barba
Nelle opere di D. ha generalmente il suo usuale significato; cfr. If VI 16, XII 78, XX 107, XXXIII 113; Pg I 34; Cv I XII 8, III XIV 8. In Pg XXXI 68 Quando / per udir se' dolente, alza la barba, e 74 e quando per la barba il viso chiese, / ben conobbi il velen de l'argomento, più probabilmente significa soltanto " mento " (o per esteso " viso ", come nello Scartazzini-Vandelli), significato ben attestato sia nel latino medievale che nell'antico toscano (A. Sepulcri, Noterelle di filologia dantesca, in " Zeit. Romanische Phil. " XXIV [1910] 191). Per un chiaro riassunto delle proposte, v. F. Mazzoni, Il c. XXXI del Purgatorio, in Lect. Scaligera II 1159-1160. Qualche critico, come M. Scherillo (La vera effigie di Dante, in " Giorn. d. " XII [1904] 44-46) ha opinato che D. fosse davvero barbuto. Altri, come P. Papa (Per la barba di Dante, ibid. 47-51) han ritenuto che si tratti soltanto di un accenno metaforico.