banalese
s. m. (iron.) Linguaggio privo di originalità, banale.
• L’addio al compagno di strada Giulio Rapetti, al coautore di decine di canzoni che avevano provocato spaventosi cori sulle spiagge e furibondi petting nella «brughiera» sotto il volo degli «aironi», cioè la flora e la fauna del tipico «banalese sublime» di Mogol, non poteva essere più definitivo, radicale, irrimediabile. (Edmondo Berselli, Repubblica, 8 ottobre 2006, p. 52, Domenicale) • In Italia non è mai esistito un linguaggio medio: l’alternativa al lessico incomprensibile dei cortigiani era il dialetto ruspante della plebe, poi scomparso a favore di un «banalese» televisivo smunto nei vocaboli e trucido nei contenuti. (Massimo Gramellini, Stampa, 20 giugno 2012, p. 1, Prima pagina).
- Derivato dall’agg. banale con l’aggiunta del suffisso -ese.
- Già attestato nella Stampa del 21 aprile 1997, p. 1, Prima pagina (Stefano Bartezzaghi).