LONGHI, Barbara
Figlia del pittore Luca e di Bernardina Baronzelli, nacque a Ravenna il 21 sett. 1552 (Simoni, 2000, p. 213). Nel 1568 Vasari, pubblicando la seconda edizione delle Vite, nella biografia di F. Primaticcio faceva menzione del padre e della L., all'epoca sedicenne, lodandone la precoce disposizione all'arte. Altri storiografi a lei contemporanei, fra cui Manfredi, la indicano pittrice precoce e soprattutto rinomata ritrattista. Non molto ci è pervenuto della sua produzione che, almeno per quanto riguarda la fase giovanile, va ricondotta all'attività svolta nella bottega paterna, dove le era riservato il compito di produrre in prevalenza piccole opere a tema religioso destinate alla devozione privata. L'adozione, in dipinti raffiguranti Madonne e sante, di una tipologia fisionomica più volte replicata, favorisce l'individuazione della mano della L., le cui opere risultano caratterizzate da una semplificazione delle forme e da una più marcata ostentazione dei sentimenti rispetto a quelle di suo padre e del fratello Francesco. Delle telette della L. attualmente conosciute, due sole sono siglate e una datata. Inoltre va ricordata la pala d'altare della chiesa del Carmine nella vicina Russi, dipinto anomalo per il grande formato e per il fatto di essere l'unico dipinto firmato per esteso e datato 1618. Il cauto aggiornamento stilistico operato dalla pittrice lungo il corso della propria carriera consente appena, malgrado l'assenza di appigli cronologici, di isolare alcuni nuclei di opere secondo un presumibile ordine cronologico.
Appartiene a una fase ancora giovanile dell'attività della L. il piccolo dipinto con Ritratto di monaco camaldolese della Pinacoteca comunale di Ravenna, convincentemente a lei attribuito da Martini.
L'opera consente di apprezzare le doti di ritrattista della L., a cui già accennavano le fonti antiche. Il personaggio ritratto, vestito del bianco saio camaldolese, è rappresentato nel quotidiano ambiente di studio, caratterizzato da due libri aperti su un ripiano, dalle pagine in penombra fittamente scritte ma con caratteri illeggibili. Sul foglietto che il monaco stringe nella mano destra si legge una data che, non chiaramente decifrabile nell'ultimo numero, potrebbe forse intendersi come 1570, oppure 1573.
È da ritenersi riferibile alla fase giovanile la S. Caterina d'Alessandria della Pinacoteca di Ravenna, di cui è attestata la provenienza dal monastero di Classe in Ravenna (Martini).
Dell'opera ha scritto A. Ghirardi in righe assai pertinenti pubblicate nel catalogo di una mostra dedicata all'opera di Lavinia Fontana (Lavinia Fontana, 1552-1614, a cura di V. Fortunati, Milano 1994, pp. 47-49, 51). In quell'occasione, trattando della L., la studiosa ricorda che della pittrice ravennate non si conoscono autoritratti certi; non manca peraltro di rilevare come sia tradizionalmente riconosciuta l'effigie della L. nella donna rappresentata in primo piano e rivolta verso lo spettatore nelle Nozze di Cana, dipinto a olio su muro nel refettorio del convento di Classe in Ravenna, eseguito da Luca negli anni 1579-80 e ultimato dal figlio Francesco dopo la morte del padre. Tale figura ha il piglio e la peculiarità di caratteri di un ritratto. A essa si collegano alcune immagini di s. Caterina d'Alessandria dipinte dalla Longhi. Oltre alla già citata S. Caterina d'Alessandria della Pinacoteca ravennate, va menzionata un'altra tela di eguale soggetto acquisita dalla stessa Pinacoteca per donazione Levi e riferita da Ceroni (1996) a Luca. Ulteriori versioni si trovano a Bologna nella Pinacoteca nazionale e a Bucarest, nel Museo nazionale d'arte. Tutte queste immagini sono simili fra loro nell'impostazione della figura nello spazio, derivando dall'immagine di giovane donna delle Nozze di Cana.
Fra i dipinti eseguiti dalla L. in un momento ancora giovanile, si ricordano alcune telette della Pinacoteca comunale di Ravenna. Fra queste, la Madonna con il Bambino e s. Giovannino, siglata in basso "B(arbara) L(onghi) F(ecit)".
Nessuna notizia antica ci è pervenuta su questo dipinto, che si ritiene possa essere stato realizzato nell'ottavo decennio del secolo per privati committenti. Nella disadorna raffigurazione definita da una gamma cromatica raffinata, la L. sembra rivelare la propria predilezione per alcuni degli archetipi più fortunati dell'iconografia religiosa: da quelli di Raffaello a quelli del Correggio (Antonio Allegri), modelli questi ultimi che sempre incentivano nelle sue opere un sentore di grazia. La L. traduce in chiave di gentilezza delicata il raffaellismo paterno, optando per toni trasparenti e sottili che ricordano le gamme degli Zaganelli, ma con un di più di morbidezza tardomanieristica e di scioltezza nei gesti.
