BARGA (A. T., 24-25-26)
Comune della provincia di Lucca, in val di Serchio. Il capoluogo su di una ridente altura presso le ultime pendici occidentali del M. Rondinaio, a 410 m. s. m., è a 4 km. dalla riva sinistra del Serchio e a 36 da Lucca. Ha origini incerte: verso il sec. X vediamo i vescovi di Lucca concedere in enfiteusi alla potente famiglia dei Rolandinghi le decime e le prestazioni a loro dovute dagli abitanti di Barga. In seguito a lunghe lotte, la repubblica lucchese fece di Barga un capoluogo di vicaria: ma, dopo la morte di Castruccio Castracani, Barga fu acquistata dai Fiorentini (1341), cui attraverso molte competizioni si mantenne fedele, costituendo col suo territorio, sino all'annessione al ducato di Lucca (1847), un vicariato a sé in seno al granducato. Il paese, dalle vie anguste e ripide, conserva tracce notevoli del suo passato, ma si va oggi ampliando e rinnovando specie per opera degli emigranti rimpatriati. La sua popolazione è di 3000 ab.; quella dell'intero comune, vasto 66,41 kmq., è di 12.000 ab., escludendo i temporaneamente assenti per il forte movimento d'emigrazione. Nella frazione Fornaci, collegata al capoluogo da un servizio automobilistico, è un grande stabilimento metallurgico. Barga è nota al vasto pubblico attraverso la poesia di Giovanni Pascoli: "Tu sulla bruna valle alta sfavilli, Barga, coi cento lumi tuoi", dice il poeta in uno dei Canti di Castelvecchio, che ebbero appunto titolo da Castelvecchio (frazione di Barga) dove la Musa del poeta trovò propizio silenzio e dove la sua tomba è oggi monumento nazionale.
Monumenti. - Al sommo del pittoresco paese, dinanzi all'arringo, è la collegiata, costruita tra il sec. XII e il XIV, successivamente restaurata e completata fino al sec. XVII. All'esterno ha una semplice decorazione ad archetti pensili retti da lesene. Nella facciata, già fianco di una primitiva chiesetta (sec. XI) a una nave, un bel portale romanico. L'interno è a tre navate. I plutei del recinto del coro sono di un bell'effetto policromo e di ugual lavoro che l'ambone (opera d'uno scultore della metà del sec. XIII, assai vicino a Guido Begarelli da Como, e quello stesso che intagliò l'architrave di S. Pier Maggiore a Pistoia), sostenuto da quattro colonne di marmo, con sculture rappresentanti fatti della vita della Vergine. Nella chiesa sono da notare un'enorme statua lignea di S. Cristoforo (sec. XIII), un ciborio e una Santa Famiglia di scuola robbiana; nella sacrestia varie oreficerie, fra le quali un prezioso calice smaltato del sec. XIV, e un rilievo con storie di S. Nicola, nella maniera del romanico Biduino. Nella chiesa di S. Francesco sono conservate terrecotte robbiane; una Natività, una Madonna della Cintola, le Stimmate, S. Andrea e S. Antonio. Un'altra grande terracotta robbiana, con l'Assunzione, è nella chiesa del Conservatorio, che ha anche una vetrata dipinta del principio del sec. XVI.
Nei dintorni è la Pieve di Loppia, molto danneggiata nel secolo XIII e restaurata con dubbî criterî nel XVI.
Bibl.: P. Magri, Il territorio di B., Albenga 1881; P. Toesca, Storia dell'arte, I (Il Medioevo), Torino 1927; M. Salmi, L'Arch. romanica in Toscana, Milano, s. a.; id., La scult. rom. in Toscana, Firenze 1928.