficiale dell'artiglieria piemontese.
Finalmente, a gloria della nostra nazione da poco costituita, sorge nel 1872 colui che doveva avere il primato nel mondo della scienza balistica: Francesco Siacci, valente analista e ufficiale d'artiglieria, il quale trovò un metodo per ridurre tutti i problemi del tiro all'uso di una semplice tavola numerica da lui detta tavola balistica, con formule indipendenti dal valore della resistenza dell'aria considerata.
L'articolo del Siacci, che apparve nel 1880 ed esponeva il suo metodo, intitolato Balistica e pratica, ottenne un successo pari a quello riportato, ai suoi tempi, da Galileo con la soluzione parabolica.
Fra i discepoli del Siacci, primo fra tutti, possiamo annoverare il generale Carlo Parodi, che gli successe nell'insegnamento alla scuola di applicazione di artiglieria; il generale Ettore Cavalli, insegnante presso l'Accademia militare di Torino, e il colonnello Carlo Bianchi che elaborò un metodo di calcolo delle traiettorie generalizzando quello di Siacci: metodo che riesce molto utile nel caso di traiettorie molto curve, cioè con angolo di proiezione molto grande e forte velocità iniziale. Il metodo Siacci consente tre gradi di approssimazione; il 1° è costituito da formule semplici e abbastanza esatte per i casi pratici, permette la costruzione della traiettoria per punti, facendo gli archi molto piccoli per avere una maggiore approssimazione, e rappresenta un metodo completo e tale da soddisfare tutte le possibili esigenze. Il detto metodo permette di calcolare in poche ore la traiettoria come un solo arco, cioè risolve tutti i problemi del tiro con grande esattezza.
Altro metodo è quello dovuto al francese Vallier; esso non è un vero e proprio calcolo dì traiettoria per punti, ma un metodo di quadrature. Il generale francese Charbonnier è autore di un metodo che da lui prende nome; egli segue un sistema d'integrazione con sviluppo in serie secondo le potenze crescenti di una speciale variabile introdotta nelle formule del Siacci; tale sistema di calcolo è molto adottato in Francia. La commissione di Gâvre (Francia), costituita da Garnier, Haag e Marcus, da cui prende nome il metodo G. H. M., risolse il problema balistico principale, determinando l'ampiezza di un arco non a priori, in modo che gli errori possibili siano inferiori a limiti prefissati, ma a posteriori, con successivi tentativi, mediante sviluppi in serie che si arrestano a quel termine il cui valore si suppone inferiore all'errore ammissibile.
Tutti questi metodi profondamente analitici consistono, in conclusione, in diversi sistemi d'integrazione di una delle equazioni differenziali del Saint-Robert, detta equazione dell'odografa, sulla quale i cultori di balistica del passato e del presente hanno portato un grande contributo di studî, analizzando talmente la questione, da potersi questa considerare come esaurita.
Oltre la costruzione analitica della traiettoria, esistono anche alcuni metodi grafici, quali quelli di Poncelet (1827), Didion (1848), C. Cranz, R. Rothe, Valhen e il sistema del ten. col. Bruno, che consiste nella sostituzione ai due rami della traiettoria di archi di parabola ad asse verticale, che hanno in comune il vertice e sono tangenti alla traiettoria, l'uno nell'origine, l'altro nel punto di caduta. Altro metodo è quello delle curve osculatrici, il quale sostituisce ai due rami della traiettoria due archi di coniche, aventi un vertice in comune nel vertice della traiettoria e a questa osculatrici, con un ramo nell'origine e l'altro nel punto di caduta. La costruzione di ciascun arco di conica si fa per punti, applicando il teorema di Pascal relativo al quadrangolo inscritto.
Un campo ancora vasto di studî ci è offerto dalla balistica sperimentale, la quale, sfruttando fenomeni elettrici, ottici e acustici, tende a misurare esattamente i valori reali delle velocità iniziali e di caduta, delle durate di traiettoria e degli angoli di caduta, nonché ad approfondire la conoscenza della resistenza dell'aria al movimento del proietto.
La balistica esterna, nella sua logica classificazione, si presenta come una scienza completa divisa in tre branche:
1. Balistica esterna fisica, la quale si basa su principî della meccanica razionale dei fluidi, e comprende la fisica matematica inerente ai fenomeni sonori dei proietti e alla resistenza dell'aria sulla superficie di questi, per la ricerca del solido di minor resistenza.
