Banca Mondiale (World Bank, WB)
Banca Mondiale (World Bank, WB) Istituto di credito internazionale che finanzia l’investimento nei Paesi in via di sviluppo, fornendo anche assistenza tecnica. Istituito nel 1944 per volontà della Conferenza delle Nazioni Unite, ha sede a Washington e comprende due istituzioni, la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (➔ BIRS), fondata nel 1944, che si finanzia emettendo obbligazioni, e l’Associazione internazionale per lo sviluppo (➔ IDA, International Development Association), nata nel 1960, che impiega fondi ottenuti dai Paesi più ricchi. La B. M. fa parte del Gruppo Banca Mondiale (WBG) e include anche altri organismi: la Società finanziaria internazionale (International Finance Corporation, IFC), che dal 1956 sostiene gli investimenti nel settore privato, acquisendo partecipazioni azionarie, oltre che concedendo prestiti; l’Agenzia multilaterale per le garanzie degli investimenti (Multilateral Investment Guarantee Agency, MIGA), istituita nel 1988 per fornire garanzie sui rischi non commerciali, come quelli da esproprio, al fine di proteggere e promuovere gli investimenti diretti esteri nei Paesi in via di sviluppo; il Centro internazionale per la risoluzione dei conflitti (International Centre for the Settlement of Investment Disputes, ICSID), che dal 1966 assiste nella risoluzione delle controversie tra governi e investitori privati stranieri.
I Paesi supportati dalla B. M. si dividono in Paesi con reddito pro capite medio (superiore a 995 dollari nel 2010), che ottengono prestiti a lungo termine, e Paesi a reddito pro capite basso, che ricevono donazioni e finanziamenti a condizioni più favorevoli di quelle di mercato. L’assistenza della B.M. è condizionata al rispetto di specifici programmi di sviluppo concordati con i Paesi riceventi, tra cui: una diagnosi dello stato di povertà che si intende affrontare, la descrizione dei meccanismi partecipativi messi in atto, le priorità politiche e i relativi costi, nonché il sistema che si intende utilizzare per tenere sotto controllo i risultati e valutare l’impatto del programma. La B. M. è stata periodicamente sottoposta a riforme per snellirne struttura e procedure e per modificare i suoi meccanismi di intervento, oltre che misurarne l’impatto. Ciò anche in risposta a critiche di inefficacia e scarsa democraticità espresse rispetto ad alcune sue operazioni, a causa di meccanismi decisionali che privilegiano i Paesi ricchi.
Nel 1996 è stata varata un’iniziativa per la riduzione del debito dei Paesi più poveri, la Heavily Indebted Poor Country (HIPC), subordinata alla presentazione di un programma pluriennale di misure economiche e sociali, preparato in seguito a consultazioni del governo con gruppi politici, settore privato e rappresentanti della società civile. Dal 2006 è in corso un’altra iniziativa, la Multilateral Debt Relief Initiative (MDRI), attraverso la quale tutti i Paesi che hanno completato il percorso di aggiustamento previsto dall’HIPC ottengono la cancellazione incondizionata del debito estero accumulato nei confronti della B. M., del FMI e delle altre banche di sviluppo regionale. Secondo i dati di fine 2009, il programma è stato avviato da 35 Paesi e concluso da 26; l’assistenza fornita a questi Paesi rappresenta circa il 40% del loro PIL ai prezzi del 2008. Dopo la completa attuazione delle politiche di riduzione, lo stock del debito di tali Paesi sarà ridotto dell’80%.
I due principali organi di governo della B. M. sono il consiglio dei governatori (187, in rappresentanza di altrettanti Paesi membri) e il consiglio dei direttori esecutivi (25), cui è delegata gran parte delle decisioni. Nel consiglio dei direttori esecutivi, 8 membri rappresentano ciascuno il proprio Paese (Arabia Saudita, Cina, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Russia, Stati Uniti), mentre gli altri 17 rappresentano gruppi di Paesi (l’Italia, per es., fa anche le veci di Albania, Grecia, Malta, Portogallo, Repubblica di San Marino e Timor Est). I voti sono proporzionali al peso dell’economia del Paese su quella mondiale: nella BIRS, per es., gli Stati Uniti, il Giappone, la Germania e l’Italia disponevano nel 2011 rispettivamente del 16,03%, del 9,59%, del 4,39% e del 2,72% dei voti. Dal 2005 i Paesi più poveri, insieme all’India e alla Cina, hanno iniziato a sollecitare la revisione dei diritti di voto, visto il loro accresciuto peso nell’economia mondiale e, nella primavera del 2010, è stato approvato un aumento del loro potere di voto pari a 4,6 punti percentuali, portandoli a pesare nel complesso il 47,2% del totale.