BONATTO, Bartolomeo
Nacque a Mantova in data imprecisata nella prima metà del secolo XV da Matteo di Bartolomeo. Entrato al servizio del marchese Ludovico Gonzaga, ne divenne uno dei più fidati consiglieri e collaboratori nel servizio diplomatico. Tra il 1455 e il 1459 compì varie missioni a Milano, ma non pare che riguardassero questioni di qualche importanza. Il marchese intratteneva allora ottimi rapporti con il nuovo duca Francesco Sforza, al quale lo legava anche sin dal 1451 un contratto di soldo già varie volte rinnovato.
Maggiore rilievo acquistò l'attività diplomatica del B. a partire dal 1459, in coincidenza con l'inaugurazione della dieta che radunò a Mantova numerosi principi laici ed ecclesiastici intorno al pontefice. Ai primi del 1459 il B. fu mandato a Roma per sottoporre alla ratifica di Pio II i capitoli della convenzione con il marchese Ludovico per la sistemazione della corte pontificia a Mantova nel corso della dieta. Il soggiorno mantovano del papa non mancò di alimentare la grande aspirazione dei Gonzaga di ottenere l'elevazione al cardinalato del giovane Francesco, secondogenito del marchese Ludovico e di Barbara di Hohenzollern. A quanto pare Pio II dette precise assicurazioni in questo senso, alle quali la corte mantovana si attaccò per realizzare l'ambizioso progetto. A tal fine il B. fu nominato all'inizio del 1460 ambasciatore presso la corte pontificia.
Il suo primo passo presso il papa non era dei più gradevoli. Pio II aveva chiesto alla fine del 1459 a Francesco Sforza di autorizzare il marchese Ludovico a passare al servizio pontificio per intervenire nel Regno di Napoli in aiuto di Ferrante d'Aragona contro Giovanni d'Angiò. Ai primi del 1460 il B. aveva seguito il suo signore a Milano per discutere con lo Sforza la richiesta papale, poco gradita al duca come al marchese, non per ultimo a motivo dell'opposizione veneziana. Il 21 febbr. 1460 giunse a Siena, dove risiedeva in quel momento la corte di papa Piccolomini, e notificò il rifiuto del marchese ad assumere la condotta, motivandolo con ragioni di salute. La risposta negativa alla richiesta papale non disturbò eccessivamente i buoni rapporti dei Gonzaga con Pio II, ma non favorì certo la trattativa per il cardinalato di Francesco. Il 15 marzo infatti il papa procedette alla creazione di nuovi cardinali, senza ricordarsi della promessa mantovana. Al B. toccò quindi il compito di riprendere il filo del negoziato: s'impegnò in un abile e intenso lavorio diplomatico, prima a Siena e poi a Roma, cercando di procurarsi anche i necessari appoggi all'interno del Sacro Collegio. Le difficoltà non erano trascurabili, anche per via della giovane età del candidato, che non aveva raggiunto ancora i vent'anni. Un'aperta disposizione ad appoggiare il desiderio mantovano mostrò solo il cardinale Niccolò da Cusa, vecchio amico dei Gonzaga, e in particolare della sua connazionale, la marchesa Barbara.
Intanto, nell'attesa di una nuova creazione cardinalizia, nacque il progetto di conferire a Francesco il vescovato di Trento, per il quale esisteva la possibilità di una prossima vacanza. Quel vescovo infatti si era schierato apertamente dalla parte del duca Sigismondo del Tirolo inviso alla Curia e rischiava per questo atteggiamento di perdere il vescovato. Ottenere per Francesco la sede vescovile di Trento rappresentava per i Gonzaga un ottimo affare che avrebbe permesso di estendere la loro influenza in quella zona e di assumere il controllo di importanti passi alpini. Il Cusano aveva dato al B. buone speranze di conseguire quest'obiettivo, senza tenere conto però degli inevitabili riflessi politici dell'operazione, che risultarono invece evidenti a Pio II, sondato nel marzo del 1461 dal solerte ambasciatore. Il papa manifestò serie riserve sul progetto, che avrebbe suscitato sicuramente la più tenace opposizione dei Veneziani, niente affatto disposti a tollerare la presenza dei Gonzaga nel Trentino. Questa supposizione risultò fondata: i Veneziani fecero sapere infatti di lì a poco che avrebbero impedito la realizzazione del progetto a tutti i costi, se necessario anche con la guerra. Il 15 marzo il B. ricevette così perentorie istruzioni dalla marchesa Barbara di soprassedere all'iniziativa, che il marchese nelle sue scuse presentate tempestivamente al governo della Repubblica attribuì alla sola intraprendenza del Bonatto.
