BARNABITI
. Ordine religioso fondato a Milano verso il 1530 da S. Antonio Maria Zaccaria, gentiluomo cremonese (1502-1539), e da due nobili milanesi, Bartolomeo Ferrari e Giacomo Antonio Morigia, che si erano prefissi lo scopo di ravvivare con la parola e con l'esempio lo spirito religioso fra il popolo e d'aiutare i vescovi nella riforma del clero. Con un breve del 18 febbraio 1533 Clemente VII concedeva l'approvazione al nuovo istituto, che ebbe per campo delle sue fatiche, oltre Milano, le città di Brescia, Verona, Padova, Vicenza, Venezia, Cremona, Ferrara. Al santo fondatore e ai suoi compagni spetta, ormai si può dire con certezza, la istituzione delle Quarantore nella forma loro attuale. Lo stesso Zaccaria, coadiuvato dal domenicano fra Battista da Crema (v.), sua guida spirituale, istituì in Milano le Angeliche di S. Paolo converso, religiose destinate alla riforma delle claustrali. Le mortificazioni pubbliche e lo zelo dei barnabiti e delle Angeliche furono presto male interpretati, e s'intentò un processo contro di loro a Milano nel 1534, e un altro a Roma nel 1551, ma sia l'uno sia l'altro finirono col mettere in maggiore evidenza la purezza di spirito dei due istituti.
Sottratti fin dal 1535 da Paolo III alla giurisdizione ordinaria, e riconosciuti come chierici regolari di S. Paolo decollato, ricevettero dal popolo il nome di barnabiti, perché la prima chiesa da loro ufficiata era dedicata a S. Barnaba. Le loro costituzioni attuali, alquanto più miti di quelle primitive, soltanto abbozzate dallo Zaccaria, e di quelle stabilite nel 1552 in seguito al processo romano, furono composte nel 1579 sotto la direzione di S. Carlo Borromeo, grande estimatore dei barnabiti, e stese dal P. Carlo Bascapé, poi vescovo di Novara.
Ai tre voti religiosi solenni di povertà, di ubbidienza e di castità, i barnabiti aggiungono il giuramento di non ambire cariche di sorta. L'osservanza del coro, cui si erano obbligati per costituzione, fu assai più tardi, nel 1848, limitata da Pio IX alle case di noviziato e a quella di S. Barnaba.
A capo della congregazione sta un preposto generale che viene eletto ogni tre anni dal capitolo generale e può sempre essere rieletto; il suo consiglio consta di quattro assistenti generali. Risiede ora a Roma, mentre fino al 1659 dimorava a Milano. La foggia del vestire dei barnabiti è quella dei chierici milanesi del cinquecento; nelle funzioni in chiesa i barnabiti usano il rocchetto, partecipando ai privilegi dei canonici regolari lateranensi.
Nata in Lombardia, la congregazione dei barnabiti mantenne per molto tempo un carattere prevalentemente lombardo. Non ebbe uno sviluppo molto rapido; tuttavia già sugl'inizî del Seicento essa contava collegi in quasi tutte le regioni d'Italia. In Roma aveva S. Carlo a' Catinari e S. Paolo in Piazza Colonna, atterrata poi nel 1659 per ragioni edilizie.
Nel 1608 Enrico IV, volendo provvedere alla conversione degli Ugonotti nel suo regno, vi invitava i barnabiti, i quali fondarono collegi a Lescar, a Oléron, a Monein, nel 1631 anche a Parigi, e in seguito altrove.
In Germania i barnabiti incontrarono il favore dell'imperatore Ferdinando II, che concedeva loro nel 1625 la chiesa di S. Michele, parrocchia di corte a Vienna. A Praga si stabilirono nel 1627, ottenendo la chiesa di S. Benedetto. A Vienna, ancora nella seconda metà del seicento, eressero il santuario di S. Mariahilf. Favore specialissimo trovarono i barnabiti presso i principi sabaudi. In Piemonte, prima, dove fondarono case a Casale, Vercelli, Asti, Torino, Alessandria; nella stessa Savoia, poi, dove, per iniziativa di S. Francesco di Sales e di Carlo Emanuele I, furono chiamati, nel 1613, ad Annecy e a Thonon, perché si adoperassero nell'apostolato e nell'istruzione della gioventù.
Molti vescovi diedero i barnabiti alla Chiesa, specialmente nei secoli XVII e XVIII, e di questi non pochi lasciarono ottima fama di sé: Carlo Bascapé a Novara; Cosimo Dossena a Tortona, morto in concetto di santo; Cristoforo Giarda, vescovo di Castro, ucciso nel 1649 dai sicarî di Ranuccio Farnese; i due Gattinara, di Alessandria e di Torino; Giusto Guérin successore di S. Francesco di Sales nella chiesa di Ginevra; Ildefonso Manara a Bobbio; Ambrogio Spinola a Ventimiglia; Giacomo Antonio Morigia a Firenze, poi cardinale, e molti altri, fino a 45 vescovi residenziali.
