BARCELLONA (A. T., 41-42)
Città della Spagna, la più popolosa, attiva ed industriale, e il suo porto maggiore. L'origine del nome non è chiara, sebbene c'è chi lo attribuisca, senza fondamento, ai Barca. Fu chiamata Barcino nell'antichità, Barsciluna dai Musulmani, Barchinona nel Medioevo. Situata sulla costa mediterranea della penisola iberica (lat. 41°22′ N., long. 2°8′ E.), si trova nel punto di contatto fra il bacino dell'Ebro-Segre con i Prepirenei catalani e con il mare, allo sbocco delle vie naturali che passano per una serie di valli concentriche (Llobregat, Besós-Congost-Ter). Barcellona è in tal modo allo sbocco delle vie del retroterra (Lérida-Aragona, Panadés, Piana di Vich, depressione prelitorale) e di quelle che scendono dai Pirenei (Perthus, Cerdanya), e ha costituito sin dall'alto Medioevo il nucleo principale della Marca Catalana.
Ha clima di tipo mediterraneo (temperato caldo), con le temperature seguenti:
Il mese più caldo è agosto, il più freddo gennaio. L'oscillazione massima registrata raggiunge 40°. Il clima marittimo fa che le oscillazioni mensili sieno ridotte; in gennaio non vanno generalmente oltre i 16°-18°, e di rado arrivano ai 20°, che è la proporzione media dell'anno. Le precipitazioni (mass. in autunno) sono scarse (537 mm.), con differenze cospicue fra un anno e l'altro (estremi degli ultimi 20 anni: minimo 376 mm. dall'1 dicembre 1911 al 30 novembre 1912; massimo 891 mm., nell'anno 1917-18). Nevica di rado, l'atmosfera è abbastanza chiara (1924: 48 giorni sereni; 269 parzialmente coperti; solo 49 totalmente coperti). Venti predominanti sono quelli del terzo quadrante; la tramuntana, vento del nord, è fredda, mentre il vento del mare (lleveig, marinada) è temperato e umido. D'inverno, l'umidità è notevole.
La città si stende fra il Montjuich (Montjuic: Mons Jovis), collina di 192 m., e il Besós, fiume simile a un uadi, con ampio letto asciutto la maggior parte dell'anno; nella sua espansione essa si trova ostacolata a NO. dalle montagne costiere (Tibidabo, 512 m.), parallele alla costa, ultimi resti della vecchia catena erciniana. Al di là del Montjuich, i sobborghi industriali di Sans e di Hospitalet, dalla numerosa popolazione operaia, tendono a espandersi ogni giorno di più verso il Llobregat, fiume perenne che, dopo aver traversato la catena costiera fra Martorell e Sant Boi del Llobregat, forma un'ampia piana alluvionale fertilissima e ben irrigata (Pla del Llobregat). All'altro estremo si sviluppano i sobborghi di Horta e Sant Andreu (San Andrés) separati dai rioni di Gracia e Sant Gervasi, ormai assorbiti dalla città, da una serie di colline (Muntanya Pelada, 267 m.). La città si sviluppa in tal modo fra la costa e la catena costiera, in senso longitudinale NE.-SO. La distanza che intercorre tra il Llobregat e il Besós è di circa 14 km. Una serie ormai ininterrotta di case collega Barcellona a Sant Adriá, situata su ambedue le sponde del Besós, e alla città industriale di Badalona (30.000 ab., industria tessile e chimica), che oggi viene a costituire un sobborgo di Barcellona. Al piede del Tibidabo si estendono i rioni di Sant Gervasi, Bonanova e Sarriá, formati in gran parte da ville e giardini. Il nucleo centrale della città comprende una zona che si estende dal porto alla Piazza di Catalogna (1,2 km.), essendo questa e le Ramblas i luoghi di maggior movimento. Più in là della Piazza Catalogna si estende la città nuova, con ampie vie a scacchiera. Le più vaste sono il Carrer de les Corts Catalanes (Calle Cortes; 50 m. di ampiezza), che sarà prolungato fino al Besós e al Llobregat; il Passeig de Gracia (Paseo de Gracia; 62 m.), ritrovo della società elegante, costituita sull'antica strada che collegava Barcellona a Gracia; la Gran Via Diagonal, lunga parecchi chilometri, ampia 50 metri.
Nell'epoca romana, visigotica e musulmana, la piccola Barcino o Barsciluna era situata su una piccola collina che dominava il mare (Mons Taber, 18 m. s. m.), circondata da mura (resti di una porta romana nella Plaça Nova). Diventata nel sec. IX sede dei conti di Barcellona, due secoli dopo si vede costretta a costruirsi un secondo recinto. Il primo aveva un perimetro di appena 1122 m. comprendente una superficie di 10,5 ettari; il secondo giunge ai 5096 m. con 131,1 ettari. Al nuovo aumento avvenuto nel sec. XVII, segue un piccolo regresso al principio del successivo secolo. Alla fine del sec. XVIII la popolazione di Barcellona non poteva essere contenuta nel recinto murato, ma le guerre napoleoniche la spopolarono in parte e ritardarono una nuova espansione. Finalmente, nel 1854 si autorizzava la distruzione delle mura e nel 1859 si approvava definitivamente il piano del futuro ingrandimento urbano. La città vecchia, con le sue vie strette, tortuose, buie e tetre, Gran Via Laietana, ampia strada aperta attraverso uno dei rioni più miseri, trasformata oggi in una grande arteria di ampie costruzioni ad uso di uffici.
Barcellona ha ora una popolazione di 840.931 ab., dei quali 394.254 uomini e 446.577 donne (31 dicembre 1928); se però si comprendono anche i sobborghi non ancora annessi, la popolazione s'avvicina al milione. Sebbene sia difficile ottenere cifre precise, si calcola che la proporzione dei Catalani sia del 65%. La grande maggioranza dei rimanenti è composta da Spagnoli di altre regioni, principalmente da immigranti provenienti da Murcia, Aragona, Valenza e Castiglia. Gli stranieri sono qualche migliaio: Francesi, Tedeschi, Svizzeri, Americani del sud, e anche Inglesi e Italiani. La popolazione cresce più per immigrazione (eccesso sull'emigrazione: 4527 individui nel 1928) che per le nascite (eccesso: 3675). La natalità è decrescente: era del 21,31 per 1000 nel 1928 (contro 22,83 nel quinquennio anteriore). La nuzialità era nello stesso anno di 9,07 per 1000 (1927: 8,86), e la mortalità (di cui la mortalità infantile, da 1 a 4 anni, rappresenta ancora il 18,89%), di 16,9 per 1000 (quinquennio anteriore: 18,97): in notevole diminuzione. Gli abitanti erano 88.000 nel 1818, 175.000 nel 1849, 273.000 nel 1888, 537.000 nel 1904.
Barcellona è città essenzialmente industriale. Il suo commercio è principalmente a servizio della sua industria, in quanto importa le materie prime necessarie all'industria. Nel Medioevo invece era città essenzialmente commerciale, le cui relazioni si estendevano a tutto il Mediterraneo, alla Fiandra e all'Inghilterra; ma lunghi secoli di decadenza economica (in parte dipendenti dalla minore importanza del Mediterraneo dopo la scoperta della via marittima alle Indie e dell'America) e politica fecero declinare la sua attività commerciale. La rinascita del secolo scorso fa della regione di Barcellona il principale centro manifatturiero della Spagna (industrie tessili, metallurgia, industria del libro; più recentemente, industria chimica, cemento, e, nel dopo guerra, tentativi nel ramo degli strumenti scientifici). La forza motrice viene data in gran parte dall'energia elettrica dei torrenti che scendono dai Pirenei; lo sfruttamento è stato iniziato nel 1903. Oggi si utilizzano 350.000 HP., provenienti principalmente dal bacino del Segre (276.000). Il numero d'operai a Barcellona viene calcolato a 246.000. La maggior parte dei prodotti dell'industria è destinata al mercato interno spagnolo, essendo i prezzi di produzione troppo elevati per poter permettere un'esportazione redditizia. Barcellona è, con Bilbao, il più importante centro capitalista e bancario della Spagna. Ma in genere i suoi capitali non emigrano, anzi, essendo insufficienti per il fabbisogno locale, è notevole la partecipazione alla vita industriale di Barcellona del capitale estero (specialmente americano, inglese, francese, belga, svizzero).
