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BERRETTARI, Bartolomeo

di Maria Donati Barcellona - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)
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BERRETTARI (Berrettaro), Bartolomeo

Maria Donati Barcellona

Di origine carrarese., fu scultore attivo in Sicilia nel primo quarto del secolo XVI.

Il Di Marzo ha ricostruito l'attività del B. sulla scorta di documenti notarili, ma ne ha svisata la personalità artistica; di conseguenza non è sempre attendibile l'attribuzione di opere rintracciate sulla base di documenti e fatte spesso in collaborazione con un altro scultore di probabile origine carrarese, Giuliano Mancino, col quale il B. tenne bottega fino al 1517. è stato compito della critica più recente puntualizzare la situazione e restituire al B. il posto che gli spettava; questo lavoro era reso più difficile dalla scarsità di opere sicuramente sue (mentre è accertata la presenza del figlio e di aiuti minori). Infatti anche le sue sculture hanno seguito la sorte di varie altre di epoca rinascimentale, smembrate o distrutte nel rifacimento di numerose chiese siciliane. Comunque oggi si può dare, con relativa sicurezza, un catalogo di operee un più sicuro giudizio.

Nel primo documento che lo ricordi il B. appare già in società con G. Mancino nell'esecuzione di una Madonna del Soccorso (1503), oggi nella chiesa parrocchiale di Sciacca (e probabilmente è del B. e del Mancino anche una Madonna della Catena di tipo lauranesco eseguita poco dopo e conservata nella stessa chiesa). Gli si attribuisce la decorazione in marmo del portale orientale della chiesa madre di Alcamo datata 1499. Nella stessa chiesa è ugualmente ritenuta sua la decorazione della porta dell'antisacristia, eseguita qualche anno più tardi (1505). Inoltre, sempre in Alcamo, dove il B. ebbe per qualche tempo stabile dimora, gli vengono attribuiti un portale nella chiesa di S. Maria del Soccorso e in quella di S. Maria del Gesù le statue della Madonna col Bambino e del Battista. Seguendo sempre i documenti, nel 1504 risulta allogata al B. e al Mancino una grande icona in marmo per la chiesa madre di Termini Imerese, che fu poi parzialmente perduta nel rifacimento della chiesa; furono utilizzate, per il prospetto della cattedrale, quattro statue dei santi Pietro, Paolo, Giacomo e Giov. Battista, variamente attribuite ai due artisti. Dello stesso anno è la decorazione della tribuna della chiesa di S. Agostino inPalermo, ora perduta; la stessa sorte ebbero i lavori eseguiti per le chiese di S. Maria del Gesù e della Gangia. Più fortunate le opere inviate fuori della capitale. Rimangono un'ancona nella chiesa madre di Calatafimi (1512) eseguita, pare, senza la collaborazione del Mancino; un portale con Storie di s. Egidio (1514) nella cattedrale di Mazara dei Vallo, molto simile ad uno proveniente dalla chiesa di S. Maria della Luce, conservato nel Museo Pepoli di Trapani assieme ad una icona smembrata; sempre in quest'ultima città le statue degli apostoli Pietro e Paolo nella chiesa di S. Pietro.

Ma l'opera indubbiamente più importante per la ricostruzione e per la valutazione dell'attività del B. resta l'icona del duomo di Marsala. Allogata nel 1518, l'artista ne eseguì solo una parte e nel 1530 ne venne affidato il completamento, nonché il rifacimento di alcune sue parti, ad Antonello Gagini e al figlio di lui Giandomenico. Con questo maestro il B. aveva collaborato alcuni anni prima all'esecuzione di un'altra icona per la chiesa di S. Maria Maggiore a Nicosia, compiuta nel 1511, e di altri lavori per chiese di Palermo.

Il B. morì ad Alcamo fra il 3 agosto e il 12 settembre del 1524.

Le parti di sua pertinenza dell'icona di Marsala ci mostrano un artista nel quale la cultura toscana è alterata da influssi settentrionali: il ritmo lineare dei panneggi e certe deformazioni espressionistiche delle figure dal modellato scabro e duro riportano all'ambiente lombardo. Si tratta comunque di un linguaggio personale non privo di un certo valore.

Per quanto riguarda il fratello Antonino, non si conoscono attualmente sue opere; le uniche notizie sono fornite dai documenti che lo associano al B. in certi lavori, come alcune porte e finestre per il palazzo di Girolamo Bellacera in Palermo. è probabile che egli fosse soprattutto marmoraro e lo confermerebbe la notizia relativa al pagamento di venti colonne decorate di stemmi per la chiesa di S. Maria la Grande a Catania. Tuttavia, dopo la morte del fratello, egli tenne bottega assieme al nipote Antonino, e volle mantenere il suo diritto anche quando si allontanò dalla Sicilia nel 1526,come risulta da un atto pubblico del 4 ottobre di quell'anno. Di Antonino figlio di Bartolomeo non si hanno altre notizie, così come non è chiaro in quali rapporti di parentela sia un altro scultore di questa famiglia, un certo Paolino di Francesco, ricordato in documenti del 1550, 1569 e 1571 (quest'ultimo relativo ai lavori nella cappella del Sacramento nella chiesa di S. Antonio al Cassero in Palermo).

Bibl.: G. Di Marzo, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secc. XV e XVI, Palermo 1884, pp. 103 ss.; G. Filangieri, Documenti… delle prov. napol., V, Napoli 1891, pp. 54 s. (per Bartolomeo), 53 s. (per Antonino), 55 s. (per Paolino); E. Mauceri, La contea di Modica nell'arte, in L'Arte, XVII(1914), p. 120; G. Spadafora, Icona gaginesca nel duomo di Marsala, Palermo 1942, passim; A. Emanuele, La icona gaginesca di S. Maria di Nicosia, Nicosia 1954, passim; V. Regina, La chiesa madre di Alcamo, Alcamo 1953, p. 52; M. Accascina, Di Giuliano Mancino e di altri carraresi a Palermo, in Bollett. d'arte, s. 4, XLIV (1959), pp. 327-334, 33 s. n. 22; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 477.

Vedi anche
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