BARDERA (A. T., 116-117)
Grosso villaggio della Somalia meridionale, situato su una terrazza della riva sinistra del fiume Giuba, a una distanza di quasi 300 km. in linea retta dalla foce del fiume, e a una quota di circa 118 m. s. m. È capoluogo di residenza, che fa parte del commissariato regionale del Giuba. Ha pochi edifici in muratura per uso di uffici ed abitazione dei funzionarî europei, e un quartiere indigeno di capanne, chiuso nella vecchia cerchia delle mura.
Bardera presenta una certa importanza come centro principale di un numeroso gruppo di villaggi, abitati da popolazioni Rahanuin, specialmente dei rēr (tribù) Hober, Lissan, Herab, le quali alternano le occupazioni agricole con quelle di una pastorizia a transumanze cicliche, che si svolgono nelle estese e disabitate boscaglie circostanti. Il nome del villaggio allude ai boschi di palma dum (Hyphaene, in somalo Bar "palma"; derr "alto") che fiancheggiano per lunghi tratti il fiume.
La regione circostante prende il nome di Giameha con allusione al carattere sacro di questo villaggio (Giāmi‛ "moschea"), che fu infatti fondato da uno sceicco molto venerato.
Bardera fu raggiunta per la prima volta dal barone Carlo Klaus von der Decken per mezzo di un battello a vapore, il Welf, col quale egli aveva risalito il fiume fin dalla foce. Il battello diede in secco presso le rapide di Matagassíle (o Arriento), circa 30 km. a monte del villaggio, e l'esploratore col dott. Linck e altri compagni, venuti a Bardera per soccorsi, furono massacrati (1865) dagl'indigeni. Dopo d'allora parecchi viaggiatori tentarono, ma invano, di riporre piede nel villaggio: il primo che vi riuscì fu il capitano Ferrandi nel gennaio 1893: e dopo la sua permanenza uno dopo l'altro ebbero lieta accoglienza in Bardera quasi tutti gli esploratori italiani della Somalia: Grixoni, Bòttego, Ruspoli.