Fino al principio del sec. XVIII i barnabiti avevano avuto missioni in varie regioni d'Europa abitate da protestanti: in Germania, in Svizzera, a Malta. Quando poi Clemente XI deliberò che alcuni barnabiti accompagnassero mons. Mezzabarba, legato apostolico, nel 1718, a Pechino per la soluzione della questione dei riti cinesi, parecchi si offersero, per desiderio di evangelizzazione, e si stabilirono nella Cina, nella Cocincina, nei regni d'Ava e di Pegu (Birmania orientale). Quei missionarî, che in gran parte erano stati prima insegnanti nelle scuole pubbliche, si resero benemeriti della scienza linguistica con lo studio della lingua birmana, della quale stamparono per i primi, con tipi di Propaganda Fide appositamente fusi, l'alfabeto, le grammatiche e i dizionarî. Altri si occuparono, nei tempi liberi, della fauna e della flora del paese, componendo anche opere di grande valore scientifico.
Per le leggi giuseppine, e poi per la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, la congregazione barnabita si trovò in grave disagio, e l'invio di missionarî, che erano ordinariamente lombardi, andò presto diminuendo, né più tardi fu possibile mandarne altri; cosicché nel 1830 il padre generale Peda fu costretto a rinunziare a quelle missioni. Gravissimo danno risentirono i barnabiti quando Giuseppe II impose che la provincia lombarda troncasse ogni rapporto con Roma. Leopoldo I, più radicale, fece chiudere in pochi giorni i collegi di Livorno, Firenze, Pisa, Pescia. La stessa sorte toccava di lì a poco ai collegi di Parma e Piacenza. La Rivoluzione francese annientava la congregazione in Francia colà rappresentata da 90 membri. La soppressione napoleonica del 1810 non fu altrettanto disastrosa in Italia; dopo il 1815, ritornata la pace, i barnabiti poterono ricuperare alcuni dei loro collegi. Non vi fu a ciò alcuna difficoltà da parte dei sovrani Vittorio Emanuele I di Sardegna e Ferdinando IV di Napoli; ma il ripristino fu difficilissimo in Lombardia, dove le autorità governative austriache mantenevano verso i religiosi l'antica avversione.
In Francia il ritorno dei barnabiti fu determinato da un invito di mons. Dupanloup, arcivescovo di Orléans, e dal fatto che fra di loro era entrato il suo amico conte Gregorio Šuvalov, russo convertito, desiderosissimo di promuovere in ogni modo la conversione del suo paese. Nell'anno 1857 si apersero il collegio-convitto di Gien (Loiret) e quello di Parigi destinato ad essere il centro dell'azione di propaganda per la Russia. La morte del p. Šuvalov nell'aprile del 1859 troncò quasi interamente quell'azione; che fu poi ripresa dal padre Cesare Tondini con molto ardore, ma con scarso risultato, attese le difficoltà enormi dell'impresa. Si sviluppò in Parigi per opera dei barnabiti l'Opera degli Italiani, e fu per essa che alcuni padri italiani, anche dopo i decreti Ferry che escludevano dalla Francia i religiosi stranieri, poterono rimanere per l'interessamento dell'ambasciatore italiano. Più tardi però per le leggi Waldeck-Rousseau del 1901, furono costretti a tutto abbandonare. I più passarono in Belgio, altri nel Brasile.
In seguito alla conversione del norvegese Paolo Stub, che entrava poi tra i barnabiti, questi furono mandati da Pio IX nella Svezia-Norvegia. A Bergen sua patria, il padre Stub riuscì ad inaugurare una chiesa cattolica nel 1876; ma in seguito i barnabiti si ritirarono da quelle regioni.
I barnabiti, oltre che al sacro ministero, si dedicano oggi all'educazione di giovani appartenenti a famiglie nobili e facoltose. Hanno in Italia collegi-convitti a Moncalieri (Real Collegio Carlo Alberto), a Lodi (S. Francesco), a Bologna (S. Luigi), a Voghera (Sacro Cuore), a Firenze (alla Querce), a Napoli (Bianchi): esternati a Milano (Zaccaria), a Genova (Vittorino da Feltre). In Brasile hanno in Rio de Janeiro l'esternato S. Antonio. Essi dànno molto sviluppo anche agli oratorî festivi per giovinetti operai o studenti incominciati nel 1822 a Monza con un oratorio tuttora fiorente, fondato dal padre Fortunato Redolfi, precursore del beato don Bosco.
Bibl.: Barelli, Memorie dell'origine, fondazione, avanzamenti... della Congregazione dei Chierici regolari di S. Paolo, voll. 2, Bologna 1703-07; Gabuzio, Historia Congregat. Cler. Reg. S. P. ab eius primordiis ad initium saec. XVII, Roma 1852; Ungarelli, Bibliotheca scriptorum e congr. Cler. Reg. S. Pauli, I (il solo pubblicato), Roma 1836; O. Premoli, Storia dei Barnabiti nel Cinquecento, Roma 1913; id., Storia dei Barnabiti nel Seicento, Roma 1922; id., Storia dei Barnabiti dal 1700 al 1825, Roma 1925.