BARBIANO di Belgioioso, Ludovico
Secondogenito del principe Antonio e di Barbara Elisabetta d'Adda, nacque a Milano il 3 genn. 1728. Compiuti gli studi legali, intraprese la carriera militare, anche perché, secondo l'affermazione di P. Verri, "avere un piede nel militare" (Carteggio, I, 1, p. 261) era allora l'unico modo per assicurarsi poi un posto nella carriera pubblica.
Entrato nell'esercito imperiale, il 15 ott. 1752 il B. ottenne il brevetto di capitano dei fucilieri nel reggimento Platz e nel 1757 fu promosso capitano dei granatieri. Prese parte alla guerra dei Sette anni, combattendo agli ordini del maresciallo Daun; nel marzo del 1759 fu ferito in battaglia e il 18 sett. 1759 promosso "Fffigeladiutant" col grado di maggiore. In un rapporto ufficiale del 23 sett. 1759 all'imperatrice Maria Teresa il generale Laudon lo segnalò tra gli ufficiali più capaci e meritevoli. Partecipò alle battaglie di Lignitz (agosto 1760) e di Torgau (novembre 1760), sfavorevoli alle armi austriache, e a quella vittoriosa di Schweidnitz (ottobre 1761): promosso in questa occasione colonnello nel reggimento di fanteria Saxengotha, si distinse poco dopo nella conquista della fortezza di Schreidenlicts nella Slesia prussiana.
Nel marzo del 1762 venne chiamato a Vienna, ove fu ammesso a corte e presentato a Maria Teresa. Dopo la pace di Hubertusburg, il Kaunitz gli offrì la carica di ministro plenipotenziario alla corte di Svezia o a quella di Danimarca, e il B. scelse Stoccolma, ove si recò verso la metà del 1764, e vi rimase per circa cinque anni. In questo periodo gli fu affidata anche una missione a Varsavia e fu per qualche tempz) incaricato d'affari per conto del granduca di Toscana (1764-1765).
Nel 1769 venne trasferito, sempre in qualità di ministro plenipotenziario, in Inghilterra, ove rimase sino al 1783. Furono anni di intensa attività e il B. ebbemodo di far valere non solo il suo talento 1 A plomatico, ma anche la sua abilità negli affari, come è provato da certe sue interessenze con i fratelli Greppi di Milano. Negoziò per conto del suo governo accordi commerciali con l'Inghilterra e concordò la politica che i due Stati avrebbero dovuto seguire nella questione orientale, specialmente nei confronti della Russia.
Fu amico personale di Giorgio III, di scrittori e scienziati inglesi dell'epoca, rivelando interesse per le dottrine filosofiche politiche ed economiche che si andavano diffondendo e per le scoperte ed applicazioni tecniche che ne rivoluzionavano la struttura economica e sociale.
La sua attività diplomatica raccolse approvazione e consensi a Vienna, in particolare a corte, ove i suoi dispacci erano giudicati assai favorevolmente da Giuseppe II.
Nel 1770 il B. fu nominato consigliere intimo di Stato e nel 1773 fu promosso maggior generale. In una lettera del 29 ott. 1776 Giuseppe II annunciava al fratello Leopoldo che avrebbe fatto venire il B. da Londra per prenderlo al suo seguito nel viaggio che stava per intraprendere attraverso la Francia. A fianco del sovrano infatti il B. rimase dal dicembre del 1776 sino alla fine di luglio dell'anno successivo, accompagnandolo a Parigi e nelle altre città francesi da lui visitate: Brest, Bordeaux, Bayonne, ToIone e Lione; ciò gli consentì di approfondire la conoscenza delle condizioni politiche della Francia, ma soprattutto di stringere cordiali rapporti con Giuseppe II e fu probabilmente in grazia di questa amicizia che egli ebbe qualche anno dopo un nuovo importante incarico.