2. Balistica esterna razionale, che introduce le leggi della fisica nelle equazioni generali del moto.
3. Balistica esterna sperimentale, che serve a precisare le leggi dimostrative in base ad ipotesi della balistica fisica e a verificare numericamente le teorie balistiche.
Il problema principale della balistica esterna consiste nello studiare il movimento di un punto materiale pesante in un mezzo a riposo di densità costante, che oppone una resistenza tangenziale funzione della velocità di traslazione, supponendo la terra piana e immobile e la gravità costante in grandezza e direzione.
Risolto il problema principale, restano altri otto problemi secondarî a correzione delle ipotesi semplificative fatte or ora e che interessano: la sfericità e la rotazione della terra, le variazioni della gravità dovute all'altitudine, latitudine e convergenza delle verticali, le variazioni atmosferiche dovute al variare della densità dell'aria con l'altitudine, il vento e la derivazione del proietto.
Lo studio della balistica s'inizia con quello dell'atmosfera entro la quale avviene il moto del proietto e che esercita su di esso alcune azioni, il cui insieme costituisce la resistenza dell'aria.
Il valore della densità dell'aria, detta da alcuni densità balistica, è dato dalla formula:
Legge della resistenza dell'aria. - Da numerose esperienze eseguite in proposito, è risultato che la resistenza è proporzionale alla densità dell'aria, alla sezione retta del proietto, o per essa al quadrato del diametro, a un coefficiente di forma i dipendente dalla forma del proietto, non dalle sue dimensioni né dalla velocità, e finalmente a una funzione della velocità. Nei calcoli di balistica, non tanto la resistenza interessa, quanto l'accelerazione che da essa deriva, poiché questa essendo negativa si chiamerà ritardazione, ed è equivalente alla resistenza sull'unità di massa.
Se si designa la detta ritardazione con f(v) e con C il rapporto
in cui p è il peso del proietto espresso in kg., α il diametro del proietto in metri, si ha la formola:
in cui F(v) è una funzione della sola velocità. La quantità C sopra definita chiamasi coefficiente balistico del proietto. La F(v) si chiama funzione resistente, e rappresenta l'influenza della velocità sulla resistenza dell'aria.
La legge che regola i valori di F (v) ha subito modificazioni col crescere delle velocità iniziali, ed è interessante osservare le varie espressioni che questa ebbe prima di giungere a quella più esatta del Siacci:
La curva che rappresenta la funzione resistente del Siacci, è, per le alte velocità, da considerarsi come un'iperbole avente un asintoto.
La resistenza che l'aria oppone ai proietti a forma ogivale, può essere diretta, cioè nel senso dell'asse longitudinale del proietto, od obliqua rispetto ad esso; di questa si occupa la balistica esterna in particolar modo, poiché rappresenta il caso più comune.
Resistenza obliqua. - Se un proietto privo di movimento di rotazione si muove nell'aria in direzione obliqua al suo asse, le azioni delle molecole aeree sulla superficie del proietto sono simmetriche a un piano longitudinale che comprende la direzione della velocità. Se componiamo le dette forze a due a due, la risultante di esse si troverà nel detto piano, e la chiameremo R, e il punto C in cui essa interseca l'asse AO del proietto, sarà il centro di resistenza. Quando l'angolo formato dalla direzione della velocità con l'asse del proietto non è molto grande, il detto centro di resistenza si trova innanzi al centro di gravità; il piano meridiano che contiene la R si chiama piano di resistenza (fig. 2).
Se si trasporta la R nel centro di gravità, cioè se si considerano nel detto punto le due forze opposte ed equivalenti R′ ed R″, avremo che la coppia (R, R′) determina il movimento del proietto attorno al suo centro di gravità. La forza R″ si può decomporre in due forze, una GT direttamente opposta alla velocità, e l'altra GN normale a questa.
La prima si dice forza ritardatrice, perché ritarda il movimento; la seconda deviatrice, perché tende a cambiarne la direzione. Si può ritenere che in linea generale l'asse del proietto non giace nel piano verticale passante per la velocità, epperò non vi giace neppure la forza deviatrice, che tende a far uscire da questo piano il centro di gravità del proietto, spostandolo verso la parte dalla quale si trova la punta del proietto stesso.
La coppia (R, R′) si chiama coppia perturbatrice, e tende a far rotare il proietto attorno ad un asse perpendicolare al piano di resistenza, e se il centro di resistenza risulta avanti al centro di gravità, la punta del proietto tenderà, per effetto della detta coppia, ad allontanarsi dalla direzione della velocità; mentre avverrebbe il contrario se il centro di resistenza si trovasse dietro.
