BANGLA DESH.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Libera D'Alessandro. – Stato dell’Asia meridionale. Il Paese (151.125.000 ab. nel 2010, 158.512.570 secondo una sti ma UNDESA, United Nations Department of Economicand Social Affairs, del 2014) è uno tra i più densamente popolati al mondo (1050 ab/km2 nel 2010, 1068 ab/km2 stimati nel 2014). Nonostante le frequenti calamità naturali subite e le conseguenze delle crisi finanziarie globali, il B. D. ha registrato un miglioramento degli indicatori di sviluppo e una crescita economica sostenuta. Rispetto ai primi, secondo i dati forniti dallo Human development report dell’UNDP (United Nations Development Programme), la speranza di vita alla nascita è cresciuta da 54,9 anni del 1980 a 70,7 del 2013 e, nello stesso intervallo di tempo, gli anni medi di scolarizzazione sono aumentati di 3,1, mentre quelli di istruzione previsti di 5,1. La Banca mondiale (BM) ha calcolato inoltre che, dal 1992, più di 15 milioni di bengalesi sono usciti dallo stato di povertà. Tuttavia, la stessa BM ha rilevato che, nonostante la diminuzione della povertà (−19% nel quindicennio 1997-2012) nelle aree urbane e in quelle rurali, il numero assoluto di persone che al 2012 versava in condizioni di povertà era ancora significativo (53 milioni). Peraltro, l’esposizione al rischio di calamità naturali – in primo luogo alluvioni e cicloni – rendono vulnerabile una consistente parte della popolazione. Basti pensare che, secondo una stima ancora della BM a scala mondiale, il 60% delle morti causate da cicloni negli ultimi venti anni si è verificata proprio in Bangla Desh. Nel 2013 il Paese ha registrato un Indice di sviluppo umano (ISU) di 0,558, rientrando quindi nella categoria dei Paesi con un medio ISU. Tuttavia, sebbene il valore dell’indicatore sia cresciuto del 66% dal 1980, il B. D. si attesta al di sotto della media dei Paesi della stessa categoria.
Condizioni economiche. – Benché più della metà del PIL sia generato dal settore dei servizi, quasi la metà dei bengalesi è impiegata nell’agricoltura (il cui prodotto più importante è certamente il riso). Le esportazioni, nel 2012, sono state costituite per l’80% dai prodotti dell’abbigliamento, che rappresentano la spina dorsale dell’industria bengalese. In tale settore, al medesimo anno, le donne costituivano l’80% della forza lavoro. Nel 2013, la crescita economica è stata generata per lo più dalle rimesse dei bengalesi all’estero e dall’aumento delle già citate esportazioni dei prodotti dell’abbigliamento, che insieme hanno totalizzato 15 miliardi di dollari, ossia il 15% del PIL. Secondo il FMI (Fondo Monetario Internazionale), le esportazioni del settore nei prossimi anni saranno tuttavia ridimensionate dall’aumento dei salari e dei costi operativi, a loro volta generati sia dal miglioramento dei diritti dei lavoratori e delle norme sicurezza, sia dai processi di modernizzazione delle fabbriche. La crescita economica sostenuta (circa il 6% annuo nel decennio 1992-2012) ha rapidamente aumentato la domanda in settori quali l’energia, i trasporti e le telecomunicazioni. Ciò nonostante, gli investimenti sono risultati insufficienti e non sono riusciti a migliorare le carenze infrastrutturali.
Storia di Paola Salvatori. – Il quadro politico del B. D. presentava, sul finire del primo decennio del 21° sec., luci e ombre. Se da una parte le condizioni economiche erano significativamente migliorate, dall’altra restavano irrisolti i problemi strutturali quali le violenze etnico-religiose, la corruzione endemica degli apparati statali e l’accesa conflittualità tra le due principali forze politiche, il Bangladesh nationalist party (BNP) e la Awami league (AL). Nel 2006, allo scadere del mandato di Khaleda Zia, capo del governo e leader del BNP, la situazione divenne incandescente. Il governo ad interim apolitico, che secondo la Costituzione avrebbe dovuto presiedere le operazioni di voto, fu contestato dalle opposizioni che lo ritenevano troppo vicino al BNP. Dopo mesi di agitazioni venne imposto lo stato di emergenza e il potere fu affidato a un nuovo governo ad interim, sostenuto dall’esercito, che sospese tutti i diritti civili e pospose le elezioni.
Il ritorno alla democrazia si ebbe solo nel dicembre 2008, quando infine si svolsero le consultazioni che sancirono la vittoria della AL. Il nuovo governo, guidato dalla leader del partito Sheikh Hasina, avviò una politica di riforme per rilanciare l’economia (espansione del credito alle imprese e forti investimenti nelle opere pubbliche), aumentò gli stanziamenti per la sanità e l’istruzione e prese accordi con i governi stranieri per garantire le rimesse degli emigranti. Pur in presenza di un miglioramento delle condizioni di vita degli strati più poveri della popolazione, la mancanza di controlli e di tutela sindacale continuò a rendere precarie le condizioni di lavoro di migliaia di lavoratori impiegati con paghe irrisorie. Tra i numerosi incidenti sul lavoro il più drammatico fu il crollo, nell’aprile 2013, del Rana Plaza, un edificio alla periferia di Dhaka che occupava svariati laboratori tessili impegnati nella produzione per marchi internazionali, crollo nel quale rimasero vittime oltre 1000 persone. Le proteste degli operai si sommarono a quelle mai cessate delle opposizioni che accusavano il governo di autoritarismo. Il clima si era già surriscaldato nel 2009 con l’istituzione dei tribunali internazionali di guerra chiamati a giudicare i crimini commessi durante la guerra di liberazione del 1971. L’incriminazione e la successiva condanna di esponenti di spicco del partito fondamentalista islamico Jamiat-i-Islāmī e del BNP furono interpretate da molti come un tentativo della AL di cancellare le forze di opposizione e di garantire una sua ininterrotta gestione del potere. A rafforzare tali timori contribuì anche la decisione dell’esecutivo (2011) di emendare la costituzione per abrogare la norma sullo svolgimento delle elezioni sotto un governo ad interim. Boicottate da tutte le opposizioni, le consultazioni del gennaio 2014, svoltesi in un clima di violenza, confermarono al potere la AL. Nel febbraio 2015 l’uccisione del blogger laicista Avijit Roy per mano dei fondamentalisti islamici e il mandato d’arresto per corruzione spiccato contro Khaleda Zia contribuivano a rendere la situazione interna particolarmente critica.
Bibliografia: A. Riaz, A crisis of democracy in Bangladesh, «Current history», 2014, 113, 762, pp. 150-56.