Il 9 maggio 1783, un mese dopo essere stato nominato tenente generale, il B. lasciava l'ambasciata di Londra per assumere la nuova carica di ministro plenipotenziario e vice governatore dei Paesi Bassi austriaci, che erano retti allora dall'arciduchessa Maria, sorella di Giuseppe II, e dal marito Alberto di Sachsen Teschen. Passato dalla diplomazia a responsabilità di governo proprio nel decennio caratterizzato dal frenetico riformismo di Giuseppe II, il B. si trovò di fronte a pesanti responsabilità politiche, preso tra le resistenze locali a radicali innovazioni e la volontà riformatrice dell'imperatore.
Giuseppe II aveva già disposto in Belgio importanti riforme: vi aveva introdotto la tolleranza civile (13 ott. 1781),aveva sciolto gli ordini religiosi da ogni vincolo di dipendenza da autorità straniere (28 nov. 1781)e proibito agli ecclesiastici e ai laici di rivolgersi a Roma per ottenere dispense (5 dic. 1781).Con un decreto in data 17 marzo 1783 aveva infine ordinato la soppressione di un gran numero di conventi. Il B. poco dopo il suo arrivo dovette pubblicare ed eseguire altri decreti dell'imperatore: un editto che vietava la concessione del placet regio alle provvisioni di benefici ecclesiastici deliberate dalla curia romana (24 nov. 1783);un altro editto che faceva del matrimonio un semplice contratto Civile (26 sett. 1784)e una serie di decreti emanati tra il febbraio e il maggio del 1786 che stabilivano la soppressione di numerose feste religiose, l'abolizione delle confraternite, la disciplina delle processioni e dei pellegrinaggi e infine l'istituzione di un seminario generale che comportava la chiusura di tutti i seminari vescovili (16 ott. 1786).
Queste riforme furono accolte con grande ostilità dalla popolazione, gelosa delle tradizioni nazionali e della secolare autonomia di molte istituzioni locali. Il B. parve subito ai suoi occhi come lo strumento del dispotismo centralizzatore dell'Austria e fu osteggiato decisamente con ogni mezzo, anche se molti riconoscevano la bontà di certe riforme, specie di quelle che miravano ad una più corretta amministrazione della giustizia. Alle frequenti lettere con le quali il B. faceva presenti le difficoltà di far applicare i suoi ordini l'imperatore rispondeva di procedere con fermezza, convinto della bontà delle riforme; in una lettera del 13 maggio 1784 gli scriveva: "Non scoraggiatevi, caro conte, e lottiamo insieme per il bene dello Stato. Alla fine ne avremo dei vantaggi per i nostri compatrioti e della soddisfazione" (Somigliana ZUCCOIO, p.475).
Ai primi del 1787 il B. pubblicò due decreti di Giuseppe II in data 10 gennaio, che riformavano radicalmente l'amministrazione e la struttura costituzionale del paese. Il primo sostituiva ai tre consigli collaterali istituiti da Carlo V un consiglio unico detto Consiglio generale di governo, la cui presidenza era affidata al ministro plenipotenziario austriaco, e divideva le province belghe in nove circoscrizioni poste sotto la direzione di un intendente. L'altro decreto sopprimeva le vecchie corti di giustizia - superiori e provinciali- e le giurisdizioni municipali e signorili, stabilendo un sistema giudiziario completamento nuovo: sessantaquattro tribunali di prima istanza in tutto il paese, due corti d'appello e un Consiglio supremo di giustizia a Bruxelles. Ma quando il B. tentò di dare esecuzione a queste riforme, l'opposizione dei Belgi fu decisa e violenta. Furono messi in circolazione contro di lui libelli e lettere minaccíose, lo si paragonò al tristemente famoso duca d'Alba, mentre l'imperatore veniva presentato come un nuovo Filippo II. Fiamminghi e Valloni, attaccati alle loro istituzioni e ai loro sistemi di autogovemo, si opposero con decisione al dispostismo austriaco, sebbene i modi dell'opposizione e la sostanza stessa della controversia finissero per dar luogo a due differenti posizioni del patriottismo belga, cioè ai due partiti, quello cattolico e quello liberale, che furono poi protagonisti della rivoluzione del 1789.
La resistenza maggiore si ebbe nel Brabante, che di fronte al nuovo sistema giudiziario chiedeva il mantenimento dei privilegi e delle vecchie corti. Il 23 apr. 1787 i rappresentanti degli Stati inviarono agli arciduchi governatori e al B. una rimostranza in cui si riassumevano le loro richieste e si minacciava la sospensione dei pagamento delle imposte; l'ordinamento proposto dall'Austria era respinto sdegnosamente come manifestazione di inaccettabile paternalismo: "Le regime proposé par l'Empereur pút convenir à des pcuples longuement opprimés et dans l'enfance de la civilisation" (Pirenne, Histoire de Belgique, V, p. 429).
In seguito alle rimostranze il B. sospese temporaneamente nel Brabante la applicazione del nuovo sistema giudiziario, ma il 7 maggio fu costretto ad esteriderne la concessione allo Hainaut e il 14 alla Fiandra, alla Gheldria e alle provincie di Namur, Tournai e Malines. Nello Hainaut gli Stati ordinarono di non obbedire agli intendenti inviati dal governo e poco dopo stabilirono che non si sarebbero più pagate le imposte finché tutti i decreti non fossero stati revocati.
In un nuovo tumulto, scoppiato a Bruxelles tra il 27 e il 28 maggie, il B. corse pericolo di vita: l'ostilità contro di lui continuava ad accrescersi. Oramai stretto drammaticamente tra la risoluta opposizione locale e la volontà intransigente di Giuseppe II, che era venuto a conoscenza della sollevazione belga mentre si trovava in Russia, il B. preparò un rapporto per il Kaunitz e una lettera per l'imperatore in cui presentava irrevocabilmente le proprie dimissioni. Ma il sovrano, cui sembrava inspiegabile e assurdo che i Belgi non trovassero accettabili le sue moderne e illuminate riforme, non celando accuse di debolezza agli arciduchi governatori e allo stesso B., respinse le dimissioni con una lettera amichevole ma perentoria, in cui ribadiva la necessità di attuare senza dilazione i decreti: "Io vi sosterrò unitamente al governo se saprà fare il suo dovere e non avrò riguardi per nessuno, neppure per mia sorella e il Duca Alberto, se tirassero la corda e avessi ragione di esserne scontento. In questo momento non accetto dimissioni da alcuno" (Somigliana Zuccolo, p. 476).
Tuttavia poco dopo l'imperatore fu costretto a sospendere provvisoriamente le nuove ordinanze e, convocando a Vienna una delegazione degli Stati belgi (3 luglio 1787), richiamò presso di sé per consultazioni l'arciduca Alberto, l'arciduchessa Maria e il B., incaricando del governo del paese, durante la loro assenza, il conte Giuseppe Murray. Il 15 agosto l'imperatore fece conoscere alla deputazione belga le condizioni per il ristabilimento della normalità nel loro paese- esse erano assai gravi, ma il sovrano accettava la destituzione del B., in luogo del quale fu inviato, come ministro plenipotenziario, il conte di Trauttmansdorff. Il 23 ag. 1787 il Kaunitz comunicava in conseguenza al B. che le sue dimissioni erano accolte; il B. si fermò a Vienna sino alla morte di Giuseppe 11 (1790).
Ritornato a Milano, visse piuttosto ritirato in compagnia del fratello Alberico, con il quale aveva tenuto fin dal tempa della sua prima partenza dalla Lombardia un'assidua corrispondenza. Morì a Milano il 15 maggio 1801.
Durante la sua fortunata carriera aveva accumulato una cospicua fortuna, incrementata anche con abili operazioni finanziarie; ai beni di famiglia aveva poi aggiunto nel 1785 il feudo di San Colombano, che Giuseppe II, con un dispaccio del 12 settembre, gli aveva concesso gratuitamente insieme al monastero della certosa omonima, soppresso nel 1782, e ai diritti di mercato, caccia e confisca annessi al feudo. Fece costruire, tra il 1793 e il 1796, una grandiosa villa per la quale aveva fornito i primi disegni il Pierriarini, ma che fu realizzata dal Pollack. Il palazzo, uno degli esempi più notevoli del primo neoclassico, fu dal B. arricchito con dipinti dell'Appiani e di altri artisti e circondato da un vasto giardino all'inglese; alla realizzazione dell'opera collaborò anche il Parini suggerendo i soggetti dei bassorilievi che adornano l'edificio.
Dopo la morte del B. la villa Belgioioso fu venduta dagli eredi alla Repubblica italiana (iq genn. 1803) e passò poi tra i.beni della corona; ora è sede del Museo milanese d'arte moderna. Tra i ricordi più singolari del B. è un originale e finissimo ritratto a penna, opera del barnabita F. Caroni, conservato nel castello di Cozzo in Lomellina.
Fonti e Bibl.: Una ricca documentazione sul B. è nell'Archivio Belgioioso della Trivulziana, a Milano (cartt. 113, 120, 121), ove è conservata pure la corrispondenza col fratello Alberico (cartt. uo ss.); perduta invece è la sua corrispondenza diplomatica e le carte politiche conservate nell'Arch. di Stato di Milano: cfr. F. Forte, Carteggi del conte Lodovico B. di B., in Notizie degli archivi di Stato, 11 (1942), pp. 18-24; Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, I, 1, Milano, 1923, p. 361; 11, ibid. 1910, pp. 55, 140; L. P. Gachard, B. de B.,in Biographie nationale publiée par l'Académie royale de sciences, des lettreset des Beaux Arts de Belgique, II, Bruxelles 1868, pp. 118-120; Famiglie notabili milanesi, I.Milano 1875, tav. V; V. Arneth, Maria Theresia und der siebenjdhrige Krieg,2 voll., Wien 1875,. passim;L. P. Gachard, Histoire de la Belgique au commencement du XVIIIe siècle,La Haye1880, passim;A. Beer, Die Oesterreichische, Handelspolitik unter Maria Theresia und Jiosef II, in Archiv für Oesterreichische Geschichte,LXXXVI (1899), pp. 77 ss., 185 ss.; H. Schlitter, Briefe und Denkschriften zur Vorgeschichte der belgischen--Revolution,Wien 1900, pp. 17 s., 28, 36, 44, 48, sq ss.; A. Cauchie, Le comte L. de B. di B. et ses Papiers d'Etat conservés à Milan,in Bulletin de la Commission royale d'histoire,LXXXI (1912), pp. 176 ss., 266, 267 ss.; A. Giulini. Milano nei primi anni dell'Ottocento dalle lettere di un parroco urbano,in Arch. storico lombardo,LII, 1-2 (1925), p. 169; H. Pirenne, Histoire de Belgique, V, Bruxelles 1926, pp. 238 s., 247 s., 382, 395, 413, 428-430, 433-437, 442, 506; E. Casanova, Diz. feudale delle Prov. componenti l'antico stato di Milano,Milano 1930, p. 84; A. Casati, Giuseppe Gorani e la guerra dei Sette Anni,in Arch. stor. lombardo,LVIII, 1-2 (1931), pp. 123-124; A. Somigliana Zuccolo, Un amico di Giuseppe IL ibid.,LXII, 2-4 (1936), pp. 467-479; P. Mezzanotte-G. Bascapè, Milano nell'arte e nella storia,Milano 1948, pp. 72 S.; P. Mezzanotte, L'architettura a Milano nel Settecento,in Storia di Milano, XII, Milano 1959, pp. 700 s.