L'azione quindi della coppia perturbatrice porterebbe al rovesciamento del proietto; perciò, se questo è dotato di una grande velocità angolare intorno al proprio asse, succederà che le due velocità angolari si comporranno e l'asse istantaneo di rotazione andrà variando. Ma se la velocità di rotazione del proietto è molto grande, l'asse di rotazione si manterrà evidentemente molto vicino a quello di figura.
La stabilità dell'asse del proietto è data quindi dalla rotazione iniziale, e allora la coppia (R, R′) non riesce a capovolgerlo, ma ne perturba soltanto il movimento rotatorio: da ciò il nome di coppia perturbatrice. Tale espressione invalsa nell'uso comune non risponde perfettamente, poiché l'azione di essa, che sembrerebbe a priori dannosa, è invece in parte benefica, in quanto essa permette che il proietto, pur animato da forte velocità di rotazione, non cada di piatto, ma bensì di punta.
Rotazione del proietto. - L'effetto del movimento di rotazione del proietto è paragonabile, ma non identico, a quello di una trottola, poiché entrambi sono animati da una forte velocità angolare attorno all'asse di figura e da una coppia che tende a far variare l'obliquità, ossia l'inclinazione dell'asse del proietto sulla retta fissa, e dell'asse della trottola sulla verticale.
Dallo studio meccanico della trottola risulta che, mentre il corpo di essa ruota rapidamente intorno all'asse di figura, anche questo gira lentamente e nello stesso senso intorno alla verticale, descrivendo una superficie conica, avvicinandosi con moto alternato alla verticale, cioè compiendo piccole oscillazioni quasi impercettibili intorno ad un asse perpendicolare al piano verticale che contiene l'asse di figura. Ciò avviene anche per il proietto, il quale gira rapidamente intorno al suo asse di figura, mentre questo tende a girare lentamente e nello stesso senso intorno alla direzione della resistenza. Il movimento conico e le piccole oscillazioni dell'asse del proietto, per analogia ai movimenti dell'asse terrestre, hanno ricevuto rispettivamente i nomi di precessione e nutazione.
Derivazione. - Supponiamo che la rotazione impressa dalle righe del proietto vada da destra a sinistra rispetto all'osservatore situato dietro al pezzo; dopo un brevissimo tempo, avremo che l'elemento di traiettoria sarà meno inclinato sull'orizzonte del precedente, sicché lungo l'ultimo elemento si avrà la resistenza obliqua, e l'asse del proietto assumerà un movimento conico, mentre porterà la punta a sinistra del piano di tiro. Il piano di resistenza non coinciderà in tal caso con il piano di tiro, e la forza deviatrice, uscende da questo piano, ne farà uscire il centro di gravità del proietto, spostandolo a sinistra, cioè dalla parte accennata dalla punta del proietto, e continuerà a spostarlo a sinistra finché la punta sarà rivolta da quella parte. Ne risulta quindi che la proiezione della traiettoria sul piano orizzontale sarà una curva volgente la concavità verso sinistra. La distanza di un punto della detta curva dal piano di tiro si chiama derivazione, che risulta molto piccola rispetto alla gittata, e va soggetta a molte anomalie a causa delle perturbazioni atmosferiche, che producono forze deviatrici superiori alla piccola forza deviatrice dovuta all'obliquità della resistenza.
Per le difficoltà che presenta il problema analitico, in pratica si era sinora rinunziato a un calcolo della derivazione: si ricorreva a formule empiriche.
Sulla derivazione, che è l'unica grandezza misurabile sperimentalmente e che è legata da rigorosi rapporti teorici con il fenomeno giroscopico studiato dal secondo problema balistico, il prof. Burzio fonda il controllo del calcolo del detto problema e la base sperimentale per la determinazione delle due grandezze L = GR, distanza del baricentro dal punto di applicazione della resistenza dell'aria e del rapporto
degli angoli che formano rispettivamente con l'asse di figura del proietto la spinta dell'aria e la tangente alla traiettoria di G. Nella teoria della resistenza obliqua i valori di L e di k sono ricavati da espressioni teoriche, ma queste non sono attendibili, poiché da esperienze mediante prove al "tunnel" non risultarono esatti, e per molto tempo riuscirà impossibile raggiungere velocità di correnti d'aria uguali a quelle dei proietti.
La teoria svolta dal prof. Burzio consiste nel ricavare la derivazione con le formule teoriche, confrontarle con quelle sperimentali e, dove c'è corrispondenza, determinare il valore di k, che decresce con l'aumentare della velocità.
