BARBIANO DI BELGIOJOSO, Lodovico
Figlio primogenito della pittrice Margherita Confalonieri e dell'architetto Alberico, Lodovico nacque a Milano il 1° dicembre 1909, seguito da altri cinque fratelli: Eugenia (1911), Paola (1914), Teresa (1916), Giuseppe (1924) e Gaetano (1927).
Stimolato dall'esempio dei genitori, il giovane Lodovico rivelò una precoce propensione per il disegno e la pittura, coltivati negli anni trascorsi al liceo classico Parini, durante i quali si dedicò anche allo studio delle lingue, francese e tedesco, e del pianoforte. Qui conobbe Gian Luigi Banfi (Milano 1910-Gusen 1945) ed Ernesto Nathan Rogers (Trieste 1909-Gardone Riviera 1969), suoi futuri compagni di studi universitari e di lavoro. Nel medesimo periodo aderì al fascismo, forse attirato dalle simpatie del partito per le avanguardie artistiche e architettoniche.
Con Banfi e Rogers frequentò, a partire dal 1927, la Scuola di architettura del Politecnico di Milano, allora diretta da Gaetano Moretti, che annoverava tra i suoi iscritti anche Enrico Peressutti (Pinzano al Tagliamento 1908-Milano 1976), trasferitosi nella città lombarda in quell’anno e con il quale Belgiojoso intraprese nel 1929 un viaggio a Roma. Nel 1930 soggiornò per circa un mese in Germania, dove conobbe le opere di alcuni dei maggiori architetti attivi in quel momento aprendosi, in tal modo, a interessi di respiro internazionale che lo accompagneranno nel tempo. Nel luglio del 1932 conseguì la laurea in architettura con una tesi condivisa con Banfi, Peressutti e Rogers. Il tema, che consisteva nella progettazione di una serie di edifici su un «terreno immaginario», aveva un taglio «prevalentemente accademico», coerente con l’impostazione data alla scuola milanese da Camillo Boito, che ne era stato direttore per anni (L. Belgiojoso, Intervista sul mestiere dell'architetto, 1979, p. 4). Ma proprio queste rigide prescrizioni fecero affiorare da subito le preferenze dei quattro futuri architetti: «non potevamo rifiutare i temi nel loro complesso – spiegò in seguito Belgiojoso – cercammo però di liberarci almeno dei vincoli stilistici, affrontando la progettazione con un linguaggio assunto dalle prime testimonianze del Movimento Moderno» (ibid., p. 4).
Ispirati dalle ricerche d’avanguardia europee, conosciute anche attraverso riviste come Moderne Bauformen e Innen Dekoration, dagli scritti di Le Corbusier e dall’esempio dei giovani 'razionalisti' (Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri, Luigi Figini e Gino Pollini, Piero Bottoni e altri), Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers fondarono, subito dopo la laurea, lo Studio BBPR. Come ricorderà Belgiojoso, la collaborazione con i tre colleghi fu di cruciale importanza nella sua maturazione umana e professionale, specialmente all’inizio della loro impresa: «ho imparato molto dai miei amici nei primi anni di lavoro. Da Banfi ho imparato a lavorare, da Rogers a pensare, da Peressutti a immaginare» (ibid., p. 26). E, a proposito del loro modo condiviso di progettare, ebbe modo di notare: «In alcuni progetti, anche per ragioni pratiche, si sente chiaramente l’impronta prevalente di un membro del gruppo. Però mai abbiamo sottolineato, nemmeno fra noi, questa prevalenza» (ibid., p. 25). Pleonastico, dunque, ricercare, negli innumerevoli lavori compiuti di concerto con gli altri membri del gruppo, il contributo specifico di Belgiojoso. Quest’ultimo, dopo la morte di Peressutti nel 1976 (Rogers era scomparso nel 1969), proseguì l'attività dei BBPR con il figlio Alberico, già entrato nello studio come collaboratore nel 1963 e quindi associato dal 1973 al 2004.
Parallelamente al lavoro avviato con i BBPR all'indomani della laurea, il giovane Belgiojoso continuò, per qualche tempo, a collaborare con lo studio del padre Alberico, con il quale progettò la casa Feltrinelli, all’angolo tra via Manin e piazza delle Repubblica, realizzata nel 1935.
È di questi anni anche il suo matrimonio con Carolina Cicogna Mozzoni – conosciuta nell’ambiente dell’aristocrazia milanese dal quale proveniva lo stesso Belgiojoso – avvenuto nel 1934. Da Carolina ebbe quattro figli: Margherita (1935), casalinga, Maria Luisa (1936) e Alberico (1938), entrambi architetti, e Giovanni (1939), medico.
Fin dall’apertura dello studio associato, Belgiojoso e i compagni ebbero modo di affrontare progetti di rilievo e di frequentare ambiti di imprescindibile valore formativo, in particolare quello della Triennale di Milano. Per la V edizione del 1933, contrassegnata da una straordinaria sezione Architettura dedicata alle opere dei principali maestri del Movimento Moderno – Le Corbusier, Ludwig Mies van der Rohe, Robert Mallet-Stevens, Auguste e Gustave Perret, Frank Lloyd Wright e molti altri –, lo Studio BBPR ricevette l’incarico, su richiesta di Piero Portaluppi, di progettare la Casa del sabato per gli sposi, alla quale collaborarono anche gli artisti Lucio Fontana e Pietro Chiesa.
L’interesse per il dibattito in corso in Europa, e non solo, spinse i BBPR ad aderire al Congrès international d'architecture moderne (CIAM) nel 1934 e a inviare, due anni più tardi, Banfi e Belgiojoso, in rappresentanza dello studio, al V congresso CIAM di Parigi. Nella capitale francese, inoltre, progettarono il padiglione galleggiante per la Società di navigazione Italia in occasione dell’esposizione internazionale Arts et techniques dans la vie moderne del 1937.
La ricerca di un’intesa tra le arti giustifica altre esperienze vissute dai quattro architetti in questi anni. Fin dalla sua costituzione, infatti, lo Studio BBPR intraprese, congiuntamente al lavoro professionale, un’intensa attività teorica e di cooperazione con importanti riviste. Con i colleghi, Belgiojoso fu redattore di Quadrante dal 1933 al 1936, nella quale venne pubblicata anche una serie di scritti del gruppo. Decisiva nella scelta di collaborare, fin dalla sua fondazione, con la rivista di Pietro Maria Bardi e Luigi Bontempelli fu l'impostazione pluridisciplinare e internazionale che ne caratterizzava i contenuti: «gli interessi figurativi della rivista erano animati da un ambiente che tendeva a portare avanti, unitariamente, il discorso dell’architettura e quello delle arti figurative», in stretta relazione con le più avanzate ricerche europee (ibid., pp. 30 s.). Con la stessa apertura internazionale, i BBPR guideranno, dal 1947 al 1959, la collana Architetti del Movimento Moderno pubblicata della casa editrice milanese Il Balcone fondata da Massimo Carrà, figlio del pittore Carlo.
Circa a metà degli anni Trenta, Belgiojoso assunse la carica di direttore degli Atti del sindacato interprovinciale fascista degli Architetti (Bonfanti - Porta, 1973, p. A137) e dal 1938 iniziò a firmare per proprio conto scritti di architettura e urbanistica. Questa attività si protrasse per l’intero arco della sua carriera ed ebbe come esito la redazione di una ricca messe di contributi su riviste e atti di convegno, nazionali e internazionali.
Nel frattempo la situazione politica in Italia si era decisamente complicata. Tra il 1936 e il 1940, Belgiojoso e i compagni passarono da una posizione di «fronda interna al fascismo ufficiale» a una di 'antifascisti militanti' (L. Belgiojoso, Intervista sul mestiere dell'architetto, cit., p. 65). Nel 1938, anno in cui vennero promulgate le prime leggi razziali fasciste, il giovane architetto decise di non rinnovare la tessera d’iscrizione al partito, avvicinandosi, invece, a movimenti antifascisti quali Giustizia e Libertà (Bonfanti - Porta, 1973, p. A137). Richiamato alle armi nel maggio del 1940, fu congedato a dicembre.
Entrato nel Partito d’azione alla fine del 1942, e quindi nel Comitato di liberazione nazionale (CLN) nel settembre dell'anno seguente, Belgiojoso fu arrestato, con un gruppo di attivisti, tra i quali Rogers, il 27 luglio 1943 – all’indomani della caduta del regime – per un giorno, e nuovamente il 21 marzo successivo 1944, a seguito di una denuncia, insieme a Banfi. Pesantissime le accuse: dalla partecipazione alle attività clandestine del Partito d’azione, a quella di collaborazione con i partigiani per l’organizzazione di lanci di armi e di rifornimenti paracadutati dalla RAF, allo spionaggio, alla produzione di materiale propagandistico. Tutte imputazioni «sostanzialmente vere» (L. Belgiojoso, Intervista sul mestiere dell'architetto, cit., p. 70). I due architetti rimasero nel carcere di San Vittore per 45 giorni e quindi furono condannati alla deportazione. Per i successivi tre mesi, Belgiojoso fu rinchiuso con Banfi nel campo di Fossoli (Modena), poi passò a Bolzano per una settimana, per essere infine trasferito a Mauthausen-Gusen I (Austria), dove rimase dal 5 agosto 1944 al 28 aprile 1945, quando passò a quello di Gunskirchen. Fu liberato dalle truppe americane il 4 maggio successivo, a poche settimane dalla morte di Banfi, anch'egli deportato a Mauthausen, avvenuta il 10 aprile 1945.
Dagli anni Ottanta in poi, Belgiojoso iniziò a rievocare l'esperienza della deportazione in alcuni scritti, accompagnati dai disegni redatti dall’architetto durante la prigionia e subito dopo la liberazione: le due raccolte di poesie Non mi avrete (1986) e Come niente fosse (1992), e la cronaca Notte, nebbia. Racconto di Gusen (1996). «Il campo – scrisse Belgiojoso nel racconto – era solo sofferenza. La sofferenza riempiva ogni spazio, come qualcosa di solido. La si coglieva nel fruscio lento di chi si muoveva trascinandosi, la si riconosceva nella voce e nei gesti, si trasmetteva gli oggetti, ai luoghi, al paesaggio» (Belgiojoso, 1996, p. 24). I suoi disegni sono stati esposti in varie città, tra le quali La Spezia (2006), Milano (2008), Torino (2013), e Carpi (2015). L’impegno letterario proseguì con il volume Frammenti di una vita, edito nel 1999.
L’architetto ebbe l'opportunità di serbare memoria di questi eventi anche attraverso una serie di opere commemorative: il monumento al Deportato politico e razziale al cimitero monumentale di Milano (1946, con i BBPR), il memoriale a Mauthausen-Gusen I (1967), il Museo Monumento al Deportato politico e razziale a Carpi (1973), il memoriale Italiano nel campo di Auschwitz (1979) e il monumento al Deportato a Sesto San Giovanni (1998).
Rientrato a Milano il 12 giugno 1945, Belgiojoso ritornò tra i ranghi del partito d’Azione rimanendovi fino allo scioglimento. In seguito, assunse un ruolo attivo all'interno del movimento di Comunità di Adriano Olivetti, al quale aderirono anche gli architetti Ezio Cerruti e Lodovico Quaroni. Terminata questa esperienza non ebbe altri impegni politici (Belgiojoso, 1979, pp. 79 s.). Nei primi anni del dopoguerra i BBPR, orfani di Banfi, furono nuovamente in prima linea nel dibattito internazionale. Nel 1947 Rogers soggiornò nel castello di La Sarraz, quartiere generale dei CIAM e l’anno successivo anche Belgiojoso e Peressutti, assieme a Max Bill, Siegfried Giedion e Alfred Roth, furono ospiti di madame de Mandrot: in quell’occasione furono definite le linee organizzative generali del primo CIAM postbellico, da tenersi a Bergamo nel 1949, curato principalmente da Peressutti (ibid., pp. 109 s.).
Nel 1950 lo Studio BBPR fu contattato per la progettazione di un grande complesso industriale tessile negli Stati Uniti. Belgiojoso si incaricò del lavoro e su invito del committente compì una «entusiasmante ricognizione» di due mesi nel paese, durante la quale visitò «New York, Boston, Detroit, San Francisco, Los Angeles, Phoenix, Taliesin West e alcune città industriali della Carolina del nord poi Washington e Philadelphia» (Belgiojoso, 1979, p. 110). Oltre ai numerosi studi specializzati nel campo della progettazione tessile con i quali venne in contatto, l’architetto poté godere di «una serie di incontri fortunati» con alcuni dei maggiori maestri del Movimento Moderno: gli europei Mies van der Rohe, Richard Neutra, Eric Mendelsohn, Marcel Breuer, di stanza negli Stati Uniti, e gli americani Philip Johnson, Eero Saarinen e Frank Lloyd Wright. A Cambridge, dove qualche anno più tardi Belgiojoso sarà invitato a tenere un ciclo di lezioni, avvenne l’incontrò con Walter Gropius, all’epoca chairman dell’Architecture Department di Harvard (ibid., pp. 111 s.).
Il suo viaggio propiziò probabilmente due importanti incarichi per i BBPR: il padiglione USA nel parco della Triennale, realizzato su commissione del MOMA per l'undicesima edizione del 1951, e l’allestimento della sala d’esposizione della Olivetti Corporation of America sulla Fifth Avenue a New York (1954).
In questi anni, lo Studio BBPR raggiunse la piena maturità progettuale e professionale, sancita da un rigoroso impegno nel campo dell'urbanistica, dell'edilizia popolare, del design industriale, e soprattutto dalla produzione di veri capolavori come la sistemazione del museo di Arte Antica del Castello Sforzesco (inaugurato nel 1956) e la Torre Velasca (1958), entrambi a Milano.
Gli interessi di Belgiojoso si intrecciarono con quelli dei colleghi BBPR, ma egli assunse anche incarichi in autonomia. Fin dagli anni Trenta, ebbe un'intensa attività di consulenza e progettazione urbana. Nel 1936-37 curò, con Piero Bottoni, il piano della conca del Breuil nell’ambito del piano regolatore della Valle d’Aosta, mentre dal 1937 al 1939 fece parte della Commissione edilizia del Comune di Milano e nel 1938 fu membro della Commissione municipale incaricata della stesura del primo regolamento edilizio cittadino. Nel 1946, con Peressutti e Rogers, partecipò alle commissioni municipali per la stesura del primo piano regolatore postbellico di Milano, pubblicato due anni più tardi. In seguito, ebbe mansioni importanti, quali la partecipazione al Comitato direttivo regionale per lo studio del piano territoriale della Lombardia nel 1952, e la presidenza della Commissione tecnica del Piano Intercomunale di Milano (PIM) nel 1962.
Negli anni Ottanta Belgiojoso, assieme al figlio Alberico, ottenne altre commissioni di rilievo, come il recupero edilizio e urbano della zona del Carmine a Genova (1980), la sistemazione di piazza del Duomo a Milano (1982-1983), la consulenza per il Piano regolatore generale (Prg) di Bergamo (1983-1989), mentre in ambito internazionale gli architetti ebbero l’incarico di studiare, sulla scorta del parere preliminare di un gruppo di esperti tra i quali Franco Albini, la riorganizzazione del Central Business and Commercial District di Kuwait City, lavoro iniziato nel 1970 e portato a conclusione nel 1990.
A partire dagli anni Sessanta, la sua esperienza si era allargata anche al campo infrastrutturale, territoriale e paesaggistico grazie alle consulenze per la realizzazione della Metropolitana Veneta, assieme a Gabriele Scimemi (1968), e per la costruzione del traforo dello Stelvio (1969), alla progettazione delle tangenziali di Messina e di Catania, alla revisione del tracciato della superstrada Lecco-Colico, accompagnata da un progetto paesaggistico per la stessa, e al piano paesistico di Bellagio (1976). In collaborazione con altri, invece, fu impegnato nella redazione del piano della Comunità del Garda (1974), nella progettazione dei tratti autostradali Messina-Catania, Messina-Patti, Patti-Buonfornello, Siracusa-Gela, e dell'autostrada della Valdastico, tra Rovigo e Trento. L’architetto descrisse alcuni di questi lavori in relazioni, saggi e articoli su riviste (Bonfanti - Porta, 1973, p. A138 s.).
Per quanto riguarda la progettazione architettonica Belgiojoso assunse, con il figlio Alberico, una serie di commissioni di grande interesse, tra le quali il progetto per l’Università degli studi (1973-1998) e per il nuovo Palazzo di Giustizia (1988-2007) a Messina, mentre per Milano elaborò l’adattamento di Palazzo Reale a sede museale (1994-2007) e, in collaborazione con altri, il restauro dei chiostri di Sant’Eustorgio (1994-2001) e della sede della Borsa Valori (1994-2007).
Al pari dei suoi colleghi BBPR, anche la carriera accademica di Belgiojoso fu alquanto intensa. Ottenuta la libera docenza in Architettura degli interni, arredamento e decorazione il 10 giugno 1949, iniziò a insegnare nella facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dove dall'anno accademico 1949-50 all'anno accademico 1953-54 tenne un corso speciale a titolo privato sul tema Architettura dell’esposizione e museografia. A partire dal successivo anno accademico, 1954-55, fu chiamato presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV), allora diretto da Giuseppe Samonà, dove già insegnavano Albini, Ignazio Gardella, Carlo Scarpa, Bruno Zevi e molti altri. Allo IUAV ebbe, dal 1955-56 al 1962-63, l'insegnamento di Caratteri distributivi degli edifici, materia per la quale ottenne l'ordinariato nel 1960, preceduto, nel 1959, da quello per Decorazione. Dal 1963 tornò ad insegnare alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano come ordinario di Composizione architettonica e fino al 1967 mantenne anche l'incarico di direttore dell'Istituto di composizione. La sua carriera accademica nell’ateneo milanese si chiuse nel 1985.
A partire dal primo dopoguerra, Belgiojoso ricoprì numerose cariche. Con i BBPR aderì al Movimento di Studi per l’Architettura (MSA) dal 1945, diventandone presidente nel 1947. Nel 1948 divenne membro effettivo dell’Istituto nazionale di urbanistica (INU), e incaricato di presiederne la sezione lombarda nel 1951-52 e nel 1953-54. Inoltre, fu socio fondatore della Société Européenne de Culture di Venezia (1950), affiliato della Royal Society of Arts di Londra (dal 1958), membro dell'Accademia di Belle Arti di Venezia (dal 1958), corrispondente dell'Accademia di San Luca di Roma (dal 1960), membro dell'American Institute of Architects (dal 1988).
Tra i riconoscimenti ricevuti vanno ricordati il Cervo d'Oro conferitogli nell'ambito del Premio Cervia, presieduto da Giuseppe Ungaretti (1970), e il Premio Brianza (1993), entrambi per meriti letterari; il premio Antonio Feltrinelli assegnatogli dall'Accademia Nazionale dei Lincei (1993) e, soprattutto, la Medaglia d’oro alla Cultura della Presidenza della Repubblica (2002).
Lodovico Belgiojoso morì a Milano il 10 aprile 2004.
Un elenco degli scritti di architettura, urbanistica, pianificazione territoriale e infrastrutturale di L.B.B., dal 1938 al 1971, si trova in E. Bonfanti - M. Porta, Città, Museo e architettura. Il Gruppo BBPR nella cultura architettonica italiana 1932-1970, Milano 1973 (nuova ed. 2009), pp. A138-A139 (con profilo biografico di L.B.B. alle pp. A136-A138); alcune pubblicazioni redatte da L.B.B. negli anni seguenti sono segnalate in BBPR, a cura di S. Maffioletti, Bologna 1994, p. 246. Agli scritti connessi all’attività professionale si aggiungono le cronache biografiche: Intervista sul mestiere dell'architetto, a cura di C. De Seta, Bari 1979; Non mi avrete. Disegni da Mauthausen e Gusen. La testimonianza di Germano Facetti e Lodovico Belgiojoso, a cura di M. Ratti, Cinisello Balsamo 1986; Come niente fosse, Venezia 1992; Notte, nebbia. Racconto di Gusen, Parma 1996; Frammenti di una vita, Milano 1999.
I disegni redatti da L.B.B. nel 1944-45 durante la prigionia e subito dopo la liberazione, di proprietà dei quattro figli dell’architetto, sono conservati presso lo studio medico di Giovanni Belgiojoso a Milano.
I materiali relativi ai progetti elaborati con Alberico Belgiojoso si trovano presso lo studio milanese dell’architetto.
Su L.B.B. si vedano: L.B. (BBPR), a cura di F. Brunetti, Poggibonsi 1992; L.B. La via del rifugio (catal.), Torino 2013 e, da ultimo, L.B. Architetto 1909-2004. La ricerca di un'Italia 'altra', Atti del convegno, a cura di G. Bertelli - M. Ghilotti, Milano 2013, che raccoglie importanti contributi sulla vita e sull’attività progettuale e accademica di L.B.B.
Una parte sostanziale della bibliografia è integrata in quella riguardante lo Studio BBPR o i singoli membri del gruppo. Oltre al fondamentale volume di Bonfanti - Porta del 1973, si veda Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers. Lo studio architetti BBPR a Milano: l'impegno permanente (catal.), a cura di A. Piva, Milano 1982; BBPR. La Torre Velasca, a cura di L. Fiori - M. Prizzon, Milano 1982; Ernesto Nathan Rogers 1909-1969, Atti del convegno, a cura di C. Baglione, Milano 2012; P. Brambilla - S. Guidarini - L. Molinari, Lo studio BBPR e Milano, Milano 2013.