BONASCIA (Bonasia, Bonasci), Bartolomeo
Nacque a Modena verso il 1450. Secondo il Tiraboschi, "in anni suoi giovanili coltivò ancor la pittura". Le opere conservate, che gli vengono ascritte in base a prove documentarie, o sulla base di chiari indizi stilistici, confermano la veridicità di questa affermazione. Tomasino de' Bianchi (Lancilotto) riferisce che il B. eseguì dal 1468 dei lavori di pittura per la Compagnia di San Giovanni della Morte: dagli estratti del registro dell'Ospedale, pubblicati da A. Venturi, (1885, pp. 258 s.), si deduce ch'egli ebbe un primo pagamento parziale dalla Confraternita di S. Giovanni della Morte il 6 aprile 1468. Il pagamento più cospicuo gli fu versato il 28 ag. 1469 e il residuo fu saldato il 2 marzo 1470. Si trattava di una "cuperta de nanze a la tavola del altaro", in ogni caso una pittura su tela, secondo Venturi destinata alla protezione di una pittura su tavola dei fratelli degli Erri (o antependium?). L'unico dipinto ancora esistente che sia certamente del B., in quanto firmato "Bartholomeus de Bonasciis", era datato 1485 (oggi non leggibile): si tratta di una Pietà, anch'essa su tela, che oggi si trova nella Galleria estense di Modena. Il Tiraboschi (p. 124), che definisce l'artista "professore di tarsia... e de' intagli", cita (p. 277) in data 1509 una cornice per un quadro di P. Aretusi (Madonna col Bambino in trono tra i ss.Geminiano e Gerolamo, ora nella Pinacoteca di Ferrara) che il versatile B. avrebbe intagliato circa dodici ami prima di quella data e cioè intorno al 1497. Richiamandosi al Lancilotto, gli storici locali fanno ripetutamente riferimento ai lavori in legno del Bonascia. È particolarmente apprezzata la sua abilità nel campo dell'intarsio: "anchegli professore di tarsia e prospettiva" si legge nella Raccolta di Ludovico Vedriani. Era opinione generale, a detta di quest'ultimo, che gli stalli degli agostiniani e domenicani, eseguiti dal B. insieme con Battista Zantini e ornati "con tante diverse figure, tante prospettive, animali etc.", venissero al secondo posto, per bellezza, in tutta la provincia e che mostrassero nella miglior luce specialmente il "buon disegno" del Bonascia. Il Tiraboschi, che aveva ancora potuto vedere un considerevole frammento delle tarsie, loda la grazia ed eleganza delle "figure intersiate".
Nel 1523 "Mº bartolomeo Bonasia consegnò un disegno per una figura di Madonna, evidentemente scolpita, "che è su la fossa", e precisamente "nell'oratorio sulla via pelusia nel confine delle suburbane del SS. Crocifisso e S. Agnese", come risulta dai registri della fabbrica del duomo (Dondi).
La professione ufficiale del B. tuttavia fu di "Ingegnere o Architetto del Pubblico", secondo le parole del Tiraboschi. In questa sua qualità egli riceveva un salario fisso, e gli erano affidate la progettazione e la supervisione delle costruzioni pubbliche allora in corso a Modena. Già nel 1508 egli è menzionato come "soprastante alla nuova fabbrica del coperchio dell'orologio nella pubblica piazza" (Tiraboschi) e ancora nel 1522 si trovano citati modelli in legno del B. per vari edifici modenesi (Lancilotto).
Morì a Modena il 7 sett. 1527.
Delle numerose attività del B. si può delineare soltanto quella svolta nel campo della pittura dato che, come già detto, possediamo un'unica pittura che è sicuramente di sua mano: la Pietà del 1485 nella Galleria estense, opera che non solo è uno dei capolavori della pittura emiliana del Quattrocento, ma che ha uno stile talmente marcato da poter costituire un solido punto di partenza per ulteriori attribuzioni. La grande tela della Pietà fu probabilmente dipinta per la chiesa di S. Agostino che fu completamente rifatta nel 1663: intorno al 1820 Francesco IV d'Este la acquistò dal convento di S. Vincenzo e ne arricchì la Galleria estense.
Da questo dipinto spira un senso di solenne serenità che la misurata economia dei gesti mette ancor più in risalto; e si può riconoscere in esso l'influenza di Piero della Francesca: è questa quindi la direzione da seguire quando si cerchino altre opere pittoriche del Bonascia. Tuttavia con ciò si mette in luce solo l'esteriore intelaiatura formale, dato che il B. non è certo né in Emilia né a Modena l'unico seguace di Piero. Il fulcro di questa tendenza stilistica, nella Modena del tempo, è da vedere piuttosto in Cristoforo e Lorenzo da Lendinara, attraverso i quali probabilmente lo stesso B. ha assorbito la lezione di Piero. L'esito più grandioso di questo rapporto sono le mezze figure ad intarsio dei Padri della chiesa nel coro e degli Evangelisti nella sacrestia del duomo di Modena che erano state compiute dai Lendinara nel 1465 e 1477. Ma se i busti degli Evangelisti sono pervasi dallo spirito di Piero, d'altra parte essi si collegano altrettanto bene alla Pietà del B. del 1485; tanto che, se non fosse per la firma di Cristoforo da Lendinara, potrebbero essere attribuiti al B. stesso che era occupato nel medesimo periodo e nel medesimo luogo come intarsiatore. Questo esempio vale a dimostrare quanta cautela sia necessaria nell'attribuire altre opere al Bonascia. A questo si aggiunga che Piero della Francesca contava nei paesi estensi gran numero di seguaci minori, qualche volta nemmeno identificabili.
