TORELLI BENEDETTI, Barbara
– Nacque il 21 febbraio 1546 da Gaspare (Gaspero) Torelli, figlio naturale del conte Francesco di Montechiarugolo, e dalla nobile parmense Maddalena Musacchi; fu battezzata lo stesso giorno con il nome di Barbara Calidonia.
Fu la cugina del celebre letterato conte Pomponio Torelli, di cui Gaspare ebbe la tutela dopo la morte del fratello Paolo (1545). Alla morte di Gaspare (1562), i rapporti tra i cugini si inasprirono a causa di liti su diritti territoriali. La famiglia feudale era legata ai Farnese; il fratello Guido era un gentiluomo di corte, e poi camariero presso il duca Ranuccio, mentre il cugino Pomponio era una figura di spicco alla corte del duca Ottavio e poi di Ranuccio.
Come altre donne della casata, inclusa Barbara Torelli Bentivoglio Strozzi (spesso confusa dalla critica con Benedetti Torelli), ricevette una buona istruzione. Le sue opere testimoniano una profonda conoscenza della tradizione drammatica e lirica, volgare e classica, probabilmente a partire da Omero (v. Partenia, in Cremona, Biblioteca statale, Deposito Libreria Civica, ms. AA.1.33, c.74r). Il primo accenno alle sue attività viene nel 1580 dal conte Muzio Manfredi, una figura centrale per la divulgazione delle opere di Barbara. In questo periodo fu sposata con il cavaliere parmense Giovanni Paolo Benedetti, un matrimonio apparentemente felice, ma forse senza figli (v. Manfredi, 1594, p. 244, e 1602, p. 45). Torelli continuò a scrivere anche dopo le morti del marito e della madre, nel 1592, per le quali Battista Guarini le mandò una lettera di condoglianze. Mantenne una reputazione di donna virtuosa, di impeccabile onestà, come viene con enfasi affermato nella dedica del Sommario dell’indulgenze di Parma et di Gerusalemme (Parma 1582, p. 123) del prete Antonio Maria Garofani.
Le opere di Torelli documentano legami fitti con diversi letterati contemporanei attivi nelle corti e nelle accademie, a Parma e non solo: sono documentati rapporti con letterati di Mantova, Guastalla, Verona, Torino. Oltre a Manfredi, spiccano i nomi di Bernardino Baldi, Girolamo Pallantieri, Prospero Cattaneo, Ferrante e Curzio Gonzaga. Importanti per la formazione di Torelli sarebbero stati i contatti con membri dell’Accademia degli Innominati, fondata a Parma da Pomponio Torelli nel 1574. Anche se non risulta che fosse formalmente iscritta, e anche se non c’è traccia di rapporti con il cugino, sette su dodici degli autori di poesie in lode della sua pastorale e altri tre suoi corrispondenti di rime risultano essere accademici Innominati. Tramite costoro avrebbe potuto partecipare alle intense discussioni accademiche degli anni Ottanta del Cinquecento, capeggiate da Manfredi, sulla poesia epica e lirica, sulla tragedia e sul dramma pastorale. Torelli potrebbe essere stata legata anche a Isabella Pallavicino Lupi, marchesana di Soragna, mecenate di Torquato Tasso e di Maddalena Campiglia.
Come gli aristocratici dell’epoca, Torelli sembrò preferire la circolazione privata, manoscritta o a viva voce, delle sue opere. Difatti, la sua produzione a stampa si limita a sei sonetti sparsi in altrettanti volumi, tutti molto rari. Ma intorno al 1587, «all’improviso componeva sonetti, e madrigali di mirabil artificio» (Della Chiesa, 1620, p. 94). Manfredi accenna a molti sonetti inediti a lui scritti «in proposta, e in risposta». Allo stesso Manfredi si devono probabilmente alcune correzioni sul manoscritto cremonese del capolavoro della Torelli, Partenia.
