Bangla Desh
(App. IV, i, p. 226; V, i, p. 311)
Geografia umana ed economica
di Claudio Cerreti
Popolazione
La popolazione del B. D., che secondo una stima del 1998 risultava di 124.774.000 ab., presenta un incremento naturale ancora molto accentuato (benché in progressivo rallentamento). Il B. D. è l'ottavo paese del mondo per popolazione assoluta e il primo per densità (ove si escludano alcuni microstati urbani o insulari). Solo la capitale, Dhaka (la cui agglomerazione urbana superava i 6 milioni di ab. nel 1991 e presumibilmente nella seconda metà del decennio ha raggiunto gli 8 milioni), e pochissime altre città hanno una popolazione e una struttura funzionale proporzionate alla massa demografica complessiva: per oltre l'80% (1997), infatti, gli abitanti risiedono in aree non urbane. Comprensibilmente, di conseguenza, la stragrande maggioranza della popolazione non ha, se non occasionalmente, accesso a servizi e strutture di tipo moderno, prevalentemente siti in città, e le informazioni disponibili sulla qualità della vita tratteggiano una situazione fra le meno avanzate al mondo, nonostante una serie di indubbi progressi realizzati negli ultimi decenni.
Il tasso di mortalità infantile si è ridotto da quasi il 140‰ degli anni Settanta al 77‰ (valore sempre elevatissimo) del 1996; la speranza di vita, nello stesso arco di tempo, è passata da 47 a 57 anni (59 per le femmine); il tasso di analfabetismo è sceso dal 70,5% (1980) al 62% del 1995; il numero dei diplomati si è più che quadruplicato nell'ultimo trentennio.
Condizioni economiche
Il particolare assetto insediativo rimanda alla persistenza di una struttura produttiva incentrata sull'agricoltura, che assorbe ancora quasi i due terzi della forza-lavoro, benché le produzioni rurali non contribuiscano che per poco più del 30% alla formazione del PIL. Questo dato denuncia una produttività del settore agricolo decisamente insoddisfacente, anche se il paese sembra gradualmente avvicinarsi a raggiungere il traguardo dell'autosufficienza alimentare, grazie all'adozione di innovazioni produttive (varietà migliorate di riso, fertilizzazione) e infrastrutturali (regolazione delle acque, irrigazione; è da segnalare, in proposito, che nel 1997 il B. D. ha raggiunto un accordo con l'India per la ripartizione delle acque del Gange). Si registrano, peraltro, anche ricadute negative non irrilevanti: da un lato, le nuove varietà coltivate richiedono quantità sempre crescenti di fitofarmaci e di fertilizzanti, producendo di conseguenza una contaminazione assai grave delle acque e la riduzione del pescato (che è da sempre un'importante componente della dieta); dall'altro lato, gli interventi idraulici sembrano in qualche caso aver amplificato, anziché ridotto, gli effetti delle ricorrenti e spesso disastrose inondazioni.
La marcata vulnerabilità alle condizioni meteorologiche, specialmente per quanto riguarda il deflusso delle acque piovane e conseguentemente di quelle fluviali, continua a influenzare negativamente l'economia del paese. Il 7% del territorio, corrispondente alle aree sublitoranee della regione deltizia gangetica, viene allagato addirittura tutti gli anni; ma risultano soggette a frequenti inondazioni altre estesissime porzioni che nel complesso coprono i due terzi della superficie totale dello Stato. La gravità degli eventi è assai variabile e nella seconda metà degli anni Novanta è parsa diminuire, almeno in termini di perdita di vite umane, forse per effetto di più efficaci attività di prevenzione. Va segnalata, in proposito, un'intensa cooperazione internazionale che si avvale largamente di satelliti meteorologici e di altri strumenti sofisticati e che appare in grado di realizzare previsioni meteorologiche di medio periodo e di controllare costantemente afflussi meteorici, deflussi superficiali e portata dei corsi d'acqua. Al tempo stesso si va diffondendo la convinzione che i tentativi di regimazione dei bassi corsi fluviali siano, come già si è accennato, piuttosto dannosi che benefici ai fini del contenimento delle esondazioni, e che sia preferibile incrementare la produzione nelle aree interne, vocate all'agricoltura, abbandonando, o almeno riducendo, i tentativi di colonizzazione intensiva dell'area anfibia deltizia.