Sei ferrovie principali e due regionali irradiano da Barcellona. Le quattro linee della Compagnia Madrid-Saragozza-Alicante congiungono la città con Madrid e Valenza (attraverso le selvaggie Costes de Garraf), col Panadés (per la valle del Llobregat), con la Francia (Port-Bou-Narbona), e con la popolatissima Costa di Levante (Badalona, Arénys, Mataró, ecc.). Le due linee del Nord, con Lérida e l'Aragona, e con la Francia (Tolosa) per la Piana di Vich e la Cerdanya. Delle due regionali, l'una sale la valle del Llobregat, l'altra, per il traforo della catena littorale, collega Barcellona con le vicine città industriali di Sabadell e Terrassa. Alcune di queste linee sono state elettrificate. I tram, nel 1928, trasportarono 240,6 milioni di passeggeri, le due linee di metropolitana 16,5, gli autobus 30,9, la ferrovia di Sarriá 14,1. Il porto, che si estende davanti alla città, ha una superficie di 124 ettari, con un asse maggiore di 1600 m. e una profondità da 8 a 15 m. Come porto per linee transatlantiche ha poca importanza (delle due compagnie che esistevano, una, Pinillos, è stata sciolta definitivamente nel 1926; l'altra, la Transatlantica, ridotta a una vita languida, modesta, nonostante cospicue sovvenzioni dello stato, è stata sciolta nel 1929).
Alla fine del 1927 erano iscritti nel porto 159 piroscafi con 214.716 tonn. lorde (20.484 in meno del 1926). Nel 1927 entrarono 4794 piroscafi con un tonnellaggio complessivo di 4.965.227 tonn. Furono importate (1927) 1.326.166 tonn. di merci dall'estero (di cui 883.911 da piroscafi esteri) e 933.106 da altri porti spagnuoli, ed esportate 236.893 tonn. all'estero e 435.743 in altri porti spagnuoli. Il valore medio dell'importazione nel quinquennio 1923-27 è stato di 759,2 milioni di pesetas (cotone 230,9, granoturco 34,6, macchine 24, caffè 20,5); l'esportazione è ammontata a 200,8 (tessuti di cotone 31,4, di maglia 20,4, panni 17,5, olio di oliva 13,2). Dell'importazione, quasi la metà proviene dall'Inghilterra; dell'esportazione, i 4/5 sono destinati all'Olanda.
A Barcellona risiedono il capitano generale di Catalogna, il governatore militare e quello civile della provincia.
Bibl.: Capmany, Memorias históricas sobre la marina, comercio y artes de la antigua ciudad de B., voll. 4, Madrid 1779-92; Pí y Arimón, B. antigua y moderna, voll. 2, in-folio, Barcellona 1854; Sanpere y Miquel, B., son passat, present y porvenir, Barcellona 1878; Carreras Candi, La ciutat de Barcelona, in Geografia General de Catalunya, II, Barcellona 1916; P. Vilar, La vie industrielle dans la région de Barcelona, in Annales de Géographie, XXXVIII, Parigi 1929, pp. 339-365; Camara de Comercio y Navegación de Barcelona, Memoria Comercial (annuale); Ayuntamiento de Barcelona, Estadistica. Anexo a la Gaceta Municipal de Barcelona (mensile).
Istituzioni culturali. - L'università di Barcellona è una delle più antiche di Spagna. Le sue origini risalgono all'unione, avvenuta nel 1377, degli studî di Barcellona e di Lérida: nel 1450 Alfonso V riconobbe al nuovo istituto il grado di università. Soppressa da Filippo V, fu ricostituita nel 1821, e ha ora sede, dal 1872, in un grandioso edificio dell'architetto Rogent. Ha cinque facoltà (filosofia e lettere, scienze, farmacia, medicina, diritto). La biblioteca (160.000 voll.) comprende i vecchi fondi dei monasteri.
Tra le organizzazioni di cultura dipendenti dagl'istituti centrali della capitale, è da ricordare l'Accademia provinciale di Belle Arti, che dipende dall'Accademia reale di San Ferdinando di Madrid. Esistono poi a Barcellona altre accademie locali, fra le quali è da menzionare in primo luogo la Reale accademia di belle lettere, fondata alla fine del sec. XVII col nome di Academia de los Desconfiados (Accademia degli sfiduciati), scopo della quale è coltivare le belle lettere in generale, e in particolare quei rami del sapere che possono contribuire ad illustrare la storia della Catalogna. Essa ha pubblicato 8 tomi delle sue Memorie, e varî altri volumi. La Reale accademia delle scienze e dell'arti di Barcellona, fondata nel 1764, pubblica importanti Memorie scientifiche; è divisa in 4 sezioni: scienze esatte, scienze fisico-chimiche, scienze naturali ed arti; possiede un importante osservatorio astronomico.
La Reale accademia di medicina e di chirurgia, istituita nel 1770, dedica tutta la sua attività agli studî di medicina. L'Accademia di giurisprudenza e di legislazione, fondata nel 1810, comprende quasi tutti gli avvocati della città. L'Accademia di Paleografia possiede un interessante archivio storico-documentario.
L'Accademia della lingua catalana fu progettata nel 1879. Il suo scopo è di pubblicare una grammatica e un dizionario dell'idioma catalano. Al tempo della sua fondazione fu completata dai cosiddetti Mestres en Gay Saber (Maestri di gaia scienza).
L'ente culturale più importante di Barcellona è però senza dubbio l'Istituto di studî catalani, fondato nel 1907 dalla deputazione provinciale di Barcellona; sua missione è la ricerca scientifica di tutti gli elementi della cultura catalana e l'organizzazione del lavoro scientifico in genere. Comprende varie sezioni, prima tra le quali, in ordine di tempo, la sezione storico-archeologica, che sta effettuando viaggi di esplorazione e di studî nelle biblioteche, nei musei, negli scavi, ecc. Frutto del lavoro di questa sezione sono alcune pubblicazioni importanti. La sezione filologica sta pubblicando un Bollettino di dialettologia catalana; dall'anno 1913 la Biblioteca filologica (16 tomi); Estudis fonetics (studî fonetici) e alcune traduzioni in catalano di opere di valore universale. La sezione di scienze va pubblicando dal 1911 i suoi Archivî, la Colleció de cursos de fisica matematica (5 tomi), l'Annuari de la Societat Catalana de filosofia, i Treballs de la societat de biología, i Treballs de la Institució catalana de historia natural. Una delle opere più importanti compiute dall'istituto è la creazione della magnifica Biblioteca de Catalunya (oggi Central de la Diputación de Barcelona) che dispone di ricchissimi fondi. Ha 130.000 volumi, ed è la più moderna e meglio organizzata della Spagna (sistema decimale).
Centro culturale di miuore importanza è l'Ateneo barcellonese, fondato nel 1860, che possiede una biblioteca di 40.000 volumi.
Infine, esiste a Barcellona un Consistori dels Jochs Florals (Associazione per i giuochi floreali), che bandisce annualmente dei concorsi letterarî, mantenendo in tale modo la sua tradizione medievale.
Nel campo della musica la città vanta notevoli tradizioni, non solo nel campo del teatro (v. oltre), ma altresì in quello concertistico e anche didattico per il suo fiorente conservatorio di musica. Essa ha soprattutto importanza per esser centro dello studio e della pratica del folklore musicale di Catalogna, specialmente grazie alle società corali fra le quali primeggia la Orfeó Català. La Rivista musical catalana è poi un periodico di diffusione e fama europea.
La vita teatrale. - La storia del teatro di Barcellona presenta due grandi periodi: il primo dalle origini del teatro fino al 1835, e il secondo da questa data fino ai giorni nostri. La storia del primo periodo è completamente legata alla vita di quello che fu l'antico Teatro de la Santa Cruz, proprietà dell'ospedale dello stesso nome.
Nel 1579 D. Fernando di Toledo, capitano generale della Catalogna, concesse agli amministratori dell'ospedale della Santa Croce il privilegio delle rappresentazioni teatrali nella città, e nel 1587, dietro supplica di detti amministratori, il re Filippo II confermò tale privilegio, concedendoglielo in perpetuo. Il fatto che gli amministratori desiderassero l'esclusività della gestione di detti spettacoli dimostra che a quell'epoca l'amore dei Barcellonesi per l'arte scenica offriva tali prospettive da tentare le compagnie degli autori e dei comici spagnoli più famosi a quel tempo.