Tra le opere di pittura sicuramente attribuibili al B. resta il grande affresco, diviso in tre zone sovrapposte, della parete destra della basilica di Nonantola. La parte inferiore rappresenta a figura intera i Santi Martino,Gregorio,Giovanni,Giacomo Maggiore,Silvestro,Antonio e Giorgio; la zona mediana l'Annunciazione e la parte superiore il Crocefissotra Maria eGiovanni. A parte certe semplificazioni sommarie e durezze che pur sempre distinguono l'affresco dalla pittura su tavola, è qui riconoscibile senza dubbio la mano dell'autore della Pietà del 1485.
Nella Pinacoteca di Bologna è conservata una tavola d'altare con evidenti richiami a Piero della Francesca, che rappresenta la Madonna in trono tra quattro santi (la Pietà nella lunetta) e che, con certe differenze tecniche dovute al materiale, è molto vicina stilisticamente, e anche nella scelta dei motivi, all'affresco di Nonantola. Attribuibile probabilmente al B., questa sarebbe la meglio conservata fra tutte le sue opere: il colore sulla tavola risulta così caldo e splendente da mettere in ombra lo stesso colorito squillante della tela della Galleria estense.
Diviso in tre zone, come l'affresco di Nonantola, è il dipinto murale sopra il primo altare a destra (di S. Bernardino) del duomo di Modena. La decorazione della parte superiore deriva da Francesco Bianchi Ferrari al quale G. Campori (La cappellaestense nel Duomo di Modena, in Atti e mem. delle RR. deputaz. di st. patria per le prov. modenesie parmensi, n.s., V [1880], pp. 83-88) attribuisce erroneamente l'intera opera. Nonostante il cattivo stato di conservazione, è riconoscibile in questo affresco un capolavoro del Bonascia.
La composizione rivela una straordinaria penetrazione del tema (Giudizio universale), una eccezionale capacità nel disporre con equilibrio la gran massa di personaggi, arricchendola di notazioni individuali senza perder di vista il sentimento collettivo determinante. Vengono in tal modo nobilitate alcune crudezze dei dettagli. Con questa opera il B. gareggia validamente con Piero della Francesca frescante.
Riteniamo che si possano attribuire al B. altri affreschi dell'ambiente emiliano-romagnolo che si avvicinano molto allo stile di Piero: due grandi frammenti di una Sacra conversazionecon i santi Sebastianoe Cristoforo, provenienti dalla chiesa degli agostiniani, oggi nella Pinacoteca di Ferrara. Dato che, a detta del Vasari, Piero dipinse affreschi nella stessa chiesa, anche in questo caso il B. si trovò di fronte il modello. Il terzo affresco attribuibile è il discusso Pestapepe della pinacoteca di Forlì attribuito ora a Melozzo ora al Cossa. Infine è da riferire al B. una tavoletta con il busto del Salvatore nel museo Horne di Firenze. A parte questo ristretto numero di opere, dipinte in un periodo che non sembra superare il nono decennio del secolo, si possono trovare altre opere vicine allo stile del B., che tuttavia, allo stadio attuale degli studi, non possono essergli attribuite senza incertezze. Ma anche entro questi limiti, il B. si presenta come un importante rappresentante della pittura dell'Italia settentrionale nel Quattrocento.
Fonti e Bibl.: (T. Lancilotto), Cronaca Modenese di Tomasinode Bianchi, in Monumenti di storia patria delle prov. modenesi, serie cronache, II, 1, Parma 1862, pp. 37, 64, 477; II, 2, ibid. 1865, pp. 6, 288; V, ibid. 1867, p. 193; L. Vedriani, Raccolta de'pittori,scultori ed architetti modenesipiù celebri, Modena 1662, p. 26; G. Tiraboschi, Notizie de' pittori,scultori... di Modena, in Biblioteca modenese, VI, Modena 1786, pp. 336-338; A. Venturi, L'oratorio dell'Ospedale della morte, in Atti e mem. delle RR.deputaz. di storiapatria per le provincie modenesi e parmensi, s. 3, III (1885), I, pp. 258 s.; A. Dondi, Il Duomo di Modena, Modena 1896, p. 46; E. Ruhmer, B. B.,ein Nachfolger des Pierodella Francesca in Modena, in Münchner Jahrbuchder bildendenKunst, V (1954), pp. 89-101; U. ThiemeF. Becker, Künstler-Lexikon, IV, pp. 272 s.; Encicl. Ital., VII, p. 390.