Vedi BANASA VALENTIA dell'anno: 1958 - 1973
BANASA VALENTIA (v. vol. i, p. 970)
La colonia mostra come Roma abbia saputo sfruttare una regione fertile mal coltivata dagli indigeni. Le risorse principali erano la cultura del grano, dell'olivo e della vite (si hanno numerosi torchi). Il gran numero di botteghe attesta un commercio attivo. L'industria ceramica e dei tessuti bastava ai bisogni locali.
Su un'altura a N era un mercato costituito da una doppia corte rettangolare con botteghe su due lati e fontana in un angolo. Nel forno di un panettiere si è ritrovato un tesoro di 496 denari che vanno da Giulia Domna a Gallieno. L'assemblea dei cittadini eleggeva i duumviri e, d'accordo con il senato, sceglieva i patroni e conferiva onori ai benefattori: statue di marmo o di bronzo e talvolta equestri, funerali ufficiali. La città dette una flaminica alla provincia e conosciamo anche molti seviri augustali. La città ha restituito molti documenti che interessano la vita generale dell'Impero. Innanzitutto diplomi militari. I soldati di molti corpi di truppa, cavalieri, arcieri e di varia origine, di Spagna, di Tangeri, di Siria, vi si stabilirono dopo la liberazione con le mogli e i figli. Sappiamo che l'esercito di occupazione non era molto numeroso: tre ale e cinque coorti sotto Traiano, ciò che dimostra la fedeltà dei Mauri a Roma. Si hanno poi tre tavole di patronato del I e del II sec. d. C.: la colonia si pone volentieri nella clientela degli antichi governatori, senatori o cavalieri. Inoltre si hanno lettere ufficiali incise anche in bronzo: l'imperatore Caracalla sembra aver avuto un occhio particolare per B.; i Banasitani gli scrivono per chiedergli non sappiamo quale favore, la dispensa di alloggiare una coorte miliaria o al contrario la concessione di una guarnigione. Lo stesso imperatore benevolmente li esonera dal pagamento di arretrati dell'imposta in grano e in argento. Infine a B. si è trovata una tabula bronzea con la corrispondenza tra la cancelleria imperiale e i procuratori concernente la concessione del diritto di cittadinanza romana al capo della tribù degli Zagrenses, chiamato Iulianus e a tutta la sua famiglia per ricompensarlo della sua fedeltà e per servire di esempio agli altri capi della regione. La moglie di ventidue anni porta il nome indigeno di Faggura, ma i figli si chiamano luliana, Maxima, Iulianus e Thogenianus. Gli uffici hanno cura di specificare che la famiglia ha ricevuto il diritto di cittadinanza salvo iure gentis, cioè conservando il suo proprio stato e soprattutto sine diminutione tributorum et vectigalium: il fisco non perde mai i suoi diritti. Il documento ci ha dato anche i nomi dei membri del consiglio imperiale del 177, anno a cui risale il documento.
La città scomparve alla fine del III sec. d. C. Le ultime monete sono quelle di Aureliano e di Probo. Sotto Gallieno subì una prima invasione dopo la quale si restaurarono le abitazioni private con bei blocchi squadrati presi dai monumenti pubblici danneggiati. A quest'epoca fu circondata di un bastione. Poi subì una seconda invasione e fu definitivamente abbandonata nonostante la vittoria di Massimiano Erculio.
Bibl.: R. Thouvenot, in Publ. Serv. Ant. Maroc., IX, 1951; XI, 1954; Bull. Arch. Com., 1942-1960; Compt. Rend. Ac. Inscr., 1940, p. 131; 1946, p. 548; 1949, p. 185; 1952, p. 192; M. Euzennat, in Bull. Com. Arch., 1955-56, p. 223; W. Seston, La citoyenneté romaine au temps de Marc-Aurèle... d'après la Tabula Banasitana, in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1961, p. 317; A. Luquet, La céramique préromaine de Banasa, in Bull. Arch. Mar., V, 1964, p. 117; J. Marion, Les dépots monétaires du quartier du Macellum à Banasa, ibid., p. 201.