L'amore per le rappresentazioni teatrali si accrebbe anzi talmente che nel 1597 gli amminstratori decisero di costruire un teatro apposito su alcuni terreni che possedevano sulla Rambla. La proibizione, decretata nel 1598, di rappresentare commedie entro confini della Corona spagnola e le precauzioni prese contro una epidemia di colera paralizzarono i lavori sino all'anno 1603, nel quale, essendo stato tolto il divieto, le compagnie, che fino ad allora avevano utilizzato per i loro spettacoli le dipendenze dell'ospedale, passarono ad occupare il nuovo teatro, che, sotto il nome di Casa de las Comédias, fu il secondo costruito in Spagna, e uno dei primi e dei più importanti d'Europa.
L'incremento preso dalle rappresentazioni drammatiche a Barcellona costrinse a restaurare, ampliandolo, il primitivo edificio; e nel 1760 fu inaugurato il nuovo sfarzoso teatro capace di oltre mille spettatori. Da quel momento l'antica Casa de las Comédias, sotto il nome, conservato fino ad ora, di Teatro Principal, si convertì in un centro di ritrovo della società elegante di Barcellona. Distrutto da un incendio nel 1787, fu riedificato l'anno dopo, e visse splendidamente per lunghe stagioni, finché nel 1915, già al tramonto della sua gloria, un secondo incendio lo distrusse totalmente. In seguito passò in mano a un privato, che lo ricostruì in forma molto diversa, adatta solamente a certi determinati spettacoli. Durante due secoli e mezzo si svolse su queste scene tutta la vita teatrale di Barcellona. Lì agirono le compagnie dei più famosi autori spagnoli, lì furono fatte conoscere le produzioni degli autori del secolo d'oro, e lì apparve l'opera italiana, che subito doveva gettare così profonde radici nel gusto del pubblico catalano.
All'influenza politica esercitata in Italia dalla Spagna corrispose infatti, in quel tempo, una vasta influenza che nella penisola iberica esercitarono le arti e le lettere italiane. L'opera italiana però ebbe dapprima a Madrid poco successo: il genere lirico spagnolo di allora era la zarzuela (una combinazione di recitativi e pezzi musicali), e il gusto del pubblico madrileno si mostrò riluttante ad accettare la nuova forma musicale. Barcellona invece accolse senza riserve la musica italiana, perché, grazie alla situazione politica della Catalogna durante il sec. XVI e il XVII, a Barcellona apparivano ugualmente "oggetto di importazione" tanto il teatro spagnolo quanto l'opera italiana. La più lontana notizia circa l'introduzione dell'opera italiana a Barcellona ci è conservata nella relazione della festa che fu data nel 1708 nel salone gotico della Lonja de Mar con una rappresentazione di questo genere per festeggiare le nozze dell'arciduca Carlo con la principessa Isabella di Brunswick. Nell'archivio dell'ospedale, troviamo poi che nel 1769 gli amministratori domandano al re Carlo III di estendere in favore della Casa il privilegio accordato da Filippo II circa l'esecuzione di opere liriche: il che dimostra che già prima di tale data continuavano a darsi a Barcellona tali rappresentazioni in altri locali.
Nel corso della stagione 1780-51 il Teatro Principal diede infatti sei opere liriche nuove: La finta cameriera di G. Latilla; Il filosofo chimico poeta di Scolari; Merope di Jomelli; Siro, re di Persia, libretto di Metastasio e musica di Sarria y Hasse; I.a vedova accorta, di autore sconosciuto, e Lo scolaro alla moda di varî autori. Nel 1783-84 la Compagnia italiana dell'opera buffa delle sorelle Tomba e del tenore Panati otteneva successi strepitosi con opere di Cimarosa e Paisiello: mentre l'ostilità del pubblico castigliano contro l'opera italiana persisteva tanto viva che nel 1801 fu proibita la rappresentazione di opere straniere con artisti stranieri in tutta la penisola, a Barcellona il Teatro Principal continuava a diffondere il repertorio italiano, aggiungendovi le opere di Mozart, alternatamente con il teatro drammatico spagnuolo.
È questo il momento di maggior splendore del primo periodo della storia teatrale di Barcellona. Sulla scena s'impongono il grande musicista di Valenza Vincenzo Martino Soler, il quale in seguito divenne maestro alla corte di Vienna, e il geniale chitarrista catalano Fernando Sors. La direzione artistica del teatro viene assunta dal celebre compositore italiano Tozzi, che così lunga traccia di sé lasciò nella vita musicale della città.
Finita la guerra per l'indipendenza, si fondò una società di azionisti con lo scopo di irrobustire la vita dell'antico teatro, e dare all'opera nuovo splendore. Con tale proposito nel 1815 fu scritturata la compagnia italiana di Pietro Generalli, sotto la cui direzione si riunivano le celebri virtuose Antonia Mosca e Marianna Rossi e il tenore Bordogni. Poco tempo dopo Rossini con la sua musica conquistava il pubblico barcellonese (il Barbiere di Siviglia fu dato a Barcellona per la prima volta nel 1818, prima che a Parigi) avendo come cantanti la Brambilla e il tenore Verger: fra gli spettatori entusiasti era anche Leandro F. Moratin.
I successi del 1835 trasformarono la vita e l'aspetto di Barcellona. Lo stato, essendosi impadronito dei terreni dei conventi incendiati dalle turbe ammutinate del luglio, stabilì in alcuni di essi la sede di nuovi teatri. Si inizia così nella storia della vita teatrale di Barcellona il nuovo periodo, contrassegnato dalla fondazione di numerose società e centri culturali dell'arte lirica e drammatica. Tale origine ad esempio ebbe il gran Teatro del Liceo, costruito sulla Rambla sul terreno di un antico convento, e inaugurato nel 1847 grazie agli sforzi di alcuni cittadini entusiasti: la sala del teatro è anche ora una delle più capaci e sontuose del mondo, e sulle sue scene hanno sfilato gli artisti principali di tutti i paesi. D'allora in poi i teatri si moltiplicarono e Barcellona si convertì in un centro artistico di prim'ordine, il cui giudizio fu sollecitato e temuto da attori e cantanti di fama mondiale. Rossi e Salvini, Novelli e Zacconi, la Duse e la Vitaliani si divisero gli applausi del pubblico barcellonese con gli artisti spagnoli Romea, Valero, Vico, Calvo, la Guerrero e con gli attori catalani recitanti ormai in lingua catalana su "teatro catalano".
Bibl.: A. Pi y Arimón, Barcelona antigua y moderna, voll. 2, Barcellona 1854; J. Ixart, Teatro catalá, ensaig histórich-critich, in Jochs florals de Barcelona, Barcellona 1879, pp. 155-241; F. Virella y Casañas, La ópera en Barcelona, Barcellona 1888; F. Curet, El arte dramático en el resurgir de Cataluña, Barcellona s. a.
Monumenti.
Edifizî religiosi. - La chiesa più autica è S. Paolo del Campo, fondata da Vifredo II nel 914, ma ricostruita due secoli più tardi dal conte Uberto. Ha facciata molto caratteristica, con ornati del sec. X; pianta in croce greca quasi perfetta con tre absidi semicircolari alle estremità dei bracci; vòlta a botte sulle navate; cupola ottagonale sul mezzo. Il chiostro presenta una ricca serie di capitelli. Uguale pianta e struttura ha la chiesa di S. Pietro de las Puellas, molto sfigurata dalle molte vicende e da ripetuti restauri. È anche un curioso esempio di architettura romanica la chiesa di S. Lazzaro. Quella di S. Anna, eretta nel 1146, ha un bel chiostro del sec. XIV.
