CARREA (Carrega), Bartolomeo
Nacque a Gavi (Alessandria) nel 1746 e studiò scultura a Genova sotto la guida di N. Traverso presso l'Accademia Ligustica di Belle Arti. Nel marzo del 1800, per le ristrettezze economiche in cui questa versava, aderì all'invito di insegnarvi gratuitamente; nel maggio del 1802 diventò professore provvisorio alla scuola di scultura ed in seguito, per due volte (una nel 1805), direttore della "classe degli scultori". Nel 1824 venne nominato "custode" dell'Accademia, incarico che tenne per quindici anni fino alla morte; gli succedette il pittore Giovanni Fontana.
Il C. ebbe una personalità artistica poco definita e spesso lavorò insieme con altri scultori, se riuscire ad esprimersi con un linguaggio personale ed autonomo, tanto che riesce difficile distinguere la sua mano da quella dei collaboratori. Ciò si verifica, per esempio, nei bassorilievi in stucco raffiguranti gruppi di tre Danzatrici, conservati nel salone ottocentesco del palazzo Doria-Tursi, attuale sede del comune di Genova, in cui egli lavorò insieme con Giuseppe Gagini, oppure in quelli che decorano le pareti laterali e la sovrapporta del salone del primo piano nobile del palazzo Pallavicini già Pasqua in piazza Fontane Marose, rappresentanti le Gesta della famiglia Vivaldi e un Genio, eseguiti sempre in collaborazione con il Gagini.
Il biografo Alizeri ne sottolinea la dipendenza artistica dal Traverso, anche in età matura, quando riferisce che nel 1805, in occasione della preparazione degli addobbi trionfali per l'arrivo di Napoleone a Genova, il Traverso prese con sé al lavoro il C. "suo creato… il quale o coi modelli o colla scorta di lui mise in piedi un colosso del Bonaparte" (ma vedi Hubert, p. 298). In questa occasione in effetti il C. eseguì una statua rappresentante Andrea Doria per il portale del palmo ducale oltre a una Storia, che faceva parte di un gruppo allegorico composto dal Traverso per l'arco trionfale ideato da S. Cantoni e G. Barabino (Hubert, pp. 300 s.). Nel 1816 scolpì il monumento funebre a Costanza De Fornari Raimondi, già in S. Maria del Prato a Genova-Albaro ed attualmente smembrato e quasi completamente disperso (i pezzi superstiti, un medaglione-ritratto e la lapide commemorativa, sono murati nel chiostro del convento attiguo alla chiesa). Nel 1820 fornì una statua rappresentante la Speranza per una nicchia della facciata neoclassica della chiesa di S. Siro. Inoltre scolpì un bassorilievo marmoreo con la Pietà, che corona il timpano del portale secondario di palazzo Spinola prospiciente la piazza inferiore di Pellicceria, ed una Immacolata in legno per la chiesa della SS. Concezione dei cappuccini (ridipinta all'inizio del sec. XX), mentre due statue (pure in legno) dell'Assunta sono conservate sopra gli altari maggiori delle chiese parrocchiali di Arquata Scrivia e di Serravalle. In questo gruppo di opere il C. appare stancamente legato alla tradizione settecentesca genovese, mentre nelle altre è orientato verso le forme neoclassiche, di pui segue con rigidezza i più comuni schemi compositivi (nelle Danzatrici di palazzo Doria-Tursi è fin troppo evidente il ricordo delle TreGrazie del Canova). Egli appare pertanto incerto nella scelta fra la tradizione barocca e il neoclassicismo romano, di cui era venuto a conoscenza attraverso le opere del Traverso, e finisce con il sommare piuttosto che fondere, i modi stilistici delle due correnti, pervenendo a risultati artistici piuttosto mediocri. A causa degli ultimi avvenimenti bellici, è andato perduto il rilievo che ornava una delle porte d'ingresso del pronao del teatro Carlo Felice, rappresentante la Commedia (1828) come pure le plastiche nel presbiterio della chiesa di S. Stefano, con "putti allusivi alla santità del luogo e ai martiri del titolare" (eseguite insieme a Niccolò Traverso e a Giovanni Barabino). L'Alizeri riferisce infine che nell'agosto del 1815 il C. partecipò alla preparazione degli addobbi trionfali in onore dei reali di Sardegna in visita a Genova, scolpendo una statua allegorica del Fiume Po per un grande fontana a forma di rupe progettata da C. Barabino in località Zecca. Il C. sposò la pittrice Rosa Bacigalupo, figlia del pittore Giuseppe Bacigalupo.
Morì a Genova l'8 genn. 1839.
Bibl.:F. Alizeri, Guida artist. per la città di Genova, Genova 1846, I, pp. 135, 216, 486; II, pp. 517, 1065; Id., Notizie dei professori del disegno in Liguria, I, Genova 1864; III, ibid. 1866, passim;D. C.Finocchietti, Della scultura e tarsia in legno dagli antichi tempi ad oggi, Firenze 1873, pp. 218 s.; F. Alizeri, Guida illustr. del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875, p. 503; A. R. Willard, History of modern Ital. art, New York 1898, p. 128; G. B. Vallebona, Il teatro Carlo Felice, Genova 1928, p. 12; D. Castagna-M. U. Masini, Guida di Genova, Genova 1929, p. 352; O. Grosso, Genova e la Riviera ligure, Roma 1951, pp. 14, 53, 91, 92; C. Ceschi, Architettura romanica genovese, Milano 1954, pp. 102, 109; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, I, p. 132; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, ad Indicem;U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p.66.