BANCA (VI, p. 33; App. I, p. 238)
Fin dai primi anni che seguirono la fine della prima Guerra mondiale, e in misura molto maggiore dopo la crisi che, iniziatasi nell'autunno 1929 negli Stati Uniti di America si estese poi a tutto il mondo, le rapide fluttuazioni dei cambî, la necessità di valersi della politica monetaria come di uno strumento per difendere la produzione nazionale, ostacolare le importazioni di alcuni prodotti e favorire le esportazioni, indussero, più o meno, tutti i maggiori stati del mondo a riunire nella sola banca centrale, o in un numero limitato di banche controllate da essa, non solo il diritto di emissione, ma anche la direzione della politica bancaria, sottoponendo poi la banca centrale, e attraverso questa tutte le altre banche, alla crescente ingerenza dello stato.
Questa tendenza si manifestò naturalmente in forma più acuta, sebbene con notevoli diversità formali e sostanziali, negli stati totalitarî Germania, Italia e URSS, mentre Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e altri minori - pur avendo più o meno dovuto aderire al principio della moneta manovrata e, per conseguenza, di un sempre più diretto intervento dello stato in materia bancaria - non hanno voluto, nemmeno dopo la grande depressione (1930-34), staccarsi completamente dal tipo aureo e dalla economia di mercato.
La seconda Guerra mondiale non ha portato nella situazione bancaria dei maggiori stati del mondo modificazioni che si differenzino, qualitativamente, da quelle della guerra 1914-18. Le differenze - se mai - sono di natura quantitativa, poiché l'inflazione ha raggiunto proporzioni molto maggiori e con essa l'indebitamento degli stati europei verso gli Stati Uniti d'America. Alla fine della guerra i soli mutamenti rilevanti in Europa sono la totale scomparsa del sistema bancario germanico e l'indebolimento del sistema francese e inglese, il quale culmina nella netta separazione fra l'area del dollaro e l'area della sterlina.
Ma il fatto per ora più rilevante, il quale coincide con l'enorme predominio economico degli Stati Uniti, è il sorgere di istituti di credito internazionale. Questi istituti avevano già avuto un precedente nella Banca dei regolamenti internazionali (BRI), creata nel 1930 col concorso degli istituti di emissione del Belgio, Inghilterra, Francia, Germania, Italia e di un gruppo di case bancarie giapponesi e nord-americane, in attuazione del Piano Young sulle riparazioni. La BRI (società anonima, con capitale di 500 milioni di franchi svizzeri oro e con sede a Basilea) aveva infatti inizialmente il compito di amministrare e distribuire le annualità pagate dalla Germania e di facilitarne la commercializzazione e in generale i regolamenti internazionali ad esse connessi.
Portata più vasta di questa banca - che, nonostante si sia molto parlato di abolirla, tuttora sopravvive - hanno i due istituti internazionali creati nel 1946, dopo lunghe discussioni, in base agli accordi di Bretton Woods del 1944 e aventi scopi e caratteri ben diversi. Il Fondo monetario internazionale ha lo scopo di stabilizzare, con uno sconto massimo del 10%, la parità di cambio rispetto al dollaro scelta liberamente dai singoli stati che accettano di far parte di quella istituzione e di contribuire con la quota di capitale che viene a essi assegnata in rapporto alla loro popolazione e alla loro situazione economica. Come contropartita essi potranno ottenere dal Fondo aiuti in forma di prestiti a breve termine tutte le volte che uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti venga a minacciare un peggioramento della loro situazione monetaria. Con la Banca internazionale di ricostruzione e sviluppo si è voluto invece dar vita a una grande centrale internazionale, sebbene per ora essa sia costituita quasi esclusivamente con capitale nord-americano, per gli investimenti a lunga scadenza destinati alla ricostruzione dei paesi danneggiati dalla guerra e allo sviluppo di nuove risorse in tutti i paesi.
Vedi anche bretton Woods, Accordi di; credito; socializzazione, e, per i singoli paesi, i relativi esponenti, in questa Appendice. Per le vicende del periodo tra le due guerre v. le voci che trattano dei varî paesi nei volumi del Testo e della I Appendice.