BONACOLSI, Bardellone
Figlio di Pinamonte signore di Mantova, nulla si sa di lui prima del 29 sett. 1291, quando alla testa dei suoi seguaci, tra i quali i figli del defunto fratello Giovannino, irruppe in città e tolse la signoria al padre.
Il motivo di questa improvvisa ribellione va cercato nella decisione di Pinamonte di destinare alla successione il figlio Tagino, che in effetti da qualche tempo divideva con lui le responsabilità del governo, suscitando la gelosia degli altri figli e dei nipoti. Ma sembra che l'esplosione del conflitto sia stata provocata dal tentativo di Pinamonte di allontanare il B. anche dalla città.
Il colpo di mano riusci perfettamente: il B. s'impadronì del palazzo del Comune e del podestà e incarcerò il fratello Tagino e suo figlio Filippo; Pinamonte fu completamente esautorato.
Le solide basi create dal padre permisero al B. di esercitare il suo dominio senza incontrare serie resistenze e di consolidare ancora di più la signoria della sua famiglia in Mantova. Dopo brevissimo tempo di governo straordinario esercitato da due "rectores" (Guido da Turre ed Ezzelino de' Cremaschi) fu eletto il nuovo podestà nella persona di Guido Bonacolsi, detto Bottesella, figlio di Giovannino, che aveva partecipato al colpo di mano, mentre il B. con tutta probabilità fu eletto dal consiglio capitano generale di Mantova, ottenendo così anche la sanzione giuridica della propria signoria. Nel 1299 infatti, in occasione della rinuncia al capitanato, rinunciò espressamente anche "electioni facte de eo". Comunque già l'8 ott. 1291 porta il titolo di "rector perpetuus et capitaneus civitatis".
Un altro importante passo in avanti nel consolidamento della signoria bonacolsiana fu l'istituzione nel 1294 di un consiglio di Dodici Anziani che dev'essere considerato un vero e proprio consiglio signorile e che sostituirà sempre di più l'antico consiglio generale del Comune. Secondo il racconto degli Annales mantuani (p. 31) furono proprio questi Anziani che alcuni giorni dopo la loro nomina consegnarono al B. un vessillo detto di giustizia, "ad hoc ut ipse securiter possit et debeat manutenere quemlibet civis... in bona iustitia et in bona ratione". Furono dunque conferite al B. ampie facoltà giurisdizionali, con tutta probabilità le stesse che cinque anni più tardi nello statuto per Guido Bonacolsi saranno fissate con le parole "banna ponere, absolvere, et condeninationes tam reales quain personales facere et fieri facere, executioni mandare et mandari facere, exigere, tollere, absolvere et remittere..." (Cipolla, Documenti..., p. 334).
Verso l'esterno il B. continuò la politica del padre di mantenere buoni rapporti con i Comuni e gli stati confinanti: ancora nel 1291 strinse lega con Padova, Vicenza e il vescovo di Trento (suo fratello Filippo) e, secondo il Chronicon Parmense (p. 63), anche con Venezia e Bologna. Le relazioni con Verona e gli Scaligeri, i più fedeli alleati di Pinamonte, erano state invece compromesse già negli ultimi tempi del suo dominio da controversie riguardanti il feudo di Castel d'Ario. Il 27 maggio 1293 il B. poté concludere un accordo, in base al quale il possesso di Castel d'Ario fu nuovamente garantito alla famiglia Bonacolsi da parte dei Veronesi.
Il B. si sentiva ormai talmente sicuro nella propria signoria che nel luglio del 1294 liberò dal carcere il fratello Tagino e il nipote Filippo, confinandoli ad Illasi nel Veronese, e nel 1295 revocò il bando ai fuorusciti mantovani, mantenendo una sola eccezione per gli Arloti, i Pizzoni e i Grossolani.
