AICARDI (A. Visconti), Bartolomeo
Nato nel 1402 da Domenico, entrato nel clero pavese, rivestiva ancora gli ordini minori quando, il 4 nov. 1429, fu nominato vescovo di Novara. Partecipò al concilio di Basilea, che nel 1432 lo incaricò d'ottenere l'adesione del re di Francia Carlo VII. Presso il concilio, pochi mesi più tardi, ebbe ufficialmente la carica di rappresentante del duca Filippo Maria Visconti; lì stesso conob be e assunse al suo servizio Enea Silvio Piccolomini, che lo ricorda spesso nelle sue opere. Nel 1435 andò a Firenze come ambasciatore del duca Filippo Maria presso papa Eugenio IV, che si era rifugiato in quella città. Ivi, d'accordo con Niccolò Piccinino, ordì una congiura per impadronirsi del pontefice e portarlo a Milano, nelle mani del duca; ma fu scoperto e processato (giugno 1435). Nella sua difesa dichiarò che il duca era all'oscuro di tutto, rendendo così possibile, nell'agosto seguente il successo dell'arbitrato sulle questioni pendenti tra i due sovrani. Privato del vescovato, ma restituito a libertà (per intercessione, pare, del cardinale Niccolò Albergati), l'A. tornò a Milano e quindi a Basilea. Finì con l'aderire allo scisma e sembra perfino che abbia ricevuto segretamente la porpora dall'antipapa Felice V nella promozione del 20 genn. 1440. Nel frattempo il duca Filippo Maria lo incaricò di recarsi presso il nuovo re dei Romani, Alberto II, per congratularsi e chiedere la conferma dei privilegi ducali (1438). Suoi compagni in questa ambascena furono, oltre a Enea Silvio, il giurispenito e consigliere Cristoforo da Velate e il nobile lacopino Ferrerio da Monferrato; in tale occasione l'A. ricevette il titolo di principe del Sacro Romano Impero, nonché la conferma di tutti i privilegi della Chiesa novarese. In seguito, abbandonò il partito di Felice V e ottenne da Eugenio IV il perdono e la reintegrazione nell'episcopato.
Nel 1446 fu inviato come ambasciatore presso il re Alfonso d'Aragona. Al tempo dell'elezione del nuovo papa Niccolò V (marzo 1447), quando sembrò che tutti gli accordi già conclusi col suo predecessore fossero rimessi in discussione, l'A. si trasferì a Roma, dove agi di concerto con gli altri ambasciatori milanesi, Marco-lino Barbavara, Pietro da Monferrato e Simone Arnigoni. Ai primi di maggio si spostò a Rimini, coll'incarico di concludere un accordo per una condotta dei Malatesta al servizio d'Alfrrso d'Aragona; ai primi di giugno era a Milano, dove proponeva al duca che i 35.000 ducati che Alfonso avrebbe dovuto versare ai Malatesta fossero versati invece al duca stesso in cambio della restituzione di lesi alla Chiesa da parte di Francesco Sforza (che figurava allora come capitano generale del duca di Milano); ma il duca si sarebbe dovuto impegnare a dare quei denari allo Sforza, e nel massimo segreto, per non irritare Alfonso. È chiaro dunque che l'A. lavorava in favore dello Sforza; il duca, da parte sua, non esitò ad informare Alfonso. Sopravvenuta, nel giugno stesso, la decisione di Francesco Sforza di consegnare lesi, il duca rispedì a Roma l'A. con il delicato incarico di trattare col papa e col re Alfonso le modalità.
Dopo la morte di Filippo Maria, l'A. agevolò la conquista di Novara da parte dello Sforza e quindi trattò e concluse in nome di lui la pace col duca Ludovico di Savoia (27 dic. 1449). Lo Sforza lo ricompensò con la nomina a consigliere segreto (ii marzo 1450). Dal novembre 1454, come ambasciatore dello Sforza, e insieme con Alberico Maletta, trattò con Niccolò V ed Alfonso d'Aragona la ratifica della pace di Lodi e il loro ingresso nella lega italica. La missione aveva da poco ottenuto il suo scopo quando venne a morte Niccolò V (24 marzo 1455). L'A. rimase per alcuni altri mesi a Roma, dove intanto era stato raggiunto da Nicodemo Tranchedini; i due ambasciatori informarono con diligenza lo Sforza dell'andamento del conclave, conclusosi l'8 aprile con l'elezione di Callisto III Borgia, e dei primi atti del nuovo pontefice (canonizzazione di Vincenzo Ferrer, difesa di Siena contro il Piccinino, ecc.). Nel luglio 1455 l'A. andò al campo contro il Piccinino e vi restò fino all'autunno dell'anno seguente. Morì l'11 maggio 1457.
Fonti e Bibl.: P. Litta, Fam. cel. ital., Aicardi, già Visconti, tav. I; L. Osio, Documenti diplom. tratti dagli archivi milanesi, III, Milano 1872, passim; G.Soranzo, La leva italica (1454-1455),Milano s.d., pp. 64 ss. (pubblica in appendice alcuni dispacci di B.A.V.); F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II, 1, Milano 1745, col. 1593 e anche 1590-1592 (a quest'opera si rimanda per la bibliografia precedente); G. Giulini, Memorie.., della città e campagna di Milano, VI, Milano 1857, pp. 338-339, 361-362; C. Eubel, Hierarchia carholica..., I, Monasterii 1913, p. 389; II, ibid. 1914, pp. 9 e 226; L.v. Pastor, Storia dei papi, I, Roma 1925, pp. 584, 586, 587, 614, 773, 775-778; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, p. 4; F. Cognasso, in Storia di Milano, VI, Milano 1955,pp. 310, 441; F. Catalano, ibid., VII, Milano 1956, p. 72 ss.