Vedi BANASA VALENTIA dell'anno: 1958 - 1973
BANASA VALENTIA
Città della Mauretania occidentale che si trovava sulla grande strada da Tangeri a Sala (Chellah, presso Rabat). Iulia Valentia Banasa fu una delle tre colonie fondate dall'imperatore Augusto nel periodo che va dalla morte dell'ultimo re, Boccho II (33 a. C.), all'avvento di Giuba II (25 a. C.). Era situata nella fertile pianura del Rharb, sulla riva sinistra del Sebu, a 60 km in linea retta dalla foce di questo. Era anzitutto una colonia agricola, ove Cesare Ottaviano aveva stabilito senza dubbio veterani liberati dopo la fine delle guerre civili.
La città si estendeva sopra due piccole alture: colline elevate probabilmente dalla mano degli uomini per sfuggire alle inondazioni. Era stata tracciata secondo una pianta regolare, che non presenta però il rigore geometrico abituale: gli isolati sono molto allungati e non hanno tutti la stessa larghezza. Nell'angolo N-E un intero quartiere, e a S-O un piccolo tratto di muro di cinta, non sono conformi all'orientazione generale della città. Si direbbe pure che durante la sua esistenza la città abbia subito dei rimaneggiamenti: alcune strade sono state chiuse: un cardo secondario, ad esempio, si ferma davanti a un edificio termale, un altro è sbarrato da un piccolo tempio ad abside. Il centro della città era formato dal Foro, trapezio fiancheggiato su due facce da portici, il quale occupa la sella fra due alture. A N-E la piazza era chiusa da una lunga sala coperta, certamente la basilica, dove si riuniva il consiglio della colonia; a S-E da un edificio eretto su un alto podium che comprendeva sette cellae, alcune lastricate di marmo, altre provviste in basso di uno zoccolo di grosse pietre squadrate. L'edificio potrebbe essere stato un tempio, forse il capitolium della colonia, perché vi si sono ritrovate una dedica a Minerva e, non lontano, un'altra a Giunone; di più, un sondaggio ha lasciato riconoscere, sotto l'edificio attuale, un altro edificio anteriore a tre logge. Altri culti si aggiunsero alla Triade Capitolina, come lo prova una dedica a Iside. In questa pianura pantanosa ci meraviglia l'enorme quantità di pietre portatevi dai Romani: calcare compatto e gres friabile, trasportati dall'interno a mezzo di carri, oppure lungo la costa e risalendo il Sebu su zattere, e perfino blocchi vulcanici fatti venire da più di 100 km per essere usati come macine. Legamenti, cimase, stipiti, erano fatti di bei blocchi squadrati, i pannelli dei muri in conci irregolari. La maggioranza degli edifici aveva copertura di tegole, piatte (tegulae) e convesse (imbrices): Le case private erano costruite con materiali più semplici, muratura grossolana, mattoni e certamente impasto di paglia e argilla. Quelle della classe abbiente hanno un peristilio e sale pavimentate a mosaico, ma la pianta della casa romana classica aveva subìto un adattamento molto libero. Si è colpiti dal grande numero di terme (cinque scoperte fino ad ora) spesso di gran lusso, e di botteghe, il che sembra sproporzionato rispetto alla popolazione dell'agglomerato. Si può spiegare ciò pensando ad una popolazione agricola disseminata nei dintorni, la quale si riuniva in città nei giorni di mercato. La città sembra aver subito una distruzione violenta. Monete e iscrizioni si fermano ad Aureliano (270-75); ma la riutilizzazione di molti frammenti architettonici in case private fa supporre una prima distruzione di poco anteriore all'abbandono definitivo.
Bibl.: R. Thouvenot, Une colonie romaine en Maurétanie tingitane: Valentia Banasa, Parigi 1941; id., Une remise d'impôts sous l'empereur Caracalla, in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1946; id., Tables de patronat découvertes à Banasa, ibid., 1940-47; Servizio delle Antichità del Marocco, fasc. 1-9.