BELLANO (Vellano), Bartolomeo
Figlio di Giovanni Bellano (il cognome del B. non deriva quindi da un toponimo) e di una Anna, nacque a Padova probabilmente poco prima del 1435.
La patavinità di questo scultore non può essere messa in dubbio poiché egli si dichiarava figlio di un "Magister Belanus aurifex q.m ser Iohannis civis et habitator Paduae in contrata vadicrissorum" (cfr. Moschetti, 1914, p. 183), anche se nel 1467 altri documenti perugini (A. R., 1874) lo citano come "Bartolomeus alias Bellanus de Florentia", ove il "de" indica solo la provenienza da quella città, in cui nel 1461 aveva soggiornato. Resta aperta la questione fra la trascrizione del cognome oggi quasi universalmente accolta e quella divulgata dal Vasari, "Vellano", in quanto i documenti testimoniano che l'autore soleva firmare indifferentemente servendosi delle due grafie.
Sembra certo che la sua remota formazione vada ricercata nell'ambiente artistico padovano, attivo nel campo della scultura ancor prima dell'intervento donatelliano ed aperto a certo toscanismo ritardato, quale poteva esservi in particolare importato da un Nicolò Baroncelli, così come a certe durezze fortemente espressionistiche di derivazione nordica, quali potevano essere suggerite anche dalla presenza di quell'Egidio da Wiener Neustadt che a Padova veniva straordinariamente addolcendo il suo severo linguaggio. L'avvio all'arte, e alla scultura in particolare, dovette essere una conseguenza della paterna attività, l'oreficeria. Questa pratica strumentale già conseguita dovette favorirlo nell'essere assunto nell'officina di Donatello, quando questi giunse a Padova e vi aprì bottega. Forse, però, pur guardando al maestro, il B. avrà continuato ad assorbire molto dall'ambiente circostante, in cui il donatellismo veniva divulgato in forme più pittor, iche, come fu il caso di Nicolò Pizzolo. Comunque sia, i legarni con il maestro fiorentino non dovettero essere poco saldi, se il B. seguì Donatello al suo ritorno in Toscana. A Firenze toccò al B. metter fine all'ultima opera donatelliana, i pulpiti di S. Lorenzo, e da Firenze nel 1466 fu invitato a Perugia dai Priori di quella città con l'incarico di modellare e fondere una grande statua bronzea di Papa Paolo II; essa era datata 10 ott. 1467 ed è stata distrutta nel 1798 quando fu rifusa. In questo periodo va posto anche un soggiorno a Roma, dove, secondo il Vasari, il B. eseguì per Paolo II "molte cose piccole di marmo e di bronzo" e dove avrebbe operato anche in qualità di architetto specialmente per il palazzo di S. Marco. Nel 1468-1472 è nuovamente domiciliato a Padova ed impegnato a scolpire nel marmo, per la decorazione dell'armadio delle reliquie nella sacrestia della basilica del Santo e per il perduto monumento a Salimano Solimani al Santo; quindi- fu chiamato a Venezia anche in relazione al monumento equestre a Bartolomeo Colleoni, che poi non gli fu affidato, e da Venezia nel settembre 1479 partì per Costantinopoli con Gentile Bellini. Il suo testamento, redatto per l'occasione, reca la data del 2 settembre. Il rientro a Venezia deve essere avvenuto l'anno seguente, nel 1480. Ritornato a Padova, dai padri di S. Antonio il B. fu incaricato di gettare in bronzo dieci rilievi per il tornacoro dell'altar maggiore della loro basilica, con Storie dell'Antico Testamento. Altre date precise ci portano al 1491, anno di morte dei giureconsulto Roccabonella per il quale qualche anno appresso il B. cominciò a realizzare in bronzo un monumento nella, chiesa di S. Francesco. Pressoché contemporanea dovette essere l'esecuzione del monumento De Castro in S. Maria dei Servi, non documentato, anch'esso come il precedente probabilmente frutto della collaborazione con A. Briosco.
Morì 1 a Padova tra il 1496 e il 1497.
