BARRACANO (ingl. barracan)
Veste caratteristica dell'Africa settentrionale a occidente dell'Egitto, che si porta sopra tutte le altre vesti ed è comune (salvo lievissime varietà) a uomini e donne, a musulmani e a ebrei locali. È null'altro che una lunga pezza di stoffa rettangolare, bianca, senza cuciture, in Tripolitania della lunghezza da 4,60 a 5 metri e della larghezza da 1,40 a 1,50, con la quale il corpo resta avviluppato due volte in drappeggiamento artistico e che, a volontà, copre o no la testa, mentre le braccia possono rimanere nascoste o uscir fuori. In origine il barracano era soltanto di lana o anche di pelo di cammello; solo più tardi (certamente già nel sec. XVIII) si cominciò a farli anche con lana mista a cotone o a seta, oppure, per signore, in tutta seta. Per indossarlo si annodano insieme le estremità che si trovano da uno dei due lati minori e dentro si passano il braccio e la spalla sinistra, per poi fare girare la stoffa sopra o sotto la spalla destra e quindi continuare il drappeggiamento secondo gli usi locali o il capriccio individuale. Nonostante una qualche somiglianza esteriore, il barracano differisce sia dal pallium o ιμᾶτιον greco, sia dalla toga romana, poiché queste vesti passavano sotto il braccio destro e coprivano solo il sinistro, e inoltre giravano una volta sola attorno al corpo. I barracani di lana grossa o di pelo di cammello, per la loro mole, servono anche da materasso e da coperta per la notte, soprattutto in viaggio.
Il vocabolo barracano (meno bene baracano in recenti pubblicazioni) appartenne alla cosiddetta lingua franca delle coste dell'Africa settentrionale; deriva dall'arabo barrakān o barnakān, che a sua volta sembra essere d'origine persiana.
Nell'Oriente arabo questa foggia d'abito è scomparsa da qualche secolo; è rimasta soltanto a occidente dell'Egitto, ma perdendovi il suo antico nome: nelle città della Tripolitania è chiamato ḥülī (‛ăbḗ \arabo\ se di lana molto grossolana), nelle campagne della Tripolitania e in tutta la Cirenaica gerd, in Algeria e Marocco ḥā'ik o ksā (\arabo\, in qualche luogo si fa una lieve distinzione fra i due vocaboli).
Nel Medioevo la parola barrakān era penetrata in Europa nel significato di stoffa o di coperta di lana; barracanus e barracana ricorrono già nei primi anni del sec. XII in Francia (regole monastiche latine di S. Bernardo e di Pietro il Venerabile); così bouracan in francese (per grosse stoffe di lana che ancora nel sec. XVIII si fabbricavano nella Francia settentrionale e nelle Fiandre), barracan in francese antico, barragan in spagnolo, barregana in portoghese, baracane in italiano (vivo sino a tutto il sec. XVIII per le predette stoffe).
Bibl.: R. P. A. Dozy, Dictionnaire détaillé des noms des vêtements chez les Arabes, Amsterdam 1845, alle voci barrakān, ha'ik, ‛aba', kisa', delle quali l'autore non ha riconosciuto la sinonimia nell'Africa settentrionale; E. Doutté, Merrâkech, Parigi 1905, pp. 248-262 (ove il nome di barracano non figura, ma dove si hanno parecchie fotoincisioni mostranti i particolari del modo di portare il ḥā'ik nel Marocco e nell'Algeria occidentale); A. Bel e P. Ricard, Le travail de la laine à Tlencen, Algeri 1913, pp. 106-110 (ksā e ḥā'ik, con figure per l'uso femminile), pp. 296-297, 342. Sulle varie qualità di barracani della Tripolitania e della Cirenaica: Ministero delle Colonie, La mostra coloniale di Genova, 2ª ed., Roma 1914, pp. 31-35, 128-132 (il nome baracano o barracano vi è applicato inesattamente anche all'ěrdḗ (\arabo\, ridā'], delle donne beduine); R. Nappi, Agricoltura, industrie e commercio della Tripolitania, Roma 1914, pp. 18-30 (anche qui con estensione del nome baracano all'ěrdḗ).