Le nuove ricerche sperimentali a comprova di questa teoria furono fatte negli Stati Uniti dal National Advisory Committee for Aeronautics, e i risultati furono tali da confermare pienamente le deduzioni del Burzio. Questa legge aerodinamica, che esce anche fuori dal campo della balistica, potrebbe avere utili applicazioni nell'aeronautica per lo studio delle eliche, e sarebbe debitrice allo studio del movimento giroscopico del proietto.
Il movimento di rotazione del proietto risente delle variazioni meteorologiche, come quelle del vento, conseguenza delle alterazioni di temperatura, pressione, stato igrometrico, ecc.
Le prime esperienze che interessano l'influenza del vento sulla rotazione del proietto, risalgono al 1850, e sono dovute al dott. Magnus di Berlino. Egli poté dimostrare che, se un corpo di rivoluzione rotante intorno al proprio asse di figura viene investito da una corrente d'aria normale all'asse di figura, la pressione dell'aria diviene maggiore contro le parti della superficie che si muovono contrariamente alla corrente, e minore contro le parti che ruotano secondo la corrente stessa. L'effetto Magnus fu sempre trascurato, ma esperienze e studî eseguiti ultimamente dai dott. C. Cranz e W. Schmind, hanno dimostrato che per proietti animali da piccole velocità esso non è trascurabile, poiché può, in alcuni casi, essere superiore all'effetto giroscopico stesso.
Elementi della traiettoria (fig. 3). - Il primo problema balistico si occupa delle leggi che regolano il movimento del proietto lungo la traiettoria, intendendosi per traiettoria la linea percorsa dal centro di gravità del proietto.
Origine della traiettoria è il centro della bocca da fuoco pronta per lo sparo.
Orizzonte del pezzo è il piano orizzontale passante per l'origine della traiettoria (OC).
Velocità iniziale V è la velocità del proietto all'origine.
Linea di proiezione è la direzione della velocità iniziale, ossia la tangente alla traiettoria nell'origine (OV).
Piano di tiro è il piano verticale passante per la linea di proiezione.
Angolo di proiezione (ϕ) è l'angolo acuto formato dalla linea di proiezione con l'orizzonte; esso è positivo quando la velocità iniziale è diretta sopra l'orizzonte del pezzo.
Punto di caduta è il secondo punto in cui la traiettoria incontra l'orizzonte del pezzo (C). Esiste solo quando l'angolo di proiezione è positivo, e non dev'essere confuso con il punto in cui la traiettoria incontra il terreno.
Gittata X è la distanza del punto di caduta dall'origine (OC).
Altezza del tiro è l'altezza sull'orizzonte del pezzo del punto più elevato della traiettoria (PV1); tale punto V1, si dice vertice, e l'arco di traiettoria dal vertice verso l'origine si dice ramo ascendente; l'altro, ramo discendente. Il vertice esiste quando l'angolo di proiezione è positivo.
Punto di arrivo è il punto in cui la traiettoria incontra il bersaglio S; in generale è diverso dal punto di caduta.
Linea di sito è la retta congiungente il punto d'arrivo con l'origine (OS).
Angolo di sito (ε) è l'angolo acuto che la linea di sito forma con l'orizzonte del pezzo (SOC).
Angolo di partenza è l'angolo che la linea di proiezione forma con la linea di sito (VOS).
Inclinazione è l'angolo acuto che la direzione della velocità di un punto qualunque della traiettoria forma con l'orizzonte (TMN).
Angolo di caduta è il valore numerico dell'inclinazione nel punto di caduta (T″CO).
Angolo di arrivo è l'angolo acuto che la tangente alla traiettoria nel punto d'arrivo forma con la linea di sito (OST′).
Velocità di caduta U è la velocità nel punto di caduta.
Velocità d'arrivo è la velocità nel punto di arrivo.
Durata T è il tempo che il proietto impiega per passare dall'origine al punto di caduta.
Premesse le denominazioni principali che interessano i varî elementi della traiettoria, consideriamo il primo problema balistico, che comprende due parti distinte: studio del movimento del proietto nel vuoto; studio del movimento del proietto nell'aria.
Le cause che modificano il movimento del proietto, fuori della bocca da fuoco, sono il suo peso e la resistenza dell'aria; questa ha generalmente un'influenza superiore alla prima, eccettuato il caso di grossi proietti lanciati con piccole velocità iniziali.