Tuttavia il vero pericolo per la sua signoria non era costituito dagli avversari interni o esterni, ma dalle rivalità sempre vive nel seno della sua famiglia. Per conquistare il potere a Mantova il B., che non pare avesse avuto figli maschi dal suo matrimonio con Anastasia di Compagnone de Riva, si era giovato dell'appoggio dei nipoti, figli di Giovannino, in cambio del quale aveva promesso la successione a Guido detto Bottesella. Questi infatti, sin dai primi giorni della signoria del B., appare in posizione eminente, prima come podestà, poi come una sorta di compartecipe nel potere senza qualifica specifica. Tuttavia nel corso degli anni i rapporti tra il B. e il nipote si guastarono, non è noto per quale motivo preciso.
Il fatto è che nel luglio del 1298 il B. richiamò dall'esilio di Bigareflo (che gli era stato assegnato probabilmente nel 1295) il fratello Tagino che presto assunse la posizione detenuta fino ad allora da Guido. Nel febbraio 1299 seguì l'espulsione da Mantova dei seguaci di Guido, e probabilmente anche dei suoi fratelli.
Escluso dalla vita politica, Guido sembra aver trovato l'appoggio di Alberto Della Scala, con il quale la sua famiglia era legata da particolare amicizia sin dai tempi delle podesterie del padre a Verona. Nella primavera del 1299 infatti i rapporti tra il B. e il Comune mantovano da un lato e lo Scaligero e Verona dall'altro andarono progressivamente peggiorando. Nel maggio certi lavori eseguiti dai Veronesi sulle rive del Po a Ostiglia indussero il B. ad elevare una protesta, ma senza ottenere la sospensione; e quando nello stesso mese fu ordita a Verona una congiura contro Alberto Della Scala, non mancarono voci che accusarono Tagino di averla favorita. La tensione sempre crescente portò ad un riavvicinamento del B. al marchese d'Este, con il quale il 24 giugno, tramite il fratello Tagino, concluse un trattato d'amicizia. Ma già pochi giorni dopo, il 1º luglio, Guido, appoggiato da truppe veronesi, occupava Mantova, costringendo lo zio all'abdicazione.
Il 2 luglio 1299 il B. firmò un solenne atto con il quale rinunciava "de plena et spontanea voluntate" al capitanato e a tutti i poteri ad esso connessi. Trovò rifugio a Ferrara, dove morì l'anno successivo. Nel testamento redatto il 24 ott. 1300 istituì erede il fratello Tagino, al quale lasciò, tra l'altro, le sue parti dei feudi di Castel d'Ario e di Marcaria.
Fonti e Bibl.: Annales Mantuani, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XIX, a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1866, pp. 30 s.; De Romano, Annales Veronenses, in Antiche cronache veronesi, a cura di C. Cipolla, in Mon. della Dep. veneta di storia patria, s. 3, II (1890), ad Indicem; Documenti per la storia delle relazioni fra Verona e Mantova nel sec. XIII, a cura di C. Cipolla, in Bibl. hist. italica, s. 2, I, Milano 1901, ad Indicem; Chronicon Parmense, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, pp. 62 s., 69; Chronicon Estense,ibid., XV, 3, a cura di G. Bertoni e E. P. Vicini, pp. 50, 52, 56; Ferreti Vicentini Historia rerum in Italia gestarum ab anno MCCL ad annum MCCCXVIII, a cura di C. Cipolla, I, Roma 1908, pp. 104-107; E. Salzer, Ueber die Anfänge der Signorie in Oberitalien, Berlin 1900, pp. 134-136; P. Torelli, Capitanato del popolo e vicariato imperiale come elementi costitutivi della signoria bonacolsiana, in Atti e memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova, n.s., XIV-XVI (1921-1923), pp. 102-110, 113, 209; Mantova. La Storia, I, Dalle origini a Gianfrancesco Primo marchese, a cura di G Coniglio, Mantova 1958, ad Indicem; P. Litta, Le fam. celebri ital., s.v. Bonacolsi.