La cattedrale, di S. Eulalia, è in Barcellona l'edificio più grandioso e più completo. Consacrata nell'anno 878, dovette essere ricostruita nel 1058, dopo l'invasione saracena; ma di questo periodo rimangono solo pochissime tracce. Il tempio attuale cominciò ad essere costruito nel 1298 e in gran parte è opera del sec. XIV. Non si conosce il nome del primo architetto. Il primo artista di cui comparisce il nome è Jaume Fabré, di Maiorca (1317-1338); poi troviamo nominato un Roquer nel 1388, e alla stessa epoca F. Franch lavorava al chiostro, che fu condotto a termine nel 1451 da Andreu Escuder. La facciata principale è moderna, solamente le tre porte della crociera sono medievali; la meridionale, verso il chiostro, è romanica, quella di S. Ivo gotica. All'esterno sono anche da notarsi le due torri ottagonali sul transetto e i mascheroni delle grondaie, svariati e di forme fantastiche. L'interno (poche chiese ogivali destano un'emozione poetica più intensa per severità di linee, per la grande elevazione e la tenuità della luce) ha tre navate; deambulatorio di sette lati, ciascuno con una cappella poligonale, e vi sono altrettante cappelle per tutta la lunghezza del braccio maggiore, per le quali si è tratto profitto anche dalle sporgenze dei contrafforti. Codesta pianta sembra ispirata dalla chiesa di Narbona. Sui pilastri dalle sottili colonne girano archi a tutto sesto, quasi romanici, e sostengono volte poderose. Nel mezzo della chiesa è il coro riccamente intagliato da Matias Bonafé nel 1457 e coronato da Locker e Friedrich, alla fine dello stesso secolo, con svelti pinnacoli; nell'abside vi sono notevoli rilievi di Bartolomé Ordoñez, di Damian Forment e di Pere Vilar. Sotto la cappella maggiore trovasi la cripta di S. Eulalia costruita da Jame Faubré dal 1327 al 1338; vi si vede un sarcofago della scuola di Giovanni Pisano, con la data del 1339. Delle cappelle meritano speciale menzione quella del SS. Sacramento, con pitture di Antoni Viladomat; quella di S. Clemente, col mausoleo gotico di Sancia Ximenez de Cabrera; le cappelle di S. Martino di Peñafort, degl'Innocenti, del Patrocinio, ecc. Nel battistero si ammira una vetrata di Gil Fontanet, della fine del sec. XV, su cartone di Bartolomé Bermejo. Nel tesoro è custodito il trono argenteo del re Martin (1395-1410), un tabernacolo del 1498 e il Messale di S. Eulalia, con delicate miniature gotiche. Nella sala capitolare vi sono una Pietà del Bermejo, una Madonna di scuola fiorentina e alcune pitture di Benito Martorell, di Juan de Cabrera e di Luis Morales.
Dopo la cattedrale, la chiesa più grande di Barcellona è S. Maria del Mar; è senza transetto con tre navate e deambulatorio; molto notevole ne è la facciata con un gran portico, statue, rosone e campanile. S. Agata, costruita dal sec. XIII al XIV da Bertràn Riquer, con una sola navata e un'abside, è uno degli esemplari più belli della serie catalana. Dello stesso tipo sono le chiese dei Ss. Giusto e Pastore e di S. Maria del Pino, nella quale è notevole la tomba del pittore Viladomat. Le chiese barocche più interessanti sono quella della Madonna della Mercede, di S. Severo e di Betlemme.
La città nuova possiede molte chiese e conventi, ispirati più o meno felicemente agli stili antichi: i monasteri dei Gesuiti, delle Dame della Concezione, di S. Francesco di Sales, della Madonna di Pompei, ecc. Superiore a tutti questi edifici per importanza è il tempio espiatorio in costruzione, dedicato alla S. Famiglia, cominciato dal Villar e continuato dal Gaudí.
Monumenti civili. - Il palazzo della deputazione della Catalogna è opera capitale dell'architettura pubblica spagnola. L'edificio odierno consta di tre parti: del nucleo gotico, che comprende il cortile d'ingresso sulla via dell'Obispo e le gallerie e i crocicchi circostanti (1415-1532); del Cortile degli aranci con le dipendenze immediate, in cui vi sono opere gotiche e opere del Rinascimento (1514-1570); dell'edificio sulla piazza di San Jaime, del Rinascimento classico, cominciato nel 1596. Autori della parte più antica furono gli architetti March Çafont e Naliot de Lafont con lo scultore Pere Johan. La casa concistoriale fu cominciata verso la metà del sec. XIV, essendone uno degli architetti principali Arnau Barqués. Vi si ammira la Sala dei Cento, opera tipicamente catalana attribuita a Pere Llobet; e la facciata (con stemma e con angeli molto belli lavorati da Joan Jordi nel 1400) è uno splendido saggio di architettura civile. Il palazzo del viceré, oggi archivio della corona d'Aragona, è un edificio grandioso, costruito da Antoni Carbonell (1549-1555). Il palazzo de la Contratacion, edificato nel 1772, racchiude tra le sue mura la primitiva Lonja, eretta nel 1383 da Pere Zabadia, che per sontuosità gareggia con la Sala dei Cento della casa concistoriale. Molti altri edifizî antichi, conservati più o meno integralmente, esistono in Barcellona. Basterà citare: il palazzo dell'arcidiacono Lluis Desplá, morto nel 1524; quello di Dalmases, il vescovile e quello detto Real Mayor; l'ospedale di S. Croce; la casa de la Almoyna, ossia dell'Elemosina (del sec. XV) annessa alla cattedrale. Vi sono anche case private di sommo interesse, come quella di Gim-Nas (sec. XV), quella di via del Pino (sec. XVI), la casa dei calderai, nonché alcune con graffiti sulle facciate, come la casa Gremial de la seda. Edifici moderni notevoli: l'università, l'ospedale clinico, quello di San Carlo, il Palazzo di giustizia, ecc. Abitazioni con stili locali molto accentuati sono: la casa di "4 gats in via Mont-Sió e l'Hôtel Amatller di Puig y Cadafalch, e l'Hôtel Güell di Gaudí.
Nei dintorni della città si trovano il palazzo reale di Pedralbes, grande edificio costruito in questi ultimi anni, vicino al monastero di questo nome, e il parco Güell, creazione originale di Antoni Gaudí.
Il monumento commemorativo più notevole è quello dedicato a Cristoforo Colombo, eretto dal 1882 al 1888 su piani di Gaetà Buhigas; la statua è opera di Rafael Atché, i bassorilievi e i medaglioni di Llimona, Vilanova, Carbonell, Carcasó e Gamó.
Musei. - Il Museo archeologico provinciale, collocato nell'antica chiesa di S. Agata, conserva molti frammenti architettomci ed epigrafici romani e cristiani, provenienti per la maggior parte da edifici di Barcellona e della sua provincia. I due oggetti più importanti sono: un musaico del tempo di Caracalla, rappresentante la spina di un circo, e la pala primitiva della chiesa (1420). I musei del parco contengono importanti collezioni di archeologia, di arti industriali, di pittura e scultura. La sezione dell'arte romanica, sia per la quantità e qualità dei materiali ivi raccolti, sia per l'adatta disposizione, è di un'importanza straordinaria. Vi si conservano le pitture murali di Pedret, di S. Michele de la Seo, di S. Martino di Fenollar, di S. Maria e di S. Clemete di Tahull e di altre piccole chiese rurali dei Pirenei. A questi affreschi, che risalgono ai secoli X e XI, fa seguito una ricca serìe di paliotti con rilievi di stucco e pitture che serve ad illustrare i precedenti della feconda scuola catalana del basso Medioevo, rappresentata splendidamente nel museo da opere di Ferrer Bassa, dei Serra, del Borrassà, dell'Alfonso, dell'Huguet, ecc., e culminante nella meravigliosa tavola della Verge dels consellers di Lluis Dalmau. Il Museo delle arti possiede una ricca collezione di pitture e sculture moderne, di autori nazionali e stranieri. Tra le collezioni private ha singolare importanza quella, ricchissima, di D. Lluis-Plandiura, composta principalmente di paliotti, sculture e affreschi dell'epoca romanica e gotica, nonché di numerose ȧltre opere e oggetti di arte catalana moderna. (V. Tavv. XIII a XVI).
