BIANCHINI (Blanchinus), Bartolomeo
Figlio, secondo il Dolfi, di Iacopo e di Dionea Bargellini, nacque a Bologna, ove fiorì tra la fine del sec. XV e gli inizi del secolo seguente. Ben poco si conosce della vita di questo minore umanista: nobile e ricco, frequentò assiduamente lo Studio della sua città, divenendo discepolo e amico di Antonio Urceo detto Codro e di Filippo Beroaldo il Vecchio, che erano lettori ambedue dei corsi di eloquenza.
L'Urceo lasciò testimonianza dell'affetto reciproco che lo legava al B. nella bella elegia Ad Bartholomaeum Blanchinum (Antonii Codri Urcei Opera, Bononiae 1502, p. 408); maggiori ragguagli sul carattere e il tenore di vita del discepolo dà il Beroaldo nel suo commento al l. X dell'Asino di Apuleio, dove, oltre a esaltarne le qualità fisiche e morali, lo ricorda come amico fraterno d'artisti, specialmente pittori, e collezionista di monete d'oro e d'argento raffiguranti i grandi uomini del passato. Il B. fu in rapporti, specialmente epistolari, anche con Matteo Bosso, il dotto abate veronese, di cui una bella lettera latina, indirizzata all'amico il 5 maggio 1497, conferma il culto umanistico del B. per i "magni viri", attestato dalla sua attività di raccoglitore di monete e medaglie, con la descrizione del suo studio che era ornato dei loro ritratti.
Il vecchio Bosso si rivolge al suo corrispondente come a un giovane ancora agli inizi della propria formazione spirituale, ma di grandi speranze; e "iuvenis" lo chiama Filippo Beroaldo il Giovane nella lettera dedicatoria che premise all'edizione bolognese delle opere di Codro. È quindi assai probabile che il B. fosse nato intorno al 1475-1480; e la morte dovette coglierlo prematuramente, se un epitaffio in sua lode appare pubblicato a Bologna già nel 1528 negli Epitaffi del Cavalier Casio (p. 47). Beroaldo il Vecchio, nel citato commento ad Apuleio, testimonia: "Bartholomaeus Blanchinus... vivit in coelibatu, quainvis eum generum summatim exoptent"; ma il discepolo, più tardi, sposò un'Alessandra Grati, come almeno il Fantuzzi afferma di aver scoperto consultando i documenti dell'Archivio Bianchini di Bologna.
Uniche opere che si conoscano del B. sono le due brevi operette biografiche che scrisse in latino sull'Urceo e sul Beroaldo: particolarmente importante la prima che, col titolo di Codri vita a Bartholomeo Blanchino Bononiensicondita ad Minum Roscium Senatorem Bon., vide la luce per la prima volta all'inizio dell'edizione delle opere dell'Urceo, curata, dopo la sua morte, dal B. stesso insieme con F. Beroaldo il Giovane unitamente a Jean de Pins e pubblicata a Bologna nel 1502. Nell'epistola dedicatoria al Roscio l'autore afferma che la sua non è che la traduzione di una Vita scritta in volgare dal fratello di Codro, con l'aggiunta di altre notizie di cui egli era a conoscenza per la lunga consuetudine col maestro; e tale biografia, derivante com'è da fonti di primissima mano, è infatti, tra le contemporanee, la più esatta e credibile. Per quanto il B. non approfondisca l'indole del personaggio, l'opera, scritta in un latino scorrevole e stringato, è tuttavia pregevole per il suo scrupolo di verità: se ivi si rigettano le accuse, fatte da più parti all'Urceo, di esser dedito all'amor paidico, ne sono ricordati sinceramente anche i vizi, quali l'agnosticismo, la superbia, l'avarizia; l'autenticità del testamento e dell'ultimo discorso di Codro morente, che il biografo volle tramandare, è stata convincentemente rivendicata dal Raimondi contro i dubbi del Malagola (Della vita e delle opere di A. Urceo detto Codro, Bologna 1878). Meno interessante è l'encomiastica Philippi Beroaldi vita per Barptolomaeum Blanchinum composita (la cui prima edizione si trova all'inizio delle Commentationes [in Suetonium] condite a Philippo Beroaldo..., Venetiis 1510): nel breve profilo il B. volle tessere, assieme al cenno biografico, principalmente l'affettuoso elogio dell'amico scomparso, maestro dottissimo e uomo religioso e disinteressato; sì che fondamentale per la biografia beroaldiana, più che l'operetta del B., resta la Vita ben più ampia e ricca di dati scritta dal condiscepolo Jean de Pins. Non ci è noto se il B. abbia scritto altre opere; il Bumaldi, seguito poi da altri, affermò che il biografo aveva pubblicato a Bologna nel 1502, "apud Platonidem de Benedictis", la vita di Codro insieme con alcune poesie latine; ma sembra evidente che qui si accenni alla citata edizione delle opere dell'Urceo, cui apparterranno quindi i "latina carmina" che il bibliografo credette del Bianchini.
Fonti e Bibl.: Familiares et secundae Matthaei Bossi Epistolae, Mantuae 1498, lett. CLVI; Apuleius cum commento Beroaldi, Venetiis 1510, p. 186v; G. A. Bumaldi,Minervalia Bonon. seu Biblioth. Bononiensis, Bononiae 1640, p. 30; P. S. Dolfi, Cronol. delle fam. nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 62; G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1166-67; G. Fantuzzi, Not. degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 178-180; A. Corradi,Not. sui professori di latinità nello Studio di Bologna, in Doc. e studi pubbl. per cura della R. Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, II(1886), pp. 473, 482; E. Raimondi,Codro e l'Umanesimo a Bologna, Bologna 1950,passim.