SIMONETTI, Bartolo
– Nacque a Cingoli (Macerata), in data imprecisata nella prima metà del XIII secolo.
È ricordato per la prima volta nel 1251 fra i monaci di S. Bonfilio presso Cingoli, uno dei primi insediamenti creati da s. Silvestro Guzzolini da Osimo; stando a un documento del 1280, sarebbe stato figlio di un Tebaldo (Archivio di Stato di Macerata, Pergamene, 163, rog. 3: «Donnus Bartholus Tebaldi de Cingulo, prior generalis totius Ordinis fratris Silvestri»).
L’appartenenza ai Simonetti, famiglia della nobiltà di Jesi trapiantata a Cingoli alla fine del Trecento (e giunta a Osimo nella seconda metà del Seicento), è tramandata solo dal secolo XVIII in poi (Cingoli, Chiesa di S. Benedetto, iscrizione del 1728 nel lato sinistro della navata: «beato Bartolo | post s. Silvestrum fundatorem | tertio generali | ex nobili de Simonettis familia»; Cancellieri, 1765, p. XIII; Franceschini, 1772, p. 45).
Insieme a Giuseppe degli Atti da Serra San Quirico, Simonetti fu scelto da Silvestro come vicario generale e, dopo la scomparsa del fondatore (26 novembre 1267), i due convocarono nell’eremo di Montefano, presso Fabriano, il capitolo generale per l’elezione del nuovo priore dell’Ordine.
Il 4 gennaio 1268 fu eletto «prior heremi et totius ordinis Sancti Benedicti de Montefano» (Le carte dell’Archivio..., a cura di G. Avarucci - U. Paoli, 1991, doc. 5) Giuseppe degli Atti, il cui governo fu caratterizzato da una prolungata controversia con Guido, vescovo di Camerino, che intendeva ingerirsi nella vita interna dell’Ordine. Si trattò di un periodo particolarmente difficile per i monaci di Montefano, privi della personalità carismatica del fondatore e alla ricerca di un’adeguata configurazione anche strutturale.
Morto Giuseppe degli Atti (a Perugia, il 23 agosto 1273; fu sepolto a Montefano), Simonetti gli successe nel settembre del 1273 come priore (detto «priore generale» in molti documenti) dell’eremo e dell’Ordine; fu eletto per compromissum da due grandi elettori scelti nel capitolo. L’atto di elezione (visto da S. Moronti, Repertorio [...] 1581, cc. 15v-16v) è oggi perduto. Il suo venticinquennale governo (1273-98) ebbe enorme rilevanza per lo sviluppo dell’Ordine di Montefano: i monasteri passarono da dodici a venti, i monaci da centoventi a duecento.
Sollecitato anche dalle direttive ecclesiastiche, Bartolo introdusse degli elementi nuovi nella prassi monastica dell’Ordine che si discostavano dal progetto originario del fondatore, prevalentemente eremitico e pauperistico. Il processo di rinnovamento istituzionale e organizzativo avviato da Bartolo trovò formulazione giuridica nel Liber constitutionum ordinis sancti Benedicti de Montefano, promulgato agli inizi del XIV secolo da Andrea di Giacomo da Fabriano, successore di Bartolo alla guida dell’Ordine (1298-1325). Tuttavia allo scopo di porre la genuina e autentica spiritualità del fondatore alla base del processo evolutivo dell’Ordine, Bartolo incaricò Andrea di Giacomo di scrivere la Vita Silvestri sulla base delle testimonianze dei primi discepoli ancora viventi. La Vita fu redatta tra il 1274 e il 1282.
Suo grande merito fu, inoltre, la ricomposizione della lunga lite iniziata nel 1268 tra il predecessore Giuseppe degli Atti e il vescovo Guido di Camerino: nel 1285 Simonetti ottenne dal nuovo vescovo Rambotto la revoca di tutte le sentenze di scomunica emanate da Guido contro i monaci di Montefano (Le carte dell’Archivio, cit., doc. 41).
Gli elementi nuovi introdotti nella prassi e negli scopi dell’Ordine, pur riaffermando i punti cardine della riforma monastica del fondatore, non furono di poco conto. Con Simonetti scomparve progressivamente la vita eremitica, praticata dallo stesso Silvestro e da alcuni discepoli, come Giovanni dal Bastone e Giovanni Solitario o dalla Cella. Silvestro aveva costruito i suoi dodici monasteri prevalentemente «in silvis et desertis locis» (Vita Silvestri, Prologo), Simonetti preferì gli insediamenti urbani, favorendo il crescente inserimento dei monaci nella vita civile ed ecclesiastica del tempo.
Fondò pertanto S. Maria Nuova di Matelica, S. Nicolò di Tolentino, S. Maria di Belforte, S. Maria Nuova di Perugia, S. Gregorio presso Orvieto, S. Maria presso Bagnoregio, S. Pietro di Viterbo, S. Maria di Fiano Romano. Incarichi politici e amministrativi furono affidati ai monaci silvestrini a Fabriano, Perugia e altrove. Emblematico è il caso del celebre artista fra Bevignate da Cingoli che – come si legge nell’iscrizione che corre lungo la cornice della vasca superiore – fu «operis structor» e «per omnia ductor» della fontana maggiore di Perugia (1277-78), il cui programma decorativo venne eseguito dagli scultori Nicola e Giovanni Pisano.