Bibl.: A. Ponz, Viaje de España, Madrid 1776; A. Bofurull y Brocà, Guía-cicerone de Barcelona, Barcellona 1846; J. Villanueva, Viaje literario á las iglesias de España, I-V, Valenza 1821; VI-XII, Madrid 1852; A. A. Pí y Arimón, Barcelona antigua y moderna, Barcellona 1854; V. Balaguer, las calles de Barcelona, Barcellona 1865; G. Cornet y Mas, Guía completa del viajero en Barcelona, 1866; id., Una mirada retrospectiva; transformació de Barcelona en mitg segle (1830-1880), in Barcelona vella; T. d'A. Gallisà, La fundación de la iglesia de San Pablo del Campo, Barcellona 1876; A. Aulestia y Pijoan, Barcelona, ressenya historica, Barcellona 1878; E. Támaro, Guía histórico-descriptiva de la Santa Iglesia Catedral basílica de Barcelona, Barcellona 1882; E. G. Bruniquer, Relació sumaria de la antiga fundació y cristianisme de Barcelona, Barcellona 1885; S. Sampere y Miquel, Topografía antigua de Barcelona. Rodalía de Corbera, Barcellona 1890; id., Barcelona en 1492, Barcellona 1893; Garcia del Real, Guía de Barcelona, 1896; F. Rogent y Pedrosa, Catedral de Barcelona, Barcellona 1898; J. Gudiol y Cunil, Arqueología sagrada catalana, Vich 1902; Mir y Casases, Real Monasterio de San Pedro de las Puellas, in El Sarrianés, Sarrià 1895-1900; A. Feu e J. Monfort, Sant Pau del Camp, Barcellona 1902; Salvador Sellés, Park Güell, Barcellona 1903; G. Barraquer y Roviralta, Las casas de religiosos en Cataluña durante el primer tercio del siglo XIX, Barcellona 1906; R. Casellas, Origens del Renaissement barceloni, in Anuari del'Institut d'Estudis Catalans, 1907, p. 43 segg.; O. Schubert, Geschichte des Barocks in Spanien, Esslingen 1908; J. Puig y Cadafalch e J. Miret y Sans, El palàu de la Diputació general de Catalunya, in Anuari del Institut d'Estudis Catalans, 1909-1910; F. Puig y Alfonso, Curiositas barcelonines, Barcellona 1910; R. N. Comas, Datos para la historia del esgrafiado en Barcelona, Barcellona 1913; M. Faura y Sans, Barcelona y sus alrededores. El Tibidado y Montserrat, Madrid 1926; A. Durán y Sanpere, La Casa de la Ciudad de Barcelona, Barcellona 1927; N. M. Rubió-Tudurí, Les jardins de Barcelone, Barcellona 1929; F. Carreras e Caudi, La Ciutat de Barcelona, in Geografia general de Catalunya, Barcelona s. a.; R. Casellas, Els últims barrocs de Barcelona, in Empori, I, p. 94, III, pp. 169, 194; R. N. Comas, La reforma de Barcelona, in Empori, I, p. 194; E. Flórez, Espana Sagrada, Madrid 1750 e segg.; Centre Excursionista de Catalunya, Recort de la exposició de documents gràfics de coses desaparegudes de Barcelona durant lo segle XIX; S. Sanpere y Miquel; B.; son passat, present y porvenir, Barcellona 1878; I. Torras y Oriol, Barcelona histórica antigua y moderna, Barcellona s. a.; I. Folch y Torres, Arte románica: catálogo, Junta de Museos de Barcelona, Museo de la Ciudadela, Barcelona, Barcelona 1926. - Sulla collezione Plandiura, v. Pablo Tachard, La collection Plandiura, in Vell i Nou, 1920, pp. 224-34; id., Les grands coll. d'objets d'art ancien en Espagne, ibid., 1921, pp. 357-73; J. Sacs, Les collections Plandiura, in L'amour de l'art, VII (1926), pp. 221-40; J. Folch y Torres, La collection Plandiura, in Gaseta de les arts, II, i, n. 2, 1928; cfr. W. W. S. Cook, in The Art Bulletin, XI (1929), p. 155 segg.
Storia.
L'età antica. - Nell'antichità, Barcellona (Barcino) apparteneva all'Hispania citerior (Tarraconensis), sulla costa del mare Balearicum, a sinistra della foce del Rubricatus, nel paese dei Laeetani. Secondo Ausonio (Ep., XXIV, 68 segg.) e Orosio (VII, 43) deriverebbe per il suo nome dalla famiglia cartaginese dei Barca, ma si tratta probabilmente di una delle false etimologie proposte dagli antichi, poiché l'impero cartaginese non s'è mai esteso al nord dell'Ebro.
Venuta sotto il dominio romano, dall'inizio della seconda guerra punica ai tempi d'Augusto fu colonia romana (Plinio, Nat. Hist., III, 2a; Dig., I, 15-8) ed ebbe il titolo, portato da molte iscrizioni, di Colonia Iulia Faventia Augusta Pia. Era iscritta alla Tribus Galeria e dipendeva dal Conventus Tarraconensis. Le sue iscrizioni ricordano i duoviri, i Flamines Romae et Augustorum, i Seviri Augustales e i Collegia Fabrum, Assotanum (Corp. Inscr. I.at., II, pp. 599, 711). Si trovava sulla via tra Gerunda e Tarraco (Itin. Anton.; Tolomeo, II, 6,18; Anon. Ravennate, IV, 42; V, 3; Pomponio Mela, I, 6,5).
Barcino, se non ebbe nell'antichità l'importanza della sua vicina Tarragona, fu città fiorente, particolarmente al tempo degli Antonini e negli ultimi tempi dell'Impero. Avieno infatti ci dice: Et Barcilonum amoena sedes ditium (Or. mar., 520). Dell'età romana ci restano non poche vestigia; notevoli soprattutto i resti delle due torri semicircolari della Porta Pretoria nella Plaza Nueva e un antico edificio, il creduto Tempio di Ercole (stud. e illustr. da Puig y Cadafalch, L'arquitectura romanica a Catalunya, I, 1909, p. 41 segg.), di cui restano, in Calle del Paradiso, nel locale del Centro escursionista, tre belle colonne corinzie, mentre una quarta è posta all'esterno del Museo Arqueológico Provincial, il quale racchiude resti di sculture, di sarcofagi (famosi quello della caccia al leone e quello del Ratto di Proserpina, per il quale cfr. Puig y Cadafalch, op. cit., p. 78), di musaici (notevoli tra essi quello dei giuochi circensi, per il quale cfr. Hübner, in Boll. Corr. arch., 1860, e quello termale con Tritoni e Nereidi trovato nella chiesa di S. Michele Arcangelo) e di monete della Barcino romana (cfr. Albertini, Sculptures antiques du Conventus Tarraconensis, in Anuari Est. Calalans, 1911-12; cfr. anche Revue des Études anc., luglio-settembre 1910). Si osservano ancora i resti delle sue antiche mura (illustr. dal P. Fita, in Rev. Histor., III), di un acquedotto, di un anfiteatro e la mina, vasto condotto sotterraneo per lo spurgo delle acque. In complesso l'arte della Barcino romana è più goffa e più provinciale di quella portata dai Romani direttamente a Tarraco. Ma Barcino è soprattutto nota per essere stata, come Almeria, un centro minerario e portuale per l'estrazione e l'esportazione del piombo argentifero, industria a cui essa deve, prima ancora che avesse inizio il dominio romano, la sua origine e la sua fortuna. Furono infatti rinvenuti nel suo territorio dei notevoli resti di litargirio provenienti dall'antico trattamento delle galene.
L'età medievale e moderna. - In un centro di così grande importanza la predicazione cristiana doveva naturalmente cercare e reclutare ben presto i suoi proseliti. E questi furono molto numerosi - anche se del tutto ipotetica sia la predicazione di S. Paolo, come da taluno viene affermato; fra i cristiani si annoverarono, nel periodo delle persecuzioni, martiri come il vescovo S. Severo e S. Eulalia.
Sopravvennero le invasioni dei Germani, le quali tuttavia non rappresentarono - almeno in un primo tempo - un'era di decadenza. Ché anzi, entrati i Visigoti in Barcellona sotto il comando di Ataulfo, nel 415, la città divenne sede della corte e del governo visigoto; per quanto ben presto il re Vallia trasferisse la capitale a Tolosa, nella Gallia meridionale. Ma una seconda volta Barcellona diventò centro dei Visigoti di Spagna: e fu sotto Amalarico. E anche quando, dopo un periodo oscuro (quello dei re Teudis, Teudisel e Agila), la capitale divenne Toledo (al tempo di Atanagildo), Barcellona continuò a conservare grande importanza: lo provano i concilî che vi furono celebrati nel 540 e nel 589 e la qualifica che Quirico, arcivescovo di Toledo, le dava di città augusta ed eminente. La fortuna della città era ormai saldamente fondata, sì che anche i passeggeri disastri non l'avrebbero prostrata. Lo si vide nel momento della conquista musulmana: il commercio del porto ne risentì, l'attività e la ricchezza della città furono dimezzate, ma Barcellona continuò a rimanere un centro di prim'ordine. La lontananza da Cordova permette anzi ai governatori musulmani della città di assumere un atteggiamento di semindipendenza; e rivolte interne (come quella del 781) provano che lo spirito della popolazione è tutt'altro che fiaccato. La conquista da parte dei Franchi (25 dicembre 801) fa della città la capitale della Marca hispanica; e se per due volte, nel 914 e nel 995, gli Arabi riescono a riconquistarla - per breve durata però -; se durante tali incursioni il territorio circonvicino e il recinto abitato subiscono gravi danni, pure è già posto, nella Marca hispanica, il nucleo della contea di Barcellona (v.) di cui Barcellona sarà il centro.