Movimento nel vuoto. - Nello studio della traiettoria nel vuoto la resistenza dell'aria è nulla, e l'unica forza che ne modifica il movimento, è il peso; quindi la rotazione del proietto si conserverà la stessa lungo tutta la traiettoria, e l'asse di rotazione del proietto rimarrà costantemente parallelo alla sua posizione iniziale. La traiettoria sarà contenuta in un piano verticale detto piano di tiro.
Il movimento del centro di gravità del proietto si può riferire a due soli assi giacenti nel piano di tiro; si possono quindi porre l'origine delle coordinate nell'origine della traiettoria e l'asse delle x e delle y diretto rispettivamente secondo le componenti orizzontali e verticali della velocità iniziale, contando le ordinate positive all'insù. Dalle leggi fondamentali della meccanica si ricavano, per il movimento nel vuoto, le seguenti proprietà:
1. che il movimento del centro di gravità del proietto è indipendente, non solo dalla forma, ma anche dal peso del proietto;
2. che il moto orizzontale è uniforme e il verticale uniformemente vario.
Da ciò risulta che l'equazione della traiettoria nel vuoto è data dalla formula:
da cui risulta che la traiettoria è una curva di 2° ordine e propriamente una parabola avente l'asse verticale parallelo all'asse delle y.
Gittata. Il valore di questa è dato dalla formula: X =
da cui si osserva che essa varia proporzionalmente al quadrato della velocità iniziale e cresce col crescere di ϕ fino a ϕ = 45°. La gittata massima si avrà quindi nel vuoto per ϕ =45°; perciò essa è data dalla formula
La gittata sopra un piano inclinato è data dalla formula
Il tempo che il proietto impiega a percorrere la traiettoria; è dato dalla formula
Movimento nell'aria. - Nello studio della traiettoria nell'aria si deve considerare che il moto di rotazione del proietto attorno al suo centro di gravità non si può trattare indipendentemente da quello di traslazione, poiché da questo dipende il valore della coppia perturbatrice, e che il movimento di traslazione non può essere separato da quello rotatorio, poiché questo influisce sulla resistenza dell'aria.
Occorrerebbe che i due movimenti fossero trattati simultaneamente, ma ciò porterebbe a difficoltà analitiche non indifferenti. Dato che la derivazione rispetto alla gittata è molto piccola, si fa generalmente l'ipotesi che la resistenza dell'aria sia quasi direttamente opposta alla velocità. Con quest'ipotesi si possono separare i due problemi inerenti ai due moti, trattando il moto di traslazione indipendentemente da quello di rotazione, e considerando quest'ultimo come correzione del primo. Dall'ipotesi fatta consegue che la traiettoria si può considerare piana (fig. 4). Consideriamo un punto M qualunque della traiettoria di coordinate x e y: sia s la lunghezza dell'arco OM, v la velocità, θ l'inclinazione e t il tempo corrispondente al detto punto.
Dato che le forze agenti nel detto punto sono il peso del proietto p e la resistenza dell'aria
f (v), in cui f (v) è la ritardazione, dalle equazioni differenziali del moto, in cui
f (v) cos θ e
f (v) sen θ sono le accelerazioni orizzontale e verticale, il Saint-Robert poté stabilire le cosiddette equazioni del moto, che collegano le variabili del punto, e cioè:
L'ultima delle dette equazioni prende il nome di odografa, e la sua importanza è capitale nel problema balistico principale. Essa dipende da due variabili sole: la velocità del proietto e l'inclinazione della tangente alla traiettoria. L'integrazione di questa equazione è sufficiente per ridurre alle quadrature la soluzione delle altre quattro, onde la soluzione dell'odografa è la vera chiave delle ricerche balistiche. Ma siffatta integrazione non si sa eseguire in termini finiti se non per forme molto particolari della f (v), fra cui sono classiche due dovute al D'Alembert ed altre scoperte dal Siacci. Più recentemente i casi d'integrabilità sono stati determinati completamente dal Drach e poi discussi dal Denjoy (in appendice al trattato del Charbonnier).
In ogni caso dalle formule precedenti si ricavano le seguenti proprietà della traiettoria:
1. La velocità orizzontale è sempre decrescente, e decresce tanto più rapidamente quanto più grande è il coefficiente balistico del proietto.
2. L'angolo di caduta è maggiore dell'angolo di proiezione.
3. Nei punti posti alla stessa altezza il valore numerico della componente verticale della velocità è maggiore nel ramo ascendente.