Di esecuzione particolarmente raffinata è la Madonna con il Bambino e s. Giovannino della Gemäldegalerie di Dresda, il cui impianto compositivo richiama in parte la tavola di analogo tema del Correggio a Madrid (Museo nacional del Prado).
Come nella tavola correggesca, la Madonna siede in un angolo di paesaggio, protetta da una tenda attorta a una colonna; alle sue spalle si intravede un'apertura su un lontano paesaggio da cui filtra una luce che fa da contrappunto a un'altra luce irradiata da una fonte posta all'esterno del quadro. S. Giovannino e Gesù giocano stretti alla Madonna. Non si tratta di un gioco spensierato: nell'aprire le braccia verso il cugino che stringe la crocetta di canna, Gesù prefigura, simbolicamente, il proprio sacrificio.
Anche nella tela del Louvre con la Madonna col Bambino che incorona una monaca l'articolazione complessa della scena merita un'attenzione tutta particolare in quanto la L. abbandona gli scenari en plein air di derivazione umbro-toscana, scegliendo, in sintonia con i tempi della Controriforma, un interno imprecisato con scura parete di fondo che si apre a sinistra su un paesaggio di lontani profili collinari. Il sacro gruppo occupa quasi per intero il campo visivo, mentre l'inquadratura stringe il campo sul gesto del piccolo Gesù che incorona una monaca senza guardarla, rivolgendo il suo sguardo all'osservatore.
La morte del padre, nel 1580, dovette condurre a una temporanea battuta d'arresto nell'attività della pittrice, cui fornì stimolo l'avvicendamento di Francesco, divenuto titolare della bottega. Una tendenza verso i modi del fratello si avverte nella S. Agnese della canonica della cattedrale di Ravenna, di incerta datazione. Tra le opere tarde si segnala l'Immacolata Concezione del seminario vescovile di Ravenna, abbastanza insolita, per dimensioni, fra quelle conosciute della Longhi.
Vi appaiono chiaramente agganci con la pittura di D. Calvaert, della cui Immacolata dipinta per la chiesa di S. Antonio Abate a Bologna quest'opera sembra essere quasi una replica. Merita ricordare che negli ultimi anni si sono reperite due pale d'altare della L., databili al suo periodo maturo, raffiguranti rispettivamente la Madonna del Carmine con i ss. Carlo Borromeo, Simone Stock e le beate Margherita Molli e Gentile Giusti, conservata nella chiesa del Carmine di Russi, e la Madonna con il Bambino e i ss. Francesco e Chiara in collezione privata a Ravenna. Inedite sono le forme amplificate che conferiscono ai sacri personaggi di queste due pale una monumentalità che, dopo la morte di Luca, si credeva solo Francesco potesse ostentare.
La L. morì a Ravenna il 23 dic. 1638 (Simoni, 1999, p. 72).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, pp. 420 s.; M. Manfredi, Lettione da lui pubblicamente recitata nella illustre Accademia de Confusi in Bologna, 4 apr. 1575, Bologna 1575, pp. 22 s.; A. Cappi, Luca Longhi illustrato, Ravenna 1853, pp. 150-154; A. Martini, La Galleria dell'Accademia di Ravenna, Venezia 1959, pp. 96-110; A. Sutherland Harris - L. Nochlin, Women artists: 1550-1950 (catal.), New York 1977, p. 28; L. De Girolami Cheney, B. L. of Ravenna, in Woman's Art Journal, 1988, n. 1, pp. 16-20; A. Colombi Ferretti, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, II, p. 751; G. Viroli, I dipinti d'altare della diocesi di Ravenna, Bologna 1991, pp. 90, 310, 368; A. Fabbri, in Biblia pauperum. Dipinti dalle diocesi di Romagna 1570-1670 (catal.), a cura di N. Ceroni - G. Viroli, Bologna 1992, pp. 88-94; G. Viroli, La Ravenna artistica, in Storia di Ravenna, IV, Dalla dominazione veneziana alla conquista francese, Venezia 1994, pp. 272 s.; N. Ceroni, La donazione Levi, Ravenna s.d. [ma 1996], ad nomen; S. Simoni, Appunti intorno a B. L. (1562-1638), in Romagna arte e storia, XIX (1999), 55, pp. 59-72; Id., B. L., in Donne nella storia nel territorio di Ravenna, Faenza e Lugo dal Medioevo al XX secolo, a cura di C. Bassi Angelini, Ravenna 2000, pp. 209-214; G. Viroli, I Longhi: Luca, Francesco, B. pittori ravennati (sec. XVI-XVII), Ravenna 2000 (con bibl.); Id., in Pinacoteca Comunale di Ravenna. Museo d'arte della città. La collezione antica, a cura di N. Ceroni, Ravenna 2001, pp. 97-100 (con bibl.); S. Simoni, Una nuova "Madonna del latte" di B. L., in Romagna arte e storia, XXIV (2004), 71, pp. 105-112; U. Thieme - F. Becker, in Künstlerlexikon, XXIII, p. 356.