BRAIDA (Abrato, d'Abrate), Bartolomeo
Nacque verso il 1520 a Sommariva del Bosco (Cuneo) da antica famiglia originaria di Bra.
Nelle Ottave che fanno parte del suo canzoniere, il Construtto d'Amore, il B. ricorda come, tornando da Pavia (dove forse era stato per ragioni di studio), si fosse recato a Bra per visitare "i parenti": se, come sembra probabile, il termine sta a indicare i genitori, bisognerebbe dedurne che i suoi avessero stabile residenza a Bra, e che egli fosse nato a Sommariva durante un temporaneo soggiorno della famiglia.
Quel poco che della sua vita ci è noto è desumibile in gran parte dalle dedicatorie che premise alle sue opere: nel 1540 era ancora studente in legge, ma appare già in rapporto con Claudio di Savoia conte di Tenda e Sommariva, governatore della Provenza per conto di Francesco I; nel 1541 continuava i suoi studi a Parigi, donde dedicò in quell'anno l'Albania a Caterina de' Medici delfina di Francia. Alla corte francese, forse per tramite di Claudio di Savoia, restò sempre legato, anche se ben presto tornò in Piemonte, dove trascorse gran parte della sua vita; da uno dei sonetti che precedono la Comedia pastorale del 1556, in cui afferma di aver avuto "le voglie pronte... a l'armi", sembrerebbe che avesse servito anche come militare. Si laureò in utroque iure in data non troppo distante dal 1544; nel 1556 Enrico II volle che succedesse a Costanzo Caroli come uno dei tre giudici regi, nominati a vita, che governavano per conto del re di Francia il marchesato di Saluzzo. Ebbe residenza in Carmagnola ed esplicò le sue funzioni sino al 1561, cioè sino a che la controversa magistratura non fu abolita; dopo tale anno non si ha più di lui notizia alcuna.
Il primo scritto del B. è l'Opera nuova intitolata Construtto d'Amore,di M. B. Abrato da summariva,et di leggi studente,ne la qual contiensi,oltra gl'amorosi Sonetti,la Condennatione d'Amore, s. n. t.; nelle due dediche - la prima, al conte di Tenda, del 7 sett. 1540, la seconda, "colendissimo patri Dionysio", del 13 agosto dello stesso anno - datate ambedue da Sommariva, motivo dominante è l'ansia per le sorti del Piemonte, devastato dalle guerre. I lamenti contro Marte, che ha distrutto la sua felicità, sono frequenti anche nel men che mediocre canzoniere amoroso che segue, ispirato naturalmente al Petrarca e diviso in Sonetti,Ottave,Condennation d'Amore (un lungo immaginario processo al dio, in ottave); al τέλος fa seguito un Lamento, che conclude la raccolta. Il 15 apr. 1541 dedicava a Caterina delfina di Francia l'Albania, poemetto di sei canti in ottave: l'opera purtroppo, già cod. 404. N. VII. 51 della Biblioteca Nazionale di Torino, andò perduta nell'incendio del 1904. Non molto posteriore alla data dell'avvenimento celebrato (1544) deve essere l'altra opera del B. restata inedita, La battaglia di Ceresole descritta in ottava rima (Arch. di Stato di Torino, Indici Carlevaris, III), in cui egli compare per la prima volta col titolo di "dottore in leggi". Nel 1555 a Torino vedeva la luce un suo nuovo canzoniere, intitolato Canzoni,sonetti e rime;l'anno successivo, sempre a Torino, veniva stampata l'ultima e la più nota delle sue opere, la Comedia pastorale di nuova composta per M. B. B. di Summariva et oltre più versi del medesimo,nel fine la dolce e lieta vita che alla campagna si prova, dedicata a Francesca di Fois moglie di Claudio di Savoia. È controverso se il B. fosse o meno a conoscenza, all'atto della composizione di questa sua commedia che ha l'unico merito di essere tra le primissime pastorali, del Sacrificio del Beccari, rappresentato due anni prima: se infatti ci sono delle coincidenze nell'intreccio e in talune scene - coincidenze che peraltro potrebbero essere imputabili alle fonti comuni - assai notevoli sono le dissomiglianze. La Comedia Pastorale del B. è un caratteristico prodotto di una cultura provinciale attardata, che si rifà ancora in gran parte alla letteratura quattrocentesca: un'ibrida contaminazione insomma, come sosteneva il Carrara, tra la rappresentazione mitologica toscana e l'idillio classico napoletano, non senza influssi del romanzesco medievale e delle fantasie ariostesche; il metro è ancora l'ottava. Assai complesso è l'intreccio, gravitante intorno agli amori di tre ninfe e tre pastori, i quali per varie vicende muoiono e infine saranno resuscitati da un negromante eremita innamoratosi d'una delle fanciulle; tuttavia la vicenda, mal costruita, finisce ugualmente per risultare monotona. Di qualche interesse, per la storia delle maschere e dei tipi del teatro popolareggiante, sono le scene in cui compare la maschera tradizionale dell'"huomo selvaggio" o quelle, in dialetto piemontese, che vedono protagonista l'altro tradizionale personaggio comico del "villano", che qui viene a corte per imparare la galanteria. Alla commedia nella stampa seguono varie rime d'amore e un componimento, in endecasillabi sciolti, esaltante la vita agreste.
Di una Commedia spirituale (forse abbaglio per "pastorale") attribuitagli dal Quadrio e di un suo manoscritto in latino di materie legali, ricordato dal Novellis, non abbiamo alcuna notizia.
Bibl.: F. S. Quadrio, Della storia,e della ragione d'ogni poesia, II, Milano 1741, p. 249; Id., Indice generale della storia..., Milano 1752, pp. 69, 283; C. Novellis, Biografia di illustri Saviglianesi, Torino 1840, p. 168; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, I, Torino 1841. pp. 232 s., 267 s.; R. Menochio, Mem. stor. della città di Carmagnola, Torino 1890, p. 242; p. Orsi, Ilteatro in dialetto piemontese,Introduzione, Milano 1890, pp. 42 ss.; B. Peyron, Codicesitalici manu exarati qui in Bibliotheca Tauriniensis Athenaei ante diem XXVI Ianuari MCMIV asservabantur, Taurini 1904, pp. 262 s.; G. Carducci, Studi su L. Ariosto e T. Tasso, in Opere (ediz. naz.), XV, pp. 430-34; F. Flamini, IlCinquecento, Milano s.d., p. 488; E. Carrara, La poesia pastorale, Milano s.d., p. 312; F. Neri, La maschera del selvaggio, in Giorn. stor. d. lett. ital., LIX (1912), pp. 66 s.; L. Collino, Storia della poesia dialettale piemontese, Torino 1924, p. 43.