4. La velocità di caduta è minore della velocita iniziale.
5. Il ramo discendente ha un assintoto.
6. Il punto di massima curvatura è più vicino al vertice del punto di minima velocità.
Le varie forme di resistenza che rendono integrabile l'equazione dell'odografa, corrispondono alla resistenza reale solo in alcuni casi e per zone molto limitate del campo di variabilità della velocità, per la qual cosa si cercò di alterare alquanto la forma sperimentale della resistenza per rendere l'odografa integrabile.
I primi tentativi furono fattio dal Didion, poscia dal Saint-Robert, il quale, però, non riuscì ad ottenere risultati pratici; tale merito toccava al Siacci, che, riprendendo lo studio del Saint-Robert, lo perfezionò, facendone un metodo proprio. Il Siacci, profondo analista, intuì come l'introduzione di una nuova variabile, funzione della velocità del proietto e legata a questa da certe condizioni, avrebbe potuto portare alla soluzione del difficile problema.
Il Siacci introdusse una nuova variabile u, detta pseudo-velocità, la quale soddisfa alla condizione che v cos θ = u cos ϕ, come appare dalla figura 5. Con questa relazione si ha che nell'origine U = V; nel punto P- ϕ in cui θ = -ϕ, si ha U = v; dall'origine al punto P- ϕ, si ha U > v; dal punto P- ϕ in poi, U 〈 v. La U, essendo proporzionale a v cos θ, è, come questa, decrescente. Il Siacci ricorse pure a un altro artifizio, cioè pose la funzione resistente sotto la forma
in cui δ = densità dell'aria all'origine della traiettoria, e β è una variabile che fa sussistere l'equazione.
Il valore medio di β fu determinato dal Siacci con apposite tabelle e per le singole variabili. Ciò portò all'introduzione del coefficiente balistico ridotto
Le equazioni differenziali del moto del Saint-Robert furono in tal modo integrabili, e il Siacci ricavò le formule del tiro per qualsiasi problema in funzione della pseudo-velocità e degli altri elementi della traiettoria, le quali formule, riferite al punto di caduta, si presentano sotto la forma seguente:
in cui A (u), D (u), J (u), T (u) sono speciali funzioni della pseudo-velocità e sono date dalla tavola balistica generale.
Con le formule sopra citate si possono risolvere i cinque problemi principali del tiro, cioè:
1. Data la velocità iniziale V, la gittata X e
trovare ϕ.
2. Data la velocità iniziale V, l'angolo di proiezione ϕ e
calcolare la gittata X.
3. Data la gittata X e l'angolo di proiezione ϕ, trovare la velocità iniziale V.
4. Data la gittata X, l'angolo di proiezione ϕ e la velocità iniziale V, trovare il coefficiente balistico ridotto.
5. Dati V, ϕ, δ e X di una data traiettoria, noti X′V′ ϕ′ δ′ di un'altra traiettoria, determinare uno dei tre elementi X′V′ ϕ′, essendo dati due di questi.
La soluzione grafica degli stessi problemi è stata ottenuta in Francia con il Dizionario balistico, raccolta di dati relativi a traiettorie corrispondenti a diversi proietti, diverse velocità iniziali e diversi angoli di proiezione, che costituisce quindi una tabella a triplice entrata richiedente una triplice interpolazione. Per i dìversi valori di V, ϕ e C =
dove k ha il valore
= 0,01206, con il Dizionario balistico si ricavano i valori di X, T, U e gli elementi del vertice.
Al primo problema balistico si portano correzioni dovute alla variazione della gravità, dipendenti dall'altitudine, dalla latitudine e dalla convergenza delle verticali, ma queste risultano di un ordine di grandezza così piccolo che non interessano il calcolo delle traiettorie ordinarie, mentre se ne tiene conto solo durante il tiro.
La curvatura della terra ha un'importanza maggiore, e rende le gittate ricavate col calcolo un po' minori di quelle che si misurano sul terreno.
L'influenza della rotazione della terra sul movimento del proietto è un problema classico, di cui Poisson, al principio del xix secolo, diede una soluzione analitica completa, ma assai difficile a seguire, mentre il Saint-Robert trovò un metodo geometrico basato sul principio del movimento relativo, e dimostrò come la correzione di tale influenza non sia trascurabile per le grandi gittate. Oggi se ne tiene calcolo per le bocche da fuoco di gittate superiori ai 24 chilometri.