Partenia, intitolata «favola boschereccia» e «favola pastorale», pare essere il primo esempio di un dramma femminile laico in forma regolare. In una lettera del 29 febbraio 1586, Manfredi propose a Ferrante Gonzaga di inviare questa opera a Eleonora d’Asburgo, duchessa di Mantova e moglie di Guglielmo Gonzaga (Archivio di Stato di Parma, Epistolario scelto, Manfredi): fu dunque composta dopo il successo editoriale dell’Aminta di Tasso (1580), mentre il Pastor fido guariniano, stampato nel 1589, circolava incompiuto. Nel 1587 Partenia era pronta per una rappresentazione, ma non si sa se fu mai realizzata; sembra senza esito il tentativo di approntarla per la stampa prima del 1593 (Manfredi, 1594, p. 13).
Partenia è di tono alto ed elegiaco, senza le consuete scene rustiche o erotiche della pastorale. L’azione si svolge a Collecchio, «loco di villa» del duca di Parma. Presenta una trama semplice: due pastori amici, ma rivali, si contendono la mano della ninfa Partenia, devota di Diana. Il padre della ninfa cerca di forzarla a sposare il più ricco di essi, Leucippo; ma Tirsi, l’altro, ha ingannato Partenia per farle giurare che lo avrebbe sposato. Non riuscendo a conciliare gli obblighi di famiglia e quelli divini (cfr. Ovidio, Eroidi, XXI), Partenia tenta il suicidio, come fa anche Tirsi. Nel lieto fine obbligato, la coppia viene risuscitata dall’amica Talia (figura dell’autrice) e Leucippo viene riconosciuto come fratello di Partenia; così la ninfa può sposare Tirsi anche se preferiva la verginità (indicata dal suo stesso nome). L’indirizzo spirituale del dramma, con echi del Vangelo, rappresenta una novità rispetto alla tradizione pastorale rinascimentale, legata all’eros terreno; riflette il percorso lirico di Vittoria Colonna e risente della cultura controriformistica della Parma farnesiana, pur integrando polemiche sull’abuso di matrimoni forzati o d’interesse e rivendicando il rispetto fra i sessi.
Il manoscritto cremonese (Biblioteca statale, Deposito Libreria civica, ms. AA.1.33) testimonia il primo successo di Partenia con quindici versi d’elogio, di cui nove appaiono nel testimone romano (Roma, Biblioteca Angelica, ms. 1690). Il primo elogio in stampa del dramma è di Manfredi (1587, p. 43). Angelo Ingegneri la cita tra cinque pastorali singolari (comprese quelle di Tasso e Guarini) fra «ben mille» allora in circolazione nel trattato Della poesia rappresentativa (Ferrara 1598, p. 25). Nonostante le varie lodi ricevute (fino a Della Chiesa, 1620, p. 94), la pastorale si perde di vista nel Seicento, anche se continua a circolare in ambienti ecclesiastici (il manoscritto romano si trovava nella biblioteca del cardinale Carlo Camillo II Massimo). Con l’eccezione di Giuseppe Zonta (1906), Partenia è stata ignorata fino al XXI secolo ed è rimasta inedita fino al 2013.
Le sei rime superstiti di Torelli, tutti sonetti, documentano le sue relazioni sociali e culturali. Il primo sonetto, edito in Orationi, rime, et versi latini [...] in morte di m. Luca Lunghi Pittore (Ravenna 1581, p. 45), consola la figlia e pittrice Barbara Longhi, con un’enfasi spirituale che prelude a Partenia. Nel 1593 Torelli compose un sonetto di lode, ma con riserve morali, per la controversa tragedia di Manfredi, La Semiramis (Bergamo 1593, c.71r). Di tono spirituale sono i sonetti per Vincenzo Ferrini (Della lima universal dei vitii, Venezia 1596) e per il prete cortigiano Giovanni Maria Agaccio (Rime, Parma 1598). Nei Complimenti di Paolo Filippi dalla Briga (Venezia 1607, c.D3r) si trova un modesto sonetto di Torelli in risposta alla lode dell’autore, segretario del duca di Savoia, che in una lettera (ibid., p. 126) ricorda di essere stato spinto a «mandarle un sonetto da correggere» dopo avere provato «de’ frutti del suo».