Dopo il fallimento di questo progetto, il B. concentrò tutto il suo impegno sul cappello cardinalizio, sollecitando anche l'intervento dell'imperatore Federico III, che l'11 nov. 1461 conferì alla richiesta dei Gonzaga il crisma di una candidatura imperiale. Anche il duca di Milano Francesco Sforza si pronunciò a favore del giovane Francesco, al quale il B. riuscì così ad assicurare tutti i necessari appoggi. La sua paziente azione diplomatica fu coronata finalmente dal successo: nel concistoro del 14 dic. 1461 Pio II procedette alla nomina del Gonzaga.
Nel corso della sua ambasceria romana il B. si occupò anche, per espresso incarico della marchesa Barbara, di questioni tedesche. In particolare si adoperò attivamente in favore dello zio della marchesa, Alberto Achille di Hohenzollern, in guerra con i Wittelsbach di Baviera, senza ottenere però alcunché. Si preoccupò anche di prospettare la candidatura di Mantova a sede dell'eventuale concilio, insistentemente richiesto in Germania e in Francia, che poi però non fu convocato. Restò a Roma fino al giugno del 1462, successivamente fu impiegato in nuove missioni presso varie corti italiane e in particolare presso quella di Napoli, alla quale Ludovico Gonzaga si legava in quegli anni con un nuovo contratto di soldo. Per definire i termini di esso il B. si recò nel 1467 a Napoli, dove ritornò ancora nel 1470. Il marchese era stato assunto congiuntamente dal duca di Milano e dal re di Napoli che però tentarono sempre di scaricare l'uno sull'altro il maggior peso finanziario della condotta. Altre missioni il B. compì a Roma dal marzo del 1471 al dicembre del 1472, a Cesena nel marzo-maggio del 1473 e di nuovo a Roma nel maggio del 1474. Questa fu l'ultima sua missione diplomatica. Ormai vecchio, fu trasferito a un incarico amministrativo più confacente alla sua età: nello stesso 1474 fu nominato infatti maestro generale delle Entrate del marchesato. Morì a Mantova il 27 apr. 1477 e fu sepolto nella chiesa di S. Andrea.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Gonzaga, buste 805, 840, 841, 844, 845, 1620-1622 (contengono i suoi dispacci diplomatici); Ibid., Fondo D'Arco, n. 215: C. D'Arco, Famiglie mantovane, II, c. 183; G. Soranzo, Pio II e lapolitica italiananella lotta contro i Malatesta1457-1463, Padova 1911, passim; G. B. Picotti, La dieta di Mantovae la politica de' Veneziani, Venezia 1912, ad Indicem; A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, in Arch. stor. lombardo, s. 5, XLI (1914), pp. 470 s.; L. v. Pastor, Storia dei papi, II, Roma 1925, ad Indicem; E. Meuthen, Die letztenJahre des Nikolausvon Kues, Köln und Opladen 1958, ad Indicem; B. Benedini, La mancata partecipazione del marchese diMantova alla guerra nelreame di Napoli(1460), in Studi inonore di R. Filangieri, II, Napoli 1959, pp. 43, 51-55, 60-66, 69; L. Mazzoldi, Da Ludovico secondo marchese a Francesco secondoduca, in Mantova,La storia, II, Mantova 1961, pp. 20, 57, 61.