La variazione della densità dell'aria, la quale varia con l'altitudine e non in forma lineare, come hanno dimostrato ultimamente le esperienze del prof. Gamba di Pavia, porta sensibili alterazioni nei valori degli elementi della traiettoria, tali da richiedere correzioni durante il tiro.
Il problema del vento, alla determinazione del quale tendono gli studiosi, è un caso di applicazione della teoria del movimento relativo; e, servendosi dei valori ricavati da comuni anemometri, si correggono i dati di tiro secondo il vento a terra, seguendo il procedimento analitico indicato dal Siacci.
Penetrazione nei mezzi solidi. - La balistica esterna si occupa anche della penetrazione dei proietti in mezzi resistenti. Infatti, consideriamo un mezzo solido sufficientemente esteso per potersi considerare come indefinito, e limitato da un piano normale alla direzione in cui viene urtato dal proietto. Supponiamo inoltre che nel momento dell'urto e lungo il percorso nel mezzo solido, l'asse del proietto coincida con la direzione della velocità. Nel movimento attraverso il mezzo solido, l'azione del peso del proietto è limitata dalla reazione del mezzo; perciò l'unica causa che modifica il movimento è la resistenza del mezzo, la quale è direttamente opposta alla velocità, trascurando in tal caso l'attrito dovuto al peso del proietto, che è una piccolissima parte della resistenza stessa. Nel moto dei proietti attraverso un mezzo solido si ammette che la resistenza da questo mezzo opposta sia proporzionale a un coefficiente dipendente dalla forma del proietto e alla sezione trasversale di questo. La resistenza dell'unità di massa sarà perciò proporzionale a C, essendo C il coefficiente balistico del proietto nel mezzo solido.
Tale resistenza si può ritenere scomposta in due parti, una dovuta alla coesione delle molecole del mezzo solido e all'attrito tra la superficie del proietto e quella dell'imbuto generato, e, indipendentemente dalla velocità; l'altra dovuta alla forza viva che acquistano le molecole del mezzo solido all'urto, proporzionale al quadrato della velocità.
Esistono alcune formule della penetrazione, calcolate dal Parodi, che interessano la perforazione di mezzi solidi, quali terrapieni, blindamenti di legno, ferro e cemento, a seconda dei tipi principali di proietti che si usano.
Per le corazze non si possono adoperare le formule ricavate per mezzi solidi supposti indefiniti, essendo la grossezza di esse limitata. Quando un proietto urta una piastra normalmente alla superficie, l'energia che esso possiede viene spesa parte nel danneggiare la piastra, parte nel deformarsi, e parte rimane sotto forma di forza viva, se il proietto attraversa la piastra. Lo studio teorico delle perforazioni delle corazze offre difficoltà finora non superate, e si è dovuto quindi ricorrere ad esperienze da cui si sono ricavate formule empiriche.
Cronografi. - La misura delle velocità dei proietti si fa generalmente mediante cronografi, fra i quali quello più in uso presso le varie nazioni è il Le Boulangé, detto a massa cadente e a indicazione unica. Fra i moderni merita di essere citato il cronografo a solenoide presentemente usato nel poligono di Aberdeen negli Stati Uniti, il quale si compone di un gruppo di bobine e solenoidi collegati direttamente a un oscillografo ad alta frequenza, incluso in un apparecchio di registrazione a tendina. Quando parte il colpo, un dispositivo automatico mette in azione un soccorritore-relais che apre la tendina dell'apparecchio, mettendo in movimento un cilindro su cui è avvolto un foglio di carta o di membrana sensibilizzata. Il cilindro gira e si sposta nella direzione dell'asse di rotazione. Il proietto, magnetizzato in precedenza, passa attraverso le bobine, producendo in ciascuna di esse una forza elettromotrice. Quando il centro magnetico del proietto si trova nel piano centrale della bobina, il flusso che l'attraversa raggiunge il suo valore massimo, e la velocità di variazione è nulla.
La forza elettromotrice, che è proporzionale alla velocità di variazione del flusso, passa per lo zero, quando il centro della massa magnetica del proietto passa per il piano centrale della bobina. Ne deriva che l'intervallo di tempo tra due passaggi successivi della forza elettromotrice con valore zero, corrisponde esattamente all'intervallo di tempo in cui il centro magnetico del proietto passa dal piano centrale di una bobina a quello della seguente; perciò, nota la distanza tra le bobine, si può ottenere la velocità media del proietto nel detto percorso.