Con la contea, che abbraccia il territorio barcellonese-catalano, comincia infatti il rinnovato fiorire dell'attività economica cittadina.
Già nel 990 si trova ricordato il mercato di Barcellona, posto fuor delle mura in luoghi e giorni fissati dal conte. Nel sec. X-XI il porto è già provvisto di un faro; nel sec. XII si pattuiscono trattati di commercio e di navigazione con i Genovesi; nel 1250, per opera di Giacomo I, con il sultano d'Egitto; nel 1379, con Alī-Man sur Aleddin. I frutti di questa politica commerciale non tardarono a farsi sentire: nel 1272 i Catalani (cioè specialmente i Barcellonesi) avevano un loro console ad Alessandria d'Egitto, mentre ad essi era dovuto, per riconoscimento degli stessi sovrani, gran parte dello sviluppo del commercio nell'Aragona, nella Catalogna e a Valencia. Barcellona era divenuta il deposito generale delle merci d'Oriente, spezie soprattutto, al cui commercio attendeva un collegio speciale di mercanti. Commerciavano con Narbona, Montpellier, Marsiglia, con Genova, Pisa, Roma, Napoli, Venezia, con la Sardegna, la Sicilia, Malta, con l'Africa del Nord (Marocco, Tunisi), con Candia, Cipro, Rodi, Ragusa, Costantinopoli; godevano privilegi a Siviglia e facevano da tramite fra il Portogallo e le Canarie. Le tariffe menzionate nelle Cortes di Barcellona del 1379 possono dare un'idea dell'estensione del commercio catalano il quale ebbe anche una speciale salvaguardia giuridica nel Consulado de mar, istituito dal re don Martín nel 1347. Era un tribunale speciale con competenza su tutte le controversie marittime e commerciali, in base a un diritto consuetudinario, codificato (secondo il Capmany) nel sec. XIII, e diffusissimo per secoli in tutto il Mediterraneo. Di pari passo si sviluppavano i cambî del denaro prima per opera di Lombardi (Italiani), poi, nei secoli XIII e XIV, di Ebrei e di Catalani. La vita culturale entra anch'essa in un periodo di nuovo splendore (basti ricordare il regno di Giacomo II, quelli di Pietro IV e di Giovanni I d'Aragona): qui - e sia pure per impulso dei sovrani - si cominciano ad avvertire i segni precursori che annunciavano già fin d'allora la venuta del Rinascimento.
Si costituisce pertanto un vigoroso organismo cittadino, che, attraverso il Consiglio dei Cento, assume netto colorito politico, oltreché amministrativo: e attraverso il Generalato della Catalogna, rafforza ancora tale suo carattere, come capitale vera e propria della Catalogna. Gli effetti del grande progresso economico e politico di Barcellona, e della sua importanza in seno alla Confederazione catalano-aragonese, si fanno avvertire sulla politica estera dei re d'Aragona: giacché il movimento di espansione mediterranea, che questi re seguono, è determinato e sostenuto, ben più che dalle popolazioni propriamente aragonesi, dai Catalani e quindi in prima linea dai Barcellonesi. È la conquista delle Baleari, nel 1229-30; è, più tardi, la politica di Pietro III; è l'acquisto della Sardegna: tutte manifestazioni di un espansionismo economico-politico, che trova la sua vera e salda base nell'attività di Barcellona. La quale favorisce le imprese de' suoi sovrani, accordando aiuto di uomini e di denaro per la conquista delle Baleari, per quella di Valenza e di Murcia, per le guerre contro i Genovesi, come ad es. nel 1352-54. Non mancano neppure i contrasti con i Castigliani: famosa la battaglia navale del 1358, nel porto di Barcellona, tra la flotta castigliana, comandata dallo stesso re Pietro il Crudele e assai più numerosa, e quella aragonese (catalana) riuscita vincitrice.
Si formavano così quello spirito di indipendenza, quella volontà di autonomia, che sono poi passati nei Barcellonesi dell'età moderna e che hanno caratterizzato la loro permanenza nel seno dell'unità spagnola. Una prima, grande manifestazione dello spirito autonomistico della città si ebbe nel sec. XV. Già dopo il compromesso di Caspe, nel 1416, s'era verificato un contrasto fra la municipalità di Barcellona e il re; ma di ben altra gravità furono i moti della seconda metà del secolo. L'occasione fu dovuta al dissidio tra il re Giovanni II d'Aragona e il figliastro di lui, principe di Viana, che le Cortes aragonesi avevano riconosciuto come erede al trono. Quando giunse notizia che il re aveva fatto imprigionare il principe, Barcellona e la Catalogna si ribellarono; né si contentarono della liberazione del principe, che il re dovette concedere, ma gli giurarono fedeltà come a principe ereditario e imposero a Giovanni II di nominarlo governatore generale di tutti i suoi stati, con la particolar clausola che nel principato di Catalogna fosse assoluto signore. Il principe morì poco dopo con sospetto di veleno: e ciò fu l'inizio di una formidabile ribellione dei Barcellonesi e dei Catalani contro il re. La lotta durò dieci anni, ed ebbe larghe ripercussioni anche fuori di Spagna (ne approfittò accortamente Luigi XI di Francia); i cittadini offrirono la contea prima al re di Castiglia e poi a Pietro connestabile di Portogallo. Morto anche quest'ultimo, nel 1467 i capi del governo catalano non furono concordi: alcuni di essi volevano tornare all'obbedienza al re di Aragona, altri pretendevano di fondare una repubblica indipendente a imitazione delle repubbliche italiane. Ma nessuna di queste opinioni prevalse e venne eletto primo re Renato duca d'Angiò, rappresentato dal proprio figlio. Trascorsero ancora alcuni annì di dura lotta: ma infine, nel 1472, la città si sottomise. Fu accordato un perdono generale; il re approvò e confermò gli atti compiuti dal governo della città per un decennio e i decreti emessi durante la guerra, e l'anno seguente entrava trionfante a Barcellona.
Tranquilla rimase invece la città nei primordî del regno di Carlo V, mentre nella Castiglia si sollevavano i comuneros e a Valenza e a Murcia i germanados. Effettivamente, la politica imperiale, se era rovinosa per tanta parte della Spagna, apportava grandi vantaggi a Barcellona. La città era infatti il punto di partenza e d'appoggio di quel sistema politico-finanziario che, attraverso Genova, legava la Lombardia e la Germania alla penisola iberica: convogli d'armati, più tardi galeoni carichi d'oro e d'argento, che costituirono sempre più il nerbo vitale delle imprese di Carlo V, partirono periodicamente dal porto verso l'Italia e, di qui, per la Germania. Fu questo, dalla fine della rivoluzione del 1461-72, un periodo di intensissima attività del porto, di acquisto di ricchezze quindi per la cittadinanza. I Barcellonesi estesero in quel tempo il loro commercio alla Fiandra e di lì all'Inghilterra; quindi alla Germania, specialmente con Augusta e Norimberga. Tali estese relazioni portarono a una speciale istituzione bancaria, la Taula de Canvi, il cui primo ordinamento è del 1401 e che si sviluppò in seguito, assorbendo gran parte delle fortune pubbliche e private. Verso la fine del sec. XV il porto è regolarmente frequentato dalle navi più grandi che allora solcassero i mari, navi di oltre 200 tonnellate di carico e di valore ingentissimo, data la natura del commercio in quel tempo. Tutto questo attrae verso la città, alle sue fiere periodiche, mercanti italiani, provenzali, francesi, tedeschi che vi trovano colonie stabili di loro connazionali. La cittadinanza già nel 1491 raggiunge le 38.000 anime, mentre il preventivo dei redditi municipali è messo all'incanto per 55.050 libras, ossia circa 688.125 pesetas. Una grande città dunque: grande quasi come Napoli - a detta dei contemporanei - con case di marmo a tre e quattro piani, che sono la meraviglia dei forestieri, e con un notevole sistema di fogne; cosa del tutto insolita nella Spagna d'allora. Ad un tempo, si consolida l'organizzazione tecnica commerciale: nel 1535, si costituisce la prima società d'assicurazione marittima vera e propria, los Seguros Maritimos.
