BARISONE di Torres
Regnò, con l'apperativo di giudice, nel Logudoro (contrazione di Locum de Torres)verso la seconda metà del sec. XI. Il suo piccolo stato, posto nel nord-ovest della Sardegna, si era andato formando, così come quelli di Cagliari, Arborea e Gallura, qualche secolo prima, in conseguenza dell'occupazione araba dell'Africa e della Sicilia che tagliava fuori la Sardegna da Bisanzio da cui dipendeva. La necessità di una pronta difesa dalle scorrerie musulmane aveva favorito la divisione della Sardegna in quattro territori autonomi, a capo dei quali stava un giudice, eletto dal popolo e con prerogative sovrane. Per quanto riguarda il Logudoro, B. è il primo dei giudici di cui abbiamo testimonianza certa; dei suoi predecessori niente ci è stato tramandato. Pisa aveva stretto, intanto, rapporti con il Logudoro già dal 1016, soprattutto in seguito alla spedizione nei mari di Sardegna contro Mugìahid, l'ultimo e il più funesto invasore islamico. La politica di B. fu, però, piuttosto contraria all'insediamento pisano e intesa più che altro a favorire l'immigrazione di monaci che portassero nell'isola cultura e religione. A tale scopo B. mandò nel 1063 alcuni ambasciatori a Desiderio, abate di Montecassino, chiedendogli dodici religiosi che fondassero nella provincia un monastero ed introducessero la regola di s. Benedetto. Desiderio accondiscese e dodici religiosi, con libri, reliquie e sacri arredi, partirono, quindi da Gaeta verso la Sardegna. Ma Pisa, non tollerando il loro insediamento nell'isola, aveva mandato alcune navi corsare a intercettare la loro rotta. La nave fu assalita presso l'isola del Giglio e incendiata, tutti gli averi depredati e i monaci ingiuriati. Soltanto otto di essi riuscirono, dopo varie vicissitudini, a ritornare a Montecassino: gli altri quattro erano periti durante l'abbordaggio. L'azione dei Pisani, secondo il Besta (pp. 76 s.), sarebbe stata rivolta soprattutto contro lo stesso B. e testimonierebbe una rottura che sarebbe allora intervenuta tra il giudicato turritano e Pisa. Il papa Alessandro II minacciò di scomunica i Pisani se non avessero subito posto riparo alla grave offesa da loro arrecata, ma solo dopo un intervento diretto di Goffredo di Lorena, marito dalla contessa Matilde, il monastero riottenne quanto era stato predato e a B. furono date soddisfazioni. Le cronache tacciono gli avvenimenti immediatamente successivi, e alcuni anni dopo troviamo le parti in causa apparentemente dimentiche dell'accaduto. Così, mentre Pisa cercava di penetrare nell'isola attraverso accordi commerciali e intese diplomatiche, B. rinnovava, intorno al 1065, la richiesta di altri monaci all'abate Desiderio, che la soddisfaceva, inviando in Sardegna altri due benedettini. Per favorire la loro venuta il giudice aveva donato all'Ordine le chiese di S. Maria di Bubalis e di S. Elia di Montesanto, dotandole di larghe estensioni di terreno e di buon numero di servi. Iniziava così la penetrazione monastica in Sardegna che, dal giudicato di Torres, si estendeva ben presto a tutta l'isola. Non conosciamo l'anno di morte di B.; gli successe il nipote Mariano I, che egli aveva associato al regno fin dal 1065.
Fonti e Bibl.: P. Tola, Codex diplomaticus Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, docc. 6 p. 153, 10 p. 156; G. Bonazzi, Il condaghe di S. Pietro di Silki, Sassari-Cagliari 1900, pp. XXVIII, schede nn. 27, 31, 33, 38, 42, 44, 46, 48, 57, 61, 89; A. Boscolo-A. Sanna, Libellus iudicum Turritanorum,Cagliari 1957, p. 7; P. Tola, Diz. degli uomini illustri di Sardegna, I, Torino 1837, p. 115; E. Besta, La Sardegna medioevale, 1, Palermo 1908, pp. 75 ss.; D. Filia, La Sardegna cristiana, II, Sassari 1913, pp. 7 ss.; A. Saba, Montecassino e la Sardegna medioevale, Montecassino 1927, pp. 8 ss.; D. Scano, Serie cronologica dei giudici sardi, in Arch. stor. sardo, XXI,3-4 (1939), pp. 93 s.