Fenomeni acustico-balistici. - Per la misurazione della velocità del proietto in un dato punto della traiettoria, e delle durate della traiettoria stessa, la balistica sperimentale sfrutta i fenomeni acustici prodotti dai cannoni e dai proietti. Infatti, un pezzo che spara lancia nell'aria, oltre al proietto, anche i gas generati dalla combustione della carica di lancio. Appena fuori dell'anima, per la loro espansione nel mezzo ambiente e per la conseguente combustione della miscela che, in parte, fanno con l'aria, essi producono un rumore caratteristico, detto colpo di cannone, più propriamente colpo di bocca. In conseguenza dell'elasticità dell'aria, questo rumore si propaga sotto forma di onda, detta: onda di bocca. Con atmosfera calma e omogenea, l'onda di bocca si propaga in tutte le direzioni con velocità costante e uguale a quella del suono, mantenendosi perciò su una superficie sferica avente il suo centro nell'origine della traiettoria.
Il colpo di bocca è generalmente molto secco per i piccoli e medî calibri; per i grossi calibri è più intenso, ma più sordo, più profondo, più grave. Quando il proietto abbandona la volata del cannone, oltre all'onda di bocca, genera un'onda analoga, dovuta agli scotimenti prodotti dal proietto stesso, onda che tende a propagarsi con la velocità del suono. Da tutti i punti della traiettoria, nei quali successivamente passa il proietto, partono successivamente onde sonore. Se il proietto si muove nell'aria con velocità superiore a quella del suono, genera un'onda che lo accompagna precedendo l'onda di bocca; essa si dice onda balistica, e produce fisiologicamente l'effetto di una detonazione, che prende il nome di colpo balistico. La sezione della superficie dell'onda balistica è, in certo qual modo, analoga alla scia prodotta dalla prua di una nave che si muova in acque tranquille.
Con appositi apparecchi elettro-acustici è possibile registrare l'istante in cui si genera l'onda di bocca e quello in cui si genera l'onda di caduta, cioè quando il proietto scoppia a terra. La differenza tra i due istanti ci darà la durata della traiettoria.
Il metodo su cui è basato il sistema di misurazione della velocità d'un punto della traiettoria è il seguente (fig. 6). Supponiamo che due interruttori A, A1 siano posti nel piano di tiro e orizzontalmente, a una distanza di 50 ÷ 60 m., tra loro; la velocità del proietto sia, in tale breve tratto, costante, e la traiettoria sia rettilinea e compresa tra B e B1; questi due punti risultano i centri dei coni sonori passanti per A e A1. L'angolo formato dalle generatrici con la traiettoria è tale che cos ϕ = a/V, in cui a è la velocità del suono, V quella del proietto. L'onda balistica si propaga normalmente alle direzioni BA e B1A1 e con la velocità del suono; perciò, quando l'onda sarà in A, la superficie di essa avrà l'andamento Aa e il secondo interruttore A1 entrerà in azione per effetto della stessa onda, quando questa giungerà in A1. La differenza dei tempi registrata dal cronografo collegato ai due interruttori corrisponde al percorso fonico a A1 avente la velocità del suono a, perciò:
Quindi il cronografo ci dà una velocità V1 tale che V1 t = d, da cui
Da questa equazione noi ricaviamo l'angolo, cioè la direzione AB. Conoscendo l'angolo d'inclinazione θ, che l'elemento di traiettoria fa con l'orizzonte, si ha che
di modo che abbiamo un sistema di tre equazioni a tre incognite
in cui V è la velocità del punto medio nel tratto di traiettoria BB (fig. 7).
L'acustica dei cannoni e dei proietti ha numerosi punti di contatto con la balistica pura, e può ancora aprire nuovi orizzonti e condurre a studî fecondi.
Bibl.: Oltre le opere di Galileo e di Eulero; I. Didion, Traité de balistique, Parigi 1848; F. Hélie, Traité de balistique expérimentale, Parigi 1865; P. Saint Robert, Del moto dei proietti nei mezzi resistenti, Torino 1855; F. Siacci, Balistica e pratica, in Giornale d'artiglieria e genio, parte 2ª, 1880; E. Vallier, Balistique extérieure, Parigi 1895; P. Charbonnier, Balistique extérieure, Parigi 1921; G. Bianchi, Balistica esterna, Torino 1910; V. Maewskij, Trattato di balistica esterna, Pietroburgo 1870, traduzione in francese, Parigi 1872; gen. E. Cavalli, Balistica esterna, Torino 1928; T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lez. di meccanica razionale, voll. 2, Bologna 1923-27 (il 1° vol. in 2ª ed., 1930).