Fra le opere in marmo del B. citeremo in particolare il grande rilievo coi Miracolo della mula per l'armadio delle reliquie nella sacrestia della basilica di S. Antonio di Padova (1472), che ricorda, solo molto alla lontana, anche per l'uso dello "stiacciato", l'ascendenza donatewana, accentuando la robustezza di alcune figure e la pittoricità dell'impianto grernito di figure dal'pacato espressionismo.. Quest'opera va considerata in rapporto all'elemento architettonico che la rinserra, tutto riccamente scolpito con effetto tuttavia non di sovrabbondanza, ma di festevole, e serena profusione: quella serenità che il soggiorno toscano deve avergli dato e che non ritroviamo nella pur bella, ma severa, Madonna col Bambino del Museo Reale di Amsterdam, che gli appartiene e che certamente si riferisce ad un momento precedente. Essa dovrebbe seguire il gruppo a rilievo "stiacciato" con Maria Vergine, il Bimbo e due angeli, esistente, in repliche diverse, a Parigi (Museo delle Arti decorative e Museo Jacquemart André), Berlino (Staatl. Museen), opera di un espressionismo esasperato e di tecnica inusitata (marmo colorato di verde e lumeggiato in oro). La versione della raccolta André appare con la scritta "1461 - opus Bartolomei Belani", ma già il Venturi e il Bettini dubitarono dell'autenticità, soprattutto della data che si riferirebbe a quella dell'attività del B. con Donatello a Firenze. Ancora precedenti, ma prossime a quella, possono "invece considerarsi la lunetta con Madonna del Museo civico di Padova e la Madonna con Bimbo di tre quarti del Museo del Bargello di Firenze, che, come giustamente scrive il Bettini, "vanno interpretate come prodotti d'un donatellismo non più generico, ma specifico di B., ora soltanto passato alla collaborazione diretta con Donatello". Capolavoro del momento fiorentino, che vide la sua collaborazione con Donatello e Bertoldo ai pulpiti di S. Lorenzo, è la drammaticissima Deposizione del Victoria and Albert Museum di Londra. Testimonianza forse unica del suo soggiorno romano è nel busto del veneziano Papa Paolo II (1464) al Museo di palazzo Venezia, primo esempio della sua acuta ritrattistica. In questo campo verso il 1470 altro esempio ci è dato dalla tomba di Erasmo da Narni detto il Gattamelata nell'intemo dei Santo a Padova, opera che segna un contatto tra il B. e Pietro Lombardo, naturalmente a vantaggio del secondo. Di poco posteriore dovrebbe essere il monumento a Giacomo Zocco a S. Giustina, ove s'avverte un certo disfacimento della forma che ritroveremo nelle ultime opere in bronzo. Seguono la Madonna e Bimbo degli Eremitani di Padova e le Pietà del Museo Civico e di S. Gaetano sempre a Padova, in cui, come scrisse il Bettini, "tutto è consunto, come dilavato, con straordinario senso di modernità". Interessante testimonianza del momento veneziano può aversi nella Pietà esterna della attuale chiesa dei gesuiti, forse eseguita fra il 1481 e il 1484. Del B. bronzista i grandi capolavori sono le note formelle per il tornacoro della basilica del Santo (a partire dal 1484, come si ègià detto) ove il distacco dal magistero donatellesco è ormai evidentissimo e tutto l'interesse è portato a rendere la drammaticità della scena per mezzo del movimento e del colore, secondo una concezione tipicamente veneta della plastica. Pare che nel B. certe soluzioni prospettiche "da primitivo" (sovrapposizione di scene, anziché digradazione di piani), quali per esempio si trovano nella Adorazione del Vitello d'Oro, possano più agevolmente collegarsi alla scultura bizantina che all'ultimo Donatello. Furono forse queste scene stupefacenti per sgrammaticatura prospettica e tanto lontane dal fondamentale linearismo fiorentino a far tacciare il B. da "ineptus artifex" fin dal 1504 da parte di Pomponio Gaurico: condanna che, in sede critica, gli pesò duramente quanto ingiustamente nel tempo.
Altra grande opera, il bronzeo monumento Roccabonella in S. Francesco di Padova, concluso nel 1498, quando il B. era già morto, dall'allievo Andrea Briosco: smembrato ora in due parti, è purtuttavia visibile. Di straordinaria potenza plastica sono le figure della Madonna col Bimbo e dei SS. Francesco e Pietro Martire che la fiancheggiano, mentre d'una gagliarda bonomia appare il ritratto dell'onorato, Pietro Roccabonella. Contemporaneo a questo monumento è quello a Paolo e Antonio De Castro, nella chiesa, pure padovana, dei Servi: vari autori hanno ritenuto senz'altro di escluderlo dall'attività del B. forse per una sua eccezionale politezza, ma sembra a noi che esso costituisca quasi l'ultimo atto in questa difficile ricerca di pittoricismo che fu l'opera tutta dei Bellano. Tanto più che l'assegnazione di quest'opera al troppo giovane Briosco, che ad essa certamente collaborò, verrebbe ad essere non facilmente sostenibile.
Un accenno dovrà pur farsi al numeroso ed intricato campo dei piccoli bronzi, di cui il B. fu creatore e fonditore abilissúno, quali il bellissimo S. Girolamo del Louvre o il Bue pascente della Ca' d'Oro di Venezia o il Davide oggi a Filadelfia; al B. pensiamo di riconfermare pure gli Asini pascenti della Ca' d'Oro e il Ratto d'Europa del Bargello, benché recentemente ne sia stata messa in dubbio la paternità.
Tra le medaglie e le placchette, che pare risalgono al suo esordio nell'ambito dell'attività paterna, segnaliamo il S. Antonio abate della coll. Liechtenstein di Vienna, stretto parente del S. Gerolamo nel bronzetto del Louvre, e la Madonna dei candelieri, ricordata dal Molinier ed esistente in vari esemplari, opera legata alla cultura padovana del primo ambiente donatelliano che ci riconduce quindi alla prima attività del nostro artista.
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