Con Simonetti cessò anche la pratica della questua, permessa dal fondatore che aveva improntato la sua riforma monastica alla semplicità e alla povertà, facendo proprio l’ideale pauperistico di S. Francesco d’Assisi. Furono, indubbiamente, le disposizioni del secondo concilio di Lione del 1274 che indussero il priore e i suoi monaci ad abbandonare la questua, stabilendo di vivere dei propri beni «secondo la regola di San Benedetto e il privilegio di conferma dell’Ordine» (Vita Silvestri, cap. 44).
Simonetti temeva che la famiglia monastica silvestrina, come era avvenuto per altri istituti religiosi, venisse confusa con l’esagerato numero dei movimenti pauperistici, contro cui si indirizzò la costituzione conciliare Religionum diversitatem nimiam, emanata il 17 luglio 1274, che prevedeva severe limitazioni (proibizione di ammettere candidati alla professione e di aprire nuove case) per gli Ordini approvati dopo il concilio Lateranense IV del 1215, il cui unico reddito fosse costituito dalla «pubblica questua».
Allo scopo di mettere al riparo l’Ordine da possibili imposizioni restrittive, Simonetti si preoccupò di accrescere i beni di Montefano, ottenendo nel 1275 dal Comune di Fabriano mulini, case e appezzamenti di terra in località Ponte del Gualdo nei pressi del centro abitato, dove i monaci iniziarono l’attività della lavorazione della carta. Montefano possedette cartiere fino al 1725.
Durante il governo di Simonetti l’Ordine di Montefano assunse un carattere prevalentemente clericale che non aveva in precedenza; con molta probabilità, infatti, lo stesso fondatore non era sacerdote.
In un atto notarile del 1256 Simonetti è detto «presbiter et prior ecclesiae Sanctae Mariae de Gricta Focilis» (Fabriano, Archivio di Montefano, Grottafucile, 2), mentre il titolo di presbiter non è mai attribuito a Silvestro nella documentazione coeva.
La clericalizzazione dei monaci favorì un impegno sempre più assiduo nella cura delle anime. Nel 1296 Simonetti ottenne la prima parrocchia per l’Ordine di Montefano dal vescovo di Perugia Bulgaro Montemilini (1291-1308): si trattò di S. Maria Nuova «de suburbio portae Solis civitatis Perusinae» (Fabriano, Archivio di Montefano, S. Maria Nuova di Perugia, 1).
Il 3 agosto 1298, Bartolo morì a Viterbo, dove si trovava in visita alla comunità monastica di S. Pietro.
Il corpo, trasportato a Fabriano, fu sepolto nella chiesa di S. Benedetto. In seguito il priore generale Andrea di Giacomo lo fece tumulare nella chiesa di Montefano accanto ai resti mortali di Silvestro Guzzolini e Giuseppe degli Atti.
Il governo di Bartolo rappresentò per l’Ordine di Montefano un periodo di espansione geografica e di incremento numerico, ma anche di vitalità spirituale e di consolidamento delle norme istituzionali. Per questa ragione, pertanto, la tradizione gli ha attribuito il titolo di beato: la Congregazione Silvestrina ne celebra la «memoria facoltativa» il 3 agosto.
Nel 1767 nella cappella laterale destra della chiesa di Montefano fu collocata una pala d’altare, firmata «Nicolaus Bertucci | Anconitanus | invenit et pinxit | 1764», che raffigura Bartolo in contemplazione di s. Silvestro nella gloria. La tela fu donata dal conte Annibale Simonetti di Osimo, come recita l’iscrizione nel lato sinistro dell’altare: «divo Silvestro Guzzolino | et beato Bartholo Simonetto | quod alter civis | alter gentilis | et ambo sibi patroni sint | comes Annibal Simonettus Auximas | p(osuit) anno mdcclxvii». Nella chiesa di Montefano ci sono anche due statue di Simonetti: una è di legno dorato (1,60 m) del XVII secolo e si trova nella nicchia destra dell’abside; l’altra, di bronzo (0,56 cm), è opera dello scultore Aronne Del Vecchio ed è posta a uno dei quattro angoli dell’urna di bronzo e cristallo che dal 1968 custodisce le spoglie mortali di s. Silvestro Guzzolini.
Fonti e Bibl.: Fabriano, Archivio di Montefano, Cod. 3, Vita sanctissimi Silvestri confessoris et mirifici heremite (ms. del XIII secolo), Fondi pergamenacei dei monasteri di Grottafucile e S. Maria Nuova di Perugia, S. Moronti, Repertorio de le scritture de tutt’i luoghi de la Congregatione Silvestrina... fatto l’anno del Signore 1581 (ms.); Le carte dell’Archivio di San Silvestro in Montefano, II, a cura di G. Avarucci - U. Paoli, Fabriano 1991.
A.S. Cancellieri, Storia di S. Silvestro Guzzolini, abate e fondatore della Congregazione Silvestrina dell’Ordine Benedittino, Ancona 1765; C.S. Franceschini, Vita di S. Silvestro abate fondatore dell’Ordine di S. Benedetto di Monte Fano comunemente nominata Congregazione Silvestrina, Jesi 1772; G. Cecconi, Cenni storico-genealogici della famiglia Simonetti di Osimo, Pisa 1876; U. Paoli, A proposito di alcuni monaci cingolani dell’Ordine di S. Benedetto di Montefano nei secoli XIII-XIV, in Cingoli dalle origini al sec. XVI. Contributi e ricerche. Atti del XIX Convegno di studi maceratesi, Cingoli... 1983, Macerata 1986, pp. 295-305; L. Sena, Storia e tradizione agiografica nella “Vita Silvestri”, Fabriano 1995, pp. 40-44; S. Matellicani, Cingolani illustri dal XIII al XV secolo, Cingoli 2003, pp. 19-23.