Risulta documentata una sola lettera di Torelli, autografa, del 13 dicembre 1603 (Archivio di Stato di Parma, Famiglie, Torelli, b.19, c. XI.1), in cui supplica il duca Ranuccio per la concessione di beni territoriali per il fratello. Diventò formalmente l’unica erede di Guido, ma con scarse sostanze, dal momento che la sua collezione di antichità e oggetti preziosi era stata donata ad amici (Pico, 1642, pp. 112 s.). Forse era ancora in vita alla fine del 1607, quando Filippi dalla Briga le dedicò un altro sonetto nella nuova edizione dei suoi Complimenti (Torino 1608, c.*6v).
La data di morte non è nota, ma pare prima del 1620 (Dalla Chiesa, 1620).
Fonti e Bibl.: I testimoni manoscritti di Partenia sono: Cremona, Biblioteca statale, Deposito Libreria civica, ms. AA.1.33, s.d.; Roma, Biblioteca Angelica, ms. 1690, s.d. Per la Disfida tra Lucrezia Scotta Anguissola e Barbara Benedetti..., 1851: v. Biblioteca Oliveriana, ms. 949, Miscellanea di scritti vari, f. 84, cc. 467r-470v. Per le opere (tranne il sonetto per Barbara Longhi), con indicazione di fonti archivistiche, v. Barbara Torelli, Partenia, a pastoral play, edizione critica bilingue, a cura di L. Sampson - B. Burgess-Van Aken, Toronto 2013.
M. Manfredi, Cento donne, Parma 1580, pp. 35, 257; Id., Cento madrigali, Mantova 1587, p. 43; Id., Cento lettere, Pavia 1594, pp. 13, 244; Id., Il contrasto amoroso, Venezia 1602, p. 45; F.A. Della Chiesa, Theatro delle donne letterate, Mondovì 1620, p. 94; R. Pico, Aggiunte, in Id., Appendice de Vari Soggetti Parmigiani, Parma 1642, pp. 112 s.; P.L. Gozzi, Parma accademica, Parma 1778, p. 20; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, IV, Parma 1793, pp. 292-297; P. Litta, Torelli, in Famiglie celebri italiane, IV, Milano 1819, tav. 7-10; G. Zonta, La Partenia di B. T. B., in Rassegna bibliografica della letteratura italiana, XIV (1906), 206-210; V. Barbieri, I Torelli Conti di Montechiarugolo (1406-1612), Montechiarugolo 1998, pp. 191 s.; R. Lasagni, Dizionario biografico dei Parmigiani, IV, Parma 1999, pp. 580 s.; L. Denarosi, L’Accademia degli Innominati di Parma, Firenze 2003, passim; L. Riccò, «Ben Mille pastorali»: l’itinerario dell’Ingegneri da Tasso a Guarini e oltre, Roma 2004, pp. 326-336; L. Sampson, «Drammatica secreta»: Barbara Torelli’s Partenia (c.1587) and women in late Sixteenth-Century theatre, in Theatre, opera, and performance in Italy from the Fifteenth Century to the present, a cura di B. Richardson - S. Gilson - C. Keen, Leeds 2004, pp. 99-115; V. Cox, Women’s writing in Italy, 1400-1650, Baltimore 2007, passim; L. Sampson, The dramatic text/paratext. B. T.’s Partenia, favola boschereccia (MS, c.1587), in Le Soglie testuali. Apparenze e funzioni del paratesto nel secondo Cinquecento, a cura di P. Bossier - R. Scheffer, Firenze 2010, pp. 103-137; V. Cox, The prodigious Muse. Women’s writing in Counter-Reformation Italy, Baltimore 2011, pp. 87-128; Ead., Members, muses, mascots. Women and Italian Academies, in The Italian Academies 1525-1700: Networks of culture, innovation and dissent, a cura di J.E. Everson - D.V. Reidy - L. Sampson, Oxford 2016, pp. 132-169 (in partic. pp. 146-148); A. Coller, Women, rhetoric, and drama in Early Modern Italy, New York 2017, ad indicem.