CALDERARA (Calderari), Bartolomeo
Nacque a Milano nel 1747, in una famiglia tra le più cospicue per censo del patriziato milanese, divisa nei due rami marchionale e comitale.
Il marchese Antonio, padre del C., figurava al quarto posto nella lista dei maggiori tassati in occasione della contribuzione militare imposta nel 1734 da Carlo Emanuele III; alla sua morte (1756) lascerà il figlio erede universale del titolo, degli aviti feudi di Turano, Belgirate e Paderno, e di beni terrieri sparsi in 26 comunità e valutati, nel nuovo catasto teresiano, a complessive pertiche 14.355, per un valore capitale di scudi 98.311, cui si aggiungevano case e appartamenti in Milano per altri 14.671 scudi; in un'altra denuncia fatta in età repubblicana (1799), dove sono compresi anche i vasti possedimenti della famiglia nel Bergamasco, gli scudi d'estimo attribuiti al C. salgono a 243.337.
Notevole influsso sulla sua formazione dovette avere la madre, Margherita Litta Visconti, "donna sensibilissima e virtuosissima con un corpo difettoso" a dire di Pietro Verri, che descrive il figlio "a lei affezionatissimo". Ammesso al patriziato, secondo le forme prescritte, alla fine del 1761, pochi anni dopo, giovanissimo, frequentava il gruppo dei Verri, di Beccaria e del Caffè, attratto non solo dalla curiosità intellettuale per le nuove idee che vi circolavano, ma anche e soprattutto da una passione sbocciata in lui per la bella e frivola sposa di Cesare Beccaria, Teresa Blasco.
Sul ménage à trois che si venne così a formare, e che solo la morte precoce di Teresa varrà a sciogliere, nel 1774, molto malignarono i contemporanei, e in particolare Pietro Verri, che accusa l'autore di Dei delitti e delle pene di ricorrere volentieri alla borsa, oltreché alla generosa ospitalità, del rivale in amore; un osservatore più equanime, Alfonso Longo, notava però, in una lettera a G. Visconti di Saliceto (edita dal Landry), che a cementare il sodalizio era l'"infinita stima" che il C. nutriva per il celebre scrittore; e sappiamo che del suo mecenatismo beneficiarono altri, tra cui l'illuminista napoletano Troiano Odazzi.
L'immagine, che tali esordi lasciano intravvedere, del gran signore di mente aperta,e spregiudicata, ma alieno da severi impegni politici o intellettuali, prodigo del suo denaro e amante della bella società e dei divertimenti, sembra confermata dai successivi dati biografici. Rinomate erano le feste di casa Calderara, e ben nota la passione del C. per il teatro. Nel 1776, con altri tre giovani patrizi, egli assunse con la rinuncia ad ogni utile l'appalto delle rappresentazioni al Teatro ducale, e dopo l'incendio di questo al nuovo teatro alla Scala e alla Canobbiana: nel repertorio la preferenza fu data conforme ai gusti del tempo, all'opera comica e agli spettacoli leggeri. Grande scalpore suscitò nel 1783 il suo matrimonio con la ballerina Vittoria Peluso, detta Pelosina, che erediterà le sue sostanze e sposerà in seconde nozze il generale Domenico Pino. Incluso tra i primi 36 membri della Società patriottica di Milano, istituita da Maria Teresa alla fine del 1776 con lo scopo di incrementare l'agricoltura e le arti, il C. ne disertò le sedute, e per questo motivo dovette dare le dimissioni, nel febbraio 1782. Sarebbe errato vedere un'intenzione antiaustriaca in questo atteggiamento, così come nella carica da lui rivestita nel 1785 di venerabile maestro della loggia massonica "La Concordia": ché anzi, come è noto, la massoneria godeva allora della protezione ufficiale dell'imperatore Giuseppe II, e tra gli iscritti a quella loggia figurava lo stesso plenipotenziario Wilzeck.
Nulla sappiamo del C. nel decennio successivo, se non che nel 1794 le sue prodigalità lo costrinsero a chiedere "una dispensa derogativa ai fideicommissi di sua famiglia per la somma di lire 1.300.000 ad effetto di estinguere le passività state documentate". All'arrivo dei Francesi egli non seguì nell'emigrazione la parte più retriva dell'aristocrazia milanese, né abbracciò di slancio le idee rivoluzionarie come un Serbelloni o un Porro; fu piuttosto del numero di quei nobili e possidenti che, passata la bufera dei primi mesi, non solo accettarono di collaborare col nuovo regime, ma riuscirono con l'appoggio francese a imprimergli un indirizzo sostanzialmente moderato, e formarono più tardi i quadri del "governo dei notabili" instaurato da Napoleone. Così il C. fece parte del Consiglio dei quaranta nominato da Bonaparte nel gennaio 1797, con l'incarico di rivedere i conti della passata amministrazione, e sciolto per motivi non ben chiari dopo la prima seduta; e fu membro della nuova Società di pubblica istruzione (gennaio-luglio 1797), sebbene non prendesse parte ai dibattiti, forse per il carattere troppo democratico da essi assunto. Membro della Consulta legislativa della seconda Cisalpina (1800-1801), partecipò come notabile del dipartimento di Olona ai Comizi di Lione; qui venne compreso nel Collegio elettorale dei possidenti, ma non fu presente alla prima seduta che esso tenne a Milano, nel 1802. Morì il 3 genn. 1806.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Araldica, p.a., cart. 61; Uffici civici, p.a., cart. 163; Uffici e tribunali regi, p.m., cart. 485, p.s., cart. 25; Studi, p.a., cartt. 17, Milano, Archivio storico civico, Famiglie, cart. 326-328; Milano, Biblioteca nazionale Braidense, ms. AF. XI 33: Appuntamenti della Società Patriotica dalla istituzione sino all'anno 1783 inclus.; Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, a cura di F. Novati-E. Greppi-P. Giulini-G. Seregni, Milano 1910-1942, I, passim;II-XII, ad Indices; C. Beccaria, Scritti e lettere inediti, raccolti e illustr. da E. Landry, Milano 1910. pp. 226 s., 233, 241, 348; U. Da Corno, I Comizinaz. in Lione per la costituz. della Rep. italiana, Bologna 1934-1940, ad Indices;C.Beccaria, Opere, a cura di S. Romagnoli, I-II, Firenze 1958, ad Indicem;Id., Dei delitti e delle pene, a cura di F. Venturi, Torino 1965, pp. 498 s., 577; F. Calvi, Ilpatriziato milanese, Milano 1865, pp. 210, 273, 451, 476; P. Pecchiai, La società patriottica istit. in Milano dall'imperatrice Maria Teresa, in Arch. stor. lomb., XLIV (1917), pp. 25-152; A. Luzio, La massoneria sotto il Regno italico e la Restaurazione austriaca, ibid., pp.241-352; La Scala nei 150 anni della sua vita artistica, Milano 1928, pp. 18 ss.; Il Teatro alla Scala dagli inizi al 1791nei documenti inediti dell'archivio Borromeo Arese, Milano 1929, passim;C. A. Vianello, Pagine di vita settecentesca, Milano 1935, pp. 77-103, 136-39; Id., La vita e l'opera di Cesare Beccaria, Milano 1938, pp. 80-82, 99; G. Seregni, La cultura milanese nel Settecento, in Storia di Milano, XII, Milano 1959, pp. 601 627; R. Levi Pisetsky, La vita e le vesti dei Milanesi nel '700,ibid., pp. 890, 897 s.; F. Mompellio, La musica a Milano nell'età moderna, ibid., XVI, Milano 1962, p. 664.