Della politica imperiale di Carlo V, Barcellona risentì dunque i vantaggi, non i danni. Ma diversamente si presentarono le cose, allorquando, attenuatasi la politica d'espansione del regno, e ridottasi quindi l'importanza politico-economico-finanziaria della città, si cominciò ad avvertire il peso della fiscalità regia e - cosa soprattutto grave per i Catalani - della politica assolutistica, centralizzatrice della monarchia. I primi contrasti si ebbero già nel 1626 e nel 1632; poi, il 12 maggio 1640 scoppiò una prima rivolta; e infine il 6 giugno, giorno del Corpus Domini, avvenne la grande sommossa, in cui perì assassinato con altre persone lo stesso viceré, conte di Santa Coloma. La rivolta del 1640, come già quella del 1462, s'inserì nel quadro della politica internazionale: che la Francia, allora in guerra con la Spagna, aiutò validamente gl'insorti, e questi a lor volta, dopo aver proclamata la repubhlica, si decisero a riconoscere la sovranità del re di Francia. Un esercito francese occupò la Catalogna; e solo nel 1652 la ribellione aveva fine, con la resa dei Barcellonesi (11 ottobre 1652). L'anno seguente, Filippo IV confermava i fueros catalani con alcune riserve. Le vicissitudini belliche di Barcellona non erano ancora finite: nel 1697, nelle guerre tra Francia e Spagna, la città fu bombardata e presa dai Francesi, che vi rimasero dall'agosto sino al gennaio 1698; poi, nella guerra di successione di Spagna, Barcellona, dichiaratasi con la Catalogna in favore dell'arciduca d'Austria, Carlo, fu assediata da Filippo V (1706). Ma il re non poté entrarvi prima del settembre 1714, dopo una lotta titanica in cui i Barcellonesi si difesero disperatamente. Vi fu chi consigliò al re di distruggere la città di cui s'era impadronito, ma Filippo non volle farlo; distrusse però tutto il quartiere della Ribera, edificandovi la Cittadella, bruciò gli stendardi della Catalogna, abolì i fueros e i privilegi di Barcellona, disciolse la Deputazione e il Consiglio dei cento, perseguitò i difensori della causa catalana.
Una grande ripresa dell'attività e della prosperità cittadina si ebbe solo sotto i successori del primo Borbone. La lavorazione dei tessuti di cotone diede nuovo alimento all'industria cittadina (nel 1746 sorgeva la prima manifattura, nel 1767 ve n'erano già più di 20); ma soprattutto era fonte di grandi benefici e di rinnovato sviluppo del porto il decreto del 1778, che concedeva a tutti gli Spagnoli il diritto di commerciare liberamente con le Indie, abolendo il regime monopolistico della Casa di Contratación di Cadice. L'invasione francese del 1808 (Barcellona fu occupata nel febbraio di quell'anno e rimase in potere di Napoleone fino al 1813); le guerre civili della prima metà del sec. XIX recarono certo danno e poterono anche, per un momento, arrestare il rigoglioso sviluppo economico della città; ma nella seconda metà del secolo la marcia ascensionale riprese rapidamente. Nel 1858-68 venne abbattuta l'antica cinta di mura e la città si estese fino ad incorporare in sé le borgate vicine; nel 1888, si teneva in Barcellona un'Esposizione universale, che testimoniava della forte attrezzatura economica della città. Non più soltanto il porto dava alimento alla ricchezza dei Barcellonesi: un forte sviluppo industriale li poneva alla testa della Spagna, anche per tal riguardo, e faceva della loro città il massimo centro di produzione della penisola iberica. Tale ritmo ascendente è continuato sino ai giorni nostri: in una nuova, recentissima Esposizione (apertura maggio 1929 - chiusura giugno 1930), Barcellona ha confermato pienamente la sua fama di città operosa, ricca e modernamente attrezzata.
Il forte sviluppo industriale e la formazione di un vasto ceto operaio hanno naturalmente fatto sì che in Barcellona la questione sociale si sia presentata con carattere assai più acuto che non in tutto il resto della Spagna. In genere, nel sec. XIX, la città era sempre rimasta un centro di idee liberali, anche per effetto dei suoi propositi catalanistici: ma poi vi fiorirono - e si può dire sino all'avvento della dittatura di Primo de Rivera - il socialismo e il radicalismo, alleati con un anticlericalismo violento che esplose a tratti, sin dalla prima metà del sec. XIX (a Barcellona come d'altronde in tutta la Spagna) in sanguinose sollevazioni e che trovò poi, al principio del sec. XX il suo più noto esponente in Francisco Ferrer. E più ancora vi fu un periodo, ai primordî del sec. XX, tristemente celebre per la frequenza degli attentati anarchici.
Ma Barcellona ha avuto una sua importanza politica, soprattutto per un movimento ben proprio e particolare. E cioè il "catalanismo" che in Barcellona ha trovato il suo centro, politico e culturale. Di esso movimento si tratterà a suo tempo (v. catalogna: Storia): qui basti ricordare come - in genere - la popolazione barcellonese sentisse profondamente il "catalanismo", serbando di fronte ai "castigliani" un atteggiamento non certo molto benevolo; come il tono della vita barcellonese fosse improntato a un forte e netto sentimento particolaristico, che determinava fra la restante popolazione della Spagna discussioni, dissensi e eontrasti. Né il catalanismo può dirsi vinto dall'intervento diretto della dittatura di Primo de Rivera.
Bibl.: Per una bibl. compiuta v. B. Sánchez Alonso, Fūentes de la historia española é hispano-americana, 2ª ed., Madrid 1927. La storia di Barcellona città è d'altronde così strettamente intrecciata con quella della Catalogna e della contea di Barcellona, che si deve rinviare alla bibl. annessa a queste due voci. Tra le fonti che servono per la ricostruzione della storia barcellonese, principalissime sono le Lleys del Consolat de Mar (ed. Venezia 1544); la Colección de documentos inéditos del archivo de Aragón, pubbl. da P. Bofarull y Mascaró, Barcellona 1847; l'Episcologio de la ciudad de Barcelona di Carbonell, in España Sagrada di Florez (1754-1856), XXIX; la Colleció de documents historichs inedits del arxiu municipal de... Barcelona, Barcellona 1892, segg. I-XVII; gli Acta Aragonensia, pubbl. da H. Finke, voll. 3, 1908-1922; i Documents per l'Historia de la cultura Catalana Mig-eval, pubbl. da Antonio Rubió y Lluch, voll. 2, Barcellona 1908-1921. - Tra le opere che concernono la Catalogna in genere v. specialmente: J. Coroleu e Inglada e J. Pella y Forgas, Los Fueros de Cataluña, Barcellona 1878; id., Las Corts Catalanas, Barcellona 1876; S. Sanpere y Miquel, Las costumbres catalanas en tiempo de Juan I, Gerona 1878; J. Coroleu e Inglada, La sociedad catalana en tiempo de los condes de Barcelona, in España moderna (Madrid), I (1889), pp. 37-68; S. Bové, Institucions de Catalunya: las Corts, la Diputació, lo Concell de Cent, Los Gremis y el Consolat de Mar, Barcellona 1896; F. Bofarull y Sans, Antigua marina catalana, Barcellona 1898; I. Bo y Singla, Marina Catalana medieval, Barcellona 1922 (Encicl. Catalana, vol. XXXII).