Il settore industriale ha fatto segnare, negli anni più recenti, un ragguardevole sviluppo, particolarmente accentuato nel comparto tessile e dell'abbigliamento che, come in altri paesi dell'Asia meridionale, appare largamente orientato all'esportazione in virtù di fenomeni di delocalizzazione produttiva originati dai paesi industrializzati europei e americani. Le produzioni chimiche (fertilizzanti), quelle alimentari, quelle metalmeccaniche ecc., invece, sono destinate al consumo locale. Alle modeste risorse minerarie tradizionali vanno aggiunti interessanti giacimenti carboniferi e metaniferi di recente individuazione, non ancora entrati in produzione.
L'insieme dei servizi è il settore che ha vissuto la più rapida e imponente crescita, occupando ancora solo un quinto degli attivi, ma arrivando a realizzare il 51,8% (1995-96) del PIL; in questo ambito, oltre alle attività commerciali, vanno ricordate quelle legate all'informatica. Grazie alle prestazioni dell'industria leggera e del terziario, il B. D. ha registrato una crescita economica relativamente accentuata, dal 1980 al 1995 attestata intorno al 4÷5% annuo. Nonostante una tendenza generalmente positiva, la disponibilità di risorse per la popolazione rimane modestissima e il PIL per abitante risulta essere fra i più bassi del mondo. A questa situazione non ha certo posto rimedio, almeno in una prima fase, l'accettazione, da parte del governo bengalese, delle indicazioni di contenimento della spesa pubblica e di riduzione del deficit di bilancio avanzate dagli organismi finanziari internazionali. La politica restrittiva che ne è seguita, se ha contenuto il tasso di inflazione, ha anche contribuito a mantenere elevato il livello di disoccupazione, a deprimere ulteriormente le condizioni di vita degli strati meno abbienti della popolazione e ad accrescere il malcontento popolare e le tensioni spesso incanalate dai partiti islamici. L'emigrazione, in queste condizioni, rimarrebbe una delle pochissime soluzioni, se non fosse che i paesi di destinazione stanno progressivamente chiudendole gli accessi.
bibliografia
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Storia
di Luisa Azzolini
Con la fine del regime militare in seguito alle elezioni del 1991 che assegnarono la vittoria al Bangladesh Nationalist Party (BNP) guidato dalla signora Khaleda Zia (primo ministro dal 19 marzo), si inaugurò in B. D. una fase di difficile transizione alla vita democratica, caratterizzata da un rapporto assai problematico fra maggioranza e opposizione e da un accentuato scollamento fra classe dirigente e società civile. Gli anni Novanta registrarono inoltre una crescita del fondamentalismo islamico in uno Stato che in precedenza aveva fatto del secolarismo uno dei principi costituzionali, mentre continuò la politica di oppressione delle minoranze etniche e religiose ispirata a una 'bengalizzazione' forzata del paese.
La nuova legislatura si aprì con un accordo fra il BNP e la Lega Awami, il maggiore partito di opposizione, sull'abolizione dell'elezione diretta del capo dello Stato e il ripristino del sistema parlamentare (sospeso nel 1975). La riforma costituzionale, votata dal Parlamento nell'agosto 1991 e quindi approvata tramite referendum popolare il mese successivo, fu il frutto di un compromesso in base al quale il PNB abbandonava la sua pregiudiziale presidenziale e la Lega Awami accettava che il 10% del Consiglio dei ministri venisse scelto non fra i deputati. Nell'ottobre il Parlamento elesse quindi Abdur Rahman Biswas presidente della Repubblica con mandato quinquennale.
Terminata questa prima fase di fattiva collaborazione tra le forze politiche, si sviluppò, a partire dal 1992, un aspro contrasto fra il governo di centro-destra, che comprendeva anche il partito islamico Jamiat-i-Islāmī (Associazione islamica), e le forze di minoranza raccolte attorno alla Lega Awami guidata dalla signora Hasina Wajed. Alle forti proteste contro l'adozione di una rigida politica di risanamento economico e finanziario si aggiunsero le accuse di brogli elettorali nelle elezioni suppletive svoltesi nel marzo 1994 e la conseguente richiesta, respinta da Khaleda Zia, di nuove elezioni politiche garantite da un 'governo neutrale'.
La Lega Awami riuscì a mobilitare la popolazione (manifestazioni antigovernative duramente represse dalle forze di polizia si verificarono fra il 1993 e il 1994) e a creare un fronte compatto contro l'esecutivo, analogo a quello che aveva provocato la caduta del regime del generale H.M. Ershad. Dopo aver boicottato le sedute parlamentari per tutto il 1994, i deputati dell'opposizione rimisero il proprio mandato tentando, per il momento senza riuscirvi, di aprire una crisi costituzionale. Le difficoltà del governo vennero aumentate dalla crescita, fra il 1993 e il 1994, del fondamentalismo islamico, di cui si fece interprete il Jamiat-i-Islāmī, i cui attacchi si diressero principalmente contro l'emancipazione femminile e contro le organizzazioni non governative che si occupavano dell'istruzione delle donne appartenenti alle classi più deboli.
Le elezioni generali del 15 febbraio 1996, boicottate da tutte le forze di opposizione e da più dell'80% dell'elettorato, furono ovviamente vinte dal BNP che ottenne 205 seggi su 207, ma sanzionarono una situazione di ingovernabilità, aggravata da violenti scontri sociali ed etnici. L'esecutivo, sempre presieduto da Khaleda Zia, si decise infine, anche su pressione delle forze armate, a indire nuove elezioni sotto il controllo di un'autorità neutrale. La campagna elettorale che precedette le consultazioni, più che dalla proposizione di programmi alternativi, fu caratterizzata dal personale contrasto fra le due leader dei maggiori partiti, Khaleda Zia e Hasina Wajed, su cui si concentrò l'attenzione dell'opinione pubblica. I risultati elettorali videro l'affermazione della Lega Awami, che ottenne 146 seggi contro i 116 del BNP, mentre il Jamiat-i-Islāmī scese a 3: Hasina Wajed formò il nuovo governo, mentre il 23 luglio il Parlamento elesse Shahabuddin Ahmed come presidente della Repubblica. La vita politica del paese continuò comunque a essere caratterizzata da tensioni e forti conflittualità.
La fine del regime militare non comportò inizialmente un mutamento significativo nella politica verso le minoranze etniche, in particolare verso le comunità di indigeni, o Adivasi, prevalentemente buddhiste e induiste che abitano i Chittagong Hill Tracts. Il governo di Khaleda Zia continuò infatti a sostenere i diritti dei coloni bengalesi insediatisi in quell'area negli anni Settanta, senza prevedere la restituzione delle terre sottratte agli Adivasi. La tregua fra l'esercito bengalese e i guerriglieri indigeni, siglata alla fine degli anni Ottanta in conseguenza dell'introduzione di consigli distrettuali elettivi, resse anche negli anni successivi, senza tuttavia indurre il governo a smilitarizzare i Chittagong Hill Tracts, dove una popolazione di circa mezzo milione di individui conviveva con più di 100.000 soldati. Quanto ai rifugiati nello Stato indiano di Tripura, la maggioranza di essi si rifiutò di rientrare in B. D., nonostante un programma di incentivi per i rimpatriati messo a punto nel 1995 dal governo di Dhaka. Nel corso del 1997 riprese il dialogo tra i guerriglieri indigeni e il governo, culminato nel dicembre nella firma di un trattato di pace (ratificato nel maggio 1998 dal Parlamento nonostante la decisa opposizione del BNP) che garantiva alle comunità indigene un ampio controllo della regione. In base all'accordo raggiunto nel febbraio 1998 i ribelli deposero ufficialmente le armi.
bibliografia
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