Di lavori specifici su Barcellona cfr. specialmente - per i varî periodi - F. Codera, Narbona, Gerona y Barcelona bajo la dominación musulmana, in Anuari de l'Institut d'estudis catalanas, III (1910-11) pp. 178-202; F. Carreras y Candi, Hegemonia de Barcelona en Cataluna durante el siglo XV, Barcellona 1898; J. Carreras y Bulbena, Carles d'Austria en Barcelona y Girona, Barcellona 1902; J. de Llave y García, El sitio de Barcelona en 1713-1714, Madrid 1903; J. Audonard, Le siège de Barcelone en 1714 d'après une correspondance inédite, Parigi 1910; P. Couard, Napoléon et la Catalogne... La captivité de Barcelone, Parigi 1909. E, in genere, A. de Capmany, Memoria sobre la marina, comercio y artes de la antigua ciudad de Barcelona, Madrid 1771-1792, voll. 4; F. Carreras y Candi, La ciutat de Barcelona, in Geografia general de Cataluña (1909); il Bulleti de la Biblioteca de Catalunya, Barcellona 1914-1922; inoltre l'Anuari de l'Institut d'Estudis catalans, Barcellona 1907-1920, e il Bulleti de l'Associació Catalana d'Antropologia, Etnologia y Prehistoria, Barcellona 1923 segg.
La Contea di Barcellona. - La riconquista del NE. della penisola Iberica caduta nelle mani dei Saraceni fu opera dei Franchi. Questi, cacciati dalla Settimania i Musulmani invasori sconfitti a Poitiers (732), cominciano a fare spedizioni fortunate sui territorî che dovevano poi costituire lo stato catalano. Evento principale della lotta fu, sotto Carlomagno, la capitolazione di Barcellona (801), caduta in potere di Ludovico il Pio re di Aquitania. La vittoria portò i limiti della terra catalana riconquistata al fiume Llobregat (S. di Barcellona), e tutto questo territorio peninsulare venne incluso dentro una grande Marca che si estendeva dal Rodano all'Ebro, da Tolosa a Barcellona. In base alla divisione dell'impero fatta da Ludovico il Pio con l'Ordinatio dell'817 (e forse prima) la Marca fu divisa in altre due: Marca di Gotia o di Settimania, e Marca di Tolosa, ognuna formata di più contee. Della prima facevano parte Barcellona, Gerona, Empuries, ecc., e uno dei conti aveva, in pari tempo, il comando supremo militare di tutta la Marca col titolo di marchese. Il marchesato della Gotia fu frequentemente in mano ai conti di Barcellona, città principale. Da ricordare tra essi: Bera, di stirpe visigotica primo conte-marchese della Gotia (801-820); il franco Bernardo di Settimania (826-829, 834-844), il famoso camerarius della corte imperiale immischiato nelle vicende turbolente per la divisione dell'impero sotto Ludovico. Egli vince Aizo che, ribellatosi contro la dominazione franca, minacciava Barcellona, e i Musulmani che fecero una razzia nelle contee di Barcellona e Gerona (826-827). Oltre ad essere supremo gerarca militare della Marca, unì alla contea di Barcellona quelle di Gerona e Besalú (forse anche quella del Rossiglione): anticipando con ciò il processo formativo di quella che doveva essere in seguito la contea di Barcellona. Un altro dei conti di Barcellona, in pari tempo marchese, fu Wifredo il Peloso; ma già prima del suo governo, forse nell'865, la Marca di Gotia si suddivise in due, Settimania e Marca Hispanica: la seconda di esse comprendeva i contadi al sud dei Pirenei e quelli del Rossiglione e Cerdanya. La figura di Wifredo (872 circa-898) è, nella storia catalana, quella d'un eroe nazionale e sotto di lui si compie il primo passo verso l'unità politica della Catalogna. Morendo, egli ripartisce i suoi dominî tra i figli: successore nelle contee di Barcellona-Ausona e Gerona fu Wifredo-Borrell (898-914) seguito a sua volta da Suniario (Sunyer; 914-950): l'uno e l'altro, figli del Peloso, allargano a sud la contea di Barcellona. Succedette loro Borrell II (950-992), uno dei più insigni sovrani della dinastia comitale, il quale da principio governò la contea di Barcellona insieme col fratello Miró (950-966). Borrell, sposando Ledgarda, figlia del conte d'Alvernia, sembra iniziare la futura politica oltrepirenaica dei conti catalani. Nei primi tempi ebbe buoni rapporti coi califfi di Cordova, ma morto al-Ḥakam dovette sostenere aspra guerra col celebre capo al-Manṣür che saccheggiò Barcellona (985). Il conte chiese inutilmente aiuto a re Lotario; invece ne ebbe promessa poi da Ugo Capeto a condizione ch'egli riconoscesse l'autorità del Capeto stesso. Ma Borrell (il quale già aveva riavuta la terra) non gli prestò omaggio feudale: ecco perché questo conte è considerato come il primo sovrano catalano indipendente, cosa non troppo esatta, giacché certamente l'indipendenza dall'indebolita monarchia francese veniva elaborandosi da tempo. E d'altronde ancora per parecchi anni ci fu un riconoscimento implicito di dipendenza: tra l'altro, fino al 1180 circa, non sparisce nell'antica Marca Hispanica la consuetudine di datare i documenti secondo gli anni dei re francesi. La potenza della contea di Barcellona continua ad affermarsi sotto i successori di Borrell II: Raimondo Borrell (992-1018) lux ingens patriae, che va a Roma forse per chiedere aiuto contro i Mori, estende le sue conquiste sui territorî catalani, e guida una vittoriosa spedizione a Cordova; e Berengario Raimondo I (1018-1028) che durante un governo più o meno pacifico organizza la difesa delle frontiere, ed elargisce privilegi ai sudditi. Ma è specialmente sotto i suoi discendenti cioè dal 1035 al 1162, che la contea di Barcellona diventa il centro politico della Catalogna cristiana. Non soltanto sono unite con Barcellona le contee d'Ausona e Gerona (dal tempo di Raimondo Berengario III anche quelle di Besalú e di Cerdanya), ma pure Empuries e Pallars sono feudatarie del conte di Barcellona; Urgell chiede il suo aiuto; i piccoli re mori gli pagano tributo ed egli approfitta così dell'indebolimento del potere musulmano in Spagna, cagionato dallo scioglimento del califfato cordovese. E poi con Raimondo Berengario III il Grande (1096-1131) cominciano la potenza marittima catalana e l'espansione nel Mediterraneo, con le spedizioni delle Baleari. Con Raimondo Berengario IV il Santo (1131-1162) che sposa Petronilla d'Aragona nel 1137, la contea di Barcellona si unisce con l'Aragona. Cacciati i Mori dai loro ultimi rifugi (Tortosa, Lerida), la storia della contea di Barcellona sarà, si può dire, la storia della Catalogna, poiché quantunque sussistano ancora altre contee catalane di vita più o meno effimera, esse cadranno nell'orbita del conte di Barcellona. Conseguenza dell'unione tra la Catalogna e l'Aragona, è che lo stato catalano imprimerà il suo carattere alla confederazione: la politica posteriore dei conti-re con la conquista delle altre terre di lingua catalana (Baleari e Valenza) e l'espansione marittima, saranno il proseguimento diretto della politica iniziata sotto i conti di Barcellona ante unionem (v. catalogna).
Il nome della contea di Barcellona quale complesso di tutte le terre catalane si conserverà nell'avvenire. Infatti, quantunque in seguito tutto il territorio catalano venisse conosciuto usualmente col nome di principato di Catalogna, il monarca, sia re d'Aragona, sia re di Spagna, in quanto esercitava la piena sovranità sopra la Catalogna, s'intitolava sempre conte di Barcellona.
Bibl.: Gesta Comitum Barcinonensium (testi latini e catalani editi da L. Barrau Dihigo e J. Massó Torrents, Barcellona 1925; P. Marca, Marca Hispanica, Parigi 1688; Recueil des historiens de la Gaule et de la France, nuova ediz., Parigi 1869-1904, passim; P. de Bofarull, Los condes de Barcelona vindicados, voll. 2, Barcellona 1836; J. Balari, Orígenes históricos de Cataluña, Barcellona 1899; J. Calmette, Els orígens del feudalisme i de la Nacionalitat Catalana, in Quaderns d'Estudi, Barcellona 1921, pp. 147-160, 205-231; F. Valls-Taberner e Ferran Soldevila, Historia de Catalunya, Barcellona 1922, I; A. Rovira i Virgili, História nacional de Catalunya, Barcellona 1922-26, II-IV; P. Kehr, Das Papsttum und der katalinische Prinzipat bis zur Vereinigung mit Aragon, in Abhandlungen der preussischen Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-Historische Klasse